Skip to main content
#sanremo #studionews #askanews #ciaousa #altrosanremo

Con Paluani Sperlari debutta nel mercato dei dolci pasquali

Con Paluani Sperlari debutta nel mercato dei dolci pasquali


Con Paluani Sperlari debutta nel mercato dei dolci pasquali – askanews.it



Con Paluani Sperlari debutta nel mercato dei dolci pasquali – askanews.it



















Milano, 27 mar. (askanews) – Grazie all’acquisizione di Paluani, conclusa nell’agosto del 2022, quest’anno il gruppo Sperlari entra per la prima volta nel mercato della ricorrenza pasquale. Nello stabilimento di Verona di Paluani è prevista una produzione complessiva di un milione tra uova e colombe, all’incirca quattro volte il numero dei residenti della città scaligera.

“Il 2023 è un anno fondamentale nella storia del gruppo Sperlari perché grazie a Paluani – ha commentato Chiara Trabattoni, marketing manager Seasonal di Sperlari – il gruppo entra per la prima volta nel mercato della ricorrenza pasquale. Siamo felici di poter presentare i prodotti della Pasqua a marchio Paluani: abbiamo lavorato su qualità, attenzione agli ingredienti e sulle novità per coinvolgere i consumatori e rendere la loro Pasqua ancora più dolce. Quest’anno la gamma comprenderà, insieme alle tradizionali colombe Paluani, anche l’iconica torta ‘Ramo di Pasqua’, fatta di soffice pasta con crema al fior di latte, ricoperta da cioccolato al latte e granella, contraddistinta dalla sua forma inimitabile”. C’è anche la torta “Boccino d’oro”, una torta che cavalca il successo dei romanzi di Harry Potter. Dal 2017 Sperlari è di proprietà del gruppo tedesco Katjes International. Oggi impiega oltre 350 dipendenti presso i propri uffici di Milano e Cremona e i cinque siti produttivi.

Agreen Capital rileva maggioranza di Probios per creare polo del bio

Agreen Capital rileva maggioranza di Probios per creare polo del bio


Agreen Capital rileva maggioranza di Probios per creare polo del bio – askanews.it



Agreen Capital rileva maggioranza di Probios per creare polo del bio – askanews.it



















Milano, 27 mar. (askanews) – Agreen Capital, club deal internazionale, entra nel capitale sociale di Probios con un’ampia maggioranza. Il progetto prevede una crescita organica ed esterna dell’azienda attiva nel settore dell’alimentazione bio, per integrare verticalmente i processi aziendali con l’obiettivo di creare un polo leader nel settore salutistico, biologico e free-from.

“Agreen Capital si focalizza esclusivamente su investimenti nel settore agroalimentare salutistico e sostenibile – dichiara Andrea Rossi, managing partner di Agreen Capital – Probios, eccellenza unica nel settore, rappresenta per noi un’acquisizione ideale per le caratteristiche del business e per i valori condivisi da tutti i nostri stakeholder e partner. La diversificazione e l’ampiezza di gamma di Probios, l’attenzione per le tematiche Esg, le competenze del management, associate ai mercati e ai canali in cui la società si posiziona, rappresentano una grande opportunità per i nostri progetti e piani di sviluppo strategici. Le famiglie Bartolozzi e Favilli sono state pioniere nel settore e noi siamo entusiasti di supportare la crescita del gruppo in questa ulteriore fase di sviluppo”. Alla guida dell’azienda si riconferma Renato Calabrese, già direttore generale di Probios e nuovo amministratore delegato della società, nonché investitore nel progetto. “Sono davvero felice che Agreen Capital abbia deciso di investire in Probios – afferma Calabrese – Le peculiari competenze di questo club deal in ambito agroalimentare e la condivisione dei principi di sostenibilità, etica e governance, risulteranno senz’altro determinanti nella costruzione di una piattaforma paneuropea dedicata all’alimentazione salutistica e biologica per valorizzare l’agricoltura e il saper fare del made in Italy”.

