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Qualivita: Dop e Igp contro Ibericizzazione olivicoltura italiana

Qualivita: Dop e Igp contro Ibericizzazione olivicoltura italianaRoma, 29 mag. (askanews) – Solo il 5% della produzione olivicola nazionale può dirsi veramente italiana, in quanto proviene da un areale di produzione DOP IGP. “Questa è l’unica certezza che oggi abbiamo nel mondo dell’olio extravergine d’oliva, sempre più oppresso da contraffazioni e imitazioni, oltre che schiacciato da quella che si può definire una vera e propria ‘ibericizzazione’ del prodotto. È questo il messaggio che parte dalla tavola rotonda organizzata a Siena, in occasione dei lavori del COI (Consiglio Olivicolo Internazionale), da Fondazione Qualivita in collaborazione con Origin Italia, l’Associazione italiana dei Consorzi di tutela, sul tema delle DOP IGP nel settore dell’olivicoltura, da cui è emersa la richiesta di un intervento urgente a sostegno della crescita del settore delle IG.


Forte il richiamo a fare di più e prima possibile per salvaguardare una peculiarità italiana, come quella dell’olio extravergine di qualità, che rischia di soccombere al modello super intensivo e monovarietale della Spagna che con 1.078 milioni di tonnellate di olio prodotto nel 2023, è la maggiore produttrice al mondo. A fare emergere le istanze del mondo produttivo sono stati proprio i rappresentanti dei Consorzi di tutela che hanno messo sul tavolo, all’attenzione dei decisori politici, i nodi – dal mercato, alla contraffazione fino alle emergenze climatiche e fitosanitarie – che affliggono questo settore rimasto ormai la cenerentola delle Indicazioni Geografiche italiane ed europee.


“DOP IGP non sono solo un marchio, come molti operatori credono o fanno credere. Dietro a questo c’è molto di più, a partire dalla scelta – spesso il recupero – di cultivar locali, coltivate con un modello di impianto studiato per la pianta e una precisa fase e tempistica di trasformazione; DOP IGP è anche sinonimo di rispetto e tutela per il paesaggio e rappresenta una remunerazione equa e giusta per gli olivicoltori”, ha sottolineato nel suo intervento il Direttore di Fondazione Qualivita, Mauro Rosati. “Certo fare il super intensivo come in Spagna crea molto più valore all’imprenditore industriale, ma come Sistema Italia così perdiamo tutto il resto, che vale molto di più del fatturato di una singola grande azienda: questo è ciò che rappresenta il modello dei Consorzi di tutela e delle imprese associate, che fino a oggi, come ribadito agli Stati Generali di Siena, è stato l’unico vero freno all’ibericizzazione del nostro sistema produttivo olivicolo”, ha aggiunto.


Sono 50 le DOP IGP dell’olio extravergine d’oliva in Italia, numeri da primato europeo. I 24 Consorzi di tutela riconosciuti dal Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste coordinano il lavoro di circa 23.500 operatori impiegati nel settore. Tuttavia, la produzione certificata DOP IGP equivale oggi al 5% della produzione totale nazionale.

La sostenibilità in Ferrero: oltre 90% filiera nocciole è tracciabile

La sostenibilità in Ferrero: oltre 90% filiera nocciole è tracciabileMilano, 28 mag. (askanews) – La filiera della nocciola tracciabile al 90%, la mappatura satellitare per aumentare la tracciabilità del cacao fino all’azienda agricola, il 90,7% degli imballaggi progettato per essere riciclabile, riutilizzabile o compostabile, consumi idrici ridotti del 20% negli ultimi cinque anni. Sono i principali progressi emersi dal 15esimo rapporto di sostenibilità del gruppo Ferrero, relativo all’esercizio 2022-23.


