Disabilità, focus UNIAMO a Locatelli per persone con malattia raraRoma, 11 ott. (askanews) – In una lettera aperta indirizzata al Ministro per le disabilità, Alessandra Locatelli, UNIAMO – Federazione Italiana Malattie Rare, a seguito del dibattito stimolato durante ExpoAid, la manifestazione che ha viste coinvolte le associazioni che si occupano di disabilità, sottolinea le specificità delle persone con malattia rara, che hanno nella maggior parte dei casi una disabilità congenita o acquisita a seguito della patologia.
I punti sono stati sintetizzati dalla Federazione dopo gli incontri con i rappresentanti delle Associazioni, in oltre due anni di lavoro. Una prima stesura delle richieste è stata pubblicata nell’Effemeride “Le Gravi Disabilità: 10 punti da implementare”; durante gli incontri di MonitoRare e i tavoli degli Stati Generali delle Malattie Rare sono stati ulteriormente finalizzati. Nella programmazione delle politiche sociali, evidenzia la Federazione, deve essere tenuto conto della doppia specificità che caratterizza la comunità: malattia rara e disabilità, con una complessità di presa in carico notevole, sia dal punto di vista sanitario che da quello sociale. Fondamentale, per i rappresentanti dei pazienti rari, la necessità di una maggiore omogeneità di intervento nel territorio nazionale, assicurando inoltre l’integrazione delle politiche sanitarie con le altre di interesse della disabilità grave (sociale, abitativa, educativa e occupazionale).
La lettera prosegue elencando i vari punti emersi nelle discussioni. La necessità (evidenziata anche dal Piano Nazionale Malattie Rare) di strutturare i centri di competenza per le malattie rare delle professionalità che possano valutare il danno attuale e futuro ai fini delle valutazioni ai fini dell’invalidità, spesso sottostimata nelle persone con malattia rara. La presa in carico globale, che deve prevedere la necessaria integrazione della rete malattie rare con l’organizzazione prevista dal DM 77 (recente una lettera a questo proposito indirizzata dalla Federazione al Ministero della Salute). Le richieste toccano poi gli aspetti riabilitativi e sociali, la gestione dell’emergenza-urgenza specie in caso di disabilità intellettiva, l’attenzione alle persone “non collaboranti”, la necessità di percorsi scolastici inclusivi, considerando le elevate esigenze in termini di terapie ripetitive, ospedalizzazioni, follow up della comunità rara. Esigenze che si riflettono anche sul Dopo di Noi, che deve contemplare necessariamente anche questi aspetti nella strutturazione dei percorsi.
Una lettera aperta al ministro Locatelli, quindi, che risponde all’esigenza di non lasciare indietro nessuno, in un momento in cui con il PNRR, la legge delega sulla Disabilità e i decreti attuativi che seguiranno, il DM 77 si rischia di creare silos invece di reti, escludendo o non considerando a sufficienza le esigenze di tutti. “Sentiamo molto vicino il Ministro Locatelli, che ha dimostrato in più di una occasione di essere preparata e sensibile a tutti i problemi legati alla disabilità” – sottolinea Annalisa Scopinaro, presidente UNIAMO -. Con questa lettera vogliamo evidenziare ancora di più l’esigenza di lavorare in rete emersa anche durante ExpoAid, sottolineando alcune specificità della nostra comunità che non possono essere dimenticate”.
Longevity Run, a Roma sport e prevenzione con i medici del GemelliRoma, 11 ott. (askanews) – Da venerdì 13 a domenica 15 ottobre torna a Roma l’appuntamento con la prevenzione e la promozione dei corretti stili di vita con i medici de Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS. Il binomio salute e sport sarà di nuovo protagonista della edizione romana della Longevity Run 2023, presso lo Stadio Nando Martellini alle Terme di Caracalla. In particolare, le giornate di venerdì e sabato saranno dedicate ai check-up gratuiti eseguiti dagli specialisti del Policlinico Gemelli e all’attività fisica con lezioni di pilates, funzionale, yoga, baby run per i più piccoli, dimostrazione propedeutica alla pesca da parte della Federazione Italiana Pesca Sportiva e allenamento Sprintt Training Program, dedicato agli anziani. Sabato pomeriggio inoltre, alle ore 16.00, un momento istituzionale con la Guardia di Finanza. Domenica 15 ottobre si svolgerà la Longevity Run, una gara non competitiva di 10 Km, che quest’anno ha un nuovo percorso nel centro storico della città. Per la Longevity Run ci si può iscrivere sul sito www.longevityrun.it.
