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Agricoltura, sensori hi-tech per monitorare la crescita delle piante

Agricoltura, sensori hi-tech per monitorare la crescita delle pianteRoma, 14 lug. (askanews) – Università Campus Bio-Medico di Roma (UCBM) ed Enea, in collaborazione con l’Università di Napoli Federico II, hanno sviluppato e testato sensori in fibra ottica su misura da applicare direttamente su piante e frutti per monitorarne in modo non invasivo crescita e stato di salute. Dai risultati, pubblicati su diverse riviste scientifiche, emergono soluzioni per un’agricoltura sostenibile e smart che utilizza la tecnologia per incrementare qualità e quantità dei raccolti, in uno scenario globale sempre più caratterizzato da cambiamenti climatici e crescita demografica.

“Questo progetto di ricerca nasce da una collaborazione tra tre unità di ricerca dell’Università Campus Bio-Medico di Roma – ‘Misure e strumentazione biomedica’, ‘Scienze degli alimenti e nutrizione’ e ‘Fisica non lineare e modelli matematici’ – e il Centro Ricerche Enea di Frascati”, sottolinea Emiliano Schena, professore ordinario di Misure meccaniche e termiche di UBCM. “L’obiettivo – aggiunge – è quello di sviluppare tecnologie ‘indossabili’ finalizzate al monitoraggio di parametri microambientali e fisiologici della pianta che trovano applicazione nell’ambito dell’agricoltura di precisione. Attraverso queste tecnologie vogliamo estrarre informazioni che consentano di migliorare la gestione della pianta, dall’ottimizzazione della produzione agricola fino al monitoraggio di piante, anche ornamentali”. I sensori realizzati dal gruppo di ricerca – si legge nella notizia che apre il nuovo numero del settimanale ENEAinform@ – hanno caratteristiche diverse in base alle parti delle piante dove raccogliere dati (stelo, foglie o frutti). Gli scienziati hanno lavorato su colture molto diffuse, quali il pomodoro, il melone e la zucchina e altre piante particolarmente utilizzate dall’industria, ad esempio il tabacco.

“Per questo studio abbiamo realizzato due diversi sensori in fibra ottica: il primo dalla forma allungata è stato posizionato sugli steli di una pianta di tabacco e di una di pomodoro coltivate in laboratorio, mentre il secondo dispositivo a forma di anello è stato applicato intorno a un melone e a una zucchina cresciute all’aperto”, spiega Michele Caponero, ricercatore del Laboratorio Enea di Micro e nanostrutture per la fotonica e coautore dello studio. “In entrambi i casi – prosegue – i sensori hanno dimostrato un’elevata sensibilità nel rilevare la crescita delle piante, come l’allungamento dello stelo nel caso del tabacco e del pomodoro e la variazione della circonferenza nel caso del frutto, sia in condizioni protette che in campo, dove abbiamo registrato variazioni significative di condizioni ambientali in termini di temperatura, umidità e illuminazione, anch’esse monitorate grazie a sensori in fibra ottica opportunamente funzionalizzati”. I sensori in fibra ottica – si spiega – stanno emergendo sempre di più come strumenti efficienti e affidabili per il monitoraggio non invasivo in agricoltura: possono essere realizzati ‘su misura’ per renderli facilmente ancorabili alle diverse parti della pianta. Inoltre, sono biocompatibili ed hanno una struttura molto flessibile visto che sono costituiti da fibre ottiche rivestite di silicone. Le loro prestazioni sono garantite da un’elevata sensibilità alla deformazione, che nel caso delle piante corrisponde al loro sviluppo, dall’affidabilità del segnale e da dimensioni miniaturizzate oltre che da un peso ridotto. “I nostri sensori hanno dimostrato di saper monitorare tutti questi aspetti fondamentali per lo sviluppo vegetale, in ‘simbiosi’ con la coltura stessa”, aggiunge Caponero.