Il rapporto mostra i passi in avanti compiuti dal gruppo dolciario di Alba nell’ambito dei quattro pilastri fondamentali: protezione dell’ambiente, approvvigionamento responsabile delle materie prime, promozione del consumo responsabile e valorizzazione delle persone, mettendo in evidenza il focus sulla promozione di una maggiore trasparenza lungo la catena di fornitura dei propri ingredienti chiave “Il gruppo Ferrero riconosce il ruolo cruciale che l’azienda svolge nella protezione dell’ambiente per le generazioni future. Abbiamo riconfermato con impegni concreti che la sostenibilità è parte integrante della strategia di lungo termine di Ferrero – ha commentato Giovanni Ferrero, executive chairman del gruppo – Tutti i quattro pilastri del nostro framework di sostenibilità guidano ogni decisione strategica che prendiamo. Mentre il gruppo cresce e diversifica il suo portafoglio, continuiamo a valorizzare le nostre partnership di lungo periodo, in particolare quelle dedicate alle comunità in cui operiamo e dove ci approvvigioniamo di materie prime. Crediamo nell’importanza di queste partnership per compiere i progressi, far avanzare l’agenda sociale e ambientale del settore e creare valore per la società”.


Nella filiera delle nocciole, Ferrero ha raggiunto il 90% di tracciabilità, con un notevole incremento dal 79% dell’esercizio 2021/22, grazie alla continua collaborazione con agricoltori, fornitori, istituzioni, università e centri di ricerca per promuovere pratiche agricole sostenibili. In collaborazione con i partner presenti sul territorio, Ferrero ha inoltre contribuito ad affrontare sfide complesse presenti lungo la catena del valore, quali deforestazione, nelle aree in cui il gruppo si rifornisce dei propri ingredienti. Ad esempio, adottando mappature satellitari per aiutare ad aumentare la tracciabilità del cacao a livello di azienda agricola, che ha raggiunto il 93% nel 2022/23. Oltre ad operare a tutto campo con tecnologie all’avanguardia, Ferrero è membro di lunga data della World cocoa foundation (WCF) e della International cocoa initiative (ICI). Sul fronte del contrasto delle cause del lavoro minorile e del lavoro forzato, Ferrero continua a collaborare con Save the Children, che opera in 65 comunità nella regione Haut-Sassandra della Costa d’Avorio, uno dei principali Paesi di approvvigionamento del cacao, raggiungendo oltre 18.000 persone. Ha inoltre all’attivo collaborazioni con la Earthworm Foundation e l’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO), rispettivamente lungo le catene di fornitura dell’olio di palma e delle nocciole, per contribuire a supportare pratiche di lavoro responsabili.


L’impegno del gruppo di Alba riguarda anche il packaging: il 90,7% degli imballaggi è ora progettato per essere riciclabile, riutilizzabile o compostabile, in aumento dall’88,5% rispetto al 2021/22. I consumi idrici degli stabilimenti sono stati ridotti del 20%, grazie a iniziative di riduzione e riutilizzo, rispetto all’anno di riferimento 2017/18 e del -9,6% rispetto al 2021/2022. Infine il progetto Kinder Joy of moving che ha coinvolto oltre 60 milioni di bambini dal suo lancio nel 2005, di cui 3,4 milioni nel solo 2022/23.

Pizzoli punta su agricoltura 4.0 per gestire filiera patate

Pizzoli punta su agricoltura 4.0 per gestire filiera patateRoma, 28 mag. (askanews) – Usare l’agricoltura 4.0 per gestire la filiera di approvvigionamento delle patate destinate alla trasformazione industriale e al mercato del fresco. Diagram e Pizzoli SpA hanno firmato un accordo per l’utilizzo da parte di Pizzoli della nuova piattaforma Abaco Farmer integrata con le funzionalità sviluppate da Agronica. Il progetto prevede la digitalizzazione delle superfici coltivate a patate al fine di garantirne la tracciabilità, dal seme fino alla consegna nello stabilimento, di monitorare la qualità del raccolto e favorire il rispetto dei disciplinari.