“La tappa romana della Longevity Run – afferma Francesco Landi, Ordinario di Medicina interna all’Università Cattolica e Direttore del Dipartimento Scienze dell’invecchiamento Ortopediche e Reumatologiche del Policlinico Gemelli – arriva dopo un tour estivo di grande successo, in cui abbiamo toccato piazze importanti e luoghi di villeggiatura meravigliosi. Incontrando sempre più il favore del pubblico, si conferma la voglia delle persone di fare prevenzione e di provare a cambiare lo stile di vita, la dieta e praticare esercizio fisico, requisiti necessari per una longevità di successo”. Quest’anno il Villaggio della Prevenzione sarà allestito due giorni, venerdì e sabato, per effettuare screening gratuiti, ribadire l’importanza della prevenzione e dare informazioni sulla nuova campagna vaccinale, anche per l’herpes zoster. I medici eseguiranno la misurazione dei 7 fattori di rischio cardiovascolare, ovvero la pressione arteriosa, i valori di glicemia e colesterolo, dell’indice di massa corporea, unitamente alla valutazione dello stile di vita (ad esempio il fumo), delle abitudini alimentari e di alcuni parametri di performance funzionale (come la forza muscolare).
Domenica mattina, con la collaborazione tecnica di GSBR – Gruppo Sportivo Bancari Romani, si svolgerà la corsa non competitiva di 10 Km nel centro storico di Roma, la città più antica al mondo, proprio a sottolineare questo concetto di longevità che si può raggiungere con il binomio sport e prevenzione. Partner istituzionali di questa edizione della Longevity Run sono Roma Capitale e Federazione Italiana di Atletica Leggera – Comitato Lazio. Sponsor dell’iniziativa Danacol con tante altre aziende e associazioni amiche come Smart Axistance e-Well Digital di Enel X, Poste Italiane, Fiuggi, Carni Sostenibili, ANPA e Senior L’Età della Saggezza ONLUS di Confagricoltura, TuscoFarm, Vannucci Piante, Serenissima Ristorazione, Yakult, Genage, GSK e Bromerex.
Oncologia, in Italia oltre 1.740 associazioni di pazienti: record in UeRoma, 11 ott. (askanews) – Oltre 1.740 Associazioni oncologiche di pazienti e caregiver censite in Italia solo nel 2023: 283 in Lombardia, al vertice con il numero maggiore, 169 in Piemonte, 140 nel Lazio, 137 in Emilia-Romagna, 129 in Veneto, 6 in Valle d’Aosta, di media una ogni 100 mila abitanti per singola Regione. E regalano all’Italia il ‘record’ europeo in proporzione al numero di abitanti, almeno dei principali paesi dell’UE. Basti pensare, ad esempio, che in Francia sono circa 200 (20 nazionali e 164 regionali).
Sono i dati “di capillarità” del primo Libro Bianco sul mondo del volontariato oncologic presentato oggi al Ministero della Salute. Promosso e redatto da ROPI (Rete Oncologica Pazienti Italia) – con la collaborazione delle Reti Oncologiche Regionali, degli IRCCS oncologici italiani, delle strutture oncologiche e con la ricerca dei siti web delle singole associazioni – il volume ha lo scopo di censire ma soprattutto di valorizzare ruolo e operatività che le associazioni oncologiche di pazienti e caregiver rivestono nel tessuto regionale, sociale, collettivo. Risorsa e linfa di cui il Paese, dall’ospedale al territorio alla ricerca, non può fare a meno, rappresentano uno dei beni più preziosi per la comunità civile e scientifica. E portano avanti importanti battaglie come la proposta di Legge sul diritto all’oblio oncologico, il riconoscimento di specifiche patologie nell’ambito dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), e poi dialogano con le Istituzioni e partecipano ai tavoli tecnici. Sono, inoltre, a fianco dei medici e dei ricercatori: collaborano all’elaborazione di materiale informativo, fungono da guida con la loro esperienza nella messa a punto di PDTA (Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali) dedicati alle diverse neoplasie, favoriscono il miglioramento dell’attività delle Reti Oncologiche Regionali. Fondamentale – infine – il recente coinvolgimento negli studi clinici che segna l’avvio verso un profondo cambiamento culturale, sociale e civili cui la sanità deve aprirsi, come richiamato a livello europeo da Mission Cancer. “Le Associazioni oncologiche di pazienti e caregiver assistono, ascoltano, si prendono cura, supportano il paziente e contribuiscono a