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Tag: Sanremo 2023

Tajani riunisce Fi e avvisa Salvini: non accetteremo derive anti-Ue

Tajani riunisce Fi e avvisa Salvini: non accetteremo derive anti-UeRoma, 5 apr. (askanews) – Un europeismo certo di antica data, ma rivendicato con orgoglio forse nuovo e più determinato. Sui rapporti dell’Italia con l’Unione europea, messi continuamente alla prova dall’alleato leghista al governo, Antonio Tajani, vicepremier e segretario nazionale di Forza Italia, non ha mai abbandonato i toni pacati che da sempre caratterizzano il suo discorso politico ma oggi, al Consiglio nazionale del partito, è apparso tutt’altro che conciliante.


“Sia chiaro – ha scandito appena arrivato al Palazzo dei Congressi – che noi difendiamo l’Europa e continueremo a difenderla, l’Europa è la nostra casa e io non farei mai parte di un governo antieuropeo, questo dev’essere chiaro. Per fortuna mi pare che il presidente del Consiglio Meloni abbia fatto sempre scelte a difesa dell’Ue” perché “noi non accetteremmo mai derive antieuropeiste. L’Italia è un Paese fondatore dell’Europa, non intendiamo rinnegare la nostra storia”. Sullo sfondo, c’è il nuovo capitolo dell’eterna contrapposizione con il Carroccio e il suo leader Matteo Salvini in tema di Unione europea: vari esponenti leghisti da giorni invocano la necessità di una trattativa bilaterale Italia-Stati Uniti, escludendo la Ue, per ridurre al minimo i dazi messi in campo dal presidente Donald Trump. Lo ripete Salvini in apertura del congresso della Lega a Firenze, qualche ora dopo l’intervento del leader di Fi. “Io non faccio polemiche con nessuno – premette Tajani -, dico che è competente soltanto la Commissione Ue a trattare con gli Stati Uniti in materia commerciale perché la competenza della Commissione europea è esclusiva, quindi non tocca a noi trattare, noi possiamo fare nessun altro tipo di trattative. Un conto è una trattativa per un piano di export, ma la trattativa normativa sui dazi la fa soltanto la Commissione europea, questi sono i trattati. Sono le regole, non le ho scritte io, ma quando si parla bisogna ben conoscere le regole e sapere qual è il diritto”. Come singoli Paesi europei, ha proseguito Tajani, “siamo deboli, per questo insisto sull’unità. Farci dividere, fare trattative individuali” con gli Usa “non significa fare il bene delle nostre imprese, significa indebolire il potere contrattuale delle nostre imprese e indebolirle”.


Un concetto condiviso e ribadito dal presidente del Partito popolare europeo, Manfred Weber, ospite d’onore dell’evento. “Per quanto riguarda i rapporti con gli Stati Uniti – ha detto Weber -, soltanto un’Europa unita può opporsi ai dazi di Trump, bisogna discuterci e concludere un accordo basato su un commercio equo, e non sulla paura del commercio”. Una posizione nettissima quella di Tajani, che nelle pieghe della sua lunga relazione ha lanciato stilettate meno esplicite all’alleato di governo, la Lega. Per esempio sul Mes: “Oggi c’è chi dice che bisogna fare di più per la spesa sanitaria” anziché spendere dei soldi per la sicurezza dell’Unione “ma era contrario al Mes. Noi dicevamo che il Mes bisognava prenderlo quando serviva perché poteva essere utile per tutelare la nostra salute”. Oppure, quando a proposito dell’export, ha ricordato che “grazie al mercato europeo noi esportiamo beni per oltre 200 miliardi ogni anno. Non dobbiamo mai dimenticarlo perché tutti quelli che parlano contro l’Europa non portano mai una prova per dire l’Europa fa danni all’Italia”. E ancora: “con l’iniziativa di oggi vogliamo dare un segnale politico forte agli ‘sfascisti’ e ai ‘pacifinti’ che manifestano non lontano da noi?”. Certo, il riferimento esplicito era al M5s, che si preparava a sfilare contro il riarmo per le strade di Roma. Ma l’aggettivo “sfascista” ha ricordato molto la bordata di Tajani di qualche giorno fa e che tutti avevano interpretato come rivolta contro Salvini: “Noi in Europa – aveva detto il leader di Forza Italia – dobbiamo costruire, non abbiamo bisogno di sfasciacarrozze”.