“Con l’ingresso di Agreen Capital accresceremo il valore di Probios contribuendo alla diffusione dei suoi valori fondanti – commenta Rossella Bartolozzi, socia di Probios – Un’azienda come Probios si pone sul mercato non solo come leader commerciale, ma anche come leader d’opinione, per l’impegno che la contraddistingue da decenni e per la coerenza di valori dimostrata. Il mio lavoro garantirà un impatto positivo sia verso l’interno dell’azienda che verso gli attori e gli stakeholder esterni, dal consumatore alla comunità, dalle istituzioni pubbliche ai partner privati”. Gli investitori del club e l’acquirente sono stati assistiti per la parte finanziaria da Agreen Capital, per la parte contabile da Epyon Consulting, per la parte fiscale da Studio Sebastiani nella persona del Founding Partner Alessandro Sebastiani e dei Partners Edoardo Lattuada e Tommaso Franzini e per la parte legale da Avvocati d’impresa con il Managing Partner Alberto Calvi di Coenzo. Amundi SGR, per conto del fondo Amundi ELTIF AgrItaly PIR, ha partecipato al finanziamento del Deal con l’assistenza dello Studio Gatti Pavesi Bianchi Ludovici con un team guidato dall’equity partner Marc-Alexandre Courtejoie coadiuvato dall’equity partner Michele Aprile (per gli aspetti tributari), dal senior associate Roger Demoro, dall’associate Carolina Caslini e da Luca Serino. Intesa Sanpaolo, attraverso la Direzione Agribusiness, ha partecipato alla strutturazione operativa del Deal.

La Doria nel 2022 ricavi oltre un miliardo (+17,6%), a volume +3,4%

La Doria nel 2022 ricavi oltre un miliardo (+17,6%), a volume +3,4%


La Doria nel 2022 ricavi oltre un miliardo (+17,6%), a volume +3,4% – askanews.it



La Doria nel 2022 ricavi oltre un miliardo (+17,6%), a volume +3,4% – askanews.it



















Milano, 27 mar. (askanews) – La Doria nel 2022 ha superato la soglia del miliardo di euro di fatturato consolidato, salito per la prima volta nella storia dell’azienda a 1,018 miliardi per l’esattezza, in aumento del 17,6% rispetto agli 866 milioni di euro dell’esercizio precedente. A spingere il fatturato l’incremento dei prezzi di listino, correlato a un aumento dei costi per effetto della pandemia e soprattutto del conflitto in Ucraina. A volume, invece, la crescita è stata del 3,4%. E’ quanto riporta una nota dell’azienda agroalimentare, il cui capitale è detenuto per il 65% da società di investimento del fondo Investindustrial VII L.P e da alcuni membri della famiglia Ferraioli per il restante 35%.

Il fatturato di La Doria, che produce derivati del pomodoro, sughi, legumi e succhi di frutta a marchio della grande distribuzione, nel 2022 è stato generato per oltre il 97% dal segmento delle private labels con i principali retailer nazionali e internazionali, un comparto che nella grande distribuzione nel 2022 è cresciuto, insieme al canale discount, per effetto dell’inflazione che ha condizionato le scelte d’acquisto dei consumatori. “I ricavi registrati nel 2022 rappresentano per noi un importante traguardo, che dimostra la nostra solidità e la nostra capacità di crescita anche nei periodi più complessi – ha dichiarato il Ceo del gruppo La Doria Antonio Ferraioli – Abbiamo saputo far fronte alle criticità economiche e geopolitiche del 2022. Il dato più importante rimane sicuramente quello relativo alla crescita dei volumi che ha coinvolto trasversalmente le nostre linee e i mercati in cui siamo presenti. Continueremo a operare con la nostra politica di sviluppo internazionale volta, da una parte, all’espansione in aree geografiche ad alto potenziale di crescita e dall’altra a migliorare il nostro posizionamento a livello internazionale nei segmenti di mercato in cui siamo già presenti”.

