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Spagna, Catalogna al voto, in gioco la governabilità a Madrid

Spagna, Catalogna al voto, in gioco la governabilità a MadridRoma, 10 mag. (askanews) – La Catalogna va al voto domenica dopo una campagna elettorale in cui l’attenzione è stata centrata su Madrid: al di là degli equilibri interni della regione, il verdetto principale riguarderà gli effetti che queste elezioni avranno sulla governabilità della Spagna – ovvero, se i socialisti di Pedro Sanchez finiranno per uscirne rafforzati, magari con un governatore in più.


Le minacciate dimissioni del premier hanno avuto una ricaduta favorevole nei sondaggi, con il Psoe che nelle ultime rilevazioni ha staccato ulteriormente la destra del Pp: e non pochi analisti hanno visto proprio nelle elezioni catalane il motivo principale dell’appello alla mobilitazione emotiva dell’elettorato progressista – al momento l’unico effetto pratico della mossa di Sanchez, che non ha dato luogo a nessuna iniziativa di tipo legislativo. Il Psc – peraltro già protagonista del “miracolo” sanchista alle ultime politiche – è in effetti dato favorito dai sondaggi, e potrebbe ripetere il successo delle scorse regionali: a guidarlo è un fedelissimo di Sanchez, l’ex ministro della Sanità Salvador Illa, al quale è stato affidato il ruolo di “pompiere” che spenga – o quanto meno sopisca – l’incendio dell’indipendentismo. Se poi riuscirà o meno a farsi eleggere presidente della Generalitat, resta però tutto da vedere.


IL REBUS DELLE ALLEANZE Come anche nei Paesi Baschi, gli assi destra-sinistra e indipendentismo-unionismo non coincidono: sondaggi alla mano, le possibilità principali di ottenere i 68 seggi necessari per la maggioranza assoluta sono due. La prima è un governo delle sinistre, che unirebbe Psc, gli indipendentisti di Erc e altre formazioni minori; una convivenza non facile ma che di fatto riproduce quella attualmente in corso a Madrid, con la differenza che il cambio della guardia alla Generalitat fra socialisti ed Esquerra diminuirebbe il potere negoziale di questi ultimi e confermerebbe la bontà della strategia di Sanchez. Unico neo: il Psoe non avrebbe più scuse per non mantenere la promesse in materia di finanziamenti e infrastrutture.


La seconda possibilità è la riedizione di un governo indipendentista, alternativa più difficile visti i numeri, ma con una differenza fondamentale rispetto all’esecutivo uscente: a guidarlo non sarebbe più Erc ma i conservatori di Junts – ovvero Carles Puigdemont, cui si spalancherebbero le porte di un clamoroso ritorno sulla scena con tutte le incognite politiche e legali del caso. Se infatti Erc ha sostanzialmente accettato che il sostegno sociale all’indipendenza continua, ma il clima politico non è quello adatto e dunque meglio seguire la strada negoziale, Puigdemont ha assunto un atteggiamento più bellicoso e la sua presenza alla Generalitat significherebbe per Sanchez una navigazione agitata per il resto della legislatura e un’incognita nei rapporti fra Barcellona e Madrid. Per questo stesso motivo, una terza ipotetica possibilità – una coalizione Psc-Junts per cui vi sarebbero i numeri – appare del tutto improbabile.


