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’Reality: Optional’, Miaz Brothers dialogano con opere del XX secolo

’Reality: Optional’, Miaz Brothers dialogano con opere del XX secoloRoma, 23 feb. (askanews) – È stata inaugurata oggi la mostra “Reality: Optional. Miaz Brothers con i Maestri del XX Secolo” (aperta dal 24 febbraio al 26 maggio 2024) alla Galleria d’Arte Moderna di Roma Capitale (Gam), alla presenza dell’assessore alla Cultura di Roma Capitale, Miguel Gotor, della direttrice della direzione Musei Civici della Sovrintendenza Capitolina, Ilaria Miarelli Mariani, del direttore della galleria Wunderkammern, Giuseppe Pizzuto, del curatore, Claudio Crescentini, e degli artisti.


L’esposizione, la prima di un percorso artistico e culturale che la Sovrintendenza Capitolina intende proporre per celebrare il centenario dell’istituzione della Galleria d’Arte Moderna (1925-2025), nasce dall’incontro tra alcuni capolavori della Gam e il linguaggio artistico dei Miaz Brothers. Un progetto espositivo con circa 60 opere totali, in cui lo spettatore diventa elemento attivo all’interno di un gioco di rimandi, omaggi, richiami, tutti incentrati sui meccanismi di percezione o meno della realtà. La coppia di artisti fratelli è stata infatti chiamata a cimentarsi nella reinterpretazione dei grandi maestri della collezione capitolina (e non solo) attraverso uno stile ritrattistico innovativo, in cui i soggetti originali, riconoscibili nei tratti principali, appaiono fuori fuoco. I Miaz Brothers, ovvero i fratelli Roberto (1965) e Renato (1968), sono da anni impegnati sul tema della percezione e sulla relazione fra realtà e immaginazione e la mostra “Reality: Optional. Miaz Brothers con i Maestri del XX secolo” risulta un loro punto di arrivo importante. Durante il loro processo creativo, i due artisti si sono ispirati direttamente – o indirettamente secondo i casi – ad alcuni capolavori del museo, focalizzando in particolare l’attenzione creativa sul tema, oggi molto sentito e dibattuto, della “post-verità”. Le loro immagini, quindi, non sono mai predeterminate, non c’è una verità che deve essere rivelata, in modo che la realtà resti aperta e inafferrabile.


Per l’arte dei Miaz Brothers le associazioni e le interpretazioni degli osservatori sono fondamentali perché contribuiscono alla definizione dell’opera stessa in un continuo scambio fra artista e pubblico. Questo lungo processo di trasmissione e di ricerca passa attraverso quattro distinte sezioni che compongono il percorso espositivo.


Si comincia con Old Masters, in cui i due fratelli si rivolgono direttamente ai capolavori della storia dell’arte per rileggerli attraverso la tecnica della sfocatura che, mai come in questo caso, rappresenta il filtro ideale verso qualcosa lontano da loro e dall’attualità. In confronto/scontro con loro sono alcuni dei capolavori della collezione capitolina: da Giacomo Balla a Camillo Innocenti, da Auguste Rodin a Bruno Saetti e Adolf Wildt. Si passa, poi, alla sezione Fake Duets, in cui alcuni ritratti femminili della collezione come il “Ritratto di Annina Levi della Vida” (1930-1940) di Giacomo Balla e la “Ragazza alla finestra” (1935) di Contardo Barbieri, scelti perché considerati più affini alla realtà pittorica dei due artisti, entrano in contatto con la loro maniera riproduttiva caratterizzata dall’uso dell’aerografo e dalla riproduzione fuori fuoco.


