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E’ nata “Piwi Italia”, gruppo che promuove i vini da vitigni resistenti

E’ nata “Piwi Italia”, gruppo che promuove i vini da vitigni resistentiMilano, 12 apr. (askanews) – E’ nata Piwi Italia, un gruppo di lavoro formato da vignaioli nostrani che coltivano vitigni resistenti alle malattie fungine. La prima pietra della sezione italiana della Piwi International è stata posata nel corso della 55esima edizione di Vinitaly che si è conclusa nei giorni scorsi a Veronfiere.

Oggi in Italia sono iscritte al registro nazionale delle varietà di vite per vino 36 varietà, 18 a bacca rossa e 18 a bacca bianca. Le Regioni che hanno autorizzato la coltivazione di queste varietà (in parte o tutte) sono Abruzzo, Provincia di Bolzano, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Marche, Piemonte, e la provincia di Trento. Le aziende che coltivano Piwi sono 165 e commercializzano 290 vini, con una superficie vitata stimata di alcune migliaia di ettari. Nel 2022 sono stati realizzati in Italia quasi quattro milioni di innesti delle varietà Piwi. Scopo di “Piwi Italia” è quello di promuovere i prodotti ottenuti dai vitigni Piwi e di diffondere la coltivazione delle varietà resistenti anche nelle altre regioni, “supportando queste richieste con informazioni scientifiche, tecniche viticole ed approfondimenti economici per rendere la viticoltura più sostenibile”. L’organo di gestione del gruppo di lavoro in Italia sarà composto da due rappresentanti per ogni regione o provincia autonoma, a cui potranno iscriversi tutte le persone interessate a seguire e tenersi aggiornati sulla viticoltura ed enologia dei vitigni Piwi.

Piwi International è nata nel 1999 come gruppo di lavoro su iniziativa di Pierre Basler, ha sede a Wadenswill (Svizzera) e conta su 16 delegazioni.

Vino, Alois Lageder: cambio clima? Compreremo terreni da 1.000 mt in su

Vino, Alois Lageder: cambio clima? Compreremo terreni da 1.000 mt in su




Vino, Alois Lageder: cambio clima? Compreremo terreni da 1.000 mt in su




















Bolzano, 12 apr. (askanews) – Se letteralmente sta per ‘la parte più alta’, il termine latino Summa in italiano significa ‘compendio di saperi’. Queste due definizioni racchiudono insieme il senso della due giorni che si tiene ogni anno nel delizioso Casòn Hirschprunn & Tòr Löwengang della Tenuta della storica azienda agricola Alois Lageder. La cornice è quella di Magré, piccolo comune dell’Alto Adige, poco più vicino a Bolzano che a Trento, a 250 metri sul livello del mare, sotto il quale si estende un immenso meleto, esempio lampante del peso dell’agricoltura industriale. Da 24 anni Summa è un crocevia di vignaioli ‘alternativi’, un luogo di incontro e confronto su buone pratiche in vigna e in cantina, in un borgo isolato e protetto dalle montagne. Qui prima del vino ci sono l’uva, le piante, il suolo, l’aria, l’acqua, le bestie (dalle galline ai buoi), la frutta, la verdura, le erbe aromatiche, i cereali, gli uomini e le donne: la natura e le persone che la abitano e la vivono rispettandola. Qui il vino è una parte del tutto: ‘microcosmo e macrocosmo’ storpiando il fondatore dell’Antroposofia, Rudolf Steiner, da cui nasce la biodinamica che caratterizza da oramai trent’anni la Cantina Lageder, che di Summa è l’artefice.