LA GOVERNABILITÀ A MADRID Sanchez non teme di perdere la guida dell’esecutivo: la sfiducia costruttiva gli garantisce la possibilità di governare in minoranza qualunque cosa accada – né gli alleati hanno alcun interesse a provocare la fine della legislatura, specie con la legge di amnistia ancora in ballo. Ma il suo obbiettivo è appunto rafforzare la maggioranza eterogenea che lo sostiene, il che passa appunto per il mantenimento dello status quo: conferma socialista, tenuta dell’indipendentismo negoziale e ridimensionamento di quello oggi meno incline ai compromessi (Erc e Junts, in una sostanziale inversione delle rispettive posizioni storiche). L’alternativa è una maggioranza meno solida, un percorso più accidentato e la tentazione di fare ricorso alle elezioni anticipate, con l’incognita del risultato: il miracolo dello scorso anno potrebbe anche non ripetersi. La scommessa di Sanchez quindi è quella di vedere Illa alla guida della Generalitat, e magari incassare l’annunciato ritiro di Puigdemont dalla politica in caso di mancata vittoria, che renderebbe il dossier dell’amnistia un po’ meno urgente. L’ELETTORATO Al di là dei calcoli dei partiti – che hanno tutti lanciato un appello al “voto utile” per ottimizzare i rapporti di forza con i possibili alleati – rimane il fatto che gli indecisi, a pochi giorni dal voto, sono ancora il 40% degli elettori. Un dato che in parte è destinato a tradursi in astensione, nel quadro di una generale fase di stanca dopo i fuochi d’artificio seguiti al 2017: visto che l’indipendenza per ora non è praticabile, si ritorna a un business as usual che non è particolarmente attrattivo. Un’altra parte dei voti però dovrà dirimere alcune questioni: ad esempio, l’ingresso o meno nel Parlamento regionale di Aliança Catalana, inedita formazione di un’ultradestra indipendentista che gioca sulla sicurezza e l’immigrazione come la controparte unionista di Vox, a cui spera di rubare qualche voto non “españolista”. AC è vicinissima alla soglia di sbarramento del 3% e se effettivamente entrasse i suoi seggi potrebbero essere decisivi per un governo indipendentista, sebbene sia Erc che Junts – quest’ultimo non senza qualche esitazione – si siano impegnati a non allearsi in modo diretto né indiretto. A destra, il destino di Ciutatans appare segnato e dovrebbe rimanere sotto il 3%, a tutto vantaggio del Pp e di Vox: i sondaggi danno il primo ancora in netto vantaggio, ma non si esclude la possibilità di un sorpasso interno che creerebbe qualche difficoltà al leader conservatore, Albero Nuñez Feijoó, e alla sua politica di moderazione – che nei fatti non si distingue granché da quella di Vox, e anzi un cattivo risultato potrebbe spingerlo su posizioni ancor più intransigenti: un problema non tanto per i rispettivi elettorati, indistinguibili, ma per l’effetto di mobilitazione della sinistra. Le urne si apriranno domenica alle 8 per chiudersi alle 20: alla stessa ora sono previsti gli exit poll, mentre i primi risultati ufficiali si avranno dalle 21.

La “Abu Ghraib” israeliana nella base di Sde Teiman raccontata dalla Cnn

La “Abu Ghraib” israeliana nella base di Sde Teiman raccontata dalla CnnRoma, 10 mag. (askanews) – Legati, bendati, tenuti con i pannoloni: tre fonti israeliane hanno raccontato alla Cnn gli abusi commessi sui palestinesi arrestati nel corso del conflitto nella Striscia di Gaza e detenuti nella base di Sde Teiman, nel deserto del Negev.


Una delle fonti è un israeliano che lavora nella struttura e che ha scattato due fotografie di una scena che, a suo dire, continua a perseguitarlo. Gli scatti mostrano file di uomini in tute grigie seduti su materassi sottilissimi, recintati da filo spinato. Tutti appaiono bendati, con la testa pesante sotto la luce dei riflettori. “Ci è stato detto che non potevano spostarsi. Dovrebbero stare seduti in posizione verticale. Non sono autorizzati a parlare. Non è permesso sbirciare sotto la benda”, ha detto la fonte. Alle guardie è stato detto di “urlare uskot” (zitti in arabo) e di “individuare le persone problematiche e punirle”. Le fonti hanno anche riferito di amputazioni eseguite a causa delle ferite riportate per le manette; di procedure mediche talvolta eseguite da medici poco qualificati tanto che la struttura è stata definita “un paradiso per gli stagisti”; e di un’aria impregnata dell’odore di ferite trascurate e lasciate marcire.


Stanto alle fonti, la struttura di Sde Teiman, situata a circa 29 chilometri dalla frontiera con Gaza, è divisa in due parti: recinti dove circa 70 detenuti palestinesi provenienti da Gaza sono posti sotto estrema contenzione fisica, e un ospedale da campo dove i detenuti feriti sono legati ai loro letti, con indosso i pannoloni, alimentati con le cannucce. “Li hanno spogliati di tutto ciò che somiglia a un essere umano”, ha detto una fonte che ha lavorato come medico presso l’ospedale da campo. “(I pestaggi) non sono avvenuti per raccogliere informazioni. Sono stati fatti per vendetta – ha detto un’altra fonte – è stata una punizione per ciò che loro hanno fatto il 7 ottobre e una punizione per il comportamento nel campo”.


