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Ue, nuova Commissione: l’impossibile maggioranza verso la fiducia

Ue, nuova Commissione: l’impossibile maggioranza verso la fiduciaStrasburgo, 26 nov. (askanews) – Una maggioranza politica impossibile, più ampia, anche se potrebbe essere numericamente inferiore, a quella di luglio che ha rieletto Ursula von der Leyen per il suo secondo mandato: è quella che si sta profilando per il voto di fiducia alla nuova Commissione europea che si terrà domani a Strasburgo nella plenaria del Parlamento europeo.   Uno scenario che è stato salutato con favore, oggi a Strasburgo, dal capogruppo del Ppe, Manfred Weber, il vero regista della manovra che ha reso possibile questo risultato paradossale, che però solo lui rivendica: un maggioranza inedita al Parlamento europeo per il voto di fiducia, con un sostegno  che va dai Verdi alle componenti più moderate dei Conservatori dell’Ecr (il gruppo di Giorgia Meloni e di Fdi) passando per il Popolari, i Socialisti e Democratici (S&D) e i Liberali di Renew. Un maggioranza che però, a parte il Ppe, nessuno degli altri gruppi riconosce come tale, vedendola semmai come un’eccezione rarissima, quasi un accidente della storia, e certo non come un’esperienza da ripetere sistematicamente, come invece sembra volere il Ppe.


I Verdi, Renew e S&D non non hanno intenzione di stare nella stessa barca dei Conservatori; e anzi, se la maggior parte dei loro eurodeputati alla fine voterà per la Commissione von der Leyen II, il boccone più amaro che hanno dovuto ingoiare è stata la vicepresidenza esecutiva affidata al conservatore Raffaele Fitto; una vicepresidenza vista, appunto, come un riconoscimento formale dell’ingresso dell’Ecr nella maggioranza. L’Ecr, a sua volta, non vuole avere nulla a che fare con i Verdi e con i Socialisti, di cui si considera un antagonista politico. Ma i Conservatori (che per il centro sinistra dovrebbero essere ostracizzati dai lavori parlamentari con il ‘cordone sanitario’,  così come lo sono gli altri due gruppi di estrema destra, i Sovranisti dell’Ens e i ‘Patrioti’), hanno risposto alle lusinghe del Ppe, accettando di votare a favore di tutti i commissari designati (salvo la belga Hadja Lahbib, su cui si sono spaccati) durante le audizioni di conferma, e sono entrati di fatto, in questo modo, nella maggioranza.


D’altra parte, siccome non riconosce il ‘cordone sanitario’ e non lo applica ai Sovranisti e ai ‘Patrioti’, l’Ecr è in posizione ideale per fare da ponte tra il Ppe e le due formazioni di estrema destra, con cui formalmente i Popolari non negoziano. Il ruolo dei Conservatori, così, diventa essenziale per far prevalere la maggioranza di centro-ultradestra, nei casi in cui il Ppe lo deciderà opportuno, per mettere in scacco il centro sinistra e i Verdi. Ad esempio nelle importanti decisioni legislative da prendere nei prossimi due anni, sull’immigrazione e l’asilo (con la nuova lista dei paesi terzi ‘sicuri’ e l’esternalizzazione della gestione dei richiedenti asilo e dei migranti irregolari da rimpatriare) e su una possibile marcia indietro nel Green Deal (a partire dalle norme sulle auto a zero emissioni e dal meccanismo Cbam dei dazi climatici alle frontiere).     Una maggioranza impossibile, si diceva, per la fiducia alla nuova Commissione von der Leyen, che probabilmente si ripeterà solo nelle risoluzioni non vincolanti del Parlamento europeo in politica estera (sull’Ucraina). In tutti gli altri casi, le decisioni saranno prese o con la vecchia ‘maggioranza Ursula’, provvisoriamente rilanciata dalla ‘piattaforma di cooperazione firmata dal Ppe, S&D e Renew il 20 novembre (che è molto più vaga e parecchio lontana da un vero e proprio ‘contratto di coalizione’), in molti casi con il sostegno dei Verdi; oppure dalla nuova ‘maggioranza Venezuela’, formata dalla collaborazione organica del Ppe con l’Ecr e l’appoggio ‘esterno’ dell’ultradestra. Una maggioranza alternativa che si è già espressa, inizialmente, nel voto della plenaria di settembre sul Venezuela, e poi altre volte, in particolare nel recente tentativo di annacquare il regolamento Ue contro la deforestazione.