colmare alcuni bisogni socio-assistenziali e informativi, adempiendo a una mission psico-sociale – spiega il Ministro della Salute, prof. Orazio Schillaci, che firma la prefazione del volume -. Sono preziosi alleati che aiutano anche a stimolare le azioni, gli interventi socio-sanitari e l’attività legislativa come nel caso della legge sull’oblio oncologico. Un patrimonio umano e sociale il cui sostegno contribuisce a rafforzare l’assistenza offerta dal Sistema Sanitario Nazionale”. “Questo primo Libro Bianco – spiega Stefania Gori, Presidente ROPI – è il primo censimento delle associazioni di pazienti e caregiver presenti in Italia, e ha l’obiettivo di valorizzare il ruolo e il supporto che, con instancabile energia e sensibilità, offrono quotidianamente al paziente, ai famigliari e a chi se ne prende cura. Ma non solo: è necessario riconoscere il prezioso contributo che svolgono a livello territoriale e al fianco delle Istituzioni, presenza indispensabile nei tavoli Tecnici per la definizione, anche da un punto di vista legislativi, dei diritti sociali e civili dei pazienti oncologici. Basti pensare allo straordinario lavoro svolto nella stesura della legge sull’oblio oncologico, con l’obiettivo di cancellare le discriminazioni sul lavoro, garantire il diritto a ricevere adeguata assistenza in termini di mutui bancari e/o polizze assicurative, e molto altro. ROPI, con il Libro Bianco, intende anche continuare a delineare, in maniera condivisa, i criteri di accreditamento delle associazioni oncologiche nei diversi Tavoli di lavoro istituzionali, proseguendo la strada tracciata da Agenas. Non ultimo va riconosciuto l’importante bagaglio esperienziale che forniscono a medici e operatori sanitari, utile nella comprensione degli effettivi bisogni del paziente e dei gap assistenziali ancora esistenti: una risorsa per la ricerca e una risorsa per l’assistenza di cui il territorio non può privarsi, ma che deve imparare a valorizzare sotto l’aspetto sociale, civile, scientifico”. Da sempre l’Agenzia – conclude Domenico Mantoan, direttore di Agenas – è impegnata nell’individuare efficaci strumenti di accesso partecipato e personalizzato del cittadino ai servizi sanitari. Anche in considerazione di questi importanti presupporti, siamo impegnati nella costante implementazione del Portale della Trasparenza che già oggi vede tra i dati a disposizione quelli relativi alle Reti tempo-dipendenti, alle Reti Oncologiche regionali nonché alla Rete nazionale tumori rari.
Cardiomiopatia aritmogena, 4 milioni per ricerca a Università PadovaRoma, 11 ott. (askanews) – Si chiama IMPACT – Cardiogenomics meets Artificial Intelligence: a step forward in arrhythmogenic cardiomyopathy diagnosis and treatment – il progetto di ricerca della durata di 36 mesi finanziato con 4 milioni di euro dall’European Innovation Council per la cardiogenomica. La missione dell’European Innovation Council, istituito dalla Commissione europea nel 2021, è quella di individuare e sviluppare tecnologie innovative per la ricerca.
Il team internazionale – coordinato dalla professoressa Alessandra Rampazzo del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova e composto da Universiteit Maastricht (dottoressa Martina Calore), Universitair Medisch Centrum Utrecht (dottoressa Anneline te Riele), Gruppo Lutech (dottoressa Barbara Alicino), Consorzio Italbiotec (dottoressa Melissa Balzarotti), Ksilink (dottor Peter Sommer) e Italfarmaco (dottor Christian Steinkuhler) – studierà lo sviluppo di nuove terapie per la cardiomiopatia aritmogena (ACM), una malattia genetica che colpisce il cuore e che rappresenta una delle principali cause di aritmie ventricolari e morte cardiaca improvvisa. Con un’incidenza di 1 su 5000, può essere considerata una malattia cardiovascolare di grande rilevanza. La cardiomiopatia aritmogena è una patologia degenerativa che interessa il cuore, frequentemente coinvolta nella morte improvvisa di atleti e adolescenti. Il segno istopatologico caratterizzante è la sostituzione fibroadiposa del miocardio, che pregiudica il funzionamento del muscolo cardiaco portando all’insorgenza di aritmie ventricolari. Ad oggi non è disponibile alcuna terapia per prevenire o almeno rallentare le progressive modificazioni del tessuto cardiaco.