La Cnn ha fatto sapere di aver chiesto il permesso all’esercito israeliano di accedere alla base di Sde Teiman, ricordando che il mese scorso, una troupe dell’emittente americana ha seguito una piccola protesta organizzata da attivisti israeliani davanti all’ingresso della struttura, per chiederne la chiusura. “Le forze di sicurezza israeliane hanno interrogato la troupe per circa 30 minuti, chiedendo di vedere il filmato realizzato dal fotoreporter della Cnn – ha raccontato – Israele spesso sottopone i reporter, anche quelli stranieri, alla censura militare su questioni di sicurezza”. (Foto generica di repertorio).

Borrell: diversi Paesi Ue riconosceranno lo Stato palestinese il 21 maggio

Borrell: diversi Paesi Ue riconosceranno lo Stato palestinese il 21 maggioRoma, 10 mag. (askanews) – Spagna, Irlanda e altri Paesi membri dell’Unione europea intendono riconoscere uno Stato palestinese il 21 maggio. Lo ha detto il capo della politica estera dell’Ue, Josep Borrell, prima del voto atteso oggi dell’Assemblea delle Nazioni Unite sulla proposta palestinese di diventare uno Stato membro a pieno titolo.


Il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez ha dichiarato a marzo che Spagna e Irlanda, insieme a Slovenia e Malta, hanno concordato di compiere i primi passi verso il riconoscimento di uno Stato palestinese accanto a Israele, considerando la soluzione a due Stati essenziale per una pace duratura.

Trump: il disonesto Joe Biden sta con i terroristi di Hamas

Trump: il disonesto Joe Biden sta con i terroristi di HamasNew York, 9 mag. (askanews) – L’ex presidente Donald Trump ha usato la piattaforma di Truth Social per criticare la decisione del presidente americano Joe Biden di non inviare armi ad Israele se invaderà la città di Rafah nella Striscia di Gaza.


“Il disonesto Joe Biden, che lo sappia o no, ha appena detto che non invierà le armi da Israele proprio mentre combatte per sradicare i terroristi di Hamas a Gaza”, ha scritto Trump, aggiungendo: “Hamas ha ucciso migliaia di civili innocenti, compresi bambini, e tiene ancora in ostaggio gli americani, se gli ostaggi sono ancora vivi”. L’ex presidente ha accusato Biden di “stare dalla parte di questi terroristi” e ha ribadito che la guerra tra Israele e Hamas non sarebbe scoppiata se lui fosse stato al potere.

In Argentina sciopero generale contro Milei, il Paese è paralizzato

In Argentina sciopero generale contro Milei, il Paese è paralizzatoRoma, 9 mag. (askanews) – Lo sciopero generale di 24 ore indetto in Argentina indetto contro il governo dal principale sindacato del paese, la Confederazione Generale del Lavoro (CGT), sta paralizzando il paese. Strade deserte ad eccezione di quelle presidiate dai manifestanti, imprese e uffici chiusi e trasporti completamente bloccati. Molto alta l’adesione all’agitazione con scuole, ospedali, banche e imprese che vedono il loro normale funzionamento compromesso a causa delle difficoltà di spostamento degli abitanti del Paese.


La prova di forza dei lavoratori, appoggiata dall’altro centro sindacale del paese, la Centrale dei Lavoratori dell’Argentina e il suo ramo autonomo, è diretta contro le riforme liberiste portate avanti dal Governo di Javier Milei che hanno la loro misura di punta della cosidetta “legge omnibus” presentata dall’esecutivo al parlamento. La “legge omnibus” o Legge delle Basi e Punti di Partenza per la Libertà degli Argentini, in corso di elaborazione al Senato, consente la privatizzazione delle aziende pubbliche, conferisce poteri legislativi al presidente e introduce numerose riforme di vasta portata, come la riforma del lavoro, nuove tasse e una serie di misure per incoraggiare i grandi investimenti.

