Clima, 712 eventi meteo estremi su aree costiere dal 2010 a oggiRoma, 25 lug. (askanews) – Dal 2010 al giugno 2023, secondo l’Osservatorio Città Clima di Legambiente, sono 712 gli eventi meteo estremi, su 1.732 eventi totali, avvenuti in 240 dei 643 comuni costieri (pari al 37,3%). Le vittime sono state 186 su un totale di 331 in tutta Italia.
Sono alcuni dei dati contenuti nel report di Legambiente “Spiagge 2023. La situazione e i cambiamenti in corso nelle aree costiere italiane” diffuso oggi nel giorno del tavolo tecnico interministeriale sulle concessioni demaniali convocato dal Governo Meloni, in cui l’associazione indica all’esecutivo anche un pacchetto di sette interventi da mettere in campo. Spiagge e aree costiere – evidenzia l’associazione – sono tra le zone più fragili e in sofferenza della Penisola. A pesare in primis gli impatti della crisi climatica, il riscaldamento delle acque del mare, e soprattutto gli eventi meteo estremi che colpiscono sempre di più i comuni costieri. Crisi climatica, erosione, consumo di suolo, concessioni balneari, aree a rischio inondazione, inaccessibilità alle spiagge per motivi di illegalità e di mare inquinato sono i sei indicatori al centro del report per misurare gli impatti sui lidi.
Nel dettaglio, si sono verificati 254 allagamenti da piogge intense, 199 danni da trombe d’aria e raffiche di vento, 84 danni alle infrastrutture da piogge intense, 64 danni da mareggiate, 46 esondazioni fluviali, 21 frane da piogge intense, 19 danni da grandinate, 10 danni da siccità prolungata, 9 danni al patrimonio storico da piogge intense e 6 casi di temperature record. Dal 2010 le regioni più colpite sono state la Sicilia, con ben 154 eventi estremi, la Puglia con 96, la Calabria (77) e la Campania (73). Tra i comuni più colpiti: Bari, con 43 casi, Agrigento con 32, Genova con 27, Palermo e Napoli entrambe con 23 casi e Ancona con 22.
Maltempo, Legambiente: grandinate e nubifragi? E’ la crisi climaticaMilano, 22 lug. (askanews) – Ciò che sta accadendo in Italia, colpita da caldo torrido, ondate di calore, grandinate e bombe d’acqua, ha un altro nome e si chiama crisi climatica. È quanto torna a denunciare Legambiente che oggi diffonde un nuovo focus realizzato dal suo Osservatorio Città Clima con dati inediti sui danni da grandinate. Nei primi sei mesi del 2023, da inizio anno a giugno, nella Penisola sono stati 19 i danni dovuti da grandinate. Con questo ritmo si rischia a fine anno di superare i “bollettini” degli anni precedenti: 29 danni da grandinate nel 2022, 14 nel 2021, 9 nel 2020. Preoccupante anche il bilancio che va dal 2010 ad oggi (giugno 2023) e che conta ben 106 danni dovuti da grandinate. In questi anni le regioni più colpite sono state quelle del Nord e dell’area padana: Veneto (con 16 casi), Emilia-Romagna (13), Piemonte (12).
“Le immagini delle grandinate e del violento nubifragio che hanno colpito diverse regioni del Nord Italia causando danni e feriti – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – unite a quelle del caldo record che sta attraverso a più riprese la Penisola ci ricordano che non c’è più tempo da perdere. Non si tratta solo di maltempo ma sono gli effetti della crisi climatica a cui bisogna rispondere con interventi e politiche climatiche più lungimiranti, come ha ricordato anche la stessa Ipcc. Il Governo Meloni esca dal suo silenzio e ci dica quanto intende approvare il Piano di adattamento al clima, al momento fermo dopo la fase di Vas, Valutazione ambientale strategica, e quanto intende definire i punti chiave necessari per elaborare i Piani urbani di adattamento al clima e vincolare le risorse finanziare necessarie”. Legambiente ricorda che una recente ricerca di Cnr-Isac, pubblicata su Remote Sensing, ha accertato che per tutti gli eventi di grandine registrati nel Mediterraneo la tendenza è in crescita di circa il 30% nell’ultimo decennio. I fenomeni sono stati raggruppati in due categorie di severità: grandinate intense (caratterizzate da chicchi con diametro variabile da 2 a 10 cm) e grandinate estreme (associate alla formazione di aggregati ghiacciati con diametro superiore a 10 cm). Lo studio sottolinea il legame tra questi fenomeni estremi e il riscaldamento globale, in particolare quello del bacino Mediterraneo, incluse le acque del suo mare.