In questo modo Pizzoli SpA sarà in grado di gestire tutta la filiera di approvvigionamento della materia prima con un’unica piattaforma che garantirà il monitoraggio in tempo reale dei campi dislocati in Emilia Romagna e in quasi tutta la penisola. L’assistenza tecnica data dall’azienda ai propri fornitori migliorerà attraverso l’utilizzo di un’app dedicata, collegata alla piattaforma, che fornirà uno strumento di lavoro indispensabile per il controllo del rispetto dei disciplinari e faciliterà tutta la raccolta documentale necessaria per garantire la tracciabilità e la qualità del prodotto partendo dalla consegna del seme. La nuova piattaforma Abaco Farmer consentirà, inoltre, un monitoraggio in tempo reale di tutti i principali indici vegetativi, di dati agrometeorologici aggiornati, offrirà la possibilità di inserire alert e di segnalare rilievi su ogni singolo campo in caso di problematiche particolari nello sviluppo delle piante.

Al via a Siena Stati generali olio e Comitato consultivo Coi

Al via a Siena Stati generali olio e Comitato consultivo CoiRoma, 28 mag. (askanews) – A trenta anni dall’ultima riunione in Italia il nostro Paese torna al centro dell’attenzione nazionale e internazionale ospitando a Siena, dal 28 al 29 maggio, gli Stati generali dell’olio e la riunione del Comitato consultivo del COI.


Due appuntamenti importanti per l’olivicoltura italiana con dibattiti e confronti nei quali individuare i principali argomenti per delineare il futuro piano olivicolo nazionale, alla cui realizzazione sta lavorando il sottosegretario al Masaf, senatore Patrizio La Pietra. Mercato dell’olio evo e delle olive da tavola, strategie regionali per l’olivicoltura, sostenibilità della produzione dell’olio evo, olivicoltura e ambiente, ruolo dell’oleoturismo e dell’agricoltura nella lotta ai cambiamenti climatici, confronto tra consorzi oli dop igp e strategie di sviluppo per il comparto, sono i principali temi di dibattito degli Stati generali sui quali sono chiamati a dialogare i massimi esperti mondiali del settore oleicolo.

Monini: istituire categoria Alta Qualità in segmento olio Evo

Monini: istituire categoria Alta Qualità in segmento olio EvoRoma, 28 mag. (askanews) – Istituire la categoria Alta Qualità anche nel segmento dell’olio extravergine di oliva: è il messaggio lanciato da Zefferino Monini, presidente e amministratore delegato di Monini, in occasione della seconda edizione dello Zefferino d’Oro, il primo riconoscimento della qualità della materia prima promosso da una grande impresa olearia in Italia.


“Il settore – ha detto Monini nel corso dell’evento – sta affrontando un periodo complesso, anche legato alle conseguenze del cambiamento climatico, ma siamo convinti che proprio nelle difficoltà si nascondano le migliori occasioni. Dobbiamo rafforzare ancora di più la collaborazione tra industria e frantoiani, puntando con forza sulla sostenibilità e sulla straordinaria qualità che è in grado di esprimere la filiera italiana, ma anche offrendo al consumatore gli strumenti per orientarsi nella complessità dell’offerta”. Da qui la richiesta alle istituzioni di una nuova classificazione che disciplini e riconosca la categoria Alta Qualità nell’olio extravergine di oliva basata su parametri organolettici e analitici più stringenti di quelli attuali. Solo così sarà possibile garantire la vera qualità del prodotto e, attraverso l’adozione di segni identificativi, come un classico ‘bollino’, renderla immediatamente riconoscibile sugli scaffali.

Olio oliva: salgono prezzi Spagna, in Italia stabili: 9,5 euro/kg

Olio oliva: salgono prezzi Spagna, in Italia stabili: 9,5 euro/kgRoma, 28 mag. (askanews) – A inizio maggio sale nuovamente il prezzo medio all’origine degli oli extravergini di oliva prodotti in Europa. L’aumento, dopo la flessione degli ultimi mesi in tutte le piazze europee che si è sviluppata a seguito del crollo dei prezzi (fino al 10%) dell’olio EVO spagnolo, è sostenuto dall’incertezza dei mercati nei confronti dei volumi e della qualità delle scorte di materia prima che serviranno fino alla prossima campagna olearia.