Argentina, sciopero generale contro Milei, paese paralizzato

Argentina, sciopero generale contro Milei, paese paralizzatoRoma, 9 mag. (askanews) – Lo sciopero generale di 24 ore indetto in Argentina indetto contro il governo dal principale sindacato del paese, la Confederazione Generale del Lavoro (CGT), sta paralizzando il paese. Strade deserte ad eccezione di quelle presidiate dai manifestanti, imprese e uffici chiusi e trasporti completamente bloccati. Molto alta l’adesione all’agitazione con scuole, ospedali, banche e imprese che vedono il loro normale funzionamento compromesso a causa delle difficoltà di spostamento degli abitanti del Paese.


La prova di forza dei lavoratori, appoggiata dall’altro centro sindacale del paese, la Centrale dei Lavoratori dell’Argentina e il suo ramo autonomo, è diretta contro le riforme liberiste portate avanti dal Governo di Javier Milei che hanno la loro misura di punta della cosidetta “legge omnibus” presentata dall’esecutivo al parlamento. La “legge omnibus” o Legge delle Basi e Punti di Partenza per la Libertà degli Argentini, in corso di elaborazione al Senato, consente la privatizzazione delle aziende pubbliche, conferisce poteri legislativi al presidente e introduce numerose riforme di vasta portata, come la riforma del lavoro, nuove tasse e una serie di misure per incoraggiare i grandi investimenti.

Emergenza Sorrisi: tavola rotonda su “cooperazione per accesso alle cure”

Emergenza Sorrisi: tavola rotonda su “cooperazione per accesso alle cure”Roma, 9 mag. (askanews) – Emergenza sorrisi ETS promuove insieme ad AEXPI, l’Associazione ex allievi Ivo Pitanguy, la tavola rotonda “Salute Globale e Cooperazione sanitaria internazionale. L’Impegno dell’Europa a sostegno della sanità nei Paesi con minori risorse”, che inaugura il Congresso Internazionale “AEXPI 2024 -When Science meets Beauty”, che vedrà il gotha della Chirurgia Plastica Brasiliana e internazionale affluire a Roma per discutere di Bellezza e Chirurgia nel 2024 (https://www.aexpiroma2024.com/), in un fitto programma di seminari e workshops.


Alla presenza di Esperti del terzo settore, nonché di esponenti del mondo della Cultura Accademica e della Diplomazia internazionale, Massimo Pronio, Responsabile della Comunicazione della rappresentanza in Italia della Comunità europea, aprirà i lavori della tavola rotonda (in programma giovedì 23 maggio 2024, alle ore 16:00, presso la Sala Esperienza Europa David Sassoli, in Piazza Venezia, 6 a Roma) che ha come focus la riflessione sull’importanza della cooperazione sanitaria internazionale a sostegno dei paesi con minori risorse. “Abbiamo la consapevolezza che la Salute globale costituisce la frontiera su cui siamo chiamati, in Italia e in Europa, a misurarci per la sostenibilità del futuro, proprio come in questi mesi il Governo italiano ha attentamente messo in primo piano con il piano Mattei, di cui Emergenza Sorrisi condivide i pilastri fondanti e già mette in opera con successo e risultati tangibili i principi ispiratori in molti paesi con minori risorse, puntando sulla formazione del personale sanitario locale nel quadro di missioni chirurgiche di alta specializzazione, volte a creare poli stabili di riferimento , formazione ed assistenza sanitaria specializzata in ogni Paese in cui è presente” – sottolinea Fabio Massimo Abenavoli, Presidenza di Emergenza Sorrisi. L’inaugurazione del Congresso Aexpi 2024 – che vede l’arrivo a Roma di oltre 100 Chirurghi Plastici provenienti da tutto il mondo – con una tavola rotonda dedicata alla Chirurgia nella Cooperazione Sanitaria per garantire la Salute fino ai confini più lontani e disagiati rafforza il senso della Chirurgia e della Medicina solidale che travalicano le frontiere intercontinentali, che Emergenza Sorrisi ETS porta avanti ormai da oltre 16 anni ed in cui crede, come valore istituzionale fondante della cooperazione per lo sviluppo dei Paesi con minori risorse.


In occasione del Convegno verrà presentata CHILD CARE ITALIAN NETWORK, la nascente rete di solidarietà ed accoglienza impegnata per garantire l’accesso alle cure delle bambine e dei bambini gravemente malati, provenienti da ogni continente ed esclusi da qualsiasi assistenza sanitaria nei loro Paesi d’origine e che vede tra i firmatari: Flying Angels Foundation è un’organizzazione non profit specializzata nel trasferimento aereo di bambine e bambini gravemente malati che necessitano di cure salvavita non disponibili nei loro paesi di origine.


