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In Toscana bando da 5 mln per allevatori contro predatori

In Toscana bando da 5 mln per allevatori contro predatoriRoma, 7 nov. (askanews) – Con un bando di prossima uscita, la Regione Toscana destinerà 5 milioni di euro agli allevatori che esercitano il pascolo su territorio regionale (con l’esclusione delle isole dell’Arcipelago) per sostenerli nell’attivazione di misure preventive contro gli attacchi dei grandi carnivori come i lupi e limitare così sia il numero delle aggressioni che i danni al bestiame. Il provvedimento è stato approvato nell’ultima seduta della Giunta regionale, con una delibera proposta della vicepresidente ed assessora regionale all’agricoltura Stefania Saccardi.


“La nostra volontà – ha spiegato il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani – è sostenere gli allevatori nell’attuazione di misure di difesa del bestiame, esposto a maggiori rischi a causa del ritorno di grandi predatori come il lupo”. “Abbiamo pensato – ha aggiunto l’assessora Saccardi – in questi difficili momenti per l’allevamento degli ovicaprini e dei bovini, di attivare una misura della nuova programmazione dei fondi europei, che consenta di dare un sostegno per le spese che ogni giorno devono sostenere per difendere i loro greggi dagli attacchi dei predatori; adesso potranno beneficiare di un ristoro per le spese ad esempio per i cani da guardiania o per i ricoveri notturni”.


Il nuovo bando da 5 milioni di euro rientra nell’attuazione del Piano Strategico PAC – Complemento di Sviluppo Rurale 2023-2027 della Regione Toscana, sarà emesso entro il mese di novembre e prevede un pagamento annuale per ettaro di superficie pascolata. Saranno beneficiari dell’intervento gli allevatori, singoli o associati, di ovini, caprini e bovini, che esercitano il pascolo sul territorio regionale, con l’esclusione dei territori delle isole dell’Arcipelago Toscano, e che sono in possesso di un codice allevamento attivo in BDN o di un proprio fascicolo aziendale di superfici oggetto di pascolo.

Ismea, Sergio Marchi è il nuovo direttore generale

Ismea, Sergio Marchi è il nuovo direttore generaleRoma, 7 nov. (askanews) – Si è insediato in queste ore Sergio Marchi, nuovo direttore generale di Ismea, che ieri ha partecipato a Bologna alla presentazione del Fondo Innovazione 2024, misura gestita da Ismea, per il sostegno agli investimenti in macchine e sistemi innovativi nei settori dell’agricoltura e della pesca, che sarà operativa dal prossimo 15 novembre per l’acquisizione e il caricamento delle domande.


Sergio Marchi, avvocato dal 1997, ha affiancato negli anni la professione forense all’impegno nelle istituzioni. Esperto in diritto civile e amministrativo, si è occupato di legislazione ambientale in campo nazionale ed europeo, è stato vice presidente della commissione urbanistica e assessore alla mobilità di Roma Capitale, e vice direttore generale di ARPA Lazio dal 2014 al 2019. Negli ultimi anni, nel ruolo di capo segreteria tecnica presso il Masaf, ha seguito la definizione del DL Agricoltura, gli esiti del nuovo regolamento europeo sulla tutela dei prodotti IG e ha collaborato alla definizione dei bandi dei contratti di filiera, in sinergia con i dipartimenti ministeriali e la struttura di missione per l’attuazione del PNRR. “L’insediamento del neo direttore generale è sicuramente un’occasione per rimarcare il massimo sostegno dell’Istituto verso le esigenze del settore agricolo ed agroalimentare italiano – commenta in una nota il presidente Ismea, Livio Proietti – Rivolgo il mio ringraziamento a Maria Chiara Zaganelli non solo per la dedizione straordinaria che ha caratterizzato il suo percorso in Ismea ma anche per aver costruito una comunità coesa, focalizzata su obiettivi e risultati. Proseguiremo su questa strada mettendo al centro del sistema i giovani, le donne, gli imprenditori agricoli, coloro che si occupano di agricoltura guardando al futuro, alla formazione e all’innovazione e che possono trovare in un partner per agevolare la crescita dei propri progetti con investimenti finanziari mirati”.