‘L’intuizione è stata quella di portare i nostri ospiti qui invece che continuare ad andare noi a Vinitaly’ racconta ad askanews Alois Lageder, quinta generazione della famiglia di vignaioli altoatesini, ricordando che l’idea nacque trent’anni fa nell’ambito di Vinexpo (il salone del vino che si tiene a Bordeaux dal 1981, ndr ). ‘La cosa interessante non era la fiera, quanto essere invitati a cena in uno Chateau a fare le degustazioni’ spiega, aggiungendo che ‘nel 1999, con alcuni produttori, abbiamo messo insieme cinque cantine francesi con altrettante tedesche, austriache e italiane per fare una presentazione tutti insieme in uno Chateau che credo fosse Gazin’. ‘Quell’anno chiamai Castello di Ama, Conti Costanti, Jermann e Bruno Giacosa e poi l’anno dopo decisi di organizzare l’incontro da me e così è iniziato tutto’. Da venti cantine, si è arrivati alle 110 dell’edizione che si è da poco conclusa, scelte per la loro indiscutibile qualità. Un criterio che però inizia a stare stretto. ‘Oggi potremmo averne anche 300, abbiamo tantissime richieste’ spiega Alois, rivelando però ‘che l’anno prossimo vorremmo concentrarci ancora di più su aziende biodinamiche o biologiche, realtà che interpretano l’agricoltura come noi, con i nostri stessi valori’. ‘Anche perché nel 2024 non solo tutti i nostri vini saranno biologici o biodinamici – evidenzia – ma lo saranno anche le uve conferite dai nostri 80 vignaioli: un sogno che si realizza’. L’edizione che andrà in scena il 13 e 14 aprile 2024 potrebbe segnare comunque un nuovo record di Cantine, che potrebbero salire fino a 130, probabilmente non di più per motivi di spazio. A Summa si viene accolti in un grande cortile, un luogo privato che diventa di tutti, come l’intero borgo che prende vita e si anima tra viuzze e palazzi. Il vino è appunto una parte del tutto, elemento vitale che, per dirla con Alois ‘non è solo un prodotto della natura ma anche l’espressione del nostro atteggiamento spirituale’. Nonostante la costante crescita di produttori, di addetti ai lavori, di pubblico e di interesse generale registrati in questi anni, Summa ha mantenuto un ‘allure’ di esclusività, per le quinte incantate che lo delimitano e lo proteggono, per il concentrato di eccellenze che lo compongono, per i modi aristocratici di chi lo organizza. Un’affascinante ‘elite’ a cui si sente di appartenere per il solo fatto di frequentarlo. ‘Credo che per chi viene qui sia molto importante respirare il senso del gruppo’ dice Alois, quindi ‘un senso di appartenenza, di condivisione e di valori’ destinato a rafforzarsi si se arriverà a restringere il campo a chi ha scelto biologico e/o biodinamico non solo come metodo di lavoro ma come visione della vita.

L’azienda, fondata nel 1823, conta oggi su oltre 55 ettari di vigneti coltivati con approccio olistico, sostenibilità e circolarità. E’ da anni una realtà solida e riconosciuta sia in Italia che all’estero, che ha chiuso il 2022 con un fatturato di 19,6 milioni di euro, il 60% del quale rappresentato dall’export in 65 Paesi. La sua forza sono vini di grande personalità che rappresentano le diverse anime dell’Alto Adige, territorio dove le vigne condizionano sempre più il paesaggio e l’economia. Regione ricca, ancorata alle tradizioni ma capace, tra le prime, di scommettere su bioedilizia, architettura sostenibile e energie alternative, con giovani che scalpitano per fare bene. Come Clemens, Anna e Helena, i tre figli di Veronika e Alois Lageder, sesta generazione che oggi gestisce l’azienda. ‘Vedo con grande piacere i miei figli andare avanti’ dice Alois con una punta di orgoglio e commozione, spiegando ‘tu arrivi fino ad un certo punto, fai una grande curva verso l’alto che poi si appiattisce e non riesce più a salire, è normale, probabilmente è un fatto di età, e invece loro partono da quel livello e riescono ad andare ancora più in alto. Sono molto contento che ci sia stato il passaggio generazionale – chiosa – lo abbiamo fatto bene, e questo permetterà all’azienda di fare un altro salto di qualità’. “Quando ho preso in mano l’azienda nel 1974, l’Alto Adige era noto solo oltralpe come fornitore di vini rossi, perché storicamente eravamo la zona viticola più a Sud dell’impero austroungarico’ ricorda Alois, aggiungendo che fu la sorella (con il marito che per 40 anni è stato l’enologo dell’azienda), a vedere l’altra faccia della medaglia e cioè che, al contrario, ‘per il mercato italiano eravamo la zona viticola più a Nord e quindi quella più adatta ai vini bianchi’. Prima di sua sorella e pochissimi altri vignaioli, lo avevano intuito solo gli spumantisti che compravano i bianchi sfusi, mentre gli altri produttori altoatesini capirono che era necessario puntare sui bianchi negli anni Novanta, quando al centro del loro lavoro misero prima di tutto quella qualità che oggi è un marchio di fabbrica riconosciuto.