Dazi, Meloni insiste su trattativa. E chiede stop Grean Deal e deroghe a Patto

Dazi, Meloni insiste su trattativa. E chiede stop Grean Deal e deroghe a PattoRoma, 5 apr. (askanews) – “Le crisi nascondono sempre un’opportunità”. Questa frase, un po’ “fatta”, è una delle preferite dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che più volte l’ha usata nei suoi discorsi. L’ultima volta a proposito dei dazi imposti dal presidente americano Donald Trump.


Da settimane la premier frena sulle contro-misure che sta valutando la Commissione Ue e predica la linea della “trattativa” (anche se per ora gli spiragli sono pochi). Anche dopo il “Liberation Day” la sua opinione non cambia. Anzi la questione dazi passa – nel suo discorso – in secondo piano rispetto alla necessità di cambiare le politiche europee, rilanciando temi cari come la sospensione delle norme del Green Deal sull’automotive o la deroga al Patto di Stabilità. Cosa dice Meloni? Innanzitutto che i dazi non sono una “catastrofe” ma un solo “problema” che non impedirà all’Italia di continuare a esportare negli Usa (che rappresenta il 10% dell’export italiano). Per lei è più preoccupante l’”allarmismo” che si è creato dopo l’annuncio del tycoon. A cui però un paese vicino e simile come la Spagna ha subito risposto con un “bazooka” da 14 mld. Meloni, da parte sua, ha riunito i suoi ministri economici e la settimana prossima vedrà le associazioni di categoria per cercare le “soluzioni migliori”. Ma poi c’è da “trattare” a oltranza con gli americani, una “necessità” più che una “speranza” per lei che nei giorni del ponte di Pasqua vedrà a Roma J.D. Vance e ancora coltiva l’obiettivo di una missione a Washington a breve (ne abbiamo scritto la scorsa settimana) per un faccia a faccia alla Casa Bianca. Per lei la trattativa deve arrivare a “rimuovere tutti i dazi e non a moltiplicarli”. Una linea morbida che diventa maggiormente ‘tagliente’ quando parla dell’Europa che deve fare “passi avanti importanti” su vari fronti, eliminando quelli che definisce “dazi autoimposti”. “Sappiamo – spiega – che l’automotive oggi è un settore colpito dai dazi in maniera importante, quindi forse dovremmo ragionare di sospendere le norme del Green Deal relativi al settore dell’automotive”. Secondo punto, il Patto di Stabilità: “C’è una norma che si chiama clausola generale di salvaguardia che prevede una sospensione, una deroga al Patto di stabilità. Forse dovremmo ragionare di quello, o di fare una valutazione ulteriore su come è stato pensato il Patto di stabilità”. Anche sull’energia e sul mercato elettrico “bisogna essere un po’ più decisi e coraggiosi”. Questi saranno i temi che l’Italia porterà a Bruxelles, nella consapevolezza che “è possibile” che le proposte “non siano perfettamente sovrapponibili con i partner ma abbiamo il dovere di farlo”.


Una linea, quella di Meloni, per una volta molto simile a quella della Lega, ma fino a un certo punto. Se anche per il Carroccio “prima di pensare a guerre commerciali o contro-dazi che sarebbero un suicidio, l’Unione Europea tagli burocrazia, vincoli e regole europee che soffocano le imprese italiane, azzerando il Green Deal e il tutto elettrico”, il partito di Matteo Salvini si spinge ben oltre. “Quello che l’Italia può fare, ed è quello che la Lega chiede, e che il governo farà – dice un ‘big’ come il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari – è di trattare bilateralmente con Trump. Ad esempio, scopriamo che sui farmaci questi dazi non ci saranno, e per l’Italia l’industria farmaceutica è un’industria importante ed è la prima fonte di export. Questo vuol dire che trattando si può su diverse merci andare a ottenere delle differenziazioni sui dazi che emettono loro”. Un confine, quello del muoversi autonomamente rispetto all’Europa, che Meloni non supera e di cui Forza Italia, l’anima europeista della coalizione, non vuol sentir parlare. “Non si può negoziare” direttamente, come Italia “con gli Stati Uniti perché la competenza del commercio internazionale è della Commissione europea, quindi chi tratta è il commissario Ue Maros Sefcovic, ascoltando e confrontandosi con noi”, taglia corto il ministro degli Esteri e vice premier Antonio Tajani. Che avverte: “Non accetteremo mai derive antieuropeiste”. Parafrasando un ex premier: “Prepariamo i pop-corn”?