Questo gioco pilotato dal Ppe delle due maggioranze (che nell’Italia della Dc Giulio Andreotti aveva chiamato ‘politica dei due forni’ ) avrà probabilmente un effetto deleterio sulla dinamica legislativa e sulla stabilità politica del Parlamento europeo, nonché sulla credibilità e affidabilità dei negoziatori (soprattutto quelli dei Popolari) nei lavori parlamentari. Ma garantirà al Ppe la certezza che saranno sempre le sue priorità politiche ad avere la meglio, e mai quelle di un’allenza che non le condivida. Un successo strategico che porta la firma di Manfred Weber, e che è stato assecondato, oltre che dall’Ecr, dalla stessa von der Leyen.   L’ultimo atto di questa strategia è stato compiuto proprio da von der Leyen ieri, quando ha scongiurato un possibile, compatto voto contrario dei Verdi alla fiducia per la nuova Commissione, riconoscendo finalmente e formalmente (dopo un assordante silenzio durato diverse settimane, e in tutto il processo delle audizioni) che il gruppo ecologista ‘fa parte della maggioranza europeista nel Parlamento europeo, come piattaforma con cui voglio continuare a lavorare, ad esempio su argomenti come il raggiungimento dei nostri obiettivi climatici, il ‘Clean Industrial Deal’, la riduzione della burocrazia’ e l’impegno nella situazione geopolitica globale. La cooperazione con il gruppo dei Verdi, ha rilevato ancora von der Leyen, ‘è stata costruttiva nell’attuale mandato e ha svolto un ruolo importante nel garantire una maggioranza europeista per la mia rielezione a presidente della Commissione a luglio’.


L’occasione per questo riconoscimento è arrivato ieri contestualmente all’attesa conferma della nomina (di cui si sapeva fin dall’estate) del belga Philippe Lambert, ex capogruppo dei Verdi negli ultimi 10 anni, a consulente della presidente della Commissione europea, incaricato di ‘aiutare a sostenere la transizione verso un’economia a impatto climatico zero’. Poche ore dopo, ieri sera a Strasburgo, l’assemblea del gruppo dei Verdi si è espressa a stretta maggioranza a sostegno del voto di fiducia per la nuova Commissione, mentre la minoranza voterà contro o si asterrà.       Weber ha dato la sua benedizione alla ‘larga maggioranza’ dai Verdi all’Ecr durante una conferenza stampa oggi a Strasburgo: ‘Voglio ringraziare tutti i colleghi del Centro – ha detto – per essere riusciti nell’ultima settimana metterci insieme e a far funzionare la piattaforma’ di cooperazione con S&D e Renew. ‘Abbiamo anche il supporto dei Verdi e di gran parte del gruppo   Ecr per una nuova maggioranza nel Parlamento europeo, per un consenso ampio; e io, come leader del Ppe, sono alquanto contento di questo. E voglio sottolineare – ha continuato Weber – che il gruppo Ecr è stato cruciale per consentire l’approvazione   dei candidati dei Liberali e dei Socialisti’ per la nuova Commissione europea ‘con la maggioranza dei due terzi richiesta nel processo di valutazione delle audizioni. Abbiamo visto che l’Ecr è stato responsabile e ha votato a favore dei candidati individuali’. ‘Il Ppe – ha aggiunto – ha lavorato per un’ampia maggioranza di centro nel Parlamento europeo, dai Verdi alla parte ragionevole delle forze conservatrici’ che comprendono gli italiani di Fdi (ma non i polacchi del Pis, ndr), e questo ora sta diventando una realtà. Per me è questa è una buona giornata, ne sono lieto. Perché abbiamo bisogno di stabilità in un senso ampio nel Parlamento europeo, altrimenti non potremo mantenere l’impegno di perseguire gli interessi dell’Europa, e c’è molto in gioco per i prossimi cinque anni’. ‘Riguardo ai Verdi, io sottoscrivo pienamente – ha affermato il capogruppo del Ppe – la definizione secondo cui sono parte della maggioranza europeista; è chiaro che i Verdi sono un partito totalmente pro-Europa, con un convinto programma europeista, così come il Ppe: non ci sono dubbi. Ma la Piattaforma rimane com’era, con i Socialisti e i Liberali, con le responsabilità speciali, che abbiamo concordato tra tutti e tre questi gruppi, per formare le necessarie maggioranze per domani’. E poi, ‘quando che la Commissione inizierà a lavorare sono convinto che tutto girerà attorno a questo centro’.   Alle elezioni europee, ha ricordato Weber, ‘180 milioni di elettori hanno votato per questo Parlamento e dato stabilità al centro; è vero, l’estrema destra è cresciuta, ma anche il Ppe è cresciuto e ora stiamo costituendo una solida maggioranza’. ‘Posso dire che la macchina decisionale del Parlamento europeo, con i relatori e i coordinatori, funzionerà, e sarà gestita dal centro: questo è chiaro’. E ‘il solido sostegno che c’è ora alla Commissione, dai Verdi all’Ecr, penso sia un messaggio positivo di stabilità’, ha concluso il capogruppo del Ppe. 