“Mi aspetta un compito importante e lo svolgerò con passione e determinazione – afferma il neo direttore Sergio Marchi – Grazie alla visione a tutto tondo che l’Istituto detiene attraverso i suoi servizi, analisi e report, sono certo che il rafforzamento del ruolo e delle competenze dell’Istituto, insieme alla disponibilità di risorse e l’attivazione di strumenti finanziari costituiranno un punto di forza e un’opportunità determinante per l’agricoltura e l’economia del nostro Paese”.

Il 18 novembre convegno conclusivo progetto I-Beef2

Il 18 novembre convegno conclusivo progetto I-Beef2Roma, 7 nov. (askanews) – Lunedì 18 novembre al Palazzo della Regione a Torino si svolgerà il convegno durante il quale verranno illustrati i risultati del progetto I-Beef2: biodiversità, sostenibilità efficienza e benessere nell’allevamento di bovini italiani da carne a cui hanno partecipato Anabic (associazione nazionale allevatori bovini italiani carne) in qualità di capofila, Anaborapi (associazione nazionale allevatori bovini razza Piemontese) e Anacli (associazione nazionale allevatori razze bovine Charolaise e Limousine italiane).


Il progetto ha avuto una durata triennale (2020-2023), era inserito nell’ambito del Programma di sviluppo rurale (Psrn), finanziato dal Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Nazionale e delle Foreste ed era in continuità con quello del triennio precedente, l’I-Beef, relativamente ai temi legati alla tutela della biodiversità, all’implementazione del benessere animale e alla riduzione delle emissioni. Gli allevamenti delle razze autoctone di bovini da carne si caratterizzano nel nostro Paese per le loro dimensioni medio-piccole e sono distribuiti un po’ sull’intero territorio nazionale, ma in special modo nelle zone svantaggiate. Questo non solo prevede un importante ricorso al pascolo, ma è testimonianza di una tradizione che nel tempo ha consolidato il suo valore sociale e ambientale.


Al 31 dicembre 2023 le aziende impegnate nell’allevamento di bovini di razza Chianina, Romagnola, Marchigiana, Maremmana, Podolica, Piemontese, Limousine e Charolaise ed iscritte ai Libri Genealogici di queste razze, erano 11.726, con un numero complessivo di capi pari a 537.877 unità e una media di 45,8 animali/azienda. Allargando lo sguardo alla totalità dei bovini da carne allevati nel nostro Paese, i dati elaborati da Ismea evidenziano che dai 2.463.172 capi del 2021, si è passati, due anni dopo, a 2.362.757 registrando una contrazione di -4,1%. In calo purtroppo anche l’autoapprovvigionamento, passato dal 48,8% del 2021 al 40,3% del 2023, mentre un modestissimo aumento, dal 2021 al 2023, ha riguardato i consumi pro capite di carne bovina: +0,1%.

Da oggi rimosso blocco per spandimento liquami in Piemonte

Da oggi rimosso blocco per spandimento liquami in PiemonteRoma, 7 nov. (askanews) – Rimosso il blocco per cause climatiche che ha impedito dallo scorso primo novembre lo spandimento dei liquami nelle aree del territorio piemontese classificate Zvn (Zona vulnerabile ai nitrati). Il Bollettino dei nitrati n. 3, pubblicato ieri dalla Regione Piemonte, rileva infatti condizioni di suolo e umidità del terreno favorevoli allo spandimento, e consente pertanto di riprendere da oggi la distribuzione di liquame, digestato non palabile, assimilati al liquame e acque reflue su terreni dotati di copertura vegetale quali prati, pascoli, cereali vernini, erbai autunno-invernali, colture arboree inerbite, cover-crops, oppure su terreni con residui colturali e in preparazione di una semina primaverile anticipata.