Numerosi sono i geni le cui mutazioni sono certamente coinvolte in questa patologia, alcuni dei quali scoperti dal gruppo di ricerca della professoressa Alessandra Rampazzo. Tuttavia, molte delle alterazioni genetiche identificate nel DNA dei pazienti affetti sono di significato incerto e non ancora direttamente correlati alla patologia, e quindi di utilità limitata sia per i genetisti che per i medici. “Grazie ai finanziamenti ottenuti da Horizon Europe, il nostro progetto di ricerca si propone di aprire nuove prospettive terapeutiche basandosi sui risultati ottenuti nei diversi modelli proposti. Si tratta di un progetto innovativo e multidisciplinare, il cui successo è fortemente sostenuto dalle diverse ma complementari competenze dei partner europei che fanno capo a istituzioni accademiche e aziende leader nel settore informatico, biotecnologico e farmaceutico – dice la professoressa Alessandra Rampazzo del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, coordinatrice scientifica del team internazionale -. Una tale collaborazione consentirà di raggiungere gli ambiziosi traguardi prefissati. L’obiettivo generale del progetto finanziato dalla comunità europea è quello di integrare e analizzare mediante l’intelligenza artificiale i dati clinici e molecolari provenienti dal registro dei pazienti con ACM con dati provenienti da analisi strutturali e funzionali di modelli cellulari, quali microtessuti cardiaci tridimensionali, e modelli in vivo. Questi risultati ci permetteranno di ottenere una migliore comprensione del ruolo e dell’impatto di alterazioni genetiche sulla progressione clinica della cardiomiopatia aritmogena. Inoltre – conclude Alessandra Rampazzo – il progetto prevede uno screening e una successiva valutazione del potenziale terapeutico di numerosi composti e molecole innovative, sia in modelli cellulari che animali”.
La scoperta di nuovi bersagli terapeutici e la comprensione dei meccanismi patogenetici sottostanti non solo potrebbero portare a nuove terapie per l’ACM, ma potrebbero aprire la strada ad una migliore gestione clinica della malattia e a un miglioramento della qualità di vita dei pazienti. Il meeting di tutti i partecipanti, che ufficializzerà l’avvio del progetto, si terrà a Padova il 26 e 27 ottobre.
Malattie reumatiche, Opbg: funziona cura sindrome attivazione macrofagicaRoma, 11 ott. (askanews) – La sindrome da attivazione macrofagica è una complicanza grave di alcune malattie reumatiche, che può risultare letale fino al 30% dei casi. Grazie ad uno studio internazionale coordinato dal Bambino Gesù di Roma oggi sappiamo che è possibile curarla. Lo rende noto l’Ospedale della Santa Sede in occasione della giornata mondiale delle malattie reumatiche del 12 ottobre. I risultati della sperimentazione sono stati pubblicati sulla rivista Annals of the Rheumatic Diseases. Nel 2017 i medici dell’Ospedale avevano già identificato le cause della sindrome, aprendo la strada alla ricerca di una cura efficace. «Si tratta di una grandissima soddisfazione per tutti noi, è la chiusura di un lungo percorso di ricerca» spiega il professor Fabrizio De Benedetti, responsabile di Reumatologia del Bambino Gesù.
La sindrome da attivazione macrofagica (MAS dall’inglese: Macrophage Activation Syndrome) si manifesta come complicanza grave di alcune malattie reumatologiche (artrite idiopatica giovanile sistemica, malattia di Kawasaki, vasculiti sistemiche e lupus eritematoso sistemico). È caratterizzata da un’attivazione fuori misura dei macrofagi, le cellule “spazzino” che abitualmente eliminano le cellule infette, ma che in questa malattia eliminano anche le cellule sane. A seconda delle forme, può causare la morte fino al 30% dei casi. Al Bambino Gesù vengono diagnosticati e curati circa 15 nuovi piccoli pazienti l’anno. Nel 2017 i ricercatori del Bambino Gesù avevano già scoperto che è l’interferone-gamma la molecola responsabile dell’insorgenza della sindrome da attivazione macrofagica. Si tratta di una molecola generata dalle cellule del sistema immunitario coinvolta nell’innesco e nella modificazione del processo infiammatorio. Lo studio aveva dimostrato che l’interferone-gamma viene prodotto in grande eccesso nel fegato e nella milza, gli organi principalmente coinvolti nella MAS. Questa scoperta ha reso possibile la ricerca di una cura efficace. Normalmente la MAS viene trattata con alte dosi di cortisonici e con immunosoppressione generalizzata, ma i risultati non sono certamente soddisfacenti e la mortalità purtroppo resta alta. Il trial clinico internazionale coordinato da medici e ricercatori del Bambino Gesù, recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Annals of the Rheumatic Diseases, ha invece dimostrato l’efficacia di un anticorpo monoclonale (l’emapalumab), che neutralizza l’interferone gamma, per il trattamento della MAS. La sperimentazione con il farmaco ‘salvavita’ ha coinvolto 14 pazienti, di età compresa tra i 2 e i 25 anni, seguiti sia al Bambino Gesù che in alcuni Centri in Francia, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti. La remissione completa dalla MAS è stata ottenuta in 13 pazienti dopo una media di 25 giorni di trattamento. In un precedente studio coordinato dal Bambino Gesù era già stata dimostrata l’efficacia di questo farmaco per il trattamento della linfoistiocitosi emofagocitica primaria, patologia caratterizzata, come la MAS, dalla proliferazione incontrollata dei macrofagi.