Di Alberto Ferrarese e Lorenzo Consoli

Il mistero dell’interpretazione, Thomas Schütte e la figura umana

Il mistero dell’interpretazione, Thomas Schütte e la figura umanaVenezia, 5 apr. (askanews) – Inclassificabile, mutevole, ironico e inquieto. Sono quattro aggettivi che spesso capita di trovare associati al lavoro di Thomas Schütte, artista tedesco cui Punta della Dogana a Venezia dedica la prima grande retrospettiva in Italia, intitolata “Genealogies”. Un viaggio che in fondo ha a che fare con le domande fondamentali sull’umano, ma che prende spesso forme inattese e stranianti. E la mostra si muove lungo due filoni intrecciati.


“Il primo percorso – ha detto ad askanews Camille Morineau, co-curatrice della mostra – riguarda la scultura. Abbiamo 50 pezzi dalla collezione di Francois Pinault che sono davvero il centro della mostra. La maggior parte di loro sono veri capolavori ed erano stati esposti prima. E poi il secondo percorso, che è un dialogo con la scultura, e riguarda il disegno. E la maggior parte di queste opere non sono mai state viste, come quella alle mie spalle che è una serie di dipinti su grandi striscioni. È un secondo filone narrativo che va dagli anni ’70 a oggi ed è universo che si muove in parallelo rispetto a quello della scultura”. La mostra veneziana vuole mettere in evidenza come la produzione su carta di Schütte sia centrale anche nel lavoro, più noto al grande pubblico, delle sculture, che pur nella loro imponenza, restano degli esempi chiari di non-monumentalità e di non-retorica: i corpi sono indefinibili, proteiformi, forse ibridi, le gambe affondano nel fango e l’identità è un’illusione. “Non si capisce come interpretare queste figure umane – ha aggiunto Jean-Marie Gallais, curatore della Pinault Collection e co-curatore della mostra – e c’è un collegamento con la storia dell’arte. Fin dall’inizio dell’umanità, rappresentiamo corpi umani, rappresentiamo gli altri. E la mostra è piena di domande affascinanti su come possiamo rappresentare qualcun altro”.


Domande che, come è giusto che sia, non diventano mai risposte, ma prendono tante possibili diverse strade, fino a convincerci che il punto di tutta la mostra è la nostra partecipazione a un mistero, probabilmente quello del nostro stesso essere umani. “Non è un mistero la realizzazione – ha aggiunto Gallais – questa è molto visibile. Si vedono tutte le tracce degli utensili, si vede a volte una certa struttura: si vedono i materiali che usa: acciaio, bronzo, vetro, ma anche argilla. E si vedono molte tracce della fabbricazione. Ma il mistero è nell’interpretazione e questa rimane aperta”. Tra tante suggestioni possibili, tra le quali anche una sorta di tassonomia delle forme dell’immaginario di Thomas Schütte, ce ne è una che invece riguarda la storia espositiva recente di Punta della Dogana, come se un sottilissimo filo legasse in modo invisibile, ma presente, le grandi mostre che sono state ospitate qui e che in questo caso può prendere la forma di echi dell’esposizione di Damien Hirst del 2017 così come di quella del 2024 di Pierre Huyghe. Entrambe, a nostro avviso, indimenticabili.

