Hamas-Israele, la guerra che Hezbollah approva ma non combatte
Hamas-Israele, la guerra che Hezbollah approva ma non combatteRoma, 11 ott. (askanews) – Trovare una soluzione rapida alla crisi e impedire che il conflitto israelo-palestinese si allarghi al Libano. A questo obiettivo guarda con preoccupazione la comunità internazionale, mentre il governo israeliano – dopo Hamas – potrebbe essere chiamato a rispondere a un altro potenziale, e ben più potente nemico, al suo confine settentrionale: il movimento sciita Hezbollah. Da quando gli estremisti palestinesi hanno deciso di attaccare lo Stato ebraico, lo scorso sabato, il gruppo libanese – sostenuto e incoraggiato dall’Iran – ha deciso di tenere un profilo sostanzialmenmte basso, limitandosi solo a qualche sporadico lancio di missili e fuoco d’artiglieria sulle Alture del Golan. Un messaggio di “solidarietà” alla causa palestinese, più che un coinvolgimento diretto, vero e proprio, nella guerra.
Una scelta strategica, che sottende motivazioni politiche, socio-economcihe e militari. Nonostante negli ultimi mesi si sia parlato di una sorta di “unificazione dei fronti”, con un più stretto coordinamento tra Hezbollah, Hamas, Jihad islamica e altri gruppi fortemente anti-israeliani in Iran, Siria, Yemen e Iraq, il governo di Beirut ha ricevuto rassicurazioni dal movimento sciita sull’intenzione di non allargare il fronte della guerra, che ha già provocato migliaia di morti, feriti e ostaggi nella Striscia di Gaza e nello Stato ebraico. Non che il movimento sciita si stia disinteressando, anzi. Hezbollah sta monitorando attentamente, e non da poco, la situazione nei territori palestinesi, la crescente insoddisfazione della popolazione nei territori occupati e il livello di disobbedienza civile nelle città miste, arabo-israeliane. Ma sembra aver scelto, almeno al momento, di rimanere a guardare, fornendo solo un sostegno simbolico ed esterno, forse memore del prezzo elevato pagato per il suo ruolo nella guerra civile siriana, dove ha perso circa 2.000 combattenti. Partecipare, oggi, a una guerra con Israele potrebbe inoltre risultare impopolare e controproducente sul fronte interno. Hezbollah controlla alcune aree della capitale Beirut e del Libano meridionale. Inoltre ha grande influenza su buona parte della Valle della Beqaa. E da anni, alcuni suoi esponenti sono stati eletti in Parlamento, mentre il movimento ha avuto la possibilità di controllare direttamente qualche ministero. Incarichi politici arivati in una fase di grave declino, politico ed economico, del Paese. L’economia del Libano è in grave crisi; la disoccupazione è dilagante e la corruzione ha raggiunto livelli altissimi, ricorda Foreign Policy. Tutte circostanze che, secondo gli esperti, starebbero consigliando al leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, di procedere con moderazione. Il Paese spera nel ripristino dei fondi del Golfo, specie dopo la distensione tra Arabia Saudita e Iran sotto l’egida della Cina. “Inoltre, lo sfruttamento dei giacimenti di gas offshore è appena iniziato. Se Hezbollah dovesse provocare Israele, e alla fine portare alla distruzione di una parte del Libano, in un momento in cui il Paese dei Cedri ha speranze economiche, sarebbe visto molto male” anche da chi, tra i libanesi, nutre i sentimenti di odio più profondo per lo Stato ebraico, ha sottolineato a Le Figaro Didier Leroy, ricercatore presso la Scuola militare reale del Belgio. Tanto più che sulle posizioni di Hezbollah il Libano sembra letteralmente diviso in due: una parte della popolazione assicura pieno sostegno al movimento sciita, l’altra appare totalmente contraria e avrebbe sposato posizioni inconcilianti con quelle del gruppo.
Per questo motivo, secondo quanto riferito da fonti qualificate ad askanews, l’opzione migliore per Hezbollah sembrerebbe essere, al momento, quella di proseguire sulla strada già imboccata: un sostegno esterno ad Hamas, con uno sporadico lancio di razzi, più dimostrativo che atto a far male. A combattere Israele sul campo, invece, dovrebbe pensarci ancora Hamas, coadiuvato semmai dalle altre organizzazioni estremiste palestinesi. Una narrazione che, però, deve fare i conti con l’altro convitato di pietra di questa guerra tra Israele e Hamas: l’Iran, potenza regionale e primo sostenitore e finanziatore di Hezbollah. Teheran potrebbe decidere di spingere Hezbollah, di fatto suo rappresentante in Libano, ad attaccare Israele, considerato illegittimo, anche per interrompere la scia positiva degli Accordi di Abramo, che hanno avvicinato il governo d’Arabia Saudita a quello di Benjamin Netanyahu. E se l’Iran lo chiedesse, Hezbollah avrebbe chiare difficoltà ad opporre un diniego: i finanziamenti iraniani rappresentano una motivazione ancora troppo forte per il movimento sciita. Venendo a mancare, farebbero precipitare drasticamente le capacità militari del gruppo, mentre pesanti contraccolpi subirebbe l’economia – già devastata – dell’intero Paese.