Soddisfazione dall’assessore al Commercio, Agricoltura e Cibo, Caccia e Pesca, Parchi della Regione Piemonte Paolo Bongioanni, che nei giorni scorsi aveva raccolto l’allarme delle associazioni di categoria agricole: “il miglioramento delle condizioni meteo degli ultimi giorni, rispetto alle precipitazioni oltre la media del mese di ottobre, consente alle aziende zootecniche piemontesi di completare le operazioni di spandimento degli effluenti e di procedere in condizioni favorevoli a quelle di semina. Per i nostri agricoltori e per l’annata agraria 2024-25 è un grande sollievo. In prospettiva occorrerà avviare un percorso di riflessione sul possibile aggiornamento e adeguamento degli strumenti normativi che regolano la materia”, conclude Bongioanni.

Unionbirrai: bene indicazioni Comagri CAmera su revisione accise

Unionbirrai: bene indicazioni Comagri CAmera su revisione acciseRoma, 7 nov. (askanews) – Intervenire in modo organico e non temporaneo sulla disciplina agevolativa delle accise dovute dai produttori di birra riducendo stabilmente dal 1° gennaio 2025 le accise sulla birra prodotta in Italia a 2,97 centesimi grado plato e prevedendo una riduzione del 50% dell’aliquota di accisa, in luogo dell’attuale 40%, per i birrifici con produzione annua non superiore a 10mila ettolitri, del 30% per i birrifici da 10mila a 30mila ettolitri e del 20% per chi produce dai 30mila ai 60mila ettolitri. È questa l’indicazione fornita dalla Commissione Agricoltura della Camera nel parere approvato in merito alla Legge di Bilancio 2025, in discussione a Montecitorio. Una posizione che riscontra l’approvazione di Unionbirrai, l’associazione di categoria dei piccoli birrifici artigianali indipendenti.


“Riteniamo davvero lodevole l’attenzione dedicata al comparto brassicolo – commenta Vittorio Ferraris, direttore generale Unionbirrai – Il parere della Comagri Camera ribadisce una proposta che il settore porta avanti da tempo e che, ci auguriamo, possa divenire realtà dopo diversi tentativi in differenti provvedimenti. Siamo consci della congiuntura economica e degli sforzi che il Paese intero deve compiere per riassettare i bilanci pubblici ma questi interventi, con un dispendio economico limitato, possono – prosegue Ferraris – concretamente sostenere le piccole produzioni nazionali emergenti, proseguendo in un percorso iniziato negli anni scorsi”. Si tratta, infatti, di misure già attuate nel biennio ’22-’23 che rappresenterebbero un volano per il comparto avendo un impatto relativo notevole per ogni produttore. “L’auspicio – conclude – rimane quello di una disamina completa per revisionare le norme che regolano il comparto brassicolo nazionale in maniera organica, proprio come il Ministero dell’Agricoltura aveva iniziato a fare e che ci troverà sempre pronti al loro fianco”.

Coldiretti: i cavalli sono risorsa per turismo e agricoltura

Coldiretti: i cavalli sono risorsa per turismo e agricolturaRoma, 7 nov. (askanews) – Dalla pet therapy ai cammini, la presenza dei cavalli nelle ventisettemila aziende agricole italiane con allevamenti equini rappresenta oggi una risorsa importante tanto dal punto di vista turistico quanto sociale, garantendo esperienze e servizi sempre più innovativi. E’ l’analisi della Coldiretti diffusa in occasione dell’inaugurazione di Fieracavalli a Verona, dove è stata allestita un grande fattoria didattica dedicata ai bambini, con la presenza del presidente nazionale Ettore Prandini. Le Donne di Coldiretti propongono una serie di attività legate ai più piccoli, mentre i cuochi contadini sono attivi nella preparazione di specialità a km zero.