Il premier israeliano Netanyahu annuncia la tregua in Libano

Il premier israeliano Netanyahu annuncia la tregua in LibanoRoma, 26 nov. (askanews) – Il governo israeliano ha approvato la proposta di cessate il fuoco in Libano, la cui durata “dipende da che cosa succederà in Libano”, ha dichiarato il premier israeliano Benjamin Netanyahu, annunciando il via libera del suo governo alla tregua con Hezbollah.


Netanyahu ha confermato l’intesa con gli Stati Uniti secondo cui lo Stato ebraico “mantiene la piena libertà di riprendere le operazioni militari se Hezbollah attaccasse di nuovo”. “Se Hezbollah prova ad attaccarci, se si arma e ricostruisce infrastrutture vicino al confine, attaccheremo. Se lanciano missili, se scavano grandi tunnel, attaccheremo”, ha ribadito Netahyahu.


Secondo il premier vi sono tre principali motivi per ritenere questo il momento più adatto per un cessate il fuoco: innanzitutto, lo Stato ebraico potrà ora concentrarsi sulla “minaccia iraniana”; poi potrà “far riposare e riarmare le proprie truppe” e infine potrà isolare ulteriormente Hamas.

M.O., G7 rispetterà obblighi su Cpi: ma “molti dubbi giuridici”

M.O., G7 rispetterà obblighi su Cpi: ma “molti dubbi giuridici”Fiuggi, 26 nov. (askanews) – Due giorni di negoziato e un accordo al ribasso. Sui mandati d’arresto spiccati dalla Corte penale internazionale a carico di Benjamin Netanyahu e dell’ex ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, i paesi membri del G7 trovano un’intesa di massima, pur partendo da posizioni differenti. La materia è spinosa e vanno studiate le carte. Non tutto, al momento, sembra chiaro: ci sono “molti dubbi giuridici” e l’applicazione delle decisioni della Corte resta per ora “molto teorica”, ha spiegato il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Così, il testo adottato alla fine della ministeriale di Fiuggi, l’ultima sotto presidenza italiana, è la sintesi di una scelta, politica oltre che giuridica, che certifica un minimo denominatore comune e lascia a briglie sciolte gli Stati uniti, che non riconoscono l’autorità della Cpi e si sono smarcati da tempo. “Nell’esercizio del suo diritto alla difesa, Israele deve rispettare pienamente i suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale in tutte le circostanze, incluso il diritto internazionale umanitario. Ribadiamo il nostro impegno nei confronti del diritto internazionale umanitario e rispetteremo i nostri obblighi”, si legge nella dichiarazione conclusiva.