L’Unità di ricerca di Misure e strumentazione biomedica di UCBM si è occupata in particolare della realizzazione di sensori indossabili basati sulle fibre ottiche, che utilizzano matrici polimeriche per ancorarli alle piante e monitorare parametri come umidità relativa, temperatura e stato di crescita, superando alcuni dei limiti presenti nelle tecnologie oggi utilizzate nell’agricoltura di precisione. “Gli strumenti ad oggi in uso non permettono infatti il monitoraggio continuo dei parametri né elevate prestazioni a livello temporale, spaziale, di sensibilità e di accuratezza”, conclude Schena. Finora, infatti, per controllare la crescita delle piante sono state usate diverse applicazioni di telerilevamento, come la spettroscopia o i droni, che risultano però poco adatti a un monitoraggio puntuale, accurato e continuo; infatti, per un agricoltore che voglia ottimizzare lo sviluppo delle piante è fondamentale conoscere in modo tempestivo l’influenza dei fattori ambientali sulla produttività delle colture, come l’umidità del suolo e la temperatura che influenzano l’efficienza nell’uso dell’acqua da parte delle piante. Anche siccità e ristagno idrico possono causare un deficit nell’assorbimento di energia e dei nutrienti minerali, portando a una diminuzione della crescita delle piante e del valore nutritivo delle sue parti commestibili.

Attualmente i sensori in fibra ottica opportunamente funzionalizzati sono principalmente impiegati in ambito medico, attraverso indumenti hi-tech che consentono un monitoraggio continuo e in tempo reale di alcuni fondamentali parametri per la salute umana, sviluppati dal Laboratorio Enea di Micro e nanostrutture per la fotonica, in collaborazione con UCBM, nell’ambito del Progetto TECHEA – Technologies for Health.

Extremely Large Telescope, l’Eso annuncia: siamo a metà dell’opera

Extremely Large Telescope, l’Eso annuncia: siamo a metà dell’operaRoma, 11 lug. (askanews) – L’Extremely Large Telescope (ELT) dell’ESO (l’Osservatorio Europeo Australe) è un telescopio terrestre rivoluzionario che avrà uno specchio principale di 39 metri e sarà il più grande telescopio al mondo per osservare la luce visibile e infrarossa: il più grande occhio del mondo rivolto verso il cielo. La costruzione di questo progetto tecnicamente complesso, iniziata 9 anni fa, sta avanzando a un buon ritmo, e ora – annuncia l’ESO – l’ELT supera il traguardo del 50% di completamento.

Il telescopio si trova in cima al Cerro Armazones, nel deserto cileno di Atacama, dove in questo momento ingegneri e operai edili stanno assemblando la struttura della cupola del telescopio a un ritmo vertiginoso. Cambiando ogni giorno in modo evidente, la struttura in acciaio – informa l’ESO – acquisterà presto la familiare forma arrotondata tipica delle cupole. Gli specchi del telescopio e altri componenti sono in costruzione presso varie aziende in Europa, e anche questi lavori procedono molto bene. L’ELT dell’ESO avrà un pionieristico design ottico a cinque specchi, che include un gigantesco specchio principale (M1) composto da 798 segmenti esagonali. È stato già prodotto più del 70% delle forme grezze degli specchi e dei supporti per questi segmenti, mentre M2 e M3 sono stati fusi e ora sono in fase di lucidatura. I progressi su M4, uno specchio adattivo e flessibile che regolerà la propria forma mille volte al secondo per correggere le distorsioni causate dalla turbolenza dell’aria, sono particolarmente impressionanti: tutti e sei i sottili petali sono completati e vengono ora integrati nell’unità strutturale. Inoltre, tutte e sei le sorgenti laser, altro componente chiave del sistema di ottica adattiva dell’ELT, sono state prodotte e consegnate all’ESO per le verifiche.