La nuova frontiera dell’ippoturismo sono i cammini di Campagna Amica, che proprio con ippovie, sentieri e vie di pellegrinaggio formano una fittissima rete di percorsi alla scoperta degli angoli più segreti del Belpaese, visitando cantine, frantoi, fattorie e birrifici agricoli. Fondazione Campagna Amica ha sottoscritto un protocollo d’intesa con Fitrec Ant, la Federazione Italiana Turismo Equestre e Trec – Ante per la promozione di esperienze in tale direzione. Gli agriturismi che propongono attività di equitazione sono quasi 1400 su tutto il territorio nazionale, con Sicilia, Lombardia e Toscana in testa alla classifica delle regioni con il maggio numero di strutture, secondo l’analisi di Coldiretti su dati Istat.


Ma il cavallo è protagonista anche delle esperienze di agricoltura sociale grazie alle iniziative di cura e assistenza terapeutica come l’ippoterapia, con il coinvolgimento di ragazzi e adulti con problemi di disabilità. Un esempio di come oggi le campagne possano offrire un nuovo modello di welfare che, soprattutto nelle zone interne, aiuta a compensare la carenza di servizi alla persona. Di vitale importanza in tale ottica sarebbe considerare – sottolinea Coldiretti – i cavalli allevati nelle aziende agricole così come quelli usati nelle fattorie sociali e negli agriturismi come “animali da reddito”, al pari, ad esempio, delle mucche, invece che come beni di lusso, secondo la norma oggi vigente. Il loro impiego nella pet therapy come nell’ippoturismo non può, infatti, essere considerato come una “roba da ricchi” ma come un sostegno all’attività agricola.


Con 32 razze tutte italiane, il Belpaese – conclude la Coldiretti – vanta la maggiore biodiversità equina d’Europa con il patrimonio equino concentrato in particolare in Lombardia, Lazio, Sicilia, Toscana, Piemonte, Emilia Romagna e Puglia.

Dieci anni di Kfc in Italia: 102 locali che punta a raddoppiare in 3 anni

Dieci anni di Kfc in Italia: 102 locali che punta a raddoppiare in 3 anniMilano, 7 nov. (askanews) – Kentucky fried chicken festeggia dieci anni di attività in Italia con 102 ristoranti aperti in 16 regioni. Arrivata in Italia nel 2014, la catena Usa del pollo fritto conferma 33 nuove aperture entro la fine del 2024. Un 2024 che si attende in crescita con un giro d’affari di 179 milioni di euro superiore del 26% rispetto a quello del 2023, con 27 milioni di clienti serviti contro i 19,5 del 2023 e 600 nuovi posti di lavoro creati, per un totale di circa 2.300 persone che lavorano nel sistema Kfc in Italia. Dietro questi risultati c’è una rete di 23 franchisee, oggi parte del sistema che ha avuto un’accelerazione col nuovo modello di business che dal 2023 ha introdotto un corporate franchisee per la gestione diretta di una parte dei ristoranti.


Il brand del pollo fritto si prepara ad affrontare i prossimi dieci anni con l’obiettivo di assumere una posizione sempre più rilevante a livello internazionale; e l’Italia sembra avere un ruolo importante in questa strategia. A conferma dell’attenzione per il nostro Paese, dopo aver festeggiato l’apertura del ristorante numero 30mila, a livello mondiale, con il ristorante di Roma “The WOW side shopping centre”, Kfc ora si prepara a lanciare sempre nel nostro Paese anche il primo flagship restaurant Kfc in Europa che aprirà nel 2025 nel centro di Roma. I piani di Kfc in Italia prevedono ora il raddoppio del numero di ristoranti entro nei prossimi tre anni coprendo nello stesso periodo tutte le regioni italiane. “Nei prossimi anni puntiamo a mantenere un ritmo costante di almeno 30 nuove aperture all’anno con un investimento complessivo pari a circa 100 milioni di euro nei prossimi 3 anni – conferma Thomas Mari, head of Development di Kfc in Italia – Il sistema di franchising si rafforzerà ulteriormente con l’ingresso di nuovi imprenditori, che si aggiungeranno ai 23 attuali, mentre in parallelo cresceranno le aperture dei ristoranti a gestione diretta. L’obiettivo è quello di coprire tutti i canali di distribuzione: dai centri commerciali ai city center, dalle traffic road al canale travel. Con particolare attenzione al format del drive che rappresenterà uno degli asset principali di sviluppo futuro”.