Il caso che vede coinvolto il primo ministro israeliano ha tenuto banco al vertice che Antonio Tajani ha fortemente voluto ad Anagni e Fiuggi, in chiusura dell’anno di presidenza italiana del G7. La discussione sui mandati del Cpi è stata descritta come approfondita e interessante fin da ieri, quando sono stati coinvolti anche i capi della diplomazia del Quintetto arabo (Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Qatar ed Egitto). Ma la posizione degli Usa non è cambiata, e non poteva essere altrimenti: Washington non ha firmato lo Statuto di Roma. I Paesi europei, seppure con posizioni e sfumature differenti, hanno dovuto adeguarsi. E anche in questo caso, secondo l’alto rappresentante Ue per la Politica Estera, Josep Borrell, non avrebbero potuto, e non potranno, esimersi. A forzare la mano, questa mattina, era stato proprio Borrell, che ha partecipato ai lavori. Tutti i Paesi membri dell’Unione europea hanno firmato lo Statuto di Roma, aveva detto. Dunque, questa “non è una cosa su cui si può scegliere”. “Chiedo agli Stati membri dell’Ue di rispettare gli obblighi previsti dalla legge internazionale. Se gli europei non sostengono la Cpi allora non ci sarà nessuna speranza per la giustizia”, ha poi rincarato. Solo in tarda mattinata, invece, in attesa di una breve dichiarazione alla stampa con il segretario di Stato Antony Blinken, Tajani ha chiarito la posizione italiana. Poche parole, ma nette. “Siamo amici di Israele, ma penso che dobbiamo rispettare il diritto internazionale”, ha detto.


Il ministro ha poi cercato di illustrare la posizione emersa anche durante la conferenza stampa finale. “Noi rispetteremo il diritto, ma bisogna vedere cosa dice il diritto. Bisogna capire se le alte cariche sono garantite o se sono al di fuori delle decisioni. Bisogna vedere bene e leggere le carte, capire i limiti, ci sono molti dubbi giuridici e la fattibilità mi pare molto teorica”, ha sottolineato, precisando che “Netanyahu non verrà mai in un paese dove può essere arrestato”. Secondo il titolare della Farnesina, dunque, l’eventuale fermo del capo del governo israeliano resta “molto velleitario e inattuabile”, “almeno fino a quando sarà primo ministro in carica”. Da parte sua, Netanyahu sembra essere più interessato a raggiungere i suoi obiettivi di guerra, a Gaza e in Libano. Questa sera il primo ministro è impegnato in una riunione del gabinetto di sicurezza israeliano per l’eventuale via libera all’accordo di cessate il fuoco con Hezbollah. Il governo dello Stato ebraico, secondo un funzionario a conoscenza del dossier, sarebbe arrivato alla conclusione “di non avere altra scelta se non quella di accettare un accordo di cessate il fuoco” in Libano “per il timore che l’amministrazione americana possa punire Israele con una risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu nelle sue ultime settimane” in carica.


I segnali positivi in vista dell’intesa sono stati ricevuti con soddisfazione dai ministri del G7. “Ora è il momento di concludere un accordo diplomatico e accogliamo con favore gli sforzi compiuti in tal senso”, hanno precisato nel comunicato finale della ministeriale, allarmati dal crescente numero di vittime civili e dalla distruzione di infrastrutture essenziali, tra cui ospedali e centri sanitari. Con Borrell che ha chiosato: “non ci sono scuse oggi per non attuare il cessate il fuoco, altrimenti il Libano crollerà”. L’accordo, in effetti, sembra ormai a un passo e potrebbe essere annunciato già tra qualche ora. Anche gli ultimi nodi al pettine si stanno sciogliendo. Uno riguarderebbe la presenza della Francia nel comitato di controllo dell’attuazione dell’intesa, guidato dagli Stati Uniti. Beirut preferirebbe che partecipassero anche Parigi e Roma, mentre Israele si è sempre opposto all’idea di un coinvolgimento francese. Netanyahu avrebbe però ricevuto rassicurazioni sul ruolo e i compiti di Parigi. Dunque, nelle cancellerie occidentali filtra ottimismo. “Siamo pronti come governo, a fare tutto ciò che è necessario per ritornare alla risoluzione 1701”, ha spiegato da parte sua, in un’intervista al Corriere della Sera, il ministro degli Esteri libanese Abdallah Bou Habib. “Abbiamo bisogno di un cessate il fuoco prima di inviare le nostre truppe”. Beirut ha già 4.500-5.000 soldati sul campo e intende inviarne altri 5.000 a Sud. L’obiettivo è poi lavorare con Unifil per essere certi che non ci siano più uomini di Hezbollah nella zona, secondo quanto prescrive la risoluzione 1701. Bou Habib punta al risultato pieno: nessuna presenza di armi “senza il consenso del governo libanese” e “nessuna autorità diversa da quella dell’esecutivo”.