Calcio, Monza-Como 1-3, comaschi a segno dopo un mese

Calcio, Monza-Como 1-3, comaschi a segno dopo un meseRoma, 5 apr. (askanews) – Il Como torna a vincere dopo un mese e batte il Monza 3-1. Le speranze dei brianzoli sono durate 11 minuti. Al 5′ Mota torna al gol e porta in vantaggio i padroni di casa, subito raggiunti al 16′ da un diagonale di Ikoné, lanciato titolare al posto di Strefezza. Un errore di Pereira spiana poi a Diao la strada del vantaggio. Il match si chiude all’inizio della ripresa: Butez salva su Keita Balde e poco dopo Vojvoda si inventa il destro del 3-1. Il Como torna alla vittoria dopo oltre un mese, il Monza sempre più ultimo

La classifica di serie A, Como scatto salvezza

La classifica di serie A, Como scatto salvezzaRoma, 5 apr. (askanews) – Questi i risultati e la classifica di serie A dopo Monza-Como 1-3


Genoa-Udinese 1-0, Monza-Como 1-3, ore 18 Parma-Inter, ore 20.45 Milan-Fiorentina, domenica 6 aprile ore 12.30 Lecce-Venezia, ore 15 Empoli-Cagliari, Torino-Verona, ore 18 Atalanta-Lazio, ore 20.45 Roma-Juventus, lunedì 7 aprile ore 20.45 Bologna-Napoli. Classifica: Inter 67, Napoli 64, Atalanta 58, Bologna 56, Juventus 55, Roma, Lazio 52, Fiorentina 51, Milan 47, Udinese 40, Torino, Genoa 38, Como 33, Verona 30, Cagliari 29, Parma 26, Lecce 25, Empoli 23, Venezia 20, Monza 15.


32ª Giornata Venerdì 11 aprile ore 20.45 Udinese-Milan; sabato 12 aprile ore 15 Venezia-Monza, ore 18 Inter-Cagliari, ore 20.45 Juventus-Lecce, Domenica 13 aprile ore 12.30 Atalanta-Bologna, ore 15 Fiorentina-Parma, Hellas Verona-Genoa, ore 18 Como-Torino, ore 20,45 Lazio-Roma, lunedì 14 aprile ore 20.45 Napoli-Empoli.

Governo, in Italia si inizia a sussurrare la parola elezioni (nel 2026)

Governo, in Italia si inizia a sussurrare la parola elezioni (nel 2026)Roma, 5 apr. (askanews) – Proprio mentre Giorgia Meloni festeggia l’ingresso nella top five dei governi più longevi, in Italia si comincia a parlare di elezioni. Per ora sono accenni, indizi, sussurri, confidenze. Come quelle che abbiamo raccolto da due ministri (non leghisti), in due diverse conversazioni. Ed entrambi hanno detto la stessa cosa: “Al massimo nella primavera 2026 si va a votare”.


E simile è anche la spiegazione di entrambi. “Il governo ha perso la sua spinta propulsiva. Giorgia (Meloni) si è stufata delle continue fughe in avanti di Salvini, sopporta con grande pazienza, ogni tanto sbotta, ma mi pare che abbia la consapevolezza che così rischia di farsi logorare”, spiega uno di loro. In effetti nel sondaggio elaborato da Ipsos e diffuso pochi giorni fa, Fdi è dato in leggero calo (26,6%) con la Lega in crescita al 9% (+ 0,9%) che torna a superare Forza Italia, accreditata dell’8,4%. Ma il dato che più colpisce è che l’indice di gradimento della premier è a quota 41, al livello minimo registrato dal 2022. E non è solo la presidente del Consiglio a essere irritata per la strategia aggressiva e la “diplomazia parallela” del leghista. Lo è anche – e forse ancor di più – Antonio Tajani, alla guida di un partito che appartiene al Ppe e che sempre più a disagio osserva le sortite dell’altro vice premier. Il voto anticipato dunque “non mi sembra una questione di se ma di quando e salvo rivolgimenti internazionali o un Papeete-bis sarà Giorgia a dettare i tempi”, osserva il secondo ministro. Fin qui le confidenze, ma dicevamo anche di indizi. Il principale è quello che riguarda la legge elettorale. Quando il tema viene fuori – nella storia politica italiana – vuol dire che si sta iniziando a pensare al voto. Dopo la partecipazione di Meloni al congresso di Azione, sabato 29 marzo, si è iniziato a sussurrare di conversazioni sottotraccia con il partito di Calenda per arrivare a una legge elettorale proporzionale. “Sarebbe una mossa astuta – riflette un parlamentare di lungo corso della maggioranza -. Tutti hanno parlato di un avvicinamento Meloni-Calenda, di una volontà di ‘sostituire’ i leghisti con gli azionisti. Cosa sul momento impossibile politicamente e numericamente. Ma per il futuro è un altro discorso. Con una legge proporzionale Meloni prenderebbe il suo 30% a cui potrebbe sommare gli eletti di Forza Italia e altri centristi, Calenda compreso, estromettendo la Lega. Se fosse vero mi sembrerebbe, sulla carta, una buona idea”. Poi certo c’è da trovare i voti per una legge del genere, cosa non facile. Senza contare che Salvini, se fiutasse l’inghippo, potrebbe far saltare il banco.