Anche tutti gli altri sistemi necessari per completare l’ELT, tra cui il sistema di controllo e le attrezzature necessarie per assemblare e mettere in servizio il telescopio, stanno procedendo bene nello sviluppo o nella produzione. Inoltre, tutti e quattro i primi strumenti scientifici di cui sarà dotato l’ELT sono nella fase finale di progettazione e per alcuni sta per iniziare la fase di produzione. Infine, la maggior parte dell’infrastruttura di supporto per l’ELT si trova ora presso o vicino al Cerro Armazones. Per esempio, l’edificio tecnico che, tra l’altro, sarà utilizzato per lo stoccaggio e il rivestimento di diversi specchi di ELT è completamente costruito e attrezzato, mentre lo scorso anno è entrato in funzione un impianto fotovoltaico che fornisce energia rinnovabile al sito. Si prevede però – aggiunge l’ESO – che il completamento del restante 50% del progetto sarà notevolmente più rapido rispetto alla costruzione della prima metà dell’ELT, che comprendeva il lungo e meticoloso processo di finalizzazione del progetto della stragrande maggioranza dei componenti da produrre per l’ELT. Inoltre, alcuni degli elementi, come i segmenti dello specchio e i relativi componenti di supporto e sensori, hanno richiesto una prototipazione dettagliata e verifiche significative prima di essere prodotti in serie. Per di più, la costruzione è stata influenzata dalla pandemia di Covid-19, con la chiusura del sito per diversi mesi e ritardi nella produzione di molti dei componenti del telescopio. I processi di produzione sono ora completamente ripresi e resi più efficienti, perciò si prevede che la restante metà dell’ELT richiederà solo cinque anni. Tuttavia, – conclude l’ESO – costruire un telescopio così grande e complesso come l’ELT non è esente da rischi finché non è completo e funzionante.

Il direttore generale dell’ESO, Xavier Barcons, afferma: “L’ELT è il più grande della prossima generazione di telescopi terrestri ottici e nel vicino infrarosso e il più avanzato nella costruzione. Raggiungere il 50% di completamento non è un’impresa da poco, date le sfide inerenti a progetti grandi e complessi, ed è stato possibile solo grazie all’impegno di tutti quanti all’ESO, al supporto continuo degli Stati membri dell’ESO e all’impegno dei nostri partner industriali e dei consorzi dedicati agli strumenti. Sono veramente orgoglioso che l’ELT abbia raggiunto questo traguardo”. Il piano è di iniziare le osservazioni scientifiche nel 2028.

Calce armata al grafene: rivoluzione nel mondo delle pitture per edilizia

Calce armata al grafene: rivoluzione nel mondo delle pitture per ediliziaRoma, 6 lug. (askanews) – E’ ritorno al futuro, nel campo dell’edilizia. La calce, materiale principe nelle costruzioni romane, narrato già nell’anno 15 a.C nel “De architectura” di Vitruvio, ha dettato le regole nella cultura costruttiva e decorativa dei palazzi, degli acquedotti e dei porti, influenzando tutta l’urbanistica delle città italiane anche nei secoli a venire. Purtroppo negli ultimi anni gli inquinanti presenti nelle città e le piogge acide hanno inferto un duro colpo alla resistenza dei materiali a base di calce, mettendo in forte discussione le teorie di Vitruvio e la possibilità di utilizzarli ancora. Tutto questo fino a tre anni fa quando una università italiana e due aziende – una italiana e una spagnola – hanno dato vita a una rivoluzionaria scoperta nel campo delle pitture per edilizia, ovvero: CALCENE, la “calce armata” al grafene. Un mix fra passato e futuro, tradizione e innovazione.