Guardando all’area del Mediterraneo, l’Italia rappresenta un’eccezione: qui i prezzi all’origine sono rimasti pressoché stabili dallo scorso gennaio e la produzione nazionale non risulta in grado di soddisfare la domanda interna. È il quadro che emerge dall’Osservatorio mensile di Certified Origins, tra i principali produttori e distributori di olio d’oliva extravergine certificato (IGP e DOP), oli mono-origine e blend tracciabili a marchio privato. Le abbondanti piogge nella penisola iberica, dove si produce circa il 50% degli oli d’oliva consumati a livello mondiale, la prospettiva di una raccolta 2024-2025 abbondante e la diminuzione dei consumi interni di inizio anno, hanno contribuito a un generale ribasso del prezzo degli oli EVO, vergini e raffinati. L’insieme di questi fattori ha inoltre spinto i produttori spagnoli a immettere sul mercato parte delle scorte accumulate. E la Spagna e quindi l’Europa si stanno avvicinando alla prossima campagna con giacenze ridotte: nel territorio iberico risultano infatti disponibili circa 660mila tonnellate di olio d’oliva, di cui circa il 30% già riservato per i contratti con i grandi imbottigliatori. Sebbene ci sia ottimismo per la prossima campagna, persiste il rischio reale di un aumento significativo dei prezzi a livello mondiale in caso di imprevisti dovuti a eventi climatici o a variazioni nei consumi globali.


In Italia, il prezzo medio dell’olio EVO rimane sostenuto e pressoché invariato da gennaio (circa 9.50 €/Kg). Resta forte il divario tra la produzione nazionale, le giacenze a disposizione e la domanda interna e dei mercati esteri. I consumi nazionali, da soli, assorbono infatti tra le 400 e le 550mila tonnellate all’anno, ovvero un volume quasi doppio rispetto quanto viene prodotto da oliveti e frantoi italiani, che mediamente forniscono 290mila tonnellate tra olio extra vergine e categorie inferiori.

Oltre 9 italiani su 10 utilizzano prodotti surgelati

Oltre 9 italiani su 10 utilizzano prodotti surgelatiRoma, 28 mag. (askanews) – Oltre 9 italiani su 10 utilizzano prodotti surgelati e, tra questi, il 53% ne fa un uso abituale. Positivo il trend di consumo nell’ultimo quinquennio: 4 italiani su 10 dichiarano di aver incrementato gli acquisti di surgelati; in particolare, i più giovani e le famiglie con bambini (48%). Comodità, praticità, anti-spreco sono tra i driver d’acquisto di questi prodotti, consumati soprattutto a casa nella quotidianità familiare (68,7%) e oggi percepiti positivamente anche per gusto e per convenienza economica. I frozen food dimostrano quindi di essere apprezzati su tutto il territorio nazionale, con percentuali leggermente più elevate al Nord-ovest (55%) e tra la Generazione X (57%).


E, a sorpresa, al palato, per oltre la metà degli italiani, i prodotti surgelati sono preferiti ai freschi per bontà, consistenza e percezione di freschezza. E’ quanto emerso dal Blind Taste Test condotto da AstraRicerche, secondo cui il 61% degli intervistati preferisce il gusto del minestrone surgelato a quello fresco; il 64% quello del merluzzo e il 66% ritiene i fagiolini in versione frozen più buoni dei freschi. Anche in termini di convenienza economica, i surgelati abbattono un vecchio tabù, rivelandosi meno costosi dei freschi: se si considera il loro valore totale composto da costi, tempi di preparazione e spreco alimentare, i fagiolini freschi, ad esempio, “costano” il 53% in più dei surgelati; i filetti di merluzzo il 60% in più; e per preparazioni più complesse come la paella, si arriva addirittura a una differenza del 246% a favore del frozen.


Sono i prodotti ittici la tipologia di surgelati che gli italiani dichiarano di acquistare più spesso (30,2%), scelti soprattutto al Sud e seguiti dai vegetali (27,4%), apprezzati dalle donne Baby Boomers; poi pizze e snack (15,4%) con un picco tra i giovani Gen Z, e patate (13,6%). Ma nonostante sia cresciuta la consapevolezza dell’elevato valore qualitativo dei frozen food, permangono alcune credenze erronee: 2 consumatori su 10 considerano ancora “surgelato” e “congelato” come sinonimi; circa 1 su 3 non è ben informato sui corretti metodi di scongelamento; solo 4 su 10 sanno che gli alimenti surgelati non contengono conservanti.


I pasti a casa, nella quotidianità familiare di pranzi e cene, restano la principale occasione di consumo di surgelati per la maggioranza degli italiani (68,7%), ma c’è chi li sceglie anche nel weekend o per il ‘pranzo della domenica’, per portare in tavola qualcosa di buono e diverso in poco tempo (14,7%). “Gli ottimi risultati emersi dal blind test a favore dei frozen food – sottolinea Giorgio Donegani, pesidente IIAS – stridono in modo eclatante anche con l’immotivata persistenza, nella legislazione italiana, dell’obbligo di apporre un asterisco accanto agli alimenti surgelati nei menù dei ristoranti. L’asterisco è di fatto un’informazione retaggio di un mondo passato che non esiste più, che poggiava sull’implicita convinzione che un alimento surgelato fosse un prodotto di qualità inferiore rispetto al fresco. Una concezione – conclude – palesemente superata e anacronistica che finisce solo per penalizzare questi prodotti, che invece i consumatori prediligono”.

Microplastiche nelle telline: non ci sono rischi legati a consumo

Microplastiche nelle telline: non ci sono rischi legati a consumoRoma, 28 mag. (askanews) – Non ci sono rischi legati al consumo di telline per quanto riguarda la Il FishLab dell’Università di Pisa ha condotto uno studio sulla presenza di microplastiche nelle telline (specie Donax trunculus) sulle coste toscane da cui non emergono rischi legati al consumo di questo alimento. La ricerca è stata realizzata in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana, l’Università degli Studi di Messina e l’Istituto per i Processi Chimico-Fisici (IPCF) del Cnr di Messina.


I ricercatori hanno esaminato cinque siti lungo la costa toscana, da Viareggio a Tirrenia, da febbraio a dicembre 2021. Nei campioni analizzati, sono stati trovati 85 frammenti riconducibili a microplastiche. Successivamente, un’analisi più approfondita ha confermato la natura plastica solo per una parte di essi. In base a questa stima, i consumatori di telline potrebbero essere esposti ad una quantità molto esigua rispetto a quella che ingerirebbero consumando altre tipologie di alimenti; ad esempio, è stato dimostrato che il sale e l’acqua stessa ne contengono una quantità decisamente più elevata. “Le microplastiche sono ubiquitarie in ogni ambiente, per assumerle basta lasciare un bicchiere su un tavolo prima di berlo – spiega il professore Andrea Armani del dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa – in base ai dati emersi e alle conoscenze attualmente disponibili, non ci sono rischi legati al consumo di telline, anche per le basse quantità di consumo di questo alimento”.


La presenza di microplastiche è stata documentata a tutti in tutti gli habitat marini, dagli oceani aperti ai mari chiusi, dalle spiagge, alle acque superficiali, in tutta la colonna d’acqua fino ai fondali più profondi. Le dimensioni ridotte che le caratterizzano facilitano il loro trasporto a lunga distanza attraverso le correnti. Una volta fatto il loro ingresso nell’ecosistema marino possono essere facilmente ingerite da molti organismi, entrando così nella catena alimentare, sino agli esseri umani. I molluschi bivalvi (come mitili, ostriche, vongole e capesante), essendo filtratori, sono spesso utilizzati per valutare l’inquinamento da microplastiche negli ambienti marini. Se consumati come alimenti, possono pertanto rappresentare una fonte di esposizione alle microplastiche per l’uomo.


“L’esposizione umana alle microplastiche è molto diversa tra paese e paese a causa delle differenze geografiche e culturali legate al consumo dei molluschi bivalvi – conclude Armani – Un rischio elevato, calcolato sulla base del consumo annuo di molluschi bivalvi e della quantità media di microplastiche per grammo, è stato riscontrato in Cina e Corea del Sud, mentre a livello europeo sono stati riscontrati rischi maggiori in Francia e Grecia”. La ricerca pubblicata sulla rivista Animals è stata finanziata dal Ministero della Salute italiano, dall’Unione Europea grazie al fondo NextGeneration EU e attraverso il progetto SAMOTHRACE del ministero dell’Università e della Ricerca.

Siccità, 20mila agricoltori siciliani in piazza a Palermo

Siccità, 20mila agricoltori siciliani in piazza a PalermoRoma, 28 mag. (askanews) – Oltre ventimila agricoltori e allevatori sono scesi in piazza a Palermo per chiedere interventi immediati contro una siccità devastante, che ha praticamente azzerato i raccolti e fa strage di animali nelle stalle, rimasti senza acqua né cibo. I manifestanti hanno invaso le vie della capitale isolana per riversarsi davanti a Palazzo d’Orleans, sede della Regione Siciliana, che Coldiretti Sicilia indica come prima responsabile della drammatica situazione.


Gli effetti della mancanza di pioggia sono stati, infatti, denuncia la confederazine agricola, aggravati dall’immobilismo delle istituzioni locali rispetto alla necessità di effettuare gli interventi necessari per garantire la disponibilità di acqua, tra strutture e tubazioni fatiscenti che disperdono anche quella poca presente. Sui cartelli dei manifestanti, giunti da tutte le province si legge “Stiamo macellando anni di lavoro”, “La Sicilia assetata non può più aspettare”, “Senza agricoltura non c’è cibo”, ma ci sono anche striscioni e migliaia di bandiere.


“Per salvare quello che resta dell’agricoltura siciliana – sottolinea Coldiretti – occorrono misure immediate per sostenere le aziende colpite dalla siccità e dal conseguente rincaro di tutti i costi di produzione, letteralmente triplicati, a partire dal prezzo dei foraggi per dare da mangiare agli animali, ma anche della stessa acqua, con le bollette che hanno raggiunto cifre astronomiche”. Coldiretti, assieme a Bonifiche Ferraresi, Consorzi Agrari d’Italia e Fedana, si è attivata per portare alle stalle dell’isola fieno per gli animali, un milione e mezzo di chili necessari per permettere alle aziende di andare avanti almeno per qualche altro giorno.


La scorsa settimana il ministro dell’Agricoltura ha annunciato, anche qui su sollecitazione di Coldiretti, lo stanziamento di 15 milioni di euro per aiutare gli agricoltori ma la sopravvivenza del settore è legata a una corsa contro il tempo per far arrivare i finanziamenti alle stalle e consentire di acquistare quanto nececessario per salvare gli animali.

Diminuisce del 25% produzione grano duro in Emilia Romagna

Diminuisce del 25% produzione grano duro in Emilia RomagnaRoma, 28 mag. (askanews) – Per il secondo anno consecutivo flette la produzione di grano in Emilia-Romagna portandosi sensibilmente al di sotto della media del quinquennio, su una estensione complessiva di 235.000 ettari circa tra tenero e duro. Causa l’ondata di maltempo, infatti, il 50% della superficie regionale si è allettata e in alcune province quali Ravenna, Ferrara e Bologna anche di più.


“In generale cala la resa media del grano in Emilia-Romagna, accompagnata in particolare da un vero e proprio crollo della superficie coltivata a duro, nell’ordine del -25% sul 2023. Un dato a dir poco preoccupante per la terza regione produttrice d’Italia che vanta una filiera d’eccellenza della pasta made in Italy” , spiega il presidente di Confagricoltura Emilia Romagna, Marcello Bonvicini. “L’allettamento appartiene alla normalità e non all’eccezione. E così sarà in futuro, quindi l’attività di adattamento al clima diventa cruciale”, aggiunge Bonvicini.


Temporali, raffiche di vento e grandinate hanno sferzato il grano nella delicata fase di formazione delle cariossidi, cioè nel momento in cui si determinano peso e caratteristiche qualitative, che sono aspetti rilevanti soprattutto per i grani duri e grani teneri di forza. L’allettamento provoca la stroncatura dello stelo riducendo l’assorbimento delle sostanze nutritive, bloccando quindi lo sviluppo della spiga e aumentando anche il pericolo di attacchi fungini.