A seguire, nella terza sezione, Blurred Personalities, sono esposti una serie di ritratti in bianco e nero in cui i confini del volto sono deformati mentre altri presentano porzioni del viso cancellate tramite pittura bianca. Anche in questo caso le opere originali dei Miaz Brothers si affiancano alle fonti di ispirazione provenienti dal museo attraverso le opere di Renato Guttuso, Carlo Levi, Mario Sironi, Antonio Mancini e altri. E proprio di Antonio Mancini è presente in questa sezione il suggestivo e poco noto ritratto femminile del primo ventennio del XX secolo, Figura in giardino. La Spagnola, arrivato eccezionalmente per questo confronto con l’arte dei Miaz Brothers grazie alla collaborazione della Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni. Dai maestri del passato a quelli più recenti. Nell’ultima sezione New Trends and Experiments, il gioco di ispirazione visuale si porta a un livello più ampio: nelle opere dei due fratelli artisti, appaiono figure femminili nude e sfocate, che ammirano di spalle alcuni capolavori dei grandi dell’arte contemporanea come Warhol, Hirst, Lichtenstein. A specchiarsi con loro altre opere della collezione Gam con maestri del ‘900 come Giacomo Balla, Adolfo De Carolis, Filippo De Pisis, Ferruccio Ferrazzi, Mario Mafai, Giorgio Morandi, Luigi Spazzapan, a loro volta fonte di ispirazione per gli stessi artisti contemporanei evocati nei quadri dei Miaz Brothers. Un’attenzione particolare è stata dedicata all’accessibilità: per le persone con disabilità visiva è stato progettato un percorso dedicato, dotato di disegni a rilievo e relative audiodescrizioni, con traduzioni in braille a cura dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti – Sezione Territoriale di Roma – Ets. Sono inoltre disponibili visite tattili gratuite, guidate da operatori specializzati. La mostra è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, in collaborazione con Wunderkammern. Organizzazione di Zètema Progetto Cultura e Wunderkammern. A cura di Claudio Crescentini e Wunderkammern. Media Partner: Artuu Magazine. Sponsor tecnico: BIG – Broker Insurance Group. Catalogo: Silvana Editoriale.

A Roma lo spettacolo sulla vita del cabarettista ebreo Fritz Grunbaum

A Roma lo spettacolo sulla vita del cabarettista ebreo Fritz GrunbaumRoma, 19 feb. (askanews) – Il Goethe Institut di Roma ospita il 22 febbraio alle 21 “Stasera ho deciso di venirmi a trovare per fare due chiacchiere con me stesso”, uno spettacolo musicale improntato sulla storia di Fritz Gruenbaum, eccelso cabarettista ebreo, regista e librettista austriaco, mai rappresentato in Italia, che per oltre trenta anni divertì con sketch, riviste e operette irriverenti il pubblico di Vienna e Berlino, prima che il nazismo silenziasse in un colpo solo il doppio personaggio a cui aveva dato vita albergandolo in un unico corpo.


Protagonista in scena l’attore e regista Bruno Maccallini, co-autore dell’opera insieme ad Antonella Ottai, che con il suo libro “Ridere rende liberi” (Ed. Quodlibet) ne ha ispirato la scrittura scenica. Dalle scene viennesi a quelle dei lager nazisti, lo spettacolo racconta una delle tanti tristi avventure di tanti artisti vittime della Shoah: di Gruenbaum sarà ripercorsa l’arte narrativa e scenica attraverso molti dei suoi monologhi, tradotti e adattati per l’occasione, in cui dialoga con un “secondo io”, litigando sempre con se stesso. Uno sdoppiamento a lui familiare con cui riuscì a intrattenere fino alla fine anche i suoi “colleghi” internati a Dachau: “Prima di affrontare il pubblico – asseriva – parlo sempre con me stesso: non è che parlo da solo, parlo con l’altro me ed è proprio lui che si beve tutto il fiele che mi esce fuori. Perché? Il fatto è che il mio dentro è arrabbiato con il mio fuori.” D’altra parte questo suo “stile”, o anche strategia, di inferocirsi con il proprio io, al punto da considerarsi divorziato da se stesso, gli consentì di esserlo ancora di più con l’epoca storica in cui si trovò ad operare e di affrontare con disinvolta irriverenza i suoi contemporanei più illustri.


Dotato degli accenti e delle tematiche tipiche dell’umorismo ebraico, Gruenbaum assunse a cifra della sua scena comica la struttura del doppio creando così non solo una straordinaria sintonia con lo spirito del tempo, ma riuscendo a conferire agli enunciati di Freud o di Einstein, per citare i riferimenti più celebri in cui incorrevano i suoi sketch, la formula aurea del paradosso comico. Così come sprofondava nel non senso il delirio politico che individuava come Hitler o il generalissimo Franco stavano agitando sulla scena internazionale. Se non fossero risultate sufficienti le sue origini ebraiche, non appena invasa l’Austria, a questi affronti il nazismo non avrebbe mancato di presentare il conto, internandolo nei lager dove trovò la morte. “Attraversarne il crescendo nell’ampio repertorio dell’artista – afferma Maccallini – provoca non solo la risata amara nei confronti di un grande racconto storico consegnatoci dallo sguardo – anzi dai due sguardi sempre divergenti – di chi ne è stato acuto osservatore, ma lascia scoprire anche il valore, assolutamente attuale, della lotta fra l’eversione del comico e l’inesorabilità degli eventi”.