Centri storici e urbani saranno il focus dello sviluppo di Kfc in Italia nei prossimi 3-5 anni: il 50% dei nuovi ristoranti sarà collocato in tali contesti, mentre il format del drive rappresenterà il 30% delle nuove aperture. Kfc continuerà inoltre a investire nei centri commerciali, da sempre pilastro della sua strategia, selezionando quelli in grado di creare vere occasioni di esperienza per i visitatori e offrire un ampio range di offerta, con food court attrattive e capaci di attivare flussi rilevante di persone, adeguati ai volumi dei ristoranti Kfc. L’obiettivo a medio-lungo termine è quello di arrivare da qui a cinque anni a triplicare il numero di ristoranti e creare nuovi posti di lavoro, confermando il ruolo primario del retail, e del food retail in particolare, nell’incrementare in tasso di occupazione in Italia. “Il percorso svolto in questi dieci anni è stato un successo di cui siamo molto orgogliosi – commenta Corrado Cagnola, amministratore delegato di Kfc in Italia – Siamo partiti come una vera start up, con 5 ristoranti aperti fra il 2014 e il 2015, e abbiamo raddoppiato già nel 2016. Oggi siamo a 102 locali in 16 regioni: una presenza sul territorio, dall’Alto Adige alla Sicilia, che ci ha consentito di contribuire allo sviluppo di nuove realtà imprenditoriali e di creare più di 2300 posti di lavoro. E per noi occupazione non significa solo opportunità di impiego ma anche e soprattutto di crescita: sono molti i casi di persone che nei nostri ristoranti hanno iniziato come team member e rivestono oggi ruoli di direzione, coordinamento e responsabilità. Con il contributo di tutti i nostri collaboratori, partner e fornitori e grazie a una conoscenza profonda del mercato italiano da parte del nostro management, oggi Kfc è un brand nazionale e un player di primo piano del food retail nel nostro Paese”.


(nella foto: Corrado Cagnola, amministratore delegato di KFC in Italia)

Cia ad Eima: subito decreti attuativi su agricoltori under 40

Cia ad Eima: subito decreti attuativi su agricoltori under 40Roma, 7 nov. (askanews) – Tra tre mesi la tanto attesa legge sull’imprenditoria agricola giovanile compirà un anno dalla sua approvazione in Parlamento, ma non c’è ancora traccia dei decreti attuativi per utilizzare le già scarse risorse messe a disposizione. Cia-Agricoltori Italiani e Agia, la sua Associazione dei giovani imprenditori attivano di nuovo il countdown per le istituzioni e da Eima, in corso a Bologna Fiere, rilanciano l’impegno, in prima linea, per traghettare la norma oltre gli ostacoli della burocrazia.


Per questo, continua il dialogo diretto con il presidente della XIII Commissione Agricoltura della Camera dei deputati e primo firmatario della legge, Mirco Carloni, intervenuto oggi in fiera, alla Sala Quadriportico, per l’incontro promosso da Agia-Cia proprio sul futuro del comparto e sul ruolo del ricambio generazionale nei campi, dando seguito al lavoro congiunto già portato avanti per la stesura della legge. “Al momento, però, abbiamo un’attuazione con le quattro frecce -hanno commentato il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini, e di Agia-Cia, Enrico Calentini – Così, nonostante la soddisfazione per il percorso intrapreso insieme e che ha recepito diverse delle nostre proposte, siamo ancora ai nastri di partenza. I decreti dedicati agli sgravi fiscali, come per le spese notarili e la formazione, sono prioritari”.