‘Di strada ne abbiamo fatta tanta in questi cinquant’anni ma le cose sono sempre in continua evoluzione e bisogna trovare nuove strade per raggiungere livelli ancora più alti’ continua Alois, che ricordando quanto fosse tradizionalista il mondo vitivinicolo in cui è cresciuto (‘non si poteva toccare nulla’), rivela l’importanza dell’incontro con il celebre produttore della Napa Valley, Robert Mondavi. ‘Lui mi ha insegnato due cose, la prima è che non si può dire che una cosa va bene se non si provato a fare il contrario, e la seconda è che non si deve mai essere soddisfatti perché si possono sempre fare dei vini più buoni’. ‘Questo mi ha portato a capire che la tradizione è il punto di partenza e non di arrivo, e che sperimentare è essenziale per andare avanti e continuare a crescere’ prosegue, evidenziando che ‘in Alto Adige noi abbiamo sempre preso una strada un po’ diversa da quella degli altri e anche questo forse è una mia, una nostra, caratteristica, non mi è mai piaciuto seguire la massa ma trovare una mia strada’. ‘Ad esempio non credo nei vini ‘potenti’, ‘muscolari’, di 15 gradi, per me questo non è il vino’ si scalda, sottolineando che ‘il vino deve essere piacere, deve poter essere abbinato ai piatti leggeri che siamo soliti mangiare, e quindi dobbiamo cercare di fare vini freschi, pieni di tensione, di vitalità e non troppo alcolici: meglio meno che più alcol’. Quinta o sesta generazione che sia, i Lageder continuano a guardare lontano e in alto. Già, perché il cambiamento climatico che imperversa, spinge i vignaioli a puntare verso altitudini una volta impensabili, non più colline ma montagne. ‘Siamo intenzionati ad acquistare dei terreni a mille metri e oltre’ rivela Alois, spiegando che ‘non faremo lo sbaglio che è stato fatto qui nella valle, dove ci sono monocolture intensive inaccettabili’. ‘Spero che la politica dia delle direttive precise, ad esempio se uno vuole impiantare dei vigneti in montagna li deve togliere dalla pianura, quella pianura che un secolo fa era piena di prati dove i pastori portavano a far pascolare i loro greggi d’inverno. Oggi invece il prato non esiste più’ dice amareggiato, spiegando che ‘noi porteremo un approccio diverso, vigneti certo, ma anche prati, campi, bosco, delle culture miste come abbiamo fatto qui, dove insieme con le viti ci sono alberi da frutto, prati e grano’. ‘Bisogna insomma ripensare completamente questo modello di monocoltura in pianura’ aggiunge, concludendo ‘trovo i giovani di oggi molto più preparati, più seri e con un approccio molto più professionale di quello che avevamo noi alla loro età e quindi sono molto fiducioso ma è drammatico che si trovino a dover salvare il mondo che la generazione di mio padre e la mia hanno devastato’.