Una performance d’attore, condita dalle musiche di Pino Cangialosi interpretate dal vivo da Livia Cangialosi e integrata dall’inserimento di brani multimediali collegati all’epoca storica trattata, che interpreta la dialettica dello sdoppiamento appoggiandosi in scena ai dispositivi di riproduzione tecnica della persona, nati anch’essi nel tempo che fu di Gruenbaum, moltiplicando la sua presenza in un gioco delle parti, degli specchi e delle loro rifrazioni. Lo spettacolo, una produzione della Società per Attori, è a margine del Laboratorio “Una risata allunga la vita” in programma dal 6 marzo a fine aprile al Goethe (www.unarisatalab.com) e si integra alla trilogia delle opere drammaturgiche scritte da Antonella Ottai: oltre a “Stasera ho deciso di venirmi a trovare”, il ciclo comprenderà infatti “Diva. Una sinfonia per Weimar”, in programma sempre al Goethe il 29 febbraio, e “Grotesk! Ridere rende liberi”, in calendario il 24 aprile al Teatro Vascello di Roma.

A Roma dal 20 febbraio una mostra sul pittore Toti Scialoja

A Roma dal 20 febbraio una mostra sul pittore Toti ScialojaRoma, 17 feb. (askanews) – “La pittura è semplicemente sindone, impressione dell’uomo interno scoperto, trasudante, carico di quel liquido che è il suo vivere, il suo trascorrere, la sua memoria di ogni cosa dell’universo”. Con queste parole Toti Scialoja descriveva il senso del suo dipingere. Un senso che si ritrova tutto nella esposizione che si tiene dal 20 al 23 febbraio, ad Arcadia Casa d’Aste, a Roma (Palazzo Celsi – Corso Vittorio Emanuele II, 18) in collaborazione con la Fondazione Toti Scialoja.


“Senso della mostra è riportare l’attenzione del pubblico sull’ultimo periodo della produzione artistica di Scialoja, un periodo intenso, felice, assolutamente contemporaneo, in cui si ritrova tutta la forza, la corporeità, dell’astrattismo materico che ha caratterizzato la sua arte”, spiega il presidente della Fondazione Toti Scialoja, Arnaldo Colasanti. “E per questo la mostra si intitola il ‘Segno di Scialoja’. Nelle ventuno opere esposte si ritrova il senso più profondo del suo dipingere, in cui, come ha affermato il Maestro: ‘Ogni pennellata possiede in sé la forza del germe e la forza della chiusura, la forza dell’alba e della notte, la forza dell’animo, dell’eterno ritorno su sé stessi’”. Fabrizio d’Amico, tra le figure più importanti della critica d’Arte tra gli anni sessanta e ottanta, ebbe a dire: “Soprattutto nelle opere realizzate dopo l’ispirazione ricevuta guardando le pitture di Goya al Prado negli anni ottanta, si ha in Scialoja un vero ‘corpo a corpo’ con la tela, che viene assalita dipingendo a terra, con colpi di spalla, gomito, polso, realizzando una delle pitture più dinamiche e cariche di energia del novecento italiano”.


(Nella foto: Ostenda – 1986, vinilico su tela di canapa – 140×284 cm)

Alla mostra in Vaccheria all’Eur arriva la Regina Schrecker di Warhol

Alla mostra in Vaccheria all’Eur arriva la Regina Schrecker di WarholRoma, 13 feb. (askanews) – Dal 16 febbraio due nuove opere, una scultura di Francesco Messina e una serigrafia di Andy Warhol, andranno ad arricchire la mostra “Dal Futurismo all’Arte Virtuale”, ospitata fino al 31 marzo alla Vaccheria, lo spazio espositivo di Roma Capitale nato dalla convenzione urbanistica “Eur – Castellaccio” e collocato nel paesaggio urbano contemporaneo dell’Eur. Lo annuncia il Municipio IX Roma Eur.