di Corrado Accaputo

Cpi, G7 Esteri: seguiremo i nostri rispettivi obblighi

Cpi, G7 Esteri: seguiremo i nostri rispettivi obblighiFiuggi, 26 nov. (askanews) – “Nell’esercizio del suo diritto alla difesa, Israele deve rispettare pienamente i suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale in tutte le circostanze, incluso il diritto internazionale umanitario. Ribadiamo il nostro impegno nei confronti del diritto internazionale umanitario e rispetteremo i nostri rispettivi obblighi”. E’ quanto si legge nel comunicato finale del G7 Esteri di Fiuggi, in un passaggio che fa implicito riferimento alla posizione dei paesi membri sulla decisione della Corte penale internazionale di spiccare mandati d’arresto per il primo ministro Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant. “Sottolineiamo che non può esserci equivalenza tra il gruppo terroristico Hamas e lo Stato di Israele”, aggiungono i ministri.

Nato, Rutte: bisogna “fare di più” nel sostenere l’Ucraina

Nato, Rutte: bisogna “fare di più” nel sostenere l’UcrainaMilano, 26 nov. (askanews) – L’Alleanza “deve fare di più” per sostenere l’Ucraina nella sua lotta contro l’invasione russa. Lo ha detto il segretario della Nato Mark Rutte in visita ad Atene. “Accolgo con favore il fatto che la Grecia contribuirà ad accelerare l’addestramento per gli F 16 per piloti e tecnici ucraini, rafforzandoli in questa guerra brutale”, ha detto Rutte nelle dichiarazioni congiunte con il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis. Le dichiarazioni sono state trasmesse in streaming.


“La Grecia investe il 3% in difesa” ha sottolineato, definendola “la patria di un’industria della difesa in crescita. Ospita importanti strutture ed esercitazioni di addestramento, tra cui il recente esercizio di potenza aerea Ramstein Flag. E i soldati greci hanno fatto la loro parte nella KFOR e nella Missione della NATO Iraq”, ha aggiunto Rutte la cui visita ad Atene segue gli incontri con Trump in Florida e con i leader turchi ad Ankara del 25 novembre. Il Segretario generale ha ringraziato la Grecia per il suo sostegno alla lotta dell’Ucraina contro l’aggressione russa. Solo il mese scorso, Atene ha firmato un accordo bilaterale di sicurezza con Kiev. “Il nostro sostegno all’Ucraina li ha tenuti in lotta, ma dobbiamo andare oltre per cambiare la traiettoria di questo conflitto”, ha aggiunto il Segretario generale. “Dobbiamo fornire difese aeree critiche e rispettare gli impegni assunti al vertice della NATO a Washington. Il nuovo comando, il comando della NATO per coordinare l’assistenza e l’addestramento alla sicurezza (NSATU), l’impegno finanziario di 40 miliardi di euro nel 2024 e ulteriori misure per avvicinare l’Ucraina alla NATO. Dobbiamo anche rafforzare la nostra deterrenza e la difesa, anche stimolando gli investimenti e la produzione della difesa”.


Rutte ha sottolineato che l’uso da parte della Russia di armi e truppe nordcoreane, di droni iraniani e di beni a duplice uso cinesi ha contribuito a creare un ambiente di sicurezza “sempre più pericoloso” e rappresenta una “sfida alla pace e alla sicurezza globali”. Per poi affermare con un aperto sorriso: “La buona notizia è che nella NATO abbiamo l’Alleanza di cui abbiamo bisogno per difendere ogni centimetro del nostro territorio, e lo abbiamo in Grecia, grazie alla vostra leadership, un convinto alleato. Quindi, ancora una volta, Kyriakos, grazie”. Nel corso della sua visita ad Atene, il Segretario generale ha incontrato anche il ministro della Difesa nazionale greco Nikolaos Dendias e il ministro degli Esteri George Gerapetritis.