Il nodo risorse, poi, il più dibattuto dopo l’iniziale annuncio dei 200 milioni euro in arrivo con la legge Carloni, di cui 156 milioni dal 2024 al 2029. “Il primo anno, per il quale era stato previsto uno stanziamento di 15 milioni di euro per il primo insediamento, è già sfumato -aggiungono Fini e Calentini- e non abbiamo evidenza degli importi effettivi, come dell’uso che se ne vorrà fare nel breve e medio termine. Abbiamo condiviso subito l’approccio della legge 36, soprattutto nella volontà di dare ai giovani strumenti d’investimento importanti per l’accesso al credito e, quindi, per lo sviluppo vero della loro imprenditorialità. Adesso, dobbiamo fare quadrato affinché la riforma strutturale introdotta, si dimostri davvero smart nella sua applicazione, altrimenti diventerà puro esercizio anacronistico”. Infine, l’Onilga, l’Osservatorio nazionale per l’imprenditoria e il lavoro giovanile in agricoltura, istituito lo scorso luglio, ma mai convocato, quando per Agia-Cia rappresenta un contesto indispensabile al disegno di nuove politiche coerenti con i tempi e con i risultati finora raggiunti, anche in linea con gli obiettivi Ue e la risoluzione Carvalhais sul ricambio generazionale nel comparto”.

Acqua, Confagricoltura e Utilitalia fanno il punto a Ecomondo

Acqua, Confagricoltura e Utilitalia fanno il punto a EcomondoRoma, 7 nov. (askanews) – Rispondere ai cambiamenti climatici, garantire la sicurezza dei territori, formare e informare; e ancora diffondere principi e pratiche di circolarità e promuovere ricerca e digitalizzazione. Sono queste le proposte comuni al centro del Protocollo d’intesa tra Confagricoltura, la più antica Organizzazione di tutela e di rappresentanza delle imprese agricole, e Utilitalia, la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche.


Oggi, alla Fiera Ecomondo di Rimini, è stato fatto il punto sullo stato di avanzamento dei lavori a un anno di distanza dalla firma del Protocollo, che punta a ripensare la gestione della risorsa idrica in un’ottica di maggiore efficienza e sostenibilità. Per rispondere alle sfide poste dai cambiamenti climatici, Confagricoltura e Utilitalia ribadiscono che servono nuove infrastrutture e un piano straordinario di manutenzione di quelle esistenti. Sul primo fronte bisogna aumentare la percentuale dell’11% di acqua piovana che attualmente viene trattenuta in bacini con funzioni di riserva idrica ed è necessario realizzare bacini medio-grandi ad uso plurimo, pur mantenendo la possibilità, in relazione a specifiche condizioni territoriali, di favorire anche la creazione di piccoli bacini a servizio di una rete di imprese agricole.