Sempre in tema di crisi climatica, Legambiente martedì 25 luglio, in occasione del tavolo tecnico interministeriale sulle concessioni demaniali, diffonderà anche i nuovi dati del Report Spiagge 2023 con un focus interamente dedicato agli eventi climatici estremi nelle aree costiere.
Eurobarometro, clima problema molto serio per 83% degli italianiRoma, 21 lug. (askanews) – Il cambiamento climatico è un problema “molto serio” per l’83% degli italiani e per il 77% degli europei, percentuali che salgono rispettivamente al 96% e al 93% comprendendo anche quanti in Italia e in Europa lo ritengono un problema “piuttosto serio”. Guardando a una serie di problemi che il mondo si trova ad affrontare – come povertà e fame, conflitti armati, cambiamento climatico, situazione economica, deterioramento della natura, diffusione di malattie infettive, ecc. – a preoccupare di più gli italiani sono le guerre (53%) e la situazione economica (52%). Sono alcuni dei dati emersi da una nuova indagine Eurobarometro sul cambiamento climatico pubblicata il 20 luglio.
Più della metà degli europei (58%) crede che la transizione verso un’economia verde andrebbe accelerata, soprattutto alla luce delle impennate dei prezzi dell’energia e delle preoccupazioni per gli approvvigionamenti del gas originate dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Dal punto di vista economico, il 73% degli europei concorda sul fatto che i costi dei danni causati dai cambiamenti climatici siano molto superiori agli investimenti necessari per la transizione verde. Tre quarti degli intervistati in Europa (75%) pensano che la lotta ai cambiamenti climatici favorirà l’innovazione e la pensa così l’87% degli italiani. L’88% degli europei e il 92% degli italiani sono completamente o piuttosto d’accordo sulla necessità di ridurre al minimo le emissioni di gas a effetto serra e di compensare allo stesso tempo le emissioni residue per far sì che l’UE raggiunga la neutralità climatica entro il 2050. Quasi nove europei su dieci (87%) credono che sia importante che l’Ue fissi obiettivi ambiziosi per aumentare il ricorso alle energie rinnovabili e una percentuale analoga (85%) ritiene altrettanto cruciale che l’UE intervenga per migliorare l’efficienza energetica, ad esempio incoraggiando i cittadini a isolare le abitazioni, installare pannelli solari o acquistare automobili elettriche.
Sette intervistati su dieci (70%) credono che ridurre le importazioni di combustibili fossili possa aumentare la sicurezza energetica e avvantaggiare economicamente l’UE. Il 63% degli europei ha intrapreso azioni concrete per contribuire ad affrontare l’emergenza climatica, sotto la media gli italiani con il 52%. Tuttavia, quando è stato chiesto loro chi debba farsi carico della lotta ai cambiamenti climatici, i cittadini europei hanno evidenziato la necessità di altre riforme che accompagnino l’azione individuale, segnalando anche la responsabilità dei governi nazionali (56%), dell’UE (56%), delle imprese e dell’industria (53%). Per il 74% degli intervistati in Italia il governo non sta facendo abbastanza per affrontare il cambiamento climatico. I cittadini europei percepiscono inoltre i cambiamenti climatici come una minaccia anche nella vita quotidiana. In media, oltre un terzo degli europei si sente personalmente esposto ai rischi e alle minacce ambientali, una preoccupazione che in 7 Stati membri è condivisa da più della metà dei cittadini, soprattutto nei paesi dell’Europa meridionale, ma anche in Polonia e Ungheria.