Nel 2010 – spiega Gianni Martinetti, Ceo del Gruppo Covema Vernici di cui Sandtex fa parte – due scienziati specializzati nel campo delle nanotecnologie vincono il Premio Nobel per la fisica perché scoprono un materiale rivoluzionario, il Grafene. Già dopo pochi anni da quella scoperta si sviluppano una serie di materiali compositi super sottili, elastici, leggeri e super resistenti, all’avanguardia in diversi campi. Partendo da qui, tre anni fa, decidiamo di approfondire il tema e, in partnership con l’Università di Trieste e l’azienda spagnola Graphenstone, avviamo un progetto innovativo che sta già segnando il futuro delle costruzioni e dell’edilizia”. Il progetto si è concentrato sulle possibili interazioni fra la calce naturale e appunto il grafene con risultati di grande rilevanza: “Dopo studi e numerose prove -ricorda Martinetti- siamo riusciti a mettere a punto la più innovativa rivoluzione sulla calce dai tempi di Vitruvio, ovvero un film di pittura con una resistenza meccanica e un’adesione mai vista prima. Con lo stesso concetto del cemento armato, siamo riusciti a inglobare nel grassello di calce la sottile e robustissima rete di grafene, dando al nostro storico materiale vantaggi inaspettati. Il prodotto che è uscito dai laboratori lo abbiamo chiamato Calcene e lo abbiamo definito, a giusta ragione, la calce armata al grafene. Le sue caratteristiche stanno avendo e avranno un impatto straordinario sulle nostre città che ritroveranno i colori consumati da decenni di inquinanti e piogge acide con un prodotto storico e innovativo che non perde la sua naturalità, la sua origine minerale, la sua sostenibilità e la sua capacità di assorbire la CO2 mentre asciuga in parete”.

Alta adesione e flessibilità, lavabilità, elevata resistenza all’abrasione, alle intemperie, alle piogge acide e semplicità d’uso sono solo alcune delle caratteristiche innovative del Calcene: “Per questi motivi -sottolinea il Ceo Sandtex – riteniamo di essere davanti a un vero e proprio cambio di paradigma, alla prospettiva di ridare alle facciate dei nostri palazzi, in particolare quelli storici, l’antica bellezza e le tonalità di un tempo. Siamo già intervenuti in diversi cantieri che hanno dimostrato l’efficacia del trattamento, i più recenti a Torino e a Napoli. Ma, in collaborazione con Graphenstone, interventi simili sono stati compiuti a Barcellona, ad Alicante, in alcuni palazzi di Auckland, in Nuova Zelanda, e a Kiev, prima dell’inizio della guerra. Ma non solo. Il Calcene è stato utilizzato in diverse tipologie di edifici. Alberghi, negozi, ospedali e persino chiese. Come la Cattedrale di Panama, una costruzione del 1688 che ora ha ritrovato gli antichi colori e la straordinaria bellezza che, nel tempo, era stata, diciamo così, offuscata”. Due i principali lavori in corso in Italia. Torre Caselli è una villa di campagna dei marchesi Caselli ai Colli Aminei, un quartiere di Napoli. Vi abitò il pittore Antonio Bertè che vi tenne il suo studio fino agli inizi degli anni Novanta: “L’edificio -dice Martinetti- era stato abbandonato e risultava in rovina. Con la ristrutturazione e l’applicazione del Calcene in facciata, la costruzione è tornata a splendere nel rispetto del progetto originario. Stessa cosa a Torino, dove però ci siamo occupati degli interni di un palazzo storico che si trova in via Peyron. In particolare siamo intervenuti sulle scale dell’edificio e, anche in questo caso, abbiamo cancellato decenni e decenni di incuria e degrado. Il palazzo, fra le altre cose, è stato uno dei protagonisti della recente edizione di Open House, l’evento dedicato ai luoghi d’interesse in città: architettura, interior design, patrimonio storico, paesaggio urbano”.

Spazio, partita con successo missione Euclid. Importante ruolo Italia

Spazio, partita con successo missione Euclid. Importante ruolo ItaliaRoma, 2 lug. (askanews) – Lanciato con successo il satellite che misurerà gli spettri di milioni di galassie e studierà la materia e l’energia oscura. Determinante il contributo del nostro Paese attraverso l’Agenzia Spaziale Italiana, l’Istituto Nazionale di Astrofisica e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.