Dal punto di vista della suddivisione del fatturato per categorie di prodotto offerte dal gruppo La Doria, la linea derivati del pomodoro ha registrato un aumento dei ricavi pari al 24%, la linea sughi è aumentata del 20,5%, mentre la linea legumi, vegetali e pasta in scatola vede una crescita complessivamente del 19,6%. Infine, la linea frutta e le altre linee, ossia i prodotti acquistati da terzi e commercializzati dalla controllata LDH sul mercato inglese, sono aumentate rispettivamente del 7,8% e del 12,6%. La ripartizione del fatturato per aree geografiche mostra una significativa crescita del mercato italiano (+20%), secondo solo al Regno Unito, con un’incidenza sui ricavi totali pari al 16,9%. Il gruppo, che esporta i propri prodotti in 60 Paesi nel mondo, ha aumentato i propri ricavi nei mercati internazionali del 17%, con un’incidenza dell’83,1%. Le migliori performance si sono registrate nei mercati storici per La Doria, tra cui la Gran Bretagna, che resta il principale mercato estero di sbocco, la Germania e i Paesi Scandinavi. Seguono l’Australia, la Nuova Zelanda e i Paesi dell’est Europa. Il gruppo genera inoltre importanti quote di fatturato anche in Francia, negli USA e in Giappone.

Per Tassoni inizia ora l’era Lunelli: il rilancio è all’insegna del lusso

Per Tassoni inizia ora l’era Lunelli: il rilancio è all’insegna del lusso


Per Tassoni inizia ora l’era Lunelli: il rilancio è all’insegna del lusso – askanews.it



Per Tassoni inizia ora l’era Lunelli: il rilancio è all’insegna del lusso – askanews.it


















Milano, 23 mar. (askanews) – Ci hanno lavorato per due anni, studiando posizionamento, identità, prodotti e comunicazione. Ora che tutto è definito, inizia ufficialmente l’era Lunelli per Tassoni, l’azienda di Salò che lega indissolubilmente il suo nome alla cedrata. Dal 2021 infatti Tassoni è parte del gruppo Lunelli che in questi due anni ha lavorato al nuovo posizionamento luxury, a un’identità visiva più contemporanea, allo sviluppo di una “collezione”, come preferiscono chiamarla in azienda, di prodotti nuovi o rivisitati e una strategia di comunicazione che dovrà trasferire il cambiamento. Cambiamento che parte proprio dalla tradizione perchè in fondo come ha ricordato Matteo Lunelli, amministratore delegato del gruppo di famiglia e presidente di Tassoni, “un marchio tradizionale è un marchio che ha innovato e ha avuto successo”.

E allora nel solco di quel successo il gruppo Lunelli ha disegnato la nuova Tassoni, che vuole diventare “il marchio del luxury soft drink italiano nel mondo”, partendo proprio dalla cedrata nella sua distintiva bottiglia di vetro a buccia d’agrume. “Ci sono cose che non cambieranno mai – ha detto durante l’evento milanese Matteo Lunelli – per esempio la ricetta segreta della cedrata, non cambierà il saper fare artigianale, il legame con il lago di Garda, ma vogliamo essere interpreti del contemporaneo, per fare convivere storia e futuro, memoria e sogno”. Se dunque la cedrata in sè non cambia, ma se ne propone un nuovo “perfect serve” con ghiaccio, foglia di basilico e un calice a coppa creato in esclusiva per Tassoni, la gamma si rinnova e si arricchisce grazie al contributo del mastro erborista di Tassoni, Graziano Perugini: ne sono nati quattro soft drink destinati al consumo liscio, cedrata, tonica al cedro, chinotto bio e sambuco bio, quattro proposte ideali per la miscelazione (tonica superfine, ginger ale, ginger beer e soda la classica) e il nuovo Gin, creato con nove botaniche selezionate tra cui l’essenza di cedro, nato dalla collaborazione con il bartender Bruno Vanzan.