Sul fronte del piano di manutenzione, l’attenzione va posta ai grandi invasi, che hanno un’età media di 62 anni: delle 350 grandi dighe esistenti, solo la metà è in pieno esercizio e problemi strutturali come l’interramento riducono del 30% la capacità di accumulo. Elevare gli investimenti nel servizio idrico, superando le gestioni comunali in economia, inoltre, contribuirebbe a destinare risorse crescenti per ridurre le perdite di rete: occorre passare dagli attuali 4 miliardi di euro di investimenti annui, a 6 miliardi di euro, il 25% dei quali andrebbe destinato al potenziamento della rete idrica. Confagricoltura e Utilitalia ritengono inoltre che l’utilizzo delle acque reflue depurate per fini irrigui sia una priorità, in linea con le buone pratiche dell’economia circolare. Attualmente, secondo i dati ISPRA, in Italia sono operativi 79 impianti per la produzione di acque di riuso, ma solo 16 sono dotati di una rete per la distribuzione e l’utilizzo dell’acqua affinata per l’irrigazione dei campi. Questi numeri sono ancora troppo ridotti: nel nostro Paese ci sono 7.781 impianti di depurazione dotati di sistema di trattamento avanzato, che potrebbero essere potenziati per la produzione di acqua per il riuso. Se tali progetti dovessero essere realizzati, la percentuale di acque reflue utilizzate in agricoltura potrebbe aumentare significativamente. Il riutilizzo rappresenta una misura con un potenziale enorme: circa 6,7 miliardi di metri cubi all’anno di acque depurate utilizzabili direttamente.


Rispetto al riutilizzo dei fanghi, in un’ottica di economia circolare, è necessario riportare nel terreno sostanze nutritive e carbonio organico, spesso carenti. La sfida è passare dalla cultura dello scarto a quella della prevenzione, del riciclo e della valorizzazione economica. L’agricoltura, che è il perno delle nuove strategie europee sulla bioeconomia, può contribuire significativamente al riutilizzo dei fanghi di depurazione come biofertilizzanti. Tuttavia, è essenziale sviluppare certificazioni di qualità degli stessi che garantiscano sicurezza per l’agricoltore e consumatore. In questo primo anno di collaborazione, partendo dalla consapevolezza dell’impatto crescente dei cambiamenti climatici sulla disponibilità idrica che rende necessario ripensare la gestione della risorsa in un’ottica di maggiore efficienza e sostenibilità, Confagricoltura e Utilitalia hanno promosso una serie di iniziative congiunte. Sono stati organizzati momenti di confronto con stakeholder nazionali e internazionali, attività di formazione per tecnici e aziende e sono state messe in campo proposte comuni per infrastrutture idriche più efficienti, con l’obiettivo di favorire un’agricoltura e un servizio idrico integrato sempre più circolari e resilienti, contribuendo alla gestione sostenibile e oculata della risorsa acqua.

Lollobrigida: Capannelle va salvaguardato, Comune faccia sua parte

Lollobrigida: Capannelle va salvaguardato, Comune faccia sua parteRoma, 7 nov. (askanews) – “Su Capannelle attendiamo che il Comune svolga il proprio dovere. L’ippodromo è interamente patrimonio comunale, e spetta al Comune individuare un soggetto a cui affidarne la gestione”. Lo ha detto il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida a Fieracavalli in corso oggi a Verona.


Capennelle, ha aggiunto il ministro, “è un ippodromo centrale e strategico, e siamo molto preoccupati per i lavoratori e per coloro che vi operano. Tuttavia, il Comune deve assumersi le sue responsabilità: ad oggi non abbiamo la certificazione di un affidamento che ci metta in condizione di essere sereni sullo svolgimento delle attività ippiche all’interno di questo ippodromo. Si tratta di una questione grave, e ovviamente siamo disponibili a collaborare, ma ciascuno deve rispettare le proprie competenze. Il Comune ha le sue responsabilità, su cui non possiamo né vogliamo intervenire”. “Ho scritto più volte al sindaco Gualtieri – prosegue Lollobrigida – senza ottenere risposta, pur segnalando l’urgenza della questione. Mi auguro che il sindaco intervenga e regolarizzi la situazione di uno degli ippodromi più importanti d’Europa, permettendoci di rafforzare e valorizzare l’attività ippica. Guardando al settore nelle capitali europee, come Parigi, è evidente il suo ruolo strategico. Il Comune faccia la sua parte, e noi continueremo a fare la nostra. Chiunque operi nell’ippica sa che il Ministero, in questi due anni, ha fatto più di quanto sia stato fatto negli ultimi quindici”, ha concluso il ministro.