Senza spingersi alla fantapolitica, comunque, il clima è quello di una grande difficoltà, sia sulla scena internazionale – per le politiche di Donald Trump – che all’interno. Passeggiando in Transatlantico alla Camera, già al martedì non è raro vedere l’Aula non convocata e pochi deputati che si aggirano tra i divanetti. “E’ un momento strano, non arriva quasi nulla”, allarga le braccia un peone. Secondo cui, in Fdi, già si sta mettendo mano a una ricognizione per le eventuali candidature. I prossimi appuntamenti (il dossier dazi, il congresso della Lega sabato e domenica, le regionali e i referendum) saranno decisivi per chiarire il quadro. E forse anche i tempi. Di Alberto Ferrarese e Lorenzo Consoli

L’emergenza migranti non è un’emergenza? Cosa ne pensano i cittadini europei

L’emergenza migranti non è un’emergenza? Cosa ne pensano i cittadini europeiRoma, 5 apr. (askanews) – Forse la “narrazione” dominante sui migranti è sbagliata? E’ quanto pare emergere da uno studio dell’Istituto Universitario Europeo e dell’Università di Uppsala che ha coinvolto 20.000 persone in Italia, Regno Unito, in Polonia, Svezia e Austria.


Secondo la ricerca, in Italia, come in Europa, i cittadini preferiscono politiche che offrano ai migranti irregolari (stimati in 2-3 milioni) un percorso verso la regolarizzazione – a determinate condizioni -, anziché negare loro questa possibilità. E l’Italia si distingue, in particolare, come il paese più favorevole tra quelli studiati all’adozione di politiche inclusive per questo gruppo di migranti. Lo studio ha dato diverse opzioni politiche riguardanti i diritti sociali, le protezioni sul lavoro e l’assistenza sanitaria per i migranti irregolari, insieme a “programmi di regolarizzazione” che offrono percorsi per ottenere lo status legale. Lo studio ha inoltre rivelato che l’accesso all’assistenza sanitaria primaria per i migranti irregolari è preferito rispetto a dare loro sussidi per i redditi bassi. Il sostegno pubblico alla fornitura di assistenza sanitaria varia tra i paesi: in Italia si è registrato il massimo supporto a politiche inclusive su diversi aspetti analizzati nello studio. Ad esempio, sebbene in generale ci sia stato poco o nessun supporto per il sostegno ai redditi bassi per i migranti irregolari, l’Italia è l’unico paese in cui i partecipanti si sono mostrati più ambivalenti, senza manifestare una netta preferenza né a favore né contro questa politica.


“I risultati – spiega Martin Ruhs, responsabile del progetto PRIME (Protecting Irregular Migrants in Europe) che ha portato avanti lo studio – mostrano che i residenti in Italia e nell’UE sono contrari a politiche semplicistiche, come l’opposizione totale e indiscriminata alla concessione dello stato legale ai migranti irregolari. Preferiscono invece politiche che distinguano tra diverse categorie di migranti irregolari e i diritti a cui dovrebbero avere accesso”. Questo, precisa, “non significa che i nostri intervistati vogliano offrire uno stato legale incondizionato e l’accesso ai diritti a tutti i migranti irregolari, ma dimostra che i cittadini hanno opinioni più sfumate su come la migrazione dovrebbe essere gestita di quanto i responsabili politici solitamente riconoscano”. In tutti e cinque i paesi, i rispondenti hanno mostrato un supporto costante per politiche che permettano ai migranti irregolari di ottenere la residenza legale a determinate condizioni, come una permanenza minima e un casellario penale pulito. Le politiche che integrano l’accesso ai diritti legali con alcune misure di controllo dell’immigrazione (ad esempio, obblighi di segnalazione per i fornitori di assistenza sanitaria) tendono a generare una maggiore accettazione pubblica, anche se l’effetto varia a seconda del tipo di politica e del paese. Mentre gli intervistati tendono a supportare l’accesso condizionato all’assistenza sanitaria primaria per i migranti irregolari, mostrano una forte opposizione nel concedere benefici economici, come il sostegno al reddito basso. Il pagamento degli arretrati per salari non pagati (un diritto fondamentale del lavoro) è invece sostenuto quando collegato a misure di controllo migratorio. Le persone sono più disposte a sostenere la regolarizzazione e la protezione dei diritti per quei migranti irregolari che abbiano già lavorato legalmente nel paese ospitante, soprattutto in ruoli essenziali come l’assistenza agli anziani.