Tutto questo è riassunto nel claim scelto per la campagna “Il lusso di osare” che “vuole essere un invito a una scelta controcorrente, a uscire dagli schemi per scegliere l’italianità” ha sottolineato lo stesso Lunelli che con l’acquisizione di Tassoni ha coronato un sogno. “Noi abbiamo già trovato un’azienda eccellente al momento dell’acquisizione – ha sottolineato – abbiamo trovato il saper fare, un talento del fare che fa la differenza del made in Italy. Una volta che l’abbiamo acquisito, abbiamo potuto mettere a sistema tutto questo col gruppo Lunelli attraverso la rete di distribuzione all’estero e la distribuzione in Italia. La realtà rimarrà radicata sul territorio ma alcune funzioni, il marketing e la distribuzione, vengono messe a fattor comune”. E da quando Lunelli è a capo della Tassoni i primi risultati sono arrivato: “Il 2022 ha chiuso a 12,1 milioni sopra i livelli del 2019, nel 2020 aveva fatturato 8,4 milioni di fatturato e oggi siamo riusciti a portare l’azienda sopra quei livelli”. E per il futuro quali sono gli obiettivi? “Nei prossimi 5 anni credo si possa puntare a un raddoppio del fatturato che significherebbe triplicare il 2020 ma è prematuro per dirlo perché bisognerà vedere i mercati internazionali che abbiamo già intercettato ma volevamo ingaggiare con la nuova linea”. E intanto annuncia: “Nei prossimi due-tre anni contiamo di uscire con delle novità, stiamo facendo un lavoro molto attento”, come una possibile linea a ridotto contenuto di zuccheri “che stiamo studiando e che se ci sarà sarà qualcosa di nuovo non una modifica delle ricette già esistenti”.

Unionfood: in 2022 esportate 2,4 mln ton pasta (+5,2%), pari a 3,7 mld euro

Unionfood: in 2022 esportate 2,4 mln ton pasta (+5,2%), pari a 3,7 mld euro


Unionfood: in 2022 esportate 2,4 mln ton pasta (+5,2%), pari a 3,7 mld euro – askanews.it



Unionfood: in 2022 esportate 2,4 mln ton pasta (+5,2%), pari a 3,7 mld euro – askanews.it



















Milano, 23 mar. (askanews) – Nel 2022 l’Italia si è confermata primo produttore al mondo di pasta con 3,5 milioni di tonnellate, davanti a Usa e Turchia. Di queste il 61% è destinato all’estero. Infatti sono salite a quasi 2,4 milioni le tonnellate che hanno varcato i confini nazionali, con una crescita del 5,2% sul 2021. Parliamo di 3,7 miliardi di euro a valore, un +31% sul 2021 che riflette i rincari legati alle materie prime e all’energia. E’ quanto emerge da un’elaborazione di Unione italiana Food su dati Istat.

L’export nei Pesi Ue occupa il 65,2% del totale mentre il restante 37,8% riguarda i Paesi non Ue, America, Asia, Africa, Oceania. In valori assoluti, Germania (440.044 tonnellate), Regno Unito (296.578 tonnellate), Francia (267.685 tonnellate), USA (259.470) e Giappone (67.126) sono i mercati più strategici per l’export di pasta italiana. Ma la voglia di spaghetti&co prodotti nel Belpaese registra crescite intorno o superiori al 20% in Canada, Polonia, Malta, Libia e Kenya, superiori al 50% verso Arabia Saudita e Tunisia, e addirittura superiori al 100% per Repubblica di Moldavia, Indonesia, Iraq, Costa d’Avorio e Birmania. Discorso a parte per la Russia, Paese importatore che a seguito del conflitto ha visto contrarsi le quantità del 41,4% dalle 20.955 tonnellate del 2021 alle 12.287 dello scorso anno. A valore si tratta di una contrazione che sfiora il 28% dai 26,3 milioni del 2021 ai 19 del 2022.

In vent’anni sono quasi raddoppiati (54 oggi contro i 30 di allora) i Paesi dove si consuma più di un chilo di pasta pro capite di pasta all’anno. In questa classifica però l’Italia è ben avanti: noi consumiamo una media di 23 chilogrammi di pasta l’anno a testa, contro i 17 della Tunisia, che ci rincorre. Seguono Venezuela (15 kg), Grecia (12,2 kg), Perù (9,9 kg) Cile (9,6 kg), Stati Uniti (8,8 kg), Turchia (8,7 kg), Iran (8,5 kg), Francia (8,3 kg) e Germania (7,9 kg). “Oggi oltre il 60% dei pacchi di pasta prodotti in Italia viene esportato, contro il 48% nel 2000 e il 5% nel 1955 – afferma Riccardo Felicetti, presidente dei Pastai italiani di Unione italiana food – Se la pasta italiana gode all’estero di tanto successo e ha un percepito estremamente positivo è merito del saper fare centenario dei pastai italiani. Protagonista di infinite ricette antispreco e del giorno dopo, la pasta si conferma un alimento sostenibile, versatile, nutrizionalmente bilanciato e accessibile”.