Associazione KIM – ETS difende dal 1997 il diritto alla cura dei bambini e delle bambine malate più vulnerabili, provenienti in gran parte da Paesi in guerra o da Paesi senza strutture sanitarie adeguate. Emergenza Sorrisi ETS è un’organizzazione non governativa che ha operato in ben 25 Paesi nel mondo, portando il sorriso a tanti bambini colpiti da gravi malattie al volto, sequele di ustioni e ferite di guerra, e impegnandosi per il rispetto dei diritti dell’infanzia e la salvaguardia dell’ambiente per le generazioni attuali e future.


Una Voce Per Padre Pio Onlus, è organizzazione umanitaria internazionale, laica, apolitica, multi-confessionale, senza finalità di lucro che persegue fini di solidarietà sociale, che si realizzano attraverso attività di cooperazione atte allo sviluppo delle popolazioni dei Paesi del terzo mondo in promozione e difesa dei diritti dell’infanzia, dei giovani, dei diversamente abili, delle donne e di famiglie multiproblematiche. Cuore Fratello Onlus è un’associazione riconosciuta, che abbraccia la causa del diritto alla salute dei più deboli, e si impegna per garantire concretamente tale diritto innanzitutto ai bambini, con particolare attenzione a quelli cardiopatici dei Paesi in via di sviluppo. Il Castello dei Sorrisi è una organizzazione di volontariato con sede a Castel d’Azzano (VR). Si dedica prevalentemente all’organizzazione di viaggi umanitari a favore di bimbi che necessitano di interventi sanitari, non disponibili nei propri Paesi di origine.

Putin evoca lo “scontro globale” ma promette: ‘cercheremo di evitarlo’

Putin evoca lo “scontro globale” ma promette: ‘cercheremo di evitarlo’Milano, 9 mag. (askanews) – Tra minacce e propaganda, la Russia ha organizzato anche quest’anno la sua parata militare del Giorno della Vittoria mentre la guerra in Ucraina continua e i toni della dialettica del confronto con l’Occidente si fanno sempre più minacciosi. “La Russia farà di tutto per impedire uno scontro globale, ma non permetteremo a nessuno di minacciarci”, ha detto in modo molto diretto il presidente russo Vladimir Putin dal suo podio nella Piazza rossa, con le spalle rivolte al muro del Cremlino. E nelle sue parole si è sentita l’eco delle feroci polemiche degli ultimi giorni generate dall’intervista del capo di stato francese Emmanual Macron su un’eventuale partecipazione sul campo di Paesi occidentali nel confronto Mosca-Kiev. “Le nostre forze strategiche sono sempre in allerta”, ha aggiunto Putin, nel suo messaggio che ha mischiato la classica retorica del ricordo degli eroi della II guerra mondiale, con quella più nuova, che pone allo stesso livello chi è stato ora mandato a combattere da Mosca in Ucraina.


Putin, comandante in capo delle forze armate russe, ha passato in rassegna personale (oltre 9 mila uomini e donne) e mezzi (70) per la 21esima volta, in quello che è il suo 25esimo anno al potere, all’inizio di un quinto mandato presidenziale che durerà 6 anni. Ma ha dovuto ammettere che il Paese sta attraversando un “periodo difficile” e la parata a ranghi ridotti ha potuto mostrare un solo carro armato oltre ad altri mezzi blindati e lanciamissili. Numerosi attaggiamenti del leader russo sono un chiaro ammiccamento alla sensibilità popolare, nell’odierno bagno di folla. Non ultimo il continuo parlottare con il veterano Yevgeny Kuropatkov, seduto accanto a lui, che ha combattuto a Stalingrado e vicino a Leningrado durante il secondo conflitto mondiale. E che rappresenta meglio di altri un elemento unificatore del sentire comune russo e un richiamo alla immensa sofferenza e al sacrificio.