Vino, a Milano anteprima serie tv “Archiwine, architettura in Cantina”

Vino, a Milano anteprima serie tv “Archiwine, architettura in Cantina”




Vino, a Milano anteprima serie tv “Archiwine, architettura in Cantina”



















Milano, 12 apr. (askanews) – Una serie di documentari realizzati per la televisione dedicati all’architettura nel settore vitivinicolo: è il progetto “Archiwine” che verrà presentato in anteprima a Milano in occasione del Fuorisalone, con la proiezione, il 19 aprile alle 19, della puntata “pilota” dedicata all’Alto Adige all’Anteo Palazzo del Cinema.

La proiezione è realizzata in partnership con Anteo, Erlacher e Alpewa, e al termine gli spettatori potranno degustare i vini Alto Adige DOC. Ospiti della serata saranno la produttrice vitivinicola Elena Walch e Michaela Wolf dello Studio Bergmeisterwolf. Il “pilota” dedicato alle Cantine altoatesine è stato diretto da Claudio Esposito, già regista della doc series “Art For Change” distribuita su Amazon Prime e Chili. Nato da un’idea della casa di produzione The Piranesi Experience, con la collaborazione della fondazione Architettura Alto Adige e il partenariato del Consorzio Vini Alto Adige, quello di Archiwine è un inedito viaggio per immagini attraverso tutte le regioni italiane alla scoperta dei progetti architettonici delle “case del vino”, dando voce ai protagonisti.

“In questo progetto racconteremo come si sono evoluti gli spazi di produzione, adeguati alle nuove e più sofisticate tecniche di vinificazione” spiegano gli autori, aggiungendo che si tratta di “un processo che ha trasformato negli anni l’architettura della cantina in un modello internazionale”.

Consorzio Vini Cerasuolo di Vittoria: Vinitaly straordinaria vetrina

Consorzio Vini Cerasuolo di Vittoria: Vinitaly straordinaria vetrina




Consorzio Vini Cerasuolo di Vittoria: Vinitaly straordinaria vetrina




















Milano, 11 apr. (askanews) – “Il Vinitaly è stata una straordinaria vetrina per i vini tutelati dal Consorzio e al tempo stesso un’occasione per poter constatare il crescente interesse nei confronti delle due denominazioni. Siamo stati letteralmente presi d’assalto da moltissimi operatori commerciali sia nazionali che esteri che oggi hanno finalmente hanno contezza della qualità dei nostri vini e del valore storico, culturale e territoriale che portano con sé. Felici dell’interesse mostrato anche dal pubblico più giovane sempre più attento alla sostenibilità non solo ambientale ma anche sociale e alla piacevolezza di questi rossi. Certamente c’è ancora tanto da fare, ma siamo sulla strada giusta”. Così Achille Alessi, presidente del Consorzio di Tutela dei Vini Cerasuolo di Vittoria Docg e Vittoria Doc, ha tracciato un bilancio della partecipazione alla 55esima edizione di Vinitaly che si è conclusa nei giorni scorsi a Fieraverona.

Nello stand allestito all’interno del padiglione Sicilia, il Consorzio ha raccontato le due denominazioni che “negli ultimi tempi, grazie al grande lavoro di comunicazione svolto, stanno riscontrando un interesse sempre più crescente tra i consumatori che finalmente ne percepiscono l’intrinseco valore”. Il Cerasuolo di Vittoria Docg, così come i vini Vittoria Doc, è stato presentato in quattro masterclass condotte dal maestro assaggiatore Danilo Trapanotto, consigliere nazionale Onav, e dal giornalista e sommelier Salvo Ognibene. “Molto proficui” i tanti appuntamenti con i buyers del Nord America, del Sud-Est Europa e dell’Asia centrale, che sono stati curati da Giampaolo Gravina, docente all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e all’Università Vita e Salute di Milano.

Il Consorzio si occupa della tutela e valorizzazione dell’unico vino DOCG della Sicilia, nonché dei vini che rientrano nella DOC Vittoria. Oggi rappresenta circa il 90% dei produttori delle province di Ragusa, Catania e Caltanisetta, che sono le aree di produzione del vino Cerasuolo di Vittoria.