Oltre alle opere dei più grandi artisti del ‘900 esposte nella mostra dal Futurismo all’Arte Virtuale, a cura di Giuliano Gasparotti e Francesco Mazzei, i visitatori potranno ammirare anche la scultura “Beatrice” (bronzo dorato, 1950) di Francesco Messina e il “Ritratto di Regina Schrecker su fondo bianco” (serigrafia eseguita a mano con telai di seta su tela, 1983) di Andy Warhol. Inoltre, venerdì 16 febbraio alle 18 presso lo spazio espositivo ad inaugurare l’opera a lei dedicata dal maestro della pop art, ci sarà la stessa Regina Schrecker, fashion designer, artista e imprenditrice dai mille talenti, già Lady Universo, ispiratrice di alcune opere di Andy Warhol e nota anche per la creazione dei costumi di opere liriche. All’appuntamento sarà presente anche il Collezionista Gianfranco Rosini.


Provenienti da due Collezioni private e raccolte per l’occasione dalla Collezione Rosini Gutman a cura di Gianfranco Rosini ed Elisabetta Cuchetti, la mostra Dal Futurismo all’Arte Virtuale mette assieme alcuni grandi capolavori dell’arte del secolo scorso in un percorso espositivo che dalle avanguardie più riconosciute arriva direttamente ai giorni nostri. Concentrata in quattro “capsule” differenziate ovvero quattro “set” a tema, l’esposizione è pensata per dare protagonismo allo spettatore, chiamato a immergersi in ambientazioni oniriche con installazioni contemporanee di arte digitale per scoprire da vicino la carica rivoluzionaria di artisti del calibro di Balla e Calder, Modigliani e Duchamp, Burri e Rauschenberg, oltre a Dalì, Manzoni, Fontana, Boetti, Klein, Lichtenstein, Vasarely, Beuys, Warhol, Niki de Saint Phalle, de Chirico e molti altri.

Fuori il 1 marzo il saggio “La Pedagogia dei Valori”

Fuori il 1 marzo il saggio “La Pedagogia dei Valori”Roma, 12 feb. (askanews) – “La pedagogia dei Valori”, opera prima dell’autrice Livia Matarazzo di Licosa – impegnata da più di trent’anni nell’educazione dell’infanzia – vuole essere una guida per genitori ed educatori, per potenziare la libera costruzione della personalità dei bambini attraverso valori etici e la libera espressione di sé. La pedagogia dei Valori traduce i valori in esperienze dirette, che i bambini vivono e interpretano ogni giorno, attraverso laboratori pra­tici, apprendendo dall’esperienza.


“La Pedagogia dei Valori” (Paesi Edizioni, collana Schopenauer) raccoglie princìpi metodologici e un codice etico per educare le nuove generazioni: “Per sostenerli in un percorso che li porterà a essere rispettosi, mentalmente aperti, sognatori, gentili, amorevoli, con una forte autostima, proattivi. In sintesi, forti e liberi”, così da sostenerli nel diventare protagonisti della propria vita. Il saggio è diviso in tre parti: la Parte Prima volta a raccontare la visione e i princìpi del metodo in questione; la Parte Seconda riguardante metodologie e applicazioni in cui sono raccolti alcuni esempi pratici adottati all’interno della Little Star International School; e una Parte Terza, l’ultima, in cui sono descritte nel dettaglio le Aree Educative.


Nel saggio, si illustra anche l’approccio all’educazione per l’infanzia utilizzato all’interno della Little Star International School, il Centro Infanzia 0-6 ideato dall’autrice stessa. La Pedagogia dei Valori è dunque il metodo di cui oggi la scuola e le sue educatrici si fanno promotrici e che rappresenta un momento di vera crescita e preparazione alla vita che ogni bambino intraprenderà proprio attraverso quei valori che rappresentano un motore e contemporane­amente un elemento protettivo. La “Pedagogia dei Valori” verrà presentato in anteprima, presso la Scuola Little Star International School (ideata nel 2010 dall’autrice), venerdì 16 febbraio, alle 17 in via Cassia 344, a Roma.

Lincei, a Roma mostra ricostruisce la storia di Villa Farnesina

Lincei, a Roma mostra ricostruisce la storia di Villa FarnesinaRoma, 5 feb. (askanews) – “La Villa Farnesina: una rilettura diacronica del palazzo e del suo comprensorio”, questo il titolo della mostra promossa dall’Accademia dei Lincei, a cura di Virginia Lapenta, che si inaugura il 7 febbraio alle 19 a Roma, a Via della Lungara 230 sede della Villa.


Le indagini diagnostiche e le ricerche effettuate in questi anni in Villa Farnesina a cura dell’Accademia Nazionale dei Lincei hanno offerto nuovi elementi per ricostruire le vicende della Villa Farnesina e una più dettagliata conoscenza degli interventi decorativi oggi scomparsi o occultati da scialbature o rivestimenti in stoffa che sta permettendo un recupero delle decorazioni non solo cinquecentesche, ma seicentesche ed ottocentesche permettendo così di offrire una nuova e più ampia fruizione della Villa unitamente allo studio dei pigmenti usati nei secoli. Il nuovo allestimento al primo piano della Villa Farnesina – informa l’Accademia – comprende quattro sezioni. Nella prima sezione, in collaborazione con la Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma, la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, l’École française di Roma e il Museo Nazionale Romano, dal titolo “Trastevere in età romana” si rileggerà il territorio dal Gianicolo fino al Tevere e cioè quell’area che fin dall’età repubblicana e per tutto l’impero è stata caratterizzata da una commistione di aspetti urbanistici. Dalla porta Septimiana, nel settore nord delle Mura Aureliane, il tratto cosiddetto “della Farnesina”, oggi visibile all’interno del giardino della Villa che costituisce uno dei pochi resti della cinta muraria ancora conservati sulla riva destra del Tevere, su un antico tracciato viario, la futura via Septimia, fino alla Villa romana della Farnesina, un complesso abitato dal tardo secolo I a.C., sulle sponde del Tevere e alle recenti strutture antiche ritrovate nel Giardino di Palazzo Corsini che erano utilizzate, molto probabilmente, per la cottura di materiali ceramici o per l’invetriatura di oggetti fittili, tutto questo anche in connessione con la funzione di irreggimentare le acque che provenivano dal Gianicolo.


Le altre due sezioni della mostra – proseguono i Lincei – intendono offrire una nuova e più ampia lettura diacronica del palazzo tra Ottocento e Novecento. Il percorso espositivo racconterà la storia della Villa nell’Ottocento quando abitata dal Duca di Ripalda conobbe un cambiamento nel suo rapporto con la città a seguito della costruzione dei muraglioni del Tevere. La sezione evidenzierà l’aspetto ottocentesco delle sale di Villa Farnesina mettendo l’accento sui dettagli e i particolari degli apparati decorativi approfondendo soprattutto le ornamentazioni pittoriche a finti tendaggi e i sughi d’erba appositamente concepiti a complemento dell’esistente decorazione a fresco rinascimentale. Una sala multimediale racconterà l’evoluzione delle decorazioni tessili parietali che dal Cinquecento all’età contemporanea, dagli arazzi ai corami e alla carta da parati hanno caratterizzato anche la Villa Farnesina come formidabili indicatori del benessere del proprietario. Un accento sarà dato infine anche alla città “intorno a Villa Farnesina”, con un focus su Palazzo Farnese e su Palazzo Corsini. L’ultima sezione sarà dedicata ai lavori di restauro eseguiti negli Anni Trenta del Novecento quando la Villa Farnesina, ormai di proprietà dello Stato Italiano, fu scelta per farne sede della Reale Accademia d’Italia, istituzione voluta da Mussolini per la gestione della cultura italiana durante il suo governo in contrapposizione ai liberali Lincei. Nell’ambito del Secondo Convegno dei Soprintendenti all’Antichità e all’Arte del 1939 si programmò anche una “Mostra del Restauro” che si sarebbe tenuta successivamente nel 1940 di cui saranno esposti i pannelli che furono approntati. Il Secondo Convegno, l’istituzione dell’Istituto Centrale del Restauro e la Mostra del Restauro del 1940 costituiscono le basi di quella profonda riflessione teorica che unificò a livello nazionale le metodologie del restauro sulle opere d’arte e sui reperti archeologici superando il tradizionale concetto di restauro empirico fino ad allora condotto. La sezione si concluderà con i più recenti risultati delle analisi condotte di tipo diagnostico e non invasivo sui materiali pittorici della Logge “raffaellesche” per comprendere, nella convinzione che scienza ed arte sono indissolubilmente legate, la tecnica esecutiva di Raffaello e della sua bottega ed i pigmenti da lui scelti per la realizzazione degli affreschi.


Il percorso si conclude con la quarta sezione dedicata a “Il Trittico dell’ingegno italiano”, la serie di iniziative con le quali i Lincei hanno inteso celebrare in un percorso unitario i centenari di Leonardo (2019), Raffaello (2020) e Dante (2021). (Info: www.villafarnesina.it e www.lincei.it)

La Fondazione Musica per Roma certificata per parità di genere

La Fondazione Musica per Roma certificata per parità di genereMilano, 22 gen. (askanews) – La Fondazione Musica per Roma – che gestisce Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone e Casa del Jazz – ha ottenuto la Certificazione UNI/PdR 125:2022 per la parità di genere. Il riconoscimento attesta l’impegno efficace per la riduzione del divario di genere ed è coerente con le policy in ambito HR della Fondazione Musica per Roma degli ultimi anni.

“In un Paese che risulta al 79esimo posto su 146 Paesi per impegno a favore della parità di genere nella classifica ‘Global Gender Gap 2023’ del World Economic Forum – scrivono dalla Fondazione – e in cui il divario occupazionale tra uomini e donne è di circa 20 punti percentuali (Fonte: Eurostat 2023), la Certificazione rilasciata a Fondazione Musica per Roma riconosce un impegno che ne fa un modello per le imprese pubbliche, in particolare nel mondo della cultura in Italia”. La Certificazione riconosce l’uguaglianza di opportunità, diritti e responsabilità nell’organizzazione, con il 60% di donne in organico e la sostanziale parità nei ruoli manageriali (oltre il 40%donne, tra le quali Presidente e Vicepresidente). Vi è inoltre equità nella retribuzione, con le donne che hanno compensi mediamente superiori a quelli dei colleghi uomini.

Realtà ancora relativamente giovane, con poco più di 20 anni di attività, la Fondazione Musica per Roma evidenzia un approccio inclusivo nell’attuale modello di gestione del personale: la sostanziale alternanza tra generi, la promozione di una conciliazione tra lavoro e vita privata, la parità di retribuzione e opportunità di sviluppo professionale e l’assenza di discriminazioni sulla base del sesso, l’età, le esigenze personali o familiari, la gravidanza, la genitorialità e i relativi diritti. “In un’organizzazione che si occupa di Cultura come la Fondazione Musica per Roma, la vera differenza la fanno le persone, diverse delle quali restano per moltissimi anni. Investire su di loro, in termini di benessere, crescita e formazione, crea le condizioni per un clima lavorativo inclusivo e motivante che a sua volta influenza positivamente la gestione e la produzione della nostra offerta artistica e culturale, sempre di grandissima qualità. Si tratta di un circolo virtuoso che migliora i processi a tutti i livelli, apportando benefici evidenti per chi vi lavora e successivamente per tutti i fruitori” ha dichiarato Daniele Pitteri, amministratore delegato.

Barbara Cannizzaro vince il Premio Fotografico IgersItalia 2023

Barbara Cannizzaro vince il Premio Fotografico IgersItalia 2023Roma, 19 gen. (askanews) – È Barbara Cannizzaro la vincitrice dell’undicesima edizione del Premio Fotografico Nazionale IgersItalia, competizione nazionale fra le più prestigiose del settore, volta a valorizzare le migliori produzioni di fotografi amatori, fotografi professionisti e content creator.

Barbara Cannizzaro si aggiudicata così il titolo di “Igers dell’anno 2023” con il suo scatto, in gara nella categoria “Ritratto”, con la seguente motivazione: “Man mano che andiamo avanti nella nostra era si sente l’esigenza di estetizzare qualsivoglia contenuto. Nel caso di Barbara Cannizzaro, l’estetica fa i conti con questa foto. La delicatezza della luce, la composizione morbida, il soggetto etereo, dialogano tra di loro e invadono la sfera emotiva portandoci su un’altalena di sensazioni. La giuria è stata unanimemente concorde sul definire il lavoro di Cannizzaro strutturato e con un linguaggio autoriale consolidato”.