IL FREDDO E LA GUERRA L’evento annuale del 9 maggio commemora la vittoria sovietica sulla Germania nazista nella seconda guerra mondiale. La tv di stato ha trasmesso ogni momento della sfilata, sotto una neve ormai poco usuale in questo periodo dell’anno, persino per Mosca. I militari non a caso indossavano la divisa invernale. Ma la parata è sempre un’opportunità non solo per lo sfarzo e l’orgoglio, ma anche per la propaganda, con il Cremlino sempre più desideroso di tracciare paralleli tra la vittoria dell’Armata Rossa nel 1945 e l’attuale conflitto in Ucraina, che è ormai giunto al suo terzo anno. A fronte di risultati assai scarsi. Nelle ultime settimane, Kiev è stata costretta a ritirarsi in alcune aree, aprendo la strada alle forze russe per avanzare nelle aree intorno ad Avdiivka, una città conquistata a febbraio con un trionfo significativo per la Russia. In vista del Giorno della Vittoria, gli ufficiali militari ucraini hanno affermato che le forze russe miravano a conquistare la città strategica di Chasiv Yar entro il 9 maggio, ma non è ancora caduta nonostante la presa d’assedio.


PAESI OSTILI NON INVITATI Il Ministero degli Esteri russo ha affermato che i “paesi ostili” non sono stati invitati alla parata. Sulla lista degli invitati figuravano il presidente della Bielorussia Alexander Lukashenko, i leader di Kazakistan, Tagikistan, Turkmenistan, Guinea Bissau e Cuba, oltre ai funzionari di altri paesi alleati. L’ufficio stampa del Cremlino ha fatto sapere in precedenza che Putin terrà colloqui separati con i leader di Cuba, Laos e Guinea-Bissau dopo la parata. “Respingiamo le pretese di esclusività di qualsiasi stato o alleanza. Sappiamo a cosa porta l’esorbitanza di tali ambizioni. La Russia farà di tutto per prevenire un conflitto globale, ma allo stesso tempo non permetteremo a nessuno di minacciarci. Le nostre forze strategiche sono sempre pronte al combattimento”, ha affermato Putin, a poche settimane dall’approvazione, ad aprile, del tanto atteso pacchetto di aiuti statunitensi da 61 miliardi di dollari all’Ucraina.


Le relazioni della Russia con l’Occidente si stavano deteriorando in realtà ben prima dell’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022, ma da allora le fratture si sono approfondite. A seguito della guerra, le sanzioni internazionali contro la Russia si sono moltiplicate e sono emerse alleanze globali più radicate e divise, che contrappongono i paesi della Nato alla Russia e ai suoi alleati, come la Corea del Nord, l’Iran e la Cina. (di Cristina Giuliano)

Putin evoca “scontro globale” ma promette: ‘cercheremo di evitarlo’

Putin evoca “scontro globale” ma promette: ‘cercheremo di evitarlo’Milano, 9 mag. (askanews) – Tra minacce e propaganda, la Russia ha organizzato anche quest’anno la sua parata militare del Giorno della Vittoria mentre la guerra in Ucraina continua e i toni della dialettica del confronto con l’Occidente si fanno sempre più minacciosi. “La Russia farà di tutto per impedire uno scontro globale, ma non permetteremo a nessuno di minacciarci”, ha detto in modo molto diretto il presidente russo Vladimir Putin dal suo podio nella Piazza rossa, con le spalle rivolte al muro del Cremlino. E nelle sue parole si è sentita l’eco delle feroci polemiche degli ultimi giorni generate dall’intervista del capo di stato francese Emmanual Macron su un’eventuale partecipazione sul campo di Paesi occidentali nel confronto Mosca-Kiev. “Le nostre forze strategiche sono sempre in allerta”, ha aggiunto Putin, nel suo messaggio che ha mischiato la classica retorica del ricordo degli eroi della II guerra mondiale, con quella più nuova, che pone allo stesso livello chi è stato ora mandato a combattere da Mosca in Ucraina.


Putin, comandante in capo delle forze armate russe, ha passato in rassegna personale (oltre 9 mila uomini e donne) e mezzi (70) per la 21esima volta, in quello che è il suo 25esimo anno al potere, all’inizio di un quinto mandato presidenziale che durerà 6 anni. Ma ha dovuto ammettere che il Paese sta attraversando un “periodo difficile” e la parata a ranghi ridotti ha potuto mostrare un solo carro armato oltre ad altri mezzi blindati e lanciamissili. Numerosi attaggiamenti del leader russo sono un chiaro ammiccamento alla sensibilità popolare, nell’odierno bagno di folla. Non ultimo il continuo parlottare con il veterano Yevgeny Kuropatkov, seduto accanto a lui, che ha combattuto a Stalingrado e vicino a Leningrado durante il secondo conflitto mondiale. E che rappresenta meglio di altri un elemento unificatore del sentire comune russo e un richiamo alla immensa sofferenza e al sacrificio.


IL FREDDO E LA GUERRA L’evento annuale del 9 maggio commemora la vittoria sovietica sulla Germania nazista nella seconda guerra mondiale. La tv di stato ha trasmesso ogni momento della sfilata, sotto una neve ormai poco usuale in questo periodo dell’anno, persino per Mosca. I militari non a caso indossavano la divisa invernale.


Ma la parata è sempre un’opportunità non solo per lo sfarzo e l’orgoglio, ma anche per la propaganda, con il Cremlino sempre più desideroso di tracciare paralleli tra la vittoria dell’Armata Rossa nel 1945 e l’attuale conflitto in Ucraina, che è ormai giunto al suo terzo anno. A fronte di risultati assai scarsi. Nelle ultime settimane, Kiev è stata costretta a ritirarsi in alcune aree, aprendo la strada alle forze russe per avanzare nelle aree intorno ad Avdiivka, una città conquistata a febbraio con un trionfo significativo per la Russia. In vista del Giorno della Vittoria, gli ufficiali militari ucraini hanno affermato che le forze russe miravano a conquistare la città strategica di Chasiv Yar entro il 9 maggio, ma non è ancora caduta nonostante la presa d’assedio.


PAESI OSTILI NON INVITATI Il Ministero degli Esteri russo ha affermato che i “paesi ostili” non sono stati invitati alla parata. Sulla lista degli invitati figuravano il presidente della Bielorussia Alexander Lukashenko, i leader di Kazakistan, Tagikistan, Turkmenistan, Guinea Bissau e Cuba, oltre ai funzionari di altri paesi alleati. L’ufficio stampa del Cremlino ha fatto sapere in precedenza che Putin terrà colloqui separati con i leader di Cuba, Laos e Guinea-Bissau dopo la parata. “Respingiamo le pretese di esclusività di qualsiasi stato o alleanza. Sappiamo a cosa porta l’esorbitanza di tali ambizioni. La Russia farà di tutto per prevenire un conflitto globale, ma allo stesso tempo non permetteremo a nessuno di minacciarci. Le nostre forze strategiche sono sempre pronte al combattimento”, ha affermato Putin, a poche settimane dall’approvazione, ad aprile, del tanto atteso pacchetto di aiuti statunitensi da 61 miliardi di dollari all’Ucraina. Le relazioni della Russia con l’Occidente si stavano deteriorando in realtà ben prima dell’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022, ma da allora le fratture si sono approfondite. A seguito della guerra, le sanzioni internazionali contro la Russia si sono moltiplicate e sono emerse alleanze globali più radicate e divise, che contrappongono i paesi della Nato alla Russia e ai suoi alleati, come la Corea del Nord, l’Iran e la Cina. (Di Cristina Giuliano)

Hamas: Netanyahu ha riportato i negoziati al punto di partenza. Israele (per ora) resta al Cairo

Hamas: Netanyahu ha riportato i negoziati al punto di partenza. Israele (per ora) resta al CairoRoma, 8 mag. (askanews) – Una fonte di Hamas ha accusato il premier israeliano Benjamin Netanyahu di “aver riportato al punto di partenza i negoziati su un accordo per il rilascio degli ostaggi israeliani detenuti a Gaza”. Lo riporta il quotidiano del Qatar The New Arab, rilanciato da Haaretz. “Le famiglie degli ostaggi devono sapere che l’ultimo round di colloqui è l’ultima possibilità di riavere indietro i loro figli”, ha ammonito la fonte.


I colloqui sono ripresi al Cairo dopo che lunedì scorso Hamas ha accettato la proposta di cessate il fuoco presentata dai mediatori, giudicata da Israele “lontana” dal soddisfare le sue richieste. Un responsabile israeliano ha detto a Reuters che Israele non vede alcun segno di una svolta nei colloqui mediati dall’Egitto su una tregua con Hamas che libererebbe alcuni ostaggi di Gaza, ma sta mantenendo la sua delegazione composta da quelli che descrive come negoziatori di “medio livello” al Cairo per ora.