Dal 14 al 16 giugno a Porto il terzo “World science and wine congress”

Dal 14 al 16 giugno a Porto il terzo “World science and wine congress”




Dal 14 al 16 giugno a Porto il terzo “World science and wine congress”




















Milano, 11 apr. (askanews) – Il “World science and wine congress” 2023 si terrà dal 14 e il 16 giugno a Porto (Portogallo). Organizzato dalla portoghese Ciència & Vinho e giunto alla sua terza edizione, il congresso quest’anno ha al centro il tema della sostenibilità della produzione vinicola e delle filiere alimentari nella regione del Mediterraneo (“Sustainability of wine production and food systems in the Mediterranean Region”).

“La sostenibilità alimentare per l’uomo implica la capacità, sostenuta nel tempo, di produrre o procurarsi cibo sufficiente a soddisfare il fabbisogno nutrizionale di un individuo o di una popolazione, utilizzando sistemi di produzione, distribuzione e smaltimento che abbiano un impatto neutro o benefico sull’ambiente e sugli ecosistemi, e che idealmente siano sostenuti da forme di giustizia sociale in grado di garantire un accesso equo al cibo” spiegano i promotori, sottolineando che “in questo congresso si vuole discutere dell’importanza di chiarire il significato di ‘sostenibile’ e di evidenziare la complessità delle interazioni e delle interrelazioni tra diverse variabili”. “Ovvero – proseguono – l’ecosistema all’interno del quale si produce il vino-cibo: clima e cambiamenti climatici, purezza dell’aria, acqua sufficiente, purezza dell’acqua, produttività del suolo e riciclo adeguato dei materiali di scarto; la biodiversità come variabile da sostenere, sia in un luogo, sia in una regione, sia a livello globale; le attività umane necessarie per produrre vino-cibo, come la produzione, la distribuzione, la preparazione, il consumo e lo smaltimento del cibo possano essere sostenuti per le generazioni future di fronte a sfide quali la crescita demografica, i cambiamenti climatici e ambientali, i conflitti e le crescenti disuguaglianze sociali e geografiche”. Il programma scientifico sarà suddiviso in quattro sezioni: “Viticoltura sostenibile e pratiche di vinificazione”, “Sistemi alimentari sostenibili e dieta mediterranea”, “Turismo enologico sostenibile e gastronomia mediterranea” e “Dieta mediterranea sostenibile: l’interazione tra industria alimentare e turismo, nutrizione, salute e ambiente”.

Distillerie Berta con Libera per aiutare i giovani autori di reato

Distillerie Berta con Libera per aiutare i giovani autori di reato




Distillerie Berta con Libera per aiutare i giovani autori di reato



















Milano, 11 apr. (askanews) – Un’asta per aiutare i giovani autori di reato a ricominciare una nuova vita: venerdì 5 maggio nella cornice di Borgo Roccanivo a Mombaruzzo, nell’Astigiano, la famiglia Berta ospiterà “Berta Libera Tutte/i”, evento che assegnerà al miglior offerente 20 opere di Adriano Attus, artista e direttore creativo de “Il Sole 24 Ore”. Tutti i proventi dell’evento, organizzato in collaborazione con Sotheby’s Italia, saranno devoluti a Libera, storica rete di associazioni fondata nel 1995 da don Luigi Ciotti che si occupa di contrasto alle mafie e alla corruzione.

In particolare, il sostegno andrà ad “Amunì”, progetto oggi diffuso in sei regioni italiane che ogni anno accompagna oltre 300 giovani ragazzi e ragazze, quasi tutti minorenni e al loro primo reato, in un percorso di riparazione e rinascita guidato dai volontari di Libera e dagli operatori della giustizia. Le opere d’arte nascono dalla collaborazione e amicizia tra la famiglia Berta e Adriano Attus, che nel 2021 ha dedicato all’azienda l’opera denominata “Neometria Berta Club”. La Neometria consiste in un mosaico di 36 tessere differenti, create partendo da un unico tassello compositivo ma declinate attraverso sei colori pastello. Trentasei tessere in plexiglass e magneti la cui rotazione e disposizione sul piano può dare vita a un numero enorme di composizioni. I lotti spazieranno da grandi opere a muro a piccole Neometrie da scrivania, fino a bottiglie di grappa Berta Limited Edition personalizzate dall’artista.

“Giustizia sociale, equità e attenzione verso il prossimo sono valori che da sempre animano lo spirito della mia azienda e della mia famiglia” ha dichiarato il presidente delle Distillerie Berta, Chicco Berta, aggiungendo che “quest’asta rappresenta per noi una concreta azione di solidarietà che speriamo possa fare la differenza nella vita di molti ragazzi e ragazze che oggi si trovano in situazioni di difficoltà”. Distillerie Berta, fondata nel 1947 a Mombaruzzo, in Monferrato, produce oltre trenta diverse qualità di grappa, e sette tipi di liquori, che vengono esportati in tutto il mondo. Nel 2021 l’azienda ha fatturato oltre 12 milioni di euro e ha prodotto più di 600mila bottiglie, esportandone il 50% in 75 Paesi. Negli anni la famiglia Berta ha ampliato la superficie della proprietà che circonda la sede della distilleria, che oggi ha raggiunto un’estensione di 8 ettari tutti destinati a parco.

Sommelier bresciano Adrian Cristian nominato “Chevalier de Champagne”

Sommelier bresciano Adrian Cristian nominato “Chevalier de Champagne”




Sommelier bresciano Adrian Cristian nominato “Chevalier de Champagne”




















Milano, 11 apr. (askanews) – Il bartender mixologist e sommelier bresciano, Adrian Cristian, è stato nominato “Chevalier de Champagne”, diventando così uno dei cinquemila in tutto il mondo ad aver ricevuto l’onorificenza dell’Ordre des Coteaux de Champagne, unica confraternita bacchica che rappresenta tutto il vino champagne in Francia e all’estero.

Diplomato alla prestigiosa “Wine & Spirit Education Trust” (WSET) di Londra, Adrian Cristian è il titolare del “Dialogue – Wine & Cocktail Lounge Bar” di Brescia che ha fondato nel settembre 2021 con la moglie Adela Paul. Il locale vanta circa un migliaio di etichette di vini e champagne, e altrettante di distillati, elemento che ha portato l’Ordre a riconoscergli “una grande passione per lo champagne, l’innovazione e la costante ricerca di prodotti d’eccellenza”. L’onorificenza è infatti attribuita ai professionisti che quotidianamente vivono il mondo dello champagne e che sono in grado di divulgarne il valore. Con la nomina, assegnata da uno dei presidenti delle più importanti Maison de Champagne, i “Cavalieri” diventano ambasciatori e portavoce dello Champagne nel mondo. L’Ordine ha le sue origini nel XVII secolo, quando era composto da giovani nobili della corte di Luigi XIV. Nel 1956, François Taittinger, all’epoca presidente dell’omonima Maison, intraprese una ricerca storica e trovò tracce dell’Ordre des Coteaux che fece rivivere dandogli il nome attuale.

“È la summa di un lavoro costante e certosino che da anni porto avanti con grande passione e determinazione” ha detto il neo Cavaliere, sottolineando che “essere tra i pochi italiani a ricevere questo prestigioso riconoscimento è motivo d’orgoglio per me e per chi mi accompagna professionalmente nell’offrire alla città di Brescia il meglio quando si parla di champagne”.

Lascia Othmar Donà, Erwin Carli è il nuovo enologo di Cantina Kurtatsch

Lascia Othmar Donà, Erwin Carli è il nuovo enologo di Cantina Kurtatsch




Lascia Othmar Donà, Erwin Carli è il nuovo enologo di Cantina Kurtatsch




















Milano, 11 apr. (askanews) – Un nuovo passo, nel nome della continuità e della determinazione: Othmar Donà, storico enologo di Cantina Kurtatsch, passa il testimone a Erwin Carli, da 10 anni nella cantina cooperativa di 190 soci a Cortaccia (Bolzano) come agronomo e vice enologo.

L’obiettivo è quello di proseguire lungo il percorso di successo intrapreso (+110% in valore negli ultimi 9 anni), “guardando con lungimiranza al futuro, pur rimanendo fedele alla sua identità cooperativa, legata ai forti valori della tradizione vitivinicola che sin qui l’hanno condotta”. Un percorso che “partirà imprescindibilmente dalla ricerca: dalle sperimentazioni su lieviti alternativi per controllare lo sviluppo alcolico, agli studi sull’impronta del vetro e l’utilizzo di imballaggi sostenibili, alle continue migliorie apportate alla cantina, con l’obiettivo di una produzione sostenibile a tutto tondo”. “In continuità con quanto fatto negli ultimi decenni grazie alla visione di Othmar Donà – spiegano dalla Cantina – il lavoro di analisi e ricerca proseguirà anche in vigneto, con il distintivo approccio ‘zona per zona, vino per vino’, sviluppato con l’obiettivo di creare le migliori condizioni possibili per la produzione di ogni etichetta, per permettere la migliore espressione possibile del potenziale della varietà con un occhio di riguardo alle trasformazioni portate dai cambiamenti climatici”.

“Sono entrato più di trent’anni fa in una cantina che quasi nessuno conosceva, una realtà piccola e incentrata su una produzione di quantità, più che di qualità” ricorda donà, sottolineando che “è stato un lavoro fatto anno dopo anno, svolgendo microfermentazioni di pochi ettolitri per aiutarci a capire cosa fosse corretto per ogni varietà, così da essere poi in grado di fare grandi vini”. “Siamo riusciti ad adattarci ai cambiamenti climatici – ha concluso lo storico enologo – trovandone vantaggio nei vini rossi, mentre per i bianchi, abbiamo avuto la fortuna di poter andare più in alto per ottenere la finezza e mineralità distintiva dei vini dell’Alto Adige”. “L’impostazione che ha dato Othmar ci permette di essere oggi un’azienda moderna e di poter prendere di petto le sfide del mercato” ha affermato il nuovo enologo, evidenziando che “anche nei momenti in cui il mercato non apprezzava questi prodotti lui è andato sempre avanti e questo ci dà oggi la possibilità di lavorare con delle viti di una certa età, con una filosofia produttiva rispettata e riconosciuta anche internazionalmente”. “Finché il prodotto non è come deve essere, non mi do pace – aggiunge Carli, concludendo “un vino proviene da un territorio e deve rispecchiarlo, anche se a volte cozza con le mode del momento – la moda va, le viti restano”.

Prosegue il progetto per custodire nel tempo il “vigneto Sicilia”

Prosegue il progetto per custodire nel tempo il “vigneto Sicilia”




Prosegue il progetto per custodire nel tempo il “vigneto Sicilia”




















Milano, 11 apr. (askanews) – Custodire il “Vigneto Sicilia”, produrre viti siciliane dotate di certificazione che ne attesti l’integrità sanitaria e l’identità varietale, dare valore e sostegno alla qualità dei vini siciliani. Sono gli obiettivi del progetto “Valorizzazione del germoplasma viticolo”, promosso e sostenuto dal Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia in partnership con il Dipartimento regionale dell’Agricoltura della Regione Siciliana, l’Università degli Studi di Palermo e il Centro regionale per la conservazione della biodiversità viticola ed agraria “F. Paulsen”.