L’84% degli europei (l’89% degli italiani) concorda sul fatto che gli interventi per combattere i cambiamenti climatici e risolvere le questioni ambientali dovrebbero essere una priorità anche per migliorare la salute pubblica, mentre il 63% degli europei ritiene che prepararsi agli effetti dei cambiamenti climatici possa avere conseguenze positive per i cittadini dell’UE, percentuale che scende al 56% tra gli italiani.
”Agricoltura, risorse idriche, emergenza clima”: convegno a RomaRoma, 16 giu. (askanews) – L’85% degli italiani considera l’agricoltura multifunzionale un importante settore di sviluppo dell’economia italiana. Una rivoluzione che dalla legge di orientamento e modernizzazione del settore agricolo (D.Lgs n. 228 del 18 maggio 2001), firmata dall’allora Ministro delle Politiche Agricole Alfonso Pecoraro Scanio, ha permesso di liberare la vitalità delle aziende multifunzionali, quelle cioè che svolgono attività connesse all’agricoltura, nonché di allargare i confini dell’imprenditorialità, aprendo nuove opportunità occupazionali nel settore agroalimentare.
Tuttavia a livello mondiale, l’impiego di acque dolci in agricoltura ha ormai raggiunto il 72%. Una maggiore attenzione alla governance dell’acqua, ai relativi dati e all’informatica di supporto per l’agricoltura e la sicurezza alimentare è fondamentale per affrontare le sfide legate alla gestione dell’acqua in un clima che cambia. Fondazione UniVerde, Coldiretti, con il supporto di UNESCO WWAP – World Water Assessment Programme, in collaborazione con Noto Sondaggi, Fondazione Campagna Amica, ANBI – Associazione Nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue e il magazine Innovazione.PA, promuovono il convegno “Agricoltura e risorse idriche: le sfide dell’emergenza climatica” che si svolgerà a Roma, giovedì 22 giugno, ore 9.00, presso la Sala delle Statue di Palazzo Rospigliosi, sede nazionale di Coldiretti, e in diretta streaming su Radio Radicale. Event Partners: G.M.T., Menowatt Ge, E.P.M., AVR federata Anima Confindustria, AlmavivA. Media Partners: Radio Radicale, Askanews, Italpress, La Notizia, TeleAmbiente, Opera2030, SOS Terra Onlus.
In occasione dell’evento sarà presentato il XIII Rapporto “Gli italiani e l’agricoltura”, con focus su I Mercati contadini, le vacanze green e l’importanza dell’enogastronomia a chilometri zero per salvare biodiversità, lavoro ed economia locale. L’indagine, che conferma l’agricoltura italiana come la più green d’Europa, è realizzata da Fondazione UniVerde e Noto Sondaggi, in collaborazione con Coldiretti e Campagna Amica. Un ulteriore spazio di dibattito sarà aperto intorno ai dati del Rapporto mondiale delle Nazioni Unite sullo sviluppo delle risorse idriche 2023 con focus su “Partenariati e cooperazione per l’acqua”, la cui traduzione ufficiale in italiano, curata dalla Fondazione UniVerde in collaborazione con l’Istituto Italiano per gli Studi delle Politiche Ambientali (IISPA), con il supporto di UNESCO WWAP – World Water Assessment Programme, e con il sostegno di Menowatt Ge, G.M.T., E.P.M. e AVR affiliata Anima, è stata presentata in prima mondiale il 22 marzo scorso a New York al seminario “Water and cultural heritage in Italy”, nell’ambito della 2° Conferenza Mondiale sull’Acqua delle Nazioni Unite.
IL PROGRAMMA – Dopo i saluti introduttivi di Vincenzo Gesmundo (Segretario Generale Coldiretti) e di Alfonso Pecoraro Scanio (Presidente Fondazione UniVerde), seguirà la presentazione a cura di Antonio Noto (Direttore Noto Sondaggi) del XIII Rapporto “Gli italiani e l’agricoltura”. Sarà la volta del panel su “Agricoltura e cambiamento climatico” con gli interventi di: Gian Marco Centinaio (Vicepresidente del Senato della Repubblica), Francesco Lollobrigida (Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste), Maurizio Martina (Vicedirettore Generale della FAO), Stefano Vaccari (Direttore Generale CREA), Ilaria Fontana (Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici, Camera dei Deputati). Coordina: Valerio Imperatori (Direttore Editoriale di InnovazionePA).
A seguire (ore 11.00) si svolgerà la presentazione, a cura di Michela Miletto (Direttore UNESCO WWAP, World Water Assessment Programme), della traduzione ufficiale in italiano del Rapporto mondiale delle Nazioni Unite sullo sviluppo delle risorse idriche 2023. Con il coordinamento di Gianni Todini (Direttore Askanews), si proseguirà con il panel “La corretta gestione delle risorse idriche” con gli interventi di: Maria Elisabetta Alberti Casellati (Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa), Laura D’Aprile (Capo Dipartimento per lo Sviluppo Sostenibile, Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica), Andrea Guerrini (Componente del Collegio ARERA e Presidente WAREG, European Water Regulators), Francesco Vincenzi (Presidente ANBI), Maurizio Montalto (Presidente IISPA). Farà seguito la “Presentazione delle best practice per la corretta gestione delle risorse idriche e partner della traduzione ufficiale del WWDR2023 – UNESCO WWAP”, con gli interventi di: Emanuele Giglio (Responsabile reparto R&D, G.M.T.), Adriano Maroni (Fondatore Menowatt GE), Carmine Esposito (Consigliere delegato di E.P.M.), Alessandro Durante (Segretario Generale AVR – Associazione italiana costruttori Valvole e Rubinetteria, ANIMA Confindustria), Massimiliano Evangelista (Sales Strategic Lead Ambiente e Territorio, AlmavivA). Le conclusioni saranno affidate a Ettore Prandini (Presidente Coldiretti) e ad Alfonso Pecoraro Scanio (Presidente Fondazione UniVerde). Si terrà infine la presentazione dell’annullo filatelico di Poste Italiane celebrativo del 15° anniversario della Fondazione UniVerde.
Greenpeace: italiani preoccupati per il cambiamento climaticoMilano, 1 giu. (askanews) – Quale emergenza ambientale preoccupa di più gli italiani? Al primo posto inequivocabile la paura dei cambiamenti climatici (20,9%) e dei loro effetti più evidenti come siccità e inondazioni (17,4%), due voci che insieme riguardano quasi 4 italiani su 10, seguite dall’inquinamento dell’aria (10,8%) e dell’acqua (8,9%). È quanto si evince dall’indagine “Le emergenze ambientali e il rischio di estinzione secondo gli italiani”, effettuata da AstraRicerche per Greenpeace Italia tra il 19 e il 21 maggio 2023, su un campione di 800 italiani di età compresa tra i 15 e i 70 anni.
Dal 1971 Greenpeace difende l’ambiente da ogni genere di minaccia: inquinamento, cambiamenti climatici, sfruttamento eccessivo delle risorse naturali. Nelle tante battaglie ambientali che l’associazione porta avanti, la protezione del mare e degli oceani ha avuto e avrà sempre un’attenzione specifica, essendo il mare uno degli elementi più a rischio e da cui dipende la nostra vita sul Pianeta. Nella campagna “C’è di mezzo il mare” appena partita, l’0rganizzazione sottolinea come anche l’ecosistema e la biodiversità marini siano in pericolo e fa pressione sul Governo affinché venga ratificato dall’Italia il Trattato per la Protezione degli Oceani, siglato sotto l’egida delle Nazioni Unite, e venga Istituita una rete di aree marine protette nelle acque di sua giurisdizione. Dall’indagine di AstraRicerche per Greenpeace Italia emerge il quadro di una società “multi allarmata”, dove tutte le minacce all’ecosistema e alla salute del Pianeta e dell’uomo fanno paura. Secondo lo studio, gli italiani temono anche mancanza di accesso all’acqua potabile (8,5%), impatto delle sostanze chimiche su salute e ambiente (7%), aumento della quantità di rifiuti (6,7%), agricoltura non sostenibile e allevamenti intensivi (5,3%), deforestazione (4,3%), necessità di proteggere le specie e gli ecosistemi (4,1%), erosione del suolo (2,9%).
Sebbene siano i più giovani a lanciare in modo più clamoroso l’allarme per la salute del Pianeta, la ricerca mostra che ad essere più preoccupato per la crisi climatica in atto è chi appartiene alla generazione dei baby boomer, vive nell’Italia Centro-settentrionale e in città medio-grandi. La ricerca conferma comunque anche la consapevolezza e il coinvolgimento della Gen Z: per i ragazzi nati dal 1997 in poi, le prime quattro fonti di preoccupazione (cambiamenti climatici, siccità/inondazioni, inquinamento aria e acqua) sono sostanzialmente equiparabili, collocandosi tutte in un range tra il 15% e il 13%. In questo quadro si evidenzia anche come i più giovani, rispetto alle altre generazioni, esprimano una preoccupazione più marcata per l’inquinamento di aria (13,6%) e acqua (12,6%). La protezione del mare e degli oceani è una delle priorità di Greenpeace. Il riscaldamento globale sta causando un aumento delle temperature delle acque superficiali e profonde, con gravi conseguenze sul mantenimento della loro biodiversità, particolarmente evidenti in un bacino semi chiuso come il Mediterraneo, che negli ultimi 50 anni ha perso circa il 41% dei mammiferi marini che ne facevano parte. La scorsa estate sono state registrate anomalie termiche, positive di circa 2 gradi Centigradi, sia a Portofino che sul versante settentrionale dell’Isola d’Elba, con temperature superficiali che hanno raggiunto, e in alcuni casi superato, i 27 gradi. Sono i dati allarmanti che Greenpeace Italia ha raccolto nell’ambito del progetto Mare Caldo
Biodiversità, a rischio 1 mln di specie. Enpa: serve strategia organicaRoma, 22 mag. (askanews) – Un milione di specie animali e vegetali sono attualmente a rischio estinzione. Il dato, fornito dall’Onu, fotografa in tutta la sua gravità il rapido e drammatico declino della biodiversità in tutto il Pianeta. Incremento delle temperature, eventi climatici estremi, distruzione degli habitat, cementificazione, ma anche inquinamento e una crescente pressione antropica sono – come noto – le cause principali di questo declino. Per contrastare il quale le autorità nazionali e la comunità internazionale fanno ancora troppo poco: secondo un recente rapporto dell’Ocse per cercare quanto meno di invertire la tendenza sarebbero necessari circa 100 miliardi di dollari l’anno. «La crisi è globale e richiede dunque strategie di intervento globali con una efficace strategia di protezione della biodiversità, che invece continua ad essere sacrificata in nome del profitto. Questo – spiega Enpa – è evidente soprattutto a livello nazionale, poiché gli Stati promuovono spesso indirizzi politici antitetici rispetto a quello che dovrebbe essere il prioritario obiettivo di tutela degli animali e dell’ambiente». A pagarne le conseguenze sono soprattutto gli animali selvatici minacciati non solo dall’impatto antropico sugli ecosistemi e sul clima, ma anche dall’attività venatoria e da campagne persecutorie, veri pogrom, promossi in diversi Paesi». «Ma la crisi della biodiversità – osserva Enpa – va gestita e affrontata anche con mezzi culturali. Gli animali, soprattutto le specie selvatiche, non devono più essere considerati come una minaccia, un pericolo ma come una ricchezza; un elemento che contribuisce alla salute degli ecosistemi e da cui dipende la nostra stessa sopravvivenza. Se davvero vogliamo invertire la rotta rispetto alla situazione attuale, dobbiamo necessariamente cambiare prospettiva, considerando gli animali come tali, ovvero diversi da noi, e non attribuire loro categorie etiche e morali valide solo per la specie umana».
Remtech Expo,Paparella:eventi meteo possono causare danni profondiRoma, 18 mag. (askanews) -“L’Emilia-Romagna in queste ore è colpita da un’alluvione senza precedenti. L’origine delle abbondantissime piogge sembra poter essere attribuito ad un fronte occluso lungo l’Adriatico, alimentato da un ciclone presente più a Sud, che martedì scorso ha richiamato aria fredda da Est. Tale particolare scenario ha generato piogge intense soprattutto in alcune aree dove sono caduti fino a 300mm di pioggia in 24 ore, pari alla pioggia che cade normalmente in due mesi. I terreni, già saturi dopo gli eventi straordinari dell 1-4 Maggio, non hanno avuto, in occasione di questo secondo evento straordinario, adeguata capacità di assorbimento delle precipitazioni che, in poco tempo, ha ingrossato irrimediabilmente i torrenti. In poche ore il livello dei torrenti è aumentato anche di 10 metri, generando, in taluni casi, rotture degli argini a discapito dei centri abitati e delle infrastrutture. Il Presidente e la Vice Presidente della Regione Emilia-Romagna, sin dai primi segnali di allerta, stanno lavorando alla messa in sicurezza dei cittadini soprattutto, in stretta collaborazione con la Protezione Civile. Ringraziamo chi è direttamente coinvolto nelle operazioni, siamo vicini ai cittadini della nostra Regione e ci mettiamo sin d’ora a disposizione per poter dare, come comunità specializzata, un contributo fattivo”. Lo dichiara in una nota la Geologa Silvia Paparella a capo del più importante appuntamento annuale sui temi del dissesto idrogeologico, RemTech Expo.
Giovani sempre più attenti a crisi climatica: serve agire insiemeMilano, 27 apr. (askanews) – La maggioranza dei docenti (il 70%) ritiene che i ragazzi siano preoccupati per il futuro dell’ambiente e sensibili ai temi di salvaguardia dei mari e delle foreste. E’ quanto emerge dal sondaggio E.ON condotto in collaborazione con Pleiadi, partner dell’azienda per il progetto di education. La survey dimostra inoltre che le attività formative svolte a scuola per educare e sensibilizzare i ragazzi alle tematiche di sostenibilità ambientale influenzano attivamente i comportamenti e le priorità delle famiglie italiane (70%), evidenziando l’importanza che i giovani attribuiscono all’azione collettiva per il bene del pianeta.
“Partire dalle nuove generazioni e dall’azione condivisa e congiunta sono le direzioni che è necessario perseguire per tutelare l’ambiente e le risorse per la società di domani – ha commentato Frank Meyer, CEO di E.ON Italia -. La survey evidenzia come la cultura, la conoscenza, la concretezza e il lavoro di squadra siano le leve più efficaci per contrastare il cambiamento climatico. Proprio da qui parte la nostra ambizione di creare un Movimento Green nei confronti del nostro Pianeta”. I risultati del sondaggio Secondo oltre il 70% degli insegnanti intervistati da Pleiadi, i ragazzi delle scuole primarie e secondarie sono preoccupati per il futuro del pianeta. Di questi, l’80% è particolarmente attento alla salute dei mari e delle foreste. La sensibilità delle nuove generazioni, estremamente recettive ai cambiamenti, è strettamente collegata agli effetti evidenti del cambiamento climatico sulle temperature sempre più elevate e la scarsità di piogge che mette in pericolo la vegetazione locale e influenza il paesaggio a cui siamo abituati. “Come dimostrano i dati, trattare questi argomenti a scuola ha un’influenza anche sui comportamenti delle famiglie in ambito di sostenibilità ambientale e in generale sulla cittadinanza attiva – ha aggiunto Lucio Biondaro, CEO di Pleiadi – il ruolo della scuola e quindi del corpo docenti diventa quindi centrale e siamo felici che E.ON abbia sposato l’idea di investire nell’ecosistema educativo dando opportunità e approfondimenti”.
Un’attenzione che emerge anche da una conoscenza sempre più diffusa degli Obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU e consapevolezza circa la loro effettiva realizzazione. Per il 46% dei ragazzi, infatti, questi goal sarebbero poco realizzabili e troppo ambiziosi da raggiungere, mentre il 30% percepisce l’impegno delle comunità e delle istituzioni verso il compimento degli stessi. Questa sensibilità è così diffusa anche grazie alla formazione svolta nelle scuole che promuove l’adozione di comportamenti rispettosi dell’ambiente: secondo il 70% dei docenti la formazione, infatti, ha un impatto positivo sui comportamenti degli studenti nel contesto familiare. Un dato certamente in aumento rispetto al 2020, anno in cui, secondo la ricerca condotta da E.ON con Pleiadi e Meteo Expert, solo il 40% delle famiglie riteneva che la formazione e l’educazione a scuola avessero un impatto sulle scelte riguardanti sostenibilità.
Ciò conferma l’importanza di scuola e docenti, non solo per la formazione scolastica, ma anche per la costruzione di una società sempre più consapevole e sensibile alla salvaguardia dell’ambiente. Una salvaguardia che, secondo la survey, si manifesta con un’attenzione dei giovani: alla raccolta differenziata e lo spreco di acqua (per il 90% dei docenti intervistati), ai consumi di luce e gas (80%) e ad un’alimentazione sostenibile (65%). Infine, la survey, evidenza che ciò che stimola di più i ragazzi ad agire a favore del Pianeta è il lavoro di squadra: oltre il 60% dei giovani, infatti, percepisce l’azione collettiva come molto più impattante rispetto ai comportamenti dei singoli, riconoscendo l’importanza dell’aggregazione e della condivisione di valori comuni per un cambiamento positivo.
Italia, con questo ritmo emissioni azzerate solo tra 200 anniMilano, 24 apr. (askanews) – Secondo i dati ricordati da Italy for Climate dal 2014 in Italia abbiamo tagliato in media ogni anno 2 milioni di tonnellate di gas serra: continuando così riusciremo ad azzerarle non prima del 2220, mentre l’obiettivo è quello di raggiungere la neutralità climatica al massimo al 2050. Lo scrivono gli attivisti di Ultima Generazione in occasione del lancio della nuova campagna di disobbedienza civile “Non Paghiamo il Fossile”.
Gli effetti dell’inazione politica e dell’accelerazione della crisi climatica – spiegano – sono evidenti già adesso: Comuni del Piemonte riforniti a gennaio con le autobotti, fiumi a secco e laghi in ritirata nel Nord Italia in pieno inverno, il Veneto che a marzo ha emanato l’ordinanza per carenza di disponibilità idrica, la difficoltà a seminare il riso in Pianura Padana, che sta scatenando una “contesa” per l’acqua tra i contadini. Questa situazione metterà il settore agricolo ancora più in crisi, con pesanti ricadute sulla tenuta di un settore strategico per il Paese e sulla quotidianità degli italiani. Il rincaro dei prezzi dei prodotti e della spesa finirà direttamente sulla tavola delle famiglie e porterà un aumento della povertà sociale. Secondo gli ambientalisti per contrastare gli effetti già drammatici della catastrofe climatica non basta un Commissario alla siccità e la solita cabina di regia interministeriale. Serve un intervento strutturale sulle cause: bisogna dirottare subito i 41,8 miliardi di euro (dato 2021) di soldi pubblici degli investimenti fossili, per mettere il sistema-Paese nelle condizioni di contrastare la siccità e il dissesto idrogeologico. Per questo Ultima Generazione chiede che i sovvenzionamenti pubblici ai combustibili fossili vengano immediatamente cessati.
Ice Memory: estratte 3 carote di ghiaccio, archivio del clima articoRoma, 20 apr. (askanews) – Nonostante gli ostacoli rappresentati dall’inattesa presenza di una falda acquifera nel ghiacciaio e da condizioni meteo estreme, la Fondazione Ice Memory annuncia che un team internazionale di scienziate e scienziati è riuscito ad estrarre tre carote di ghiaccio (cilindri di 10 centimetri di diametro profondi dalla superficie del ghiaccio fino alla roccia) dall’Holtedahlfonna, uno dei più estesi e elevati ghiacciai dell’arcipelago delle Svalbard. Il successo dell’operazione dovrebbe garantire la possibilità di analizzare e conservare un prezioso archivio del clima artico.
Oggi sono in corso le operazioni per trasferire in sicurezza persone, campioni e equipaggiamento dal campo remoto, installato a 1,150 metri di quota, fino alla stazione di ricerca di Ny-Ålesund, a 80 chilometri di distanza. Queste operazioni dovrebbero durare un paio di giorni, portando la durata complessiva della missione sul campo a 23 giorni. Guidata dall’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche, con scienziati dal Centro nazionale per la ricerca scientifica francese (Cnrs), l’Istituto polare norvegese (Npi), l’Università Ca’ Foscari Venezia e l’Università degli Studi di Perugia, la missione si sta dunque concludendo. Le tre carote di ghiaccio estratte – informa una nota – rappresentano un importante patrimonio scientifico e culturale nel contesto attuale di sensibile aumento delle temperature nell’Artico.
Due dei campioni saranno cruciali per comprendere meglio gli effetti del cambiamento climatico in una regione in cui gli impatti sono 4 volte più intensi rispetto alla media globale. Inoltre, la Fondazione Ice Memory preserverà una delle carote di ghiaccio per i secoli a venire in un apposito ‘santuario’ di Ice Memory in Antartide. Le future generazioni di scienziati avranno quindi accesso a campioni di elevata qualità per studiare nuovi indicatori legati alle condizioni ambientali del passato del nostro pianeta e per anticipare cambiamenti futuri, molto dopo che i ghiacciai saranno scomparsi a causa del cambiamento climatico. La Fondazione Ice Memory, che raccoglie, salva e gestisce carote di ghiaccio provenienti da ghiacciai minacciati per metterli a disposizione delle future generazioni di scienziati per decenni e secoli a venire, chiama all’azione la comunità scientifica. “Vedendo queste situazioni allarmanti in Artico, in Europa e nel resto del pianeta, ora abbiamo bisogno del contributo dei ricercatori per raccogliere rapidamente campioni dai ghiacciai in pericolo o per mettere in salvo in Antartide i campioni già raccolti, per conservare il loro contenuto di dati preziosi nel ‘santuario’ Ice Memory in Antartide”, è l’invito di Carlo Barbante, paleoclimatologo, vide presidente della Fondazione Ice Memory, direttore dell’Istituto di scienze polari del Cnr e professore all’Università Ca’ Foscari Venezia.
Per Anne-Catherine Ohlmann, direttrice della Fondazione Ice Memory “Ice Memory è un’iniziativa inter-generazionale che ci coinvolge tutti: scienziati, filantropi, organizzazioni internazionali… e il cui beneficio andrà ai nostri figli e nipoti. Se perdessimo questi archivi, perderemmo la storia dell’impatto dell’uomo sul clima. Perderemmo anche informazioni cruciali per scienziati e politici del futuro che dovranno prendere decisioni per il benessere della società. Dobbiamo collaborare per salvaguardare questo archivio per le generazioni future. Invitiamo i Paesi a collaborare con i loro scienziati facilitando l’accesso ai loro ghiacciai, di modo che la nostra generazione possa garantire questa preziosa eredità all’umanità di domani”. Il ‘santuario’ in Antartide sarà realizzato alla Stazione Concordia nel 2024-2025. Una grotta di neve sarà costruita alla stazione italo-francese Concordia, l’unica stazione di ricerca internazionale sul plateau antartico. Gestita dal Programma nazionale per le ricerche in Antartide (Pnra) e dall’Istituto polare francese, permette uno stoccaggio a -50°C e offre un sito con una superficie di circa 20 container, circa 300 metri quadrati. La prima grotta dovrebbe essere disponibile a ospitare i primi campioni di Ice Memory nel 2024-2025.
Nonostante la complessità del trasporto in Antartide, la soluzione – si sottolinea – è strategica per varie ragioni: garantirà una conservazione a lungo termine e ‘naturale’, senza consumo di energia per la refrigerazione, quindi proteggendo i campioni da quasiasi rischio di un’interruzione del freddo (guasti, crisi economiche, conflitti, atti di terrorismo ecc…); garantirà una gestione oculata dei campioni, combinata alle restrizioni all’accesso imposte dal sito remoto; garantirà lo stoccaggio in una regione polare gestita attraverso il Trattato Antartico, firmato da molte grandi nazioni e in cui le rivendicazioni territoriali sono congelate.