Euclid è un programma scientifico dell’ESA, uno dei più ambiziosi nel quale l’Italia, attraverso l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), gioca un ruolo da protagonista. Il satellite Euclid ospita un telescopio a specchio di 1,2 metri di diametro e due strumenti scientifici, il VIS (VISible Instrument) e il NISP (Near Infrared Spectrometer Photometer), che avranno l’obiettivo principale di osservare il cielo extragalattico con lo scopo di ottenere immagini con altissima risoluzione e misurare gli spettri di milioni di galassie. Lo scopo scientifico di Euclid è comprendere dettagliatamente la natura della materia oscura e dell’energia oscura, uno dei temi di maggiore interesse nell’astrofisica moderna in quanto queste due componenti, misteriose e invisibili, costituiscono il 95% della composizione dell’universo. La missione raggiungerà questo obiettivo attraverso l’osservazione e lo studio di due fenomeni cosmologici diversi e indipendenti: il lensing gravitazionale debole, cioè l’apparente distorsione dell’immagine delle galassie dovuta alla distribuzione non omogenea della materia oscura lungo la linea di vista, e le oscillazioni acustiche della materia visibile (detta barionica) e il clustering delle galassie. Questo studio combinato porrà vincoli sull’equazione che descrive le proprietà dell’energia oscura, potendo permettere di capire se, ad esempio, questa evolva con l’espansione cosmica o sia necessario considerare modifiche alla teoria della Relatività generale di Einstein. Euclid, che ha una massa di circa 2100 chilogrammi, è stato lanciato oggi dalla piattaforma numero 40 della base di Cape Canaveral Space Force Station con un vettore Falcon 9 e sarà posizionato, nelle prossime settimane, i in orbita attorno al punto lagrangiano L2, uno dei punti di equilibrio gravitazionale del sistema Sole-Terra, a 1,5 milioni di km dal nostro pianeta.

“Oggi è un altro importante giorno per lo spazio italiano sia sotto l’aspetto scientifico sia industriale. Il lancio di Euclid”, sottolinea Teodoro Valente, presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana “aprirà nuove strade alla comprensione di noi e dell’Universo che ci circonda. Missioni di questo calibro sono la conferma del ruolo che gioca la ricerca scientifica nello sviluppo della conoscenza e della crescita a tutto tondo. Un importante programma nel quale l’ASI ha coordinato un notevole insieme di realtà nazionali, un lavoro che ci permette di metterle a disposizione di un ambizioso progetto europeo il patrimonio di saper fare e che fa salire il nostro Paese sul palco dei protagonisti. Euclid, che ha visto la collaborazione di oltre 200 fra scienziati e ricercatori italiani, rappresenta una eccellenza che rende lustro alla filiera spaziale italiana”. L’ASI, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), ha guidato il team industriale che ha progettato e realizzato i contributi agli strumenti, formato da un’Associazione Temporanea d’Imprese con OHB Italia mandataria, SAB Aerospace e Temis mandanti mentre la leadership per la realizzazione della piattaforma è stata affidata da ESA a Thales Alenia Space Italia del gruppo Leonardo.

“Con il lancio di Euclid si inaugura una nuova era per la cosmologia”, commenta Marco Tavani, presidente INAF. “È sconcertante pensare come il 95 per cento dell’Universo continui a sfuggirci, nonostante gli enormi balzi nella comprensione del cosmo realizzati negli ultimi decenni. Cos’è la misteriosa materia oscura, che tiene insieme le strutture cosmiche e supera di circa cinque volte quella visibile? E l’energia oscura, ancor più elusiva, che guida l’attuale espansione accelerata del cosmo? Sono questi gli affascinanti interrogativi che affronterà Euclid, un’incredibile missione spaziale europea, di cui l’Italia è tra i maggiori partecipanti. Al nostro Paese fa capo infatti circa un quarto di tutto l’impegno necessario per realizzare e far funzionare il satellite, nonché per sfruttare i risultati scientifici della missione. L’Istituto Nazionale di Astrofisica ha il prestigioso e delicato compito di guidare l’intero Science Ground Segment, che coordina l’elaborazione e l’analisi dell’immensa mole di dati raccolti dalla sonda, una volta inviati a terra. Ha inoltre progettato il software per i due strumenti di bordo, il cervello scientifico della missione, e gestirà, una volta in volo, le operazioni di uno di essi, lo spettrografo per il vicino infrarosso NISP”.