Cedrata Tassoni: il sogno di portare nel mondo il sapore del Lago di Garda

Cedrata Tassoni: il sogno di portare nel mondo il sapore del Lago di Garda


Cedrata Tassoni: il sogno di portare nel mondo il sapore del Lago di Garda – askanews.it



Cedrata Tassoni: il sogno di portare nel mondo il sapore del Lago di Garda – askanews.it



















Milano, 22 mar. (askanews) – “La cedrata Tassoni è stata un sogno per lungo tempo. La prima volta che visitai l’azienda era il 2007 e fui subito affascinato da questi alambicchi, da questo meraviglioso stabilimento nel cuore di Salò, un paesino bellissimo sulle rive del Lago di Garda. Ma allora non erano maturi i tempi. Poi, quando nel 2020 si è ripresentata l’occasione, come famiglia e come team eravamo convinti che fosse una realtà perfetta per noi e non abbiamo avuto dubbi”. La storia della Tassoni e del gruppo Lunelli inizia nel 2021, con l’acquisizione, dopo un lungo corteggiamento da parte dell’amministratore delegato del gruppo di famiglia, Matteo Lunelli, che in questa azienda con 230 anni di storia sulle spalle ha intravisto non solo una perla dell’imprenditoria italiana ma anche potenzialità e opportunità di crescita, soprattutto all’estero. L’ambizione è quella di fare di Tassoni “il marchio del luxury soft drink italiano – racconta Lunelli – sinonimo di bibite italiane di eccellenza non solo nel nostro Paese ma nel mondo”.

“Questo è un marchio perfetto per il gruppo Lunelli che vuole raccontare l’eccellenza del bere italiano – spiegava qualche tempo fa – e Tassoni può essere il marchio di bibite italiane di eccellenza di riferimento. La cedrata è il cuore di tutta la tradizione di questa azienda, ma accanto alla cedrata ci sono etichette nuove come la tonica, il chinotto che hanno la possibilità di proporsi in Italia e nel mondo come bibite di eccellenza”. La storia di questa azienda, intimamente legata al territorio in cui è nata, le rive del Lago di Garda, risale al 1793: in quell’anno la spezieria nata a metà del 700 viene riconosciuta farmacia e inizia la prima distillazione degli agrumi che all’epoca venivano coltivati nelle campagne intorno al lago. Sarà solo alla fine dell’800 che la produzione assumerà una dimensione industriale, con la separazione della farmacia dalla distilleria e la nascita dell’acqua di tutto cedro. Negli anni ’20 del secolo scorso arriva la prima cedrata Tassoni, uno sciroppo da bere diluito in acqua. Trent’anni dopo, è il 1956, il passaggio dallo sciroppo alla bibita, con la cedrata “già pronta nella sua dose ideale”, una bottiglietta di vetro da 180 millilitri che sarà capace di cavalcare il boom dei consumi di bevande gasate.

Ma dietro questa bibita, che ha conquistato un posto nell’immaginario collettivo anche grazie alla sua storia comunicativa, dalle affissioni ai Carosello coi jingle di Mina, c’è una tradizione secolare che dalla metà dell’800 appartiene anche alle campagne del Sud del Paese. E’ da lì che arrivano ancora oggi i cedri, con un viaggio che inizia esattamente a Santa Maria del Cedro, in Calabria, dove la varietà Diamante di questo agrume, a poche ore dalla raccolta, viene inviata per la lavorazione nello stabilimento di Salò. Qui in un alambicco in rame del 1939 avviene la distillazione dell’aroma idroalcolico, dopo un periodo di infusione della scorza dei cedri raccolti ancora acerbi. A questo punto l’essenza è pronta per la miscelazione seguendo alla lettera una ricetta segreta “custodita gelosamente in cassaforte – ricordava Matteo Lunelli – che la precedente proprietà ci ha consegnato nel momento dell’acquisizione. E’ una ricetta che anche in azienda conoscono solo le due persone che devono applicarla e che rappresenta l’unicità tramandata nei secoli”. E se fin qui c’è la storia e il presente di questa bevanda iconica del made in Italy, nel futuro “c’è una crescita che deve essere costruita sulle solide basi di questa azienda”. A partire dalla sede storica: “Le rive del lago di Garda sono dove la Tassoni è nata, qui è la Tassoni e qui rimarrà – assicurava Lunelli – perchè l’eccellenza del made in Italy è sempre legata a tradizioni territoriali e noi vorremmo che la cedrata Tassoni servita nel mondo porti anche il sapore di queste rive del lago di Garda”. I piani di sviluppo guardano molto all’estero dove “ha enormi opportunità e vogliamo farla diventare ambasciatrice del made in Italy anche attraverso l’ampliamento della gamma”, costruendo la forza della marca nell’horeca. Lo spazio per crescere del resto c’è, non solo sul mercato: lo stabilimento, dove nascono circa 22 milioni di bottiglie l’anno di cui il 90% resta in Italia, oggi ha una capacità produttiva inespressa e se fosse necessario potrebbe essere ampliato ulteriormente. Per cogliere le opportunità intraviste da Matteo Lunelli, che potranno scrivere il futuro di questa azienda con 230 anni di storia sulle spalle.

I 25 anni delle Gocciole: il frollino da 110 milioni di fatturato

I 25 anni delle Gocciole: il frollino da 110 milioni di fatturato


I 25 anni delle Gocciole: il frollino da 110 milioni di fatturato – askanews.it



I 25 anni delle Gocciole: il frollino da 110 milioni di fatturato – askanews.it



















Milano, 22 mar. (askanews) – Le comprano otto milioni di famiglie italiane. Solo nel 2022 ne sono state vendute oltre 48 milioni di confezioni. Le Gocciole Pavesi, del gruppo Barilla, spengono quest’anno 25 candeline. Nella realtà nascono nel 1987 all’interno della linea di frollini “Amici del mattino”, ma le iconiche gocce di frolla arricchite con pepite di cioccolato divengono brand autonomo nel 1998. Ed è da lì che si iniziano a contare i 25 anni di questo frollino che non si sbaglia a definirlo il più amato d’Italia visto che solo nell’ultimo anno ha fatturato 110 milioni di euro.

Prodotte negli stabilimenti del gruppo Barilla di Castiglione delle Stiviere, Melfi e Novara, le Gocciole negli anni hanno ampliato la propria gamma, declinate in più gusti e combinazioni. Ma accanto a queste varianti che negli anni hanno arricchito il brand, dal giugno 2022 sono diventate anche un gelato. Grazie alla partnership tra Algida e Barilla infatti si sono trasformate in un sandwich ripieno di gelato alla vaniglia con pezzetti di cioccolato, fedele nella forma all’iconica goccia del frollino. Le Gocciole, però, non si sono fatte spazio solo sulla tavola della colazione degli italiani ma anche nell’immaginario collettivo attraverso momorabili pubblicità televisive: è il 1998 quando una mamma alle prese con la famiglia assonnata riesce far partire la giornata con le gocce di frolla; 13 anni dopo è la “giungla” quotidiana la protagonista dello spot che resterà a lungo il tema delle Gocciole; arriverà poi il turno di una suocera “dirompente” fino al 2022 quando, in una giungla più moderna e “accessoriata”, compaiono i nuovi Tarzan e Jane, interpretati dagli attori Lillo e Chiara Francini.

Ora, in occasione di questo compleanno, questi biscotti Pavesi tornano a raccontarsi con la campagna “Svolta con Gocciole”: la grafica totalmente capovolta sul pack (in edizione limitata) racconta gli imprevisti e le imprese quotidiani, nella “giungla” della vita, ma anche la loro improvvisa soluzione in positivo.

Il trend “benessere” tenta Loacker ma i wafer restano il focus

Il trend “benessere” tenta Loacker ma i wafer restano il focus


Il trend “benessere” tenta Loacker ma i wafer restano il focus – askanews.it



Il trend “benessere” tenta Loacker ma i wafer restano il focus – askanews.it



















Milano, 22 mar. (askanews) – Accanto ai wafer e agli altri prodotti da pasticceria, punto di forza dell’azienda, Loacker è entrata in punta di piedi anche nel mercato dei prodotti benessere. Non una vera e propria linea salutista ma una gamma di dolci che strizza l’occhio a chi è attento a un’alimentazione equilibrata. “Vogliamo ampliare gli attributi del nostro brand e creare prodotti per uno stile di vita più attento e consapevole” ha detto Roberto De Lucca, head of marketing Italy di Loacker raccontando delle novità della linea “bontà e benessere”, Loacker multicereali e -30% di zuccheri, lanciate per prime sul mercato italiano già a settembre 2022. “Non siamo un marchio salutistico – ha sottolineato – ma vogliamo contribuire al benessere dei nostri consumatori”.

L’occasione è stata l’annuncio del premio premio “prodotto dell’anno 2023” ricevuto dall’azienda di Auna di Sotto nella categoria wafer e biscotti per due nuove linee prodotto, la peanut butter e i biscuits, entrambe focalizzate sul segmento indulgence, nel primo caso scommettendo su burro d’arachidi che è in forte crescita e nel secondo puntando a conquistare una fetta di mercato, quello dei biscotti, che in Italia negli ultimi anni si è contraddistinto per una crescente concorrenza. “Con la pandemia il mercato indulgence è cresciuto molto – ha spiegato De Lucca – sul mercato dei biscotti, dove ci sono vari player, noi abbiamo una quota molto piccola. Ci inseriamo nel segmento premium e ci rivolgiamo alle famiglie con un reddito medio-alto, nuclei numerosi nell’area del Nord Italia”. Il 2022 per questa azienda, da tre generazioni guidata sempre dalla stessa famiglia, ha visto il fatturato globale crescere a 418 milioni, (+12% rispetto al 2021) grazie a mercati come il Medio Oriente, prima tra tutti l’Arabia Saudita, e gli Stati Uniti. L’Italia resta il primo mercato nonostante una leggera contrazione a volume del fatturato per via della riduzione del potere di acquisto delle famiglie e del parallelo sviluppo del canale discount e della marca del distributore. “Il nostro focus – ha ribadito il responsabile del marketing – è far crescere i nostri prodotti eroi, come wafer e tortine ma non puntiamo solo ad aumentare il fatturato ma anche a far crescere gli attributi della nostra marca”. Attributi che includono l’impegno per la sostenibilità ambientale e sociale, oltre che economica, a partire dall’approvvigionamento delle materie prime, nocciole, cacao, latte e vaniglia Bourbon del Madagascar, ma anche la neutralità climatica e i packaging green.

L’apertura al segmento benessere verrà raccontata attraverso una campagna di comunicazione ispirata al claim “La tua scelta buona”, (già lanciata a febbraio per altre linee di prodotto) che partirà a settembre e che per la prima volta è ambientata in un contesto urbano e non più tra le caratteristiche montagne del brand. Con le architetture di New York sullo sfondo, la campagna riprende i concetti di sano (“qualsiasi cosa significhi per te”) ma anche di impegno, rispetto e inclusione, senza dimenticare le montagne “che appaiono comunque all’inizio dello spot, e insieme al rosso sono i nostri simboli nel mondo”.

Gruppo Gambero Rosso: ricavi 2022 a 17,33 mln (+36%), utile a 1,6 mln

Gruppo Gambero Rosso: ricavi 2022 a 17,33 mln (+36%), utile a 1,6 mln


Gruppo Gambero Rosso: ricavi 2022 a 17,33 mln (+36%), utile a 1,6 mln – askanews.it



Gruppo Gambero Rosso: ricavi 2022 a 17,33 mln (+36%), utile a 1,6 mln – askanews.it



















Milano, 21 mar. (askanews) – Il gruppo Gambero Rosso ha chiuso il 2022 con ricavi netti di vendita a 17,33 milioni di euro con un incremento di 4,56 milioni rispetto al 2021 (+36%) e un Ebitda di 5,29 milioni di euro, in miglioramento di 1,66 milioni rispetto al 2021 (+46%). Questi dati risultano al di sopra dei livelli raggiunti nel 2019, rispettivamente del +10% (ricavi netti) e del +10% (Ebitda). L’utile di gruppo è stato pari a circa 1,6 milioni di euro dai 6 mila del 2021. E’ quanto riporta in una nota il gruppo che opera nel settore del wine, travel, food italiani.