Difesa, Crosetto: scenario geopolitico evolve, “è l’ora di correre”

Difesa, Crosetto: scenario geopolitico evolve, “è l’ora di correre”Milano, 26 nov. (askanews) – “In uno scenario geopolitico in continua e rapida evoluzione, guai a fermarsi. Come scriveva Lewis Carroll, nel dialogo tra Alice e la Regina: ‘Beh, al paese nostro’, racconta Alice con un po’ di fiatone, ‘se si corre veloci, in genere si arriva in un altro posto…’. ‘Che paese lento!’, le risponde la Regina: ‘Qui, invece, devi correre più che puoi per restare nello stesso posto. Se vuoi andare da qualche altra parte devi correre almeno il doppio!’. Il mio invito a tutti voi non è dirvi ‘bravi!’ (e lo siete!) ma dirvi che è l’ora di correre”. Così il ministro della Difesa Guido Crosetto al Centro Alti Studi Difesa per l’apertura dell’Anno Accademico 2024/2025. Lo rende noto il ministero della Difesa sui social.

Libano, il ministro degli esteri: ottimisti su cessate-il-fuoco, ma questione da risolvere sono i confini

Libano, il ministro degli esteri: ottimisti su cessate-il-fuoco, ma questione da risolvere sono i confiniRoma, 26 nov. (askanews) – “Siamo ottimisti, non posso dire di più, perché l’esperienza della comunità internazionale a Gaza ci dice di essere ottimisti, tutti stanno aspettando il gabinetto di sicurezza di Israele che decida e accetti il cessate-il-fuoco”, lo ha dichiarato il ministro degli Esteri libanese, Abdallah Bou Habib, a “Dialoghi Mediterranei” organizzato dal ministero della Farnesina e da Ispi. L’accordo di cessate-il-fuoco in Libano “ha una durata di 60 giorni perché non vuole dare questa soddisfazione a Biden, ma a Trump”, infatti, la scadenza “è verso fine gennaio”, ha poi dichiarato il ministro degli Esteri libanese. Come Libano “speriamo in un cessate-il-fuoco già stasera”, e “il piano per il giorno dopo” ci sarà, perché il Libano ha bisogno di “ricostruire”.


Ma oltre al cessate-il-fuoco, “speriamo che questo processo porti a negoziati su confini e che una volta per tutti vengano definiti i confini stabili. Israele si è rifiutato per molto tempo di discuterne. Finché ci sarà un’occupazione non si potrà fermare la resistenza. Finché non risolveremo questa questione una volta per tutte la resistenza e i problemi torneranno in un anno o cinque anni, ma a un certo punto torneranno”, ha dichiarato Abdallah Bou Habib. Sulla situazione a Gaza il ministro libanese ha sottolineato che “se Israele pensa che possa soffocare i palestinesi sbaglia, sta creando problemi a se stesso. Non ci sarà pace nella regione e la regione avrà sempre altri 7 ottobre, anche se speriamo di no. Può eliminare Hamas ma cosa farà con le migliaia di orfani? Stanno eliminando l’Unrwa, chi li aiuterà?”. Passando al ruolo degli altri Paesi per una stabilità nel Medio Oriente, il ministro libanese ha avvertito: “Il problema dell’Europa è che è difficile unire l’Europa su una questione, c’è sempre un Paese che è contrario, quindi per l’Ue è difficile giocare un ruolo politico, lo fanno alcuni Paesi. La Francia ha un ruolo politico, l’Italia ha un ruolo politico. L’Europa, anche per la sua struttura, ha un ruolo nel processo di ricostruzione, in quello economico, piuttosto che in quello politico”.

Arresto Netanyahu, Borrell: attuare decisione Cpi è un obbligo per i firmatari

Arresto Netanyahu, Borrell: attuare decisione Cpi è un obbligo per i firmatariFiuggi, 26 nov. (askanews) – “Sappiamo che gli Stati uniti” sul mandato d’arresto emesso dalla Cpi nei confronti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e dell’ex ministro della Difesa Yoav Gallant hanno “una posizione differente perché non hanno firmato la Convenzione di Roma”, ma “tutti i membri dell’Unione europea l’hanno firmata e non è una cosa su cui puoi scegliere”. Lo ha detto oggi l’Alto rappresentante Ue per la Politica estera Josep Borrell a margine del G7 Affari Esteri di Fiuggi. “Non si può applaudire quando la Corte va contro Putin e rimanere in silenzio quando va contro Netanyahu”, ha aggiunto, spiegando che questo è un classico “esempio di due pesi e due misure”.

Usa, archiviato il caso contro Trump per l’assalto a Capitol Hill

Usa, archiviato il caso contro Trump per l’assalto a Capitol HillRoma, 25 nov. (askanews) – Il giudice federale che sovrintende al procedimento penale di Donald Trump per l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021 a Washington ha formalmente archiviato il caso contro il presidente Usa eletto dopo che il procuratore speciale Jack Smith aveva chiesto di porre fine allo storico procedimento giudiziario.


Con una breve ordinanza, il giudice distrettuale americano Tanya Chutkan ha accettato di respingere le accuse, ma lo ha fatto in modo che possano essere ripresentate una volta terminato il periodo alla Casa Bianca di Trump. “Il licenziamento senza pregiudizio è anche coerente con l’interpretazione del governo secondo cui l’immunità concessa a un presidente in carica è temporanea e scade quando lascia l’incarico”, ha scritto il giudice. Smith aveva chiesto a Chutkan di archiviare il caso: “La posizione del Dipartimento (di Giustizia) è che la Costituzione richiede che questo caso venga archiviato prima che l’imputato venga insediato”, aveva scritto Smith in una dichiarazione del tribunale.


Esulta Trump: “Questi casi, come tutti gli altri casi che sono stato costretto ad affrontare – ha scritto in un post su X – sono vuoti e illegali e non avrebbero mai dovuto essere intentati. Oltre 100 milioni di dollari di dollari dei contribuenti sono stati sprecati nella lotta del Partito Democratico contro il loro avversario politico, ME. Niente di simile è mai accaduto nel nostro Paese prima. Hanno anche utilizzato procuratori distrettuali e procuratori distrettuali, come Fani Willis e il suo amante, Nathan Wade (che non aveva assolutamente alcuna esperienza in casi come questo, ma è stato pagato MILIONI, abbastanza per fare numerosi viaggi e crociere in giro per il mondo!), Letitia James, che in modo inappropriato, non etico e probabilmente illegale, ha fatto una campagna per “OTTENERE TRUMP” per vincere una carica politica, e Alvin Bragg, che non ha mai voluto intentare questa causa contro di me, ma è stato costretto a farlo dal Dipartimento di Giustizia e dal Partito Democratico. Fu un dirottamento politico e un punto basso nella storia del nostro Paese in cui una cosa del genere potesse accadere, e tuttavia, ho perseverato, contro ogni previsione, e HO VINTO. RENDIAMO L’AMERICA DI NUOVO GRANDE!”.

Cpi su Netanyahu, al G7 Esteri l’Italia spinge per una posizione unica

Cpi su Netanyahu, al G7 Esteri l’Italia spinge per una posizione unicaFiuggi, 25 nov. (askanews) – “L’unità è la nostra forza”. Antonio Tajani lancia il suo messaggio in apertura del G7 Esteri di Anagni e Fiuggi, l’ultimo a presidenza italiana. Il ministro parla di Ucraina, ma non solo. Lo si capisce qualche ora più tardi, in conferenza stampa. L’Italia spinge per una posizione unica dei Sette Grandi sulla Corte penale internazionale e la sua decisione di spiccare un mandato d’arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa, Yoav Gallant. La presidenza italiana, molto prudente, vorrebbe trovare una sintesi, da mettere nero su bianco nel comunicato finale. Un obiettivo non facile, per il quale gli sherpa stanno ancora lavorando. Bisogna limare le spigolature, alcune emerse anche in mattinata.


Gli Stati Uniti non hanno firmato lo Statuto di Roma e non riconoscono l’autorità della Corte. Il Regno unito, per bocca del ministro David Lammy, presente a Fiuggi, ha confermato che Londra darà seguito a un “giusto processo” se Netanyahu dovesse visitare il Paese. La Francia, già nei giorni scorsi, ha preferito non sbilanciarsi, limitandosi a “prendere atto della decisione”. Mentre la Germania ha espresso oggi la sua opinione, con la ministra Annalena Baerbock: “Il governo tedesco rispetta la legge perché nessuno è al di sopra della legge. Si applica l’indipendenza della magistratura, che in questo caso è giunta alla conclusione che ci sono prove sufficienti per compiere questo passo ora”, ha commentato, chiarendo di non voler interferire nei procedimenti in corso. Delle difficoltà è consapevole lo stesso Tajani. “Ho detto che bisogna che ci sia una posizione unica sulla decisione della Corte penale internazionale”, ha spiegato. “Abbiamo parlato, vediamo se si potrà avere nel comunicato finale una parte dedicata a questo. Stiamo lavorando per un accordo, credo che sia giusto, e ci stanno lavorando i direttori politici per avere un testo che permetta una posizione unica”, ha aggiunto il ministro, evidenziando che non si tratta solo di “una questione di giustizia”: “il problema è anche politico”.