Gli aggiornamenti relativi al progetto in corso sono stati presentati nei giorni scorsi nel corso di un appuntamento al Vinitaly, durante il quale sono intervenuti il presidente del Consorzio, Antonio Rallo, il Dirigente Area II Programmazione del Dipartimento regionale Agricoltura, Vincenzo Pernice, il presidente dell’Accademia italiana della vite e del vino, Rosario Di Lorenzo, e la Consulente agronomica del progetto, Lorenza Scianna. “I risultati di questo lavoro sono straordinari – ha dichiarato l’assessore dell’Agricoltura, Luca Sammartino – è un patrimonio che oggi mette al centro l’albero genealogico dei vini siciliani e istituisce un registro che potrà essere utilizzato da tutti i viticoltori siciliani per esaltare la biodiversità delle produzioni dei nostri territori e riconvertire alcune aree della Regione in aree produttive” Il progetto ha lo scopo di conservare la biodiversità generata dai tremila anni di viticoltura nell’isola e le sue varietà autoctone e di intervenire a monte della filiera vitivinicola, dotando i vivaisti di materiale di base da cui ottenere un prodotto certificato da fornire alle aziende. Grazie al progetto è in corso la verifica fitopatologica dei campi di piante iniziali esistenti e la ricostituzione di nuovi campi con materiali virus esenti, da cui ottenere il materiale di propagazione per la produzione di barbatelle innestate e certificate.

Nella prima annualità del progetto sono stati costituiti tre barbatellai con materiale iniziale fornito dal vivaio Paulsen, sottoposto preventivamente a test di laboratorio per accertare la purezza varietale e l’assenza di virosi. Le barbatelle così prodotte sono state utilizzate nel secondo anno del progetto per la costituzione di due campi di piante madri di categoria iniziale siti nell’agro di Petrosino. Da questi campi sono prelevate le gemme da fornire ai vivaisti, per la produzione di materiale certificato. Al momento i campi ospitano dieci cloni di varietà siciliane omologate dalla Regione Sicilia, ovvero, Perricone, Alicante, Nerello Cappuccio, Nero D’Avola, Carricante, Greganico, Grillo, Zibibbo,Catarratto, Moscato bianco) ma nel 2023 sono state poste le basi per iniziare l’iter di clonazione anche di altri biotipi di cui si vuole tracciare il profilo agronomico ed enologico e ancora varietà “minori” come Minnella Nera, Nerello Cappuccio, Nocera, Alicante e varietà “reliquie”, ovvero Vitrarolo, Recunu, Orisi, Lucignola). Le aziende siciliane avranno dunque a breve la possibilità di acquistare materiale certificato di varietà autoctone presso i vivaisti locali.

Domani Lollobrigida consegna attestati di Tecnico viticolo specializzato

Domani Lollobrigida consegna attestati di Tecnico viticolo specializzato




Domani Lollobrigida consegna attestati di Tecnico viticolo specializzato



















Milano, 11 apr. (askanews) – Domani mattina alle 10 al Masaf a Roma, il ministro dell’Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste, Francesco Lollobrigida, affiancato dall’assessora all’Istruzione della Regione Veneto, Elena Donazzan, e dal presidente del Crea, Carlo Gaudio, consegnerà gli attestati agli studenti dell’innovativo corso di Tecnico specializzato in pratiche innovative ed ecosostenibili per la gestione dell’agroecosistema vigneto.

Il corso si è tenuto nelle sedi dell’Isiss Cerletti di Conegliano Veneto, la più antica e prestigiosa Scuola enologica italiana, fondata nel 1876, e del Crea Viticoltura di Susegana, sempre in provincia di Treviso. Istituito nel quadro del Programma operativo regionale e cofinanziato dal Fondo sociale europeo, questo corso di alta formazione è organizzato dalla Regione Veneto in collaborazione con il Crea e l’Istituto Cerletti. Alla premiazione interverranno anche Luca De Carlo, presidente Commissione Agricoltura del Senato e Fabio Chies, sindaco di Conegliano Veneto e presidente della Fondazione Cerletti.

Sempre nella stessa occasione, sarà presentato il volume “I tesori del Crea”, curato dal presidente Gaudio, che riscopre la straordinaria ricchezza di beni culturali e ambientali, presenti nei dodici Centri di ricerca del Crea, per raccontarne l’attività scientifica ma anche le origini e la storia, che affondano le radici nel Risorgimento italiano, quando iniziarono ad operare le Regie stazioni sperimentali, volute dal primo ministro dell’Agricoltura in Italia, Camillo Benso Conte di Cavour.