La crescita dei ricavi è stata trainata principalmente dal settore della promozione internazionale e organizzazione di eventi in cui i ricavi sono cresciuti del 135%, grazie alla ripresa delle manifestazioni in presenza; dal settore delle partnership dove i ricavi sono cresciuti del 30%; dal settore Tvv& Digital che ha visto una crescita dei ricavi del 3%. Il settore dei contenuti e della formazione invece ha chiuso sostanzialmente in linea con l’esercizio precedente. L’Ebit consolidato ammonta a 2,649 milioni di euro (751 mila euro nel 2021) e recepisce l’effetto degli ammortamenti degli investimenti sostenuti nel periodo. La capogruppo ha chiuso l’esercizio con un risultato netto pari a 1,158 millioni euro rispetto ad una perdita del 2021 di 381 mila euro.

Per il 2023, nonostante il contesto di mercato ancora sfidante, grazie ai risultati positivi raggiunti nel 2022, il gruppo si attende un prosieguo del trend positivo trainato principalmente dalle attività internazionali e dal continuo sviluppo delle iniziative commerciali.

Prandini: iniziare a usare Nutrinform, altrimenti non siamo credibili

Prandini: iniziare a usare Nutrinform, altrimenti non siamo credibili


Prandini: iniziare a usare Nutrinform, altrimenti non siamo credibili – askanews.it



Prandini: iniziare a usare Nutrinform, altrimenti non siamo credibili – askanews.it



















Roma, 21 mar. (askanews) – “Noi siamo fortemente contrari al Nutriscore e abbiamo proposto il Nutrinform Battery. Ma c’è un piccolo vulnus in tutto questo: mentre in altri Paesi, che ci piaccia o no, il nutriscore lo stanno utilizzando, noi in Italia del Nutrinform ne abbiamo parlato, l’abbiamo presentato ma non lo utilizziamo. Penso che la sfida anche da parte dell’industria agroalimentare, se vogliamo creare un sistema alternativo ed essere credibili, nel contesto europeo, sia proprio quello di iniziare ad applicarlo e creare una comunicazione-informazione per i cittadini-consumatori”. Lo ha detto ad askanews il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, a margine dell’evento a Roma promosso da Fondazione Istituto Danone in occasione della sua ultima pubblicazione dal titolo “Transizione proteica: varietà nelle scelte alimentari per la salute umana e del pianeta”, a proposito della normativa europea sulle etichette fronte pacco.

“Mi auguro che l’Italia non si accontenti del fatto che in questo momento la decisione sia stata accantonata. Noi dobbiamo continuare a lavorare per sensibilizzare gli altri Stati membri nel far capire che il sistema pensato oggi a livello europeo sia assolutamente fuorviante e ingannnevole nei confronti dei consumatori e dei cittadini stessi. Ciò che l’Italia ha pensato e studiato può essere invece una grande soluzione in termini di attenzione e anche di qualità di vita e di stili di vita, ovvero il Nutrinform Battery” ha detto, ragionando sul fatto che la decisione che doveva essere presa a fine 2022 dalla Commissione è stata rinviata probabilmente a fine anno. Un rinvio letto da molto come una elemento a favore dell’Italia, che nel frattempo avrebbe dovuto approfittare per far conoscere e affermare il più possibile l’etichetta del Nutrinform battery. “Dobbiamo realizzare una possibilità concreta sul fatto che questo sistema inizi a essere utilizzato almeno nel nostro Paese – ha ribadito Prandini – Diversamente rischiamo di essere poco credibili agli occhi degli altri Stati membri e delle istituzioni europee”. Allargando il ragionamento ai nostri rapporti con l’Europa, anche alla luce dei diversi dossier aperti a Bruxelles che riguardano il comparto agroalimentare, il numero uno di Coldiretti ha detto: “Noi possiamo limitarci a criticare l’Europa e le sue istituzioni. Ma penso che per ciò che l’Italia rappresenta in termini di importanza e come Stato membro a livello europeo, va cambiato l’approccio, uscendo da una demonizzazione che è stata fatta nei confronti delle Pubbliche amministrazioni: Se noi non investiamo in classe dirigenti, noi conteremo sempre meno, anche nel contesto europeo”.