Più “fiducioso”, persino “ottimista”, si è detto Tajani riguardo a un possibile accordo di cessate il fuoco tra Israele e il movimento sciita libanese Hezbollah. “Siamo forse vicini a un cessate il fuoco, speriamo che sia vero, e che ci sia qualche passo avanti anche a Gaza, anche se è un po’ più complicato”, ha precisato, aprendo la seconda sessione dei lavori con la partecipazione del Quintetto arabo (Giordania, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita a Qatar). Domani potrebbero esserci novità sostanziali, quando il gabinetto di sicurezza israeliano si riunirà per votare l’eventuale fine delle ostilità, sulla base della proposta avanzata dall’amministrazione del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. “Prima di concludere bisogna avere tutti gli accordi definitivi”, ha avvertito comunque Tajani. Il rischio è che qualcuno, fino all’ultimo momento, possa mettersi di traverso. Il pensiero corre a Teheran. “L’Iran mi pare che sia un po’ contrario o quantomeno voglia allungare i tempi; vediamo”, ha detto il ministro. Timori che fanno il paio con le ultime esternazioni della Guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, secondo cui il mandato d’arresto per Netanyahu “non basta”: dovrebbe essere emessa una “sentenza di esecuzione”. La bozza di accordo si basa sulla risoluzione Onu 1701 che ha posto fine alla guerra tra Libano e Israele del 2006 e include il ritiro dei miliziani libanesi Hezbollah dall’area di confine con Israele. La proposta prevede diverse fasi: innanzitutto la cessazione delle ostilità e il ritiro di Hezbollah, quindi il ritiro delle forze israeliane dal sud del Libano. Infine, il passaggio ai negoziati sul confine terrestre, la Blue Line. Un alto funzionario americano ha detto ad Haaretz che l’intesa includerà anche un meccanismo internazionale, guidato dagli Stati Uniti, che monitori le attività di Hezbollah, in modo da impedire che torni a dispiegarsi a sud del fiume Litani o di rafforzarsi a nord. Secondo la fonte, questo meccanismo non sarebbe comunque ancora pronto. Nel corso dei negoziati, inoltre, Israele avrebbe chiesto di avere una lettera di garanzia da parte di Washington a sostegno della libertà d’azione israeliana sul suolo libanese, in caso di nuovi tentativi di Hezbollah di rafforzarsi. Il documento, secondo il quotidiano israeliano, non rappresenterebbe una parte ufficiale dell’accordo, ma avrebbe funzione di appendice.


Di certo, l’Italia resta favorevole a “ogni iniziativa” che possa portare alla pace ed ha confermato la sua disponibilità “a fare la sua parte, anche per il grande impegno profuso in questi anni”. “Ho dato la piena disponibilità del nostro Paese a essere protagonista, a sorvegliare l’applicazione dell’accordo insieme a Stati Uniti e altri. Vogliamo giocare un ruolo”, ha insistito il titolare della Farnesina. “L’ho detto al ministro libanese”, incontrato questa mattina, “vedremo”: “siamo pronti a giocare un ruolo non secondario, come nei Balcani”. Intanto, però, in attesa di concludere qualsiasi accordo, la situazione sul terreno continua ad essere drammatica. Israele ha effettuato oggi una serie di attacchi aerei in tutto il Libano contro 25 centri di comando e altri siti appartenenti al consiglio esecutivo di Hezbollah a Nabatieh, a Baalbek e alla periferia di Beirut. Secondo le Forze di difesa israeliane, gli attacchi hanno danneggiato la capacità del movimento di dirigere e assistere i militanti sul campo, nonché il comando, il controllo e la raccolta di informazioni di Hezbollah.


di Corrado Accaputo