Cannizzaro ha studiato alle Officine fotografiche di Roma e il Centro di Fotografia Sperimentale Adams di Roma. Fotografa e educatrice “as.sociale”, ha vinto diversi premi nazionali ed esposto in gallerie nazionali ed internazionali (Paratissima Torino, T.A.G. Roma, Camera Torino, Praga photo, circuito off di Paris photo, Kromart Gallery Roma), ha partecipato al Ricarica foto festival di Sustinente nel 2022, fa parte anche dell’organizzazione della seconda edizione (2024) del Ricarica foto Festival. Si occupa di documentazione fotografica in ambito scolastico. Il Premio IgersItalia – sostenuto tra gli altri da Cosmico e Cinecittà – ha previsto, quest’anno, l’aggiunta di due nuove categorie di partecipazione: Work From Everywhere e Cinematic Photography.

La premiazione si terrà sabato 20 gennaio alle 17.30 presso La Sala Fellini degli studi di Cinecittà, dopo un IgersMeet alla scoperta dei set cinematografici storici come il set di Roma Antica, realizzato nel 2004 per la serie televisiva Rome, prodotta dall’HBO con partecipazione della BBC, e successivamente utilizzato per importanti produzioni nazionali e internazionali. Il Premio è promosso dall’Associazione IgersItalia, presieduta da Pietro Contaldo, che ha l’obiettivo di portare alla luce e valorizzare la creatività della community. Di anno in anno i partecipanti stanno affinando sempre più la tecnica e l’abilità fotografica e artistica e IgersItalia offre loro la possibilità di esprimersi e misurarsi con un progetto ambizioso ma in piena libertà di tema.

Al centro della missione di IgersItalia e delle sue Community locali, la promozione del territorio e le sue eccellenze attraverso Instagram – il Social Network visuale per eccellenza che conta oggi oltre 1 miliardo di utenti attivi nel mondo di cui 26 milioni in Italia – e gli altri media digitali.

L’Aperossa: a Roma attori recitano brani autori ebrei e palestinesi

L’Aperossa: a Roma attori recitano brani autori ebrei e palestinesiRoma, 18 gen. (askanews) – Domenica 21 gennaio 2024, nelle piazze Sauli e Sant’Eurosia a Garbatella (Roma), a partire dalle 10, un gruppo di attori e attrici, tra cui Laura Antonini, Eugenia Costantini, Simone Liberati, Alessio Moneta e Luca Di Giovanni, reciteranno brani tratti da opere di poeti e scrittori palestinesi ed ebrei.

La performance intitolata “L’Aperossa” – realizzata da AAMOD in collaborazione con Amnesty international e AOI – è pensata come un happening dove l’azione degli artisti irrompa nella routine quotidiana al fine di attrarre l’attenzione e portare tra la gente parole contro la guerra. L’evento sarà trasmesso in diretta streaming e si concluderà nella sede dell’AAMOD (via Ostiense 106) con la proiezione del cortometraggio “Bank of Targets” di Rashdi Sarraj, introduzione di Monica Maurer, regista, e videomessaggi da Gaza e dalla Cisgiordania.

Interverranno Alfio Nicotra, AOI – Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale, Riccardo Nouri, portavoce di Amnesty International Italia, e Vincenzo Vita, presidente dell’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico ETS. Link per seguire l’evento: https://www.facebook.com/events/769992258272049?ref=newsfeed

Tra le organizzazioni aderenti: Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico ETS, Amnesty International Italia, AOI, Rete Italiana Pace e Disarmo, ACS, ARCS, Ars (Associazione per il rinnovamento della sinistra), Assopace Palestina, CGIL Roma e Lazio, CISS, Cocis, CRIC, Cultura è Libertà: una campagna per la Palestina, Diritti in Comune Ciampino, FOCSIV, ForumSad, LEA – Laboratorio ebraico antirazzista, Perda Sondaora Ass. Cult., Piattaforma delle OSC italiane in Medio Oriente e Mediterraneo, Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese, SPI CGIL, Terre des Hommes, Un ponte per, UISP, ULAIA Arte sud, Vento di Terra.

L’arte e gli italiani anni Trenta nelle foto di “Hilde in Italia”

L’arte e gli italiani anni Trenta nelle foto di “Hilde in Italia”Roma, 16 gen. (askanews) – Una vera pioniera della fotografia di strada, o street photography, Hilde Lotz-Bauer ha fotografato l’Italia negli anni Trenta facendo arrivare fino a noi immagini uniche della vita della gente comune, dei luoghi e dei tesori artistici italiani.

Hilde Bauer (1907-1999), sposata prima Degenhart e poi Lotz, sviluppò un personale ed originale sguardo artistico durante il suo primo soggiorno in Italia tra il 1934 e il 1943. Come mise piede sulla penisola se ne innamorò follemente. Roma, in particolare, fu un luogo fondamentale per Hilde, vissuto e sentito fino alla fine come la sua vera casa; città che presso il Cimitero Acattolico ne conserva oggi le memorie. Sono circa un centinaio le fotografie che giungono in mostra dall’archivio Hilde Lotz-Bauer a Londra, dai due Istituti Max Planck per la Storia dell’arte – la Bibliotheca Hertziana di Roma e il Kunsthistorisches Institut a Firenze – e la collezione del fotografo Franz Schlechter a Heidelberg. Per la prima volta esposte insieme, le stampe create dal sapiente occhio di Hilde Lotz-Bauer, compongono l’esposizione fotografica che sarà ospitata al Museo di Roma in Trastevere dal 17 gennaio al 5 maggio 2024 con il titolo “Hilde in Italia. Arte e vita nelle fotografie di Hilde Lotz-Bauer”.

Formatasi come fotografa alla scuola di Monaco dopo aver già conseguito un Dottorato in Storia dell’Arte, arrivò a Roma alla fine del 1934 grazie ad una borsa di viaggio presso la Bibliotheca Hertziana lasciando la sua terra natale proprio mentre il nazionalsocialismo prendeva il potere. La sua carriera è iniziata fotografando disegni per il suo primo marito Bernhard Degenhart, celebre studioso di disegno italiano. Successivamente con la sua fotografia accompagnò le ricerche di numerosi storici dell’arte; in mostra saranno esposte immagini dal progetto sui Castelli di Federico II nell’Italia meridionale diretto dallo storico dell’arte Leo Bruhns insieme a una selezione delle fotografie per il progetto sull’urbanistica fiorentina voluto dal direttore dell’istituto fiorentino Friedrich Kriegbaum. Hilde fu l’unica fotografa professionista operante presso gli Istituti Storici di Roma e Firenze, producendo immagini impeccabili di scultura, disegno, architettura e urbanistica.

Contemporaneamente, sia in occasione di progetti su commissione sia per il puro piacere della scoperta, la fotografa percorse quasi tutta l’Italia, da nord a sud, muovendosi tra la gente con la sua piccola Leica portatile catturando la vita delle città così come delle zone rurali più isolate, cogliendo quasi senza farsi notare l’umanità tutta che abitava questi territori negli anni del Ventennio fascista. Molto del lavoro artistico della Lotz-Bauer ad oggi conosciuto è fortemente incentrato sulle occasioni quotidiane e festive, soprattutto in Abruzzo. Le donne ritratte nella serie su Scanno, immortalate nei loro costumi realizzati a mano, appaiono come opere d’arte viventi. Hilde curava con attenzione la composizione estetica e i dettagli trasformando i reportage in un’opera artistica unica, ricca di spunti personali e documentaristica anche a livello critico e sociale.

Alla fine degli anni Settanta, le fotografie di Hilde furono presentate per la prima volta in mostre a Firenze, Bonn e Londra, con buon successo da parte della critica. Nel 1993 collaborò con il fotografo Franz Schlechter, il quale restaurò e stampò 80 immagini scattate con la Leica raffiguranti persone, paesaggi e città italiane per una personale al Museo Reiss di Mannheim. La mostra presenta così l’opera complessiva di Hilde Lotz-Bauer realizzata nel decennio 1934-1943 e che mette in luce e in dialogo, per la prima volta, i due maggiori aspetti della sua produzione: le commissioni per gli storici dell’arte e la fotografia di reportage, lo sguardo di storica dell’arte e quello di fotografa. L’esposizione è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Organizzazione Archivio Hilde Lotz-Bauer. A cura di Federica Kappler e Corinna Lotz, figlia di Hilde Lotz-Bauer. Servizi museali di Zètema Progetto Cultura. In collaborazione con Officine fotografiche Roma e Goethe-Institut. Media Partner Panzoo, Viviroma.it, Terza Pagina Magazine. Con il sostegno dell’Ambasciata delle Repubblica Federale di Germania, di Firecom automotive srl, Fredriksson arkitektkontor AB, di Marie-Thérèse Ficnar-Usteri e di Frances Aviva Blane