Partita la missione Euclid dell’Esa: studierà l’Universo oscuro

Partita la missione Euclid dell’Esa: studierà l’Universo oscuroRoma, 1 lug. (askanews) – E’ partito il telescopio spaziale Euclid, la missione cosmologica dell’Agenzia spaziale europea concepita con l’obiettivo di esplorare l’evoluzione dell’Universo oscuro, quel 95% composto da materia oscura (25%) ed energia oscura (70%) ad oggi ancora sconosciuto. Il lancio è avvenuto da Cape Canaveral in Florida (Usa) a bordo del razzo Falcon 9 di SpaceX.

Per raggiungere il suo obiettivo scientifico la missione Euclid dell’Esa – a cui l’Italia contribuisce in maniera importante – andrà indietro nel tempo di 10 miliardi di anni, a metà dei quali l’Universo ha iniziato ad accelerare, osservando nell’arco di 6 anni – tanto è programmata per durare la missione, che potrà anche essere estesa – miliardi di galassie tracciando una mappa 3D del 36% del cielo fornendo informazioni sul ruolo della gravità e sulla natura dell’energia oscura e della materia oscura tra i temi di maggiore interesse dell’astrofisica moderna. Il veicolo spaziale (alto 4,7 metri con un diametro di circa 3,7 metri e una massa in orbita di poco meno di 2 tonnellate) è costituito da due componenti principali: il modulo di carico utile che comprende un telescopio di 1,2 m di diametro e due strumenti scientifici, VIS (VISible instrument – camera a lunghezza d’onda visibile) e NISP (Near-Infrared Spectrometer and Photometer – Spettrometro e fotometro nel vicino infrarosso, che ha visto anche il contributo della Nasa) e il modulo di servizio contenente i sistemi del satellite.

Euclid opererà a una distanza di 1,5 milioni di km dalla Terra (dove sono posizionati anche i telescopi spaziali Gaia e James Webb), la sua orbita operativa sarà attorno a un punto noto come punto di Lagrange 2 (L2), circa quattro volte più lontano dalla Terra di quanto non lo sia la Luna, un luogo ideale per osservare l’Universo in quanto l’attrazione gravitazionale del Sole e della Terra si bilanciano quasi esattamente. In oltre 10 anni di attività per arrivare al lancio, Euclid ha coinvolto 300 istituti, 21 nazioni (compresi gli Usa) e circa 5.000 persone. L’Italia, con la guida dell’Agenzia spaziale italiana, partecipa alla missione sia dal punto di vista scientifico che tecnologico a partire dalla responsabilità dello Scientific Ground Segment (SGS) sia per la pianificazione delle osservazioni e del primo controllo di qualità sia per la verifica delle prestazioni degli strumenti in orbita e della riduzione dei dati, dalla telemetria fino ai prodotti necessari per l’analisi scientifica. Il nostro Paese ospita anche uno dei 9 Science Data Center in cui si articola SGS, la cui progettazione e realizzazione è stata affidata ad Altec.

L’Italia ha inoltre fornito l’elettronica di controllo e acquisizione dei dati di VIS e NISP e la ruota che contiene gli elementi dispersori dello spettrometro, sottosistemi che sono stati realizzati dall’industria nazionale, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). Il software di bordo dei due strumenti è stato invece sviluppato da ricercatori dell’INAF. Molte le università coinvolte nella missione: Università di Bologna, Università di Ferrara, Università di Genova, Università Statale di Milano, Sapienza di Roma, Università Roma 3, Università di Torino, Università di Trieste, Università del Salento, SISSA, CISAS.