«La sperimentazione ha dimostrato la straordinaria efficacia di questo anticorpo monoclonale nella completa remissione della sindrome da attivazione macrofagica – spiega il professor Fabrizio De Benedetti, responsabile di Reumatologia del Bambino Gesù – . Per tutti noi è una grandissima soddisfazione, è la chiusura di un lungo percorso di ricerca iniziato parecchi anni fa con l’individuazione dei meccanismi che causano la MAS. Un esempio dell’importanza della ricerca traslazionale il cui fine ultimo, non va mai dimenticato, è la salute delle persone. In questo caso le ricerche sulla MAS hanno portato alla identificazione di nuovi biomarcatori per la diagnosi e per la prognosi di malattia e, in ultimo, alla dimostrazione di efficacia di un farmaco salvavita visto il tasso di mortalità di questa complicanza».
Ospedali: alta qualità in 9% strutture pubbliche, 27% in privateRoma, 9 ott. (askanews) – Luci e ombre nella sanità emergono “Rapporto sulla Qualità degli Outcome clinici negli Ospedali italiani” 2023, elaborato da Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) e Aiop (Associazione italiana ospedalità privata), – presentato oggi a Roma nella sede di Unioncamere – che propone una valutazione comparativa tra le strutture di diritto pubblico e le strutture di diritto privato del Servizio Sanitario Nazionale, da cui si evince la qualità offerta dalla sanità italiana, con un focus sulla variabilità tra Regioni e all’interno delle stesse, sulla base dei risultati del Programma Nazionale Esiti (PNE) 2022.
La valutazione comparativa delle strutture ospedaliere pubbliche e di quelle di diritto privato, elaborata in funzione della qualità dell’assistenza in sette aree cliniche (sistema cardiocircolatorio, sistema nervoso, sistema respiratorio, chirurgia generale, chirurgia oncologica, gravidanza e parto e osteomuscolare), rivela che a livello nazionale, delle 511 strutture di diritto pubblico valutate, 45 (pari al 9%) riportano tutte le aree cliniche validate di qualità alta o molto alta; delle 297 strutture di diritto privato, quelle con standard elevati sono, invece, 80 (pari al 27%). Per quanto riguarda le strutture di qualità bassa o molto bassa, queste rappresentano il 19% delle strutture valutate di diritto pubblico (54 su 511) e il 32% delle strutture di diritto privato (75 su 297). Nell’area del sistema cardiocircolatorio, si rileva un’elevata concentrazione su livelli alti/molto alti di aderenza agli standard: mentre nel nord e, ancora di più, nel sud e isole la proporzione di strutture di diritto privato over-standard è superiore rispetto a quella delle strutture di diritto pubblico, nel centro la situazione è ribaltata. Qui, infatti, le strutture di qualità bassa/molto bassa sono proporzionalmente di più tra quelle accreditate che tra quelle di diritto pubblico.
Nell’area sistema nervoso, la divaricazione tra le due componenti è sostanziale soprattutto al sud e isole: qui le strutture che riportano livelli di qualità alta/molto alta sono proporzionalmente di più tra le accreditate, mentre quelle che riportano una qualità substandard sono proporzionalmente di più tra quelle di diritto pubblico. Nel centro – analogamente a quanto riportato per l’area cardiocircolatoria – le strutture di qualità bassa/molto bassa sono proporzionalmente di più tra le strutture accreditate che tra quelle di diritto pubblico. Nell’area sistema respiratorio, per quanto riguarda il confronto pubblico-privato, la percentuale di strutture che raggiunge standard di qualità alta/molto alta è significativamente maggiore tra quelle accreditate. Nell’area della chirurgia oncologica, è il nord ad avere risultati simili al sud, con le strutture di diritto privato che, nel confronto con quelle di diritto pubblico, sono proporzionalmente di più tra quelle di qualità alta/molto alta e di meno tra quelle di qualità bassa/molto bassa. Al centro, se le strutture sovra-standard hanno la stessa percentuale tra le pubbliche e le accreditate, le strutture con qualità bassa/molto bassa sono proporzionalmente di più tra quelle di diritto privato.
Nell’area osteomuscolare, le differenze tra le due componenti sono soprattutto al centro e al sud, dove, rispettivamente il 37% e il 52% delle strutture pubbliche riportano livelli di qualità bassa/molto bassa. Nell’area gravidanza e parto si documenta una importante divaricazione tra le due componenti: al nord il 56% delle strutture di diritto privato registra livelli di qualità alta/molto alta contro il 15% del sud, mentre le strutture accreditate di qualità bassa/molto bassa sono il 22% al nord e il 75% nel sud e isole. “Anche grazie alla realizzazione del Rapporto presentato – dichiara il Presidente di Agenas Enrico Coscioni – prosegue il lavoro di collaborazione tecnico-operativa dell’Agenzia nei confronti delle Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano, nonché delle loro aziende sanitarie, in ambito organizzativo, gestionale oltre che in tema di efficacia degli interventi sanitari. Avere strutture – siano esse di diritto pubblico o privato – in grado di garantire una sempre più efficace presa in carico dei pazienti è l’obiettivo che Agenas persegue sin dalla sua istituzione. Dunque, ben venga l’individuazione di buone pratiche da diffondere in modo uniforme per tutto il territorio nazionale”.
“Il Rapporto, frutto dell’Accordo di collaborazione stipulato tra Agenas e Aiop – ha dichiarato il Direttore Generale Agenas Domenico Mantoan – ha voluto mettere in evidenza sia l’apporto che la componente pubblica e quella privata hanno fornito al corretto funzionamento del SSN, sia la risposta rispetto all’emergenza pandemica. Ciò è stato possibile rielaborando i dati dell’edizione 2022 del Programma Nazionale Esiti (PNE) per verificare, a un livello di dettaglio maggiore, la qualità delle prestazioni erogate dalle strutture pubbliche e da quelle private accreditate. Ricordo che Agenas si configura come organo tecnico-scientifico del SSN e anche grazie al ruolo acquisito da oltre un anno di Agenzia nazionale per la sanità digitale ha sempre più tra i suoi obiettivi quello di assicurare il potenziamento dei servizi e dei processi in sanità mediante l’analisi approfondita dei dati. Va considerato, comunque, che il privato accreditato, a differenza di altri comparti del SSN, è l’unico sottoposto a dei tetti rigidi, congelati al 2011, con la conseguenza di generare una “schizofrenia” di sistema”. Per la Presidente Nazionale Aiop Barbara Cittadini “Il PNE ha, sempre, avuto la finalità positiva di volere restituire una fotografia attraverso la quale identificare tutti gli spazi di miglioramento percorribili per realizzare una sanità di prossimità, efficace ed appropriata. Con questo lavoro, nato dalla virtuosa sinergia tra Agenas e Aiop, partiamo proprio dall’analisi degli esiti in funzione della natura giuridica delle strutture per superare l’ideologica dialettica che contrappone “il pubblico al privato”. È prioritario riflettere sull’estrema variabilità della qualità all’interno delle due componenti, in ogni Regione e tra Regioni, facendo emergere quelle contraddizioni che devono essere migliorate in un percorso di efficientamento complessivo che tuteli i valori di universalità, solidarietà ed equità ai quali si ispira il nostro Servizio Sanitario Nazionale. La riforma del sistema, già in atto – ha commentato Cittadini – non deve tradire la preziosa ed originaria natura del PNE, utilizzandone la valenza tecnico-scientifica a servizio di un meccanismo di razionalizzazione acritica delle sole strutture di diritto privato del SSN. Se la concorrenza non si sostituirà alla programmazione, se la selezione non si sostituirà al miglioramento, vorrà dire che saremo stati in grado di costruire un sistema solido, che non lasci intere aree geografiche sguarnite di presidi di ricovero e cura, finalmente in grado di tutelare il diritto alla salute sancito dalla Costituzione” ha concluso.
Al Bambino Gesù di Palidoro inaugurata l’Isola di CarloRoma, 7 ott. (askanews) – Un campo di basket in materiale antitrauma e colorato per i bambini e i ragazzi seguiti dalla neuroriabilitazione del Bambino Gesù di Palidoro: “L’isola di Carlo” è stata realizzata grazie alla donazione della famiglia Benedizione ed è intitolata alla memoria del figlio Carlo. L’opera è stata realizzata grazie alla donazione di circa 55.000 euro della famiglia attraverso la Fondazione Bambino Gesù Onlus. All’inaugurazione hanno partecipato il direttore sanitario dell’Ospedale, Massimiliano Raponi, il segretario generale della Fondazione Bambino Gesù Onuls, Francesco Avallone, il presidente del Comitato Italiano Paralimpico della Regione Lazio, Armando Marco Iannuzzi e la famiglia Benedizione.
“L’isola di Carlo” consiste in mezzo campo da basket con canestro unico, regolabile in altezza per le differenti esigenze di gioco, realizzato con una speciale gomma in materiale ecosostenibile, antitrauma e colorato. Si tratta di uno spazio per lo svolgimento della pratica sportiva dei bambini e dei ragazzi in carrozzina che consente un significativo ampliamento delle attività riabilitative e terapeutiche, già avviate con la bicicletta adattata. Si chiama attività sportiva adattata quella rivolta alle persone che non sono in grado, per diversi tipi di motivi, di partecipare alle normali attività sportive. La famiglia Benedizione ha deciso di realizzare quest’opera per esaudire il desiderio del figlio che quando era ricoverato in Ospedale aveva espresso la voglia di aiutare i bambini e i ragazzi che aveva incontrato durante la sua degenza. «Carlo era un ragazzo che amava lo sport. Si era infatti laureato in diritto sportivo. Il progetto del campo da gioco è stato realizzato da un suo compagno di classe, diventato architetto, e i colori sono un omaggio alla sua personalità solare e vivace» racconta la mamma, Maria Grazia Benedizione.
«La realizzazione di questo campo rappresenta un punto di arrivo per la famiglia e un punto di partenza per noi clinici della neuroriabilitazione – spiega la dottoressa Gessica Della Bella, responsabile dell’Unità Operativa di Attività Sportiva Adattata -La linea di confine tra riabilitazione e sport adattato è infatti sempre più sottile. Il nostro obiettivo è quindi quello di integrare lo sport nel progetto riabilitativo, perché abbiamo visto che lo sport adattato dà la possibilità ai bambini unici e speciali come quelli seguiti da noi di poter arrivare a un gesto funzionale e a svolgere l’attività sportiva come i pari età». I bambini e i ragazzi che saranno avviati all’attività si sottoporranno a una valutazione clinico-riabilitativa da parte di un team interdisciplinare, composto da medici dello sport, fisiatri, fisioterapisti, personale laureato in scienze motorie, esperti in attività fisica adattata. Si prevede di includere nel primo anno di attività 50 giovani di età compresa tra i 5 e i 16 anni.
Nobel, Karikò: ricerca non dà gratificazione istantanea come un clikMilano, 6 ott. (askanews) – La ricerca “è molto divertente” anche se non porta a quella “gratificazione istantanea che arriva con il computer, con il telefono o con un clik”. E’ uno degli aspetti messi in luce da Katalin Karikó, la ricercatrice ungherese che ha vinto il premio Nobel per la Medicina per i risultati ottenuti sulla tecnologia mRNA, utilizzata da Pfizer e Moderna per i vaccini contro il Covid.
“Dobbiamo essere ispirazione per i giovani ricercatori, è importante sapere dare l’esempio – osserva Karikó in un’intervista rilasciata a Rainews.it -. Nella società attuale la maggior parte dei giovani vuole una gratificazione immediata, e questa non la si ottiene dalla scienza. Si fanno esperimenti ma a volte ci vogliono settimane o mesi per vedere risultati, forse si fanno domande e si ottengno ancora più domande, e non risposte quando si fa un esperimento. Questa gratificazione istantantana che arriva con il computer con il telefono, con un clik non arriva con la scienza, che però è molto divertente e questo voglio sottolinearlo”. “Dall’esterno sembra che io faccia fatica, in realtà mi sono divertita nei laboratori”, aggiunge lanciando un suggerimento ai giovani ricercatori: “La salute fisica e metale è la cosa più importante, per cui bisogna fare esercizio fisico e soprattutto divertitsi, perchè noi ci divertiamo quando lavoriamo. Poi bisogna imparare a gestire lo stress. Solo a quel punto ci si può concentrare su qualche tipo di ricerca importante: impareranno sempre di più e un certo punto sarà piacevole. Quindi direi di concentrarsi sul divertimento”.
Quanto a una possibile applicazione della tecnologia mRNA per un vaccino anti tumore, “non posso dire quando succederà. Ci sono molti tipi di cancro, In alcuni casi non c’è mutazione, e ci vuole molto tempo. Perciò potrebbe non essere possibile ottenere un vaccino per tutti i tipi di cancro, abbiamo bisogno di maggiori conoscenze e maggiori informazioni”.
Sport e salute: Cattolica lancia tour “Un Campione in Famiglia”Milano, 6 ott. (askanews) – Un tour itinerante all’insegna del divertimento e del benessere per promuovere lo sport come scuola di vita e volano di aggregazione delle famiglie. Cattolica, Business Unit di Generali Italia, ha lanciato la prima edizione di “Un Campione in Famiglia”, che toccherà nei prossimi mesi otto città italiane, con testimonial importanti come Adriano Panatta, Maurizia Cacciatori, Francesco Graziani e Andrea Lucchetta. Al centro del progetto, che ha la prima tappa a Verona, l’idea di sostenere la domanda di salute.
“È un tema assolutamente prioritario per le famiglie, per i nostri clienti e in generale per tutti gli italiani – ha detto ad askanews Giancarlo Fancel, Country Manager & CEO di Generali Italia -. Noi abbiamo il compito di proporre delle soluzioni, abbiamo il compito di far capire qual è il valore della prevenzione e in particolare con questa iniziativa crediamo di dare un segnale per fare capire l’importanza della prevenzione e dell’attività sportiva come veicolo per stare in forma e stare bene di salute in generale”. L’iniziativa vede coinvolta la rete territoriale di agenti di Cattolica, che animeranno le giornate, nelle quali i bambini e le loro famiglie potranno incontrare i campioni e giocare con loro. “Cattolica – ha aggiunto Samuele Marconcini, Chief Cattolica BU Officer – attraverso il veicolo della rete ha un rapporto molto intenso con il territorio. Questa iniziativa è volta a lavorare sul tema della prevenzione: la nostra risposta alla prevenzione è usare lo sport per mantenersi in salute”.
E per Generali Italia questa scelta di riempire le piazze italiane per promuovere stili di vita più sani ha quattro perché: “Il primo – ci ha spiegato Arianna Nardi, responsabile. Marketing di Generali Italia e Cattolica – è fare un’attività di brand experience, quindi vogliamo portare i nostri valori sul territorio, all’interno delle piazze; la seconda è che noi siamo famiglia, l”85% dei nostri clienti dichiara di avere famiglia e di questi il 62% con bambini a ario, quindi è importantissimo il nucleo familiare, con genitori e nonni naturalmente. Il terzo è che i nostri agenti sono il riferimento del territorio. Il quarto è legato al nostro payoff che è ‘pronti alla vita’ ed essere pronti alla vita significa prima di tutto farlo insieme”. Oltre a Verona, le città interessate dal tour sono Bari, Viterbo, Asti, Brescia, Reggio Emilia, Ancona e Catania.
Progetto Itaca, il Ministero si illumina di verde per la salute mentaleRoma, 6 ott. (askanews) – Nella serata di martedì 10 ottobre – in occasione della Giornata Mondiale della salute mentale – le facciate del Ministero della Salute si tingeranno di verde aderendo così all’appello promosso da Fondazione Progetto Itaca ETS, realtà impegnata dal 1999 nel promuovere programmi di informazione, prevenzione, supporto e riabilitazione rivolti a persone affette da disturbi della salute mentale e alle loro famiglie. Le principali istituzioni italiane saranno quindi al fianco di Progetto Itaca nel richiamare l’importanza dell’attenzione e della cura da rivolgere a favore della salute mentale.
Secondo lo studio Headway – Mental Health Index 2.0 realizzato da The European House – Ambrosetti, il 20% degli italiani soffre di almeno un disturbo psichico, in particolare ansia e depressione, un dato di prevalenza che supera quello della media europea. Ad essere colpiti sono anche tantissimi giovani: tra i problemi di salute mentale più comunemente riscontrati tra gli adolescenti il 28% soffre di ansia, il 23% si depressione, il 5% paura, stress e solitudine. Nel corso del 2022, l’attività promossa dalla Fondazione è stata molto intensa e ha raggiunto migliaia di persone: per quanto concerne le iniziative di prevenzione portate avanti all’interno delle scuole con il supporto di psicologi, psichiatri e volontari, sono state coinvolte ben 78 scuole italiane e un totale di 10.044 giovani formati.
Analogo impegno sul fronte dell’ascolto: sono state 9.943 le chiamate di aiuto a cui hanno risposto i 91 volontari di Progetto Itaca. Sul piano dell’inclusione sociale, altro tema su cui Progetto Itaca si impegna assiduamente, sono 11 i Club Itaca – centri per lo sviluppo dell’autonomia sociolavorativa di persone con una storia di disagio psichico e che abbiano rapporti continuativi di cura – che hanno raggiunto 728 beneficiari. Sono invece 5 le JOB Stations – centri di smart working gestiti da organizzazioni specializzate sulla salute mentale, dove le persone con storie di disagio psichico possono lavorare al meglio, grazie al supporto di Tutor esperti in ambito psicologico, in costante contatto con le aziende, lanciato in collaborazione con Fondazione Accenture – che hanno operato a favore di 29 beneficiari, coinvolgendo 27 aziende partner e promuovendo ben 20 contratti di lavoro.
“Siamo onorati che il Ministero della Salute abbia accolto il nostro invito a illuminarsi di verde in occasione della Giornata Mondiale della salute mentale” dichiara Felicia Giagnotti, Presidente di Fondazione Progetto Itaca, nominata a maggio dal presidente Mattarella Commendatore ordine al merito della Repubblica Italiana, “è la dimostrazione che la consapevolezza dell’importanza relativa alla prevenzione e cura delle persone affette da disturbi mentali e vicinanza alle loro famiglie sta sempre più crescendo nel nostro Paese. Questa iniziativa è per noi lo sprone a sempre meglio agire a favore del prossimo che a noi si rivolge quotidianamente”.