Di Alberto Ferrarese e Lorenzo Consoli

Pugilato, Vianello-Torres nella notte di Rai 2

Pugilato, Vianello-Torres nella notte di Rai 2Roma, 5 apr. (askanews) – L’occasione che Guido “The Gladiator” Vianello aspettava da tempo si concretizzerà, nella notte italiana tra oggi e domani, domenica 6 aprile, sul ring del Palms Casino di Las Vegas. Il pugile romano, alla vigilia del 31esimo compleanno – il 9 maggio – affronterà, nell’incontro più importante della sua carriera, lo statunitense Richard Torrez Jr., uno dei pesi massimi americani in rampa di lancio, tra i più promettenti della sua categoria.


“Kiki” Torres, infatti, ha alle spalle un buon record da dilettante, e prima di diventare professionista nel 2022, ha conquistato l’argento alle Olimpiadi di Tokyo nel 2021 nella categoria supermassimi. Da professionista, invece, vanta un record di 12-0, con 11 successi per KO.Vianello, da parte sua, professionista dal 2018 – anche lui, nel suo passato dilettantistico vanta una partecipazione ai Giochi Olimpici, nel 2016 a Rio senza riuscire ad andare a medaglia – ha un record di 13 vittorie, 2 sconfitte e 1 pareggio, e anche per lui, come per lo sfidante, 11 delle 13 vittorie sono arrivate per KO.


In caso di successo, quindi, per il massimo romano si spalancherebbero le porte di una chance per il titolo mondiale, in considerazione della sua posizione ai limiti della Top 10 nei vari ranking IBF, WBO, WBC e WBA. Il match tra Vianello e Torres jr, in programma intorno alle 4.00 del mattino di domani, sarà trasmesso in diretta – e in esclusiva – su Rai 2 – con collegamento già a partire dalle 3.30 – con il commento di Davide Novelli e Patrizio Oliva. 

Tennis, Darderi in finale a Marrakech

Tennis, Darderi in finale a MarrakechRoma, 5 apr. (askanews) – Quattordici mesi dopo la prima volta, Luciano Darderi è di nuovo in finale in un torneo Atp. L’italoargentino ha staccato il pass per la finale dell’Atp 250 di Marrakech grazie alla vittoria su Roberto Carballes Baena, n. 51 al mondo, con il punteggio di 6-3, 6-2 in poco più di un’ora e mezza di gioco. Una splendida partita di Darderi che ha espresso un tennis di alto livello contro un avversario che aveva vinto 13 delle ultime 14 partite disputate sulla terra rossa marocchina. Luli ha confermato l’ottimo stato di forma già visto al Challenger di Napoli e ha concluso il match con 23 vincenti e il 79% di punti con la prima di servizio.

Governo, Molinari: congresso Lega chieda che Salvini torni a Viminale

Governo, Molinari: congresso Lega chieda che Salvini torni a ViminaleFirenze, 5 apr. (askanews) – “Il congresso deve chiedere a Matteo Salvini il sacrificio di tornare al Viminale”. Lo ha detto il capogruppo della Lega alla Camera Riccardo Molinari, dal palco del congresso di Firenze. “Uscito indenne dal processo di Palermo, Matteo Salvini è il miglior garante della sicurezza del Paese, l’unico che può darci un Paese più sicuro. Matteo pensaci – dice rivolto al segretario leghista e vice premier, seduto in prima fila in platea – perchè credo che qui saranno tutti quanti d’accordo”.