Thales Alenia Space (Thales 67% e Leonardo 33%) in Italia è primo contraente per la realizzazione del satellite della missione Euclid, integrato a Torino, ed è anche responsabile del suo modulo di servizio. Oltre all’antenna a banda K ad alto guadagno, realizzata nel sito di Roma, strumento dispiegabile e orientabile che consente di raccogliere e amplificare i segnali provenienti dai satelliti, Thales Alenia Space ha fornito anche il transponder X-band, dispositivo utilizzato per ricevere, amplificare e ritrasmettere segnali radio nella banda di frequenza X. Affinché si potessero osservare galassie così distanti, presso gli stabilimenti di Leonardo a Nerviano (MI) e Campi Bisenzio (FI), sono stati realizzati i micropropulsori a gas freddo e il Fine Guidance Sensor (FGS) un “sensore guida”, la versione ipertecnologica e ultraprecisa di un sestante capace di calcolare ogni due secondi l’orientamento del telescopio nello spazio con un’accuratezza finora mai raggiunta da un satellite europeo. Leonardo ha fornito poi i pannelli fotovoltaici che assicureranno l’alimentazione di tutti i sistemi del satellite. La missione è costata 1,4 mld di euro: circa 860 mln dal budget Esa (l’Italia è terzo contributore dell’agenzia spaziale europea con una quota di circa il 12%), 428 mln di euro dal Consorzio Euclid e circa 120 mln dalla Nasa. Dal punto di vista economico, l’Italia ha contribuito a Euclid con circa 80 milioni di fondi nazionali per la scienza, il Ground Segment e i contributi agli strumenti. Il mese successivo al lancio di Euclid sarà dedicato alla fase di commissioning, di verifica del satellite e degli strumenti, i successivi due mesi saranno destinati alle calibrazioni. I primissimi dati sono attesi per l’inizio del prossimo novembre.

Missione Euclid pronta al lancio: farà luce sull’Universo oscuro

Missione Euclid pronta al lancio: farà luce sull’Universo oscuroRoma, 28 giu. (askanews) – Tutto pronto per il lancio di Euclid, la missione cosmologica dell’Agenzia spaziale europea concepita con l’obiettivo di esplorare l’evoluzione dell’Universo oscuro, quel 95% composto da materia oscura (25%) ed energia oscura (70%) ad oggi ancora sconosciuto. Il lancio è programmato per sabato prossimo 1° luglio alle 17.11 ora italiana da Cape Canaveral in Florida (Usa) a bordo del razzo Falcon 9 di SpaceX, con una seconda opportunità di lancio il 2 luglio.

Per raggiungere il suo obiettivo scientifico la missione Euclid dell’Esa – a cui l’Italia contribuisce in maniera importante – andrà indietro nel tempo di 10 miliardi di anni, a metà dei quali l’Universo ha iniziato ad accelerare, osservando nell’arco di 6 anni – tanto è programmata per durare la missione, che potrà anche essere estesa – miliardi di galassie tracciando una mappa 3D del 36% del cielo fornendo informazioni sul ruolo della gravità e sulla natura dell’energia oscura e della materia oscura tra i temi di maggiore interesse dell’astrofisica moderna. Il veicolo spaziale (alto 4,7 metri con un diametro di circa 3,7 metri e una massa in orbita di poco meno di 2 tonnellate) è costituito da due componenti principali: il modulo di carico utile che comprende un telescopio di 1,2 m di diametro e due strumenti scientifici, VIS (VISible instrument – camera a lunghezza d’onda visibile) e NISP (Near-Infrared Spectrometer and Photometer – Spettrometro e fotometro nel vicino infrarosso, che ha visto anche il contributo della Nasa) e il modulo di servizio contenente i sistemi del satellite.

Euclid opererà a una distanza di 1,5 milioni di km dalla Terra (dove sono posizionati anche i telescopi spaziali Gaia e James Webb), la sua orbita operativa sarà attorno a un punto noto come punto di Lagrange 2 (L2), circa quattro volte più lontano dalla Terra di quanto non lo sia la Luna, un luogo ideale per osservare l’Universo in quanto l’attrazione gravitazionale del Sole e della Terra si bilanciano quasi esattamente. In oltre 10 anni di attività per arrivare al lancio, Euclid ha coinvolto 300 istituti, 21 nazioni (compresi gli Usa) e circa 5.000 persone. L’Italia, con la guida dell’Agenzia spaziale italiana, partecipa alla missione sia dal punto di vista scientifico che tecnologico a partire dalla responsabilità dello Scientific Ground Segment (SGS) sia per la pianificazione delle osservazioni e del primo controllo di qualità sia per la verifica delle prestazioni degli strumenti in orbita e della riduzione dei dati, dalla telemetria fino ai prodotti necessari per l’analisi scientifica. Il nostro Paese ospita anche uno dei 9 Science Data Center in cui si articola SGS, la cui progettazione e realizzazione è stata affidata ad Altec.

L’Italia ha inoltre fornito l’elettronica di controllo e acquisizione dei dati di VIS e NISP e la ruota che contiene gli elementi dispersori dello spettrometro, sottosistemi che sono stati realizzati dall’industria nazionale, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). Il software di bordo dei due strumenti è stato invece sviluppato da ricercatori dell’INAF. Molte le università coinvolte nella missione: Università di Bologna, Università di Ferrara, Università di Genova, Università Statale di Milano, Sapienza di Roma, Università Roma 3, Università di Torino, Università di Trieste, Università del Salento, SISSA, CISAS. Thales Alenia Space (Thales 67% e Leonardo 33%) in Italia è primo contraente per la realizzazione del satellite della missione Euclid, integrato a Torino, ed è anche responsabile del suo modulo di servizio. Oltre all’antenna a banda K ad alto guadagno, realizzata nel sito di Roma, strumento dispiegabile e orientabile che consente di raccogliere e amplificare i segnali provenienti dai satelliti, Thales Alenia Space ha fornito anche il transponder X-band, dispositivo utilizzato per ricevere, amplificare e ritrasmettere segnali radio nella banda di frequenza X.

Affinché si potessero osservare galassie così distanti, presso gli stabilimenti di Leonardo a Nerviano (MI) e Campi Bisenzio (FI), sono stati realizzati i micropropulsori a gas freddo e il Fine Guidance Sensor (FGS) un “sensore guida”, la versione ipertecnologica e ultraprecisa di un sestante capace di calcolare ogni due secondi l’orientamento del telescopio nello spazio con un’accuratezza finora mai raggiunta da un satellite europeo. Leonardo ha fornito poi i pannelli fotovoltaici che assicureranno l’alimentazione di tutti i sistemi del satellite. La missione è costata 1,4 mld di euro: circa 860 mln dal budget Esa (l’Italia è terzo contributore dell’agenzia spaziale europea con una quota di circa il 12%), 428 mln di euro dal Consorzio Euclid e circa 120 mln dalla Nasa. Dal punto di vista economico, l’Italia ha contribuito a Euclid con circa 80 milioni di fondi nazionali per la scienza, il Ground Segment e i contributi agli strumenti. Il mese successivo al lancio di Euclid sarà dedicato alla fase di commissioning, di verifica del satellite e degli strumenti, i successivi due mesi saranno destinati alle calibrazioni. I primissimi dati sono attesi per l’inizio del prossimo novembre.

DigithON, a Bisceglie l’appuntamento con l’innovazione

DigithON, a Bisceglie l’appuntamento con l’innovazioneRoma, 26 giu. (askanews) – Restano solo pochi giorni per candidare la propria startup a DigithON 2023: chiude il 30 giugno a mezzanotte la call for ideas per avere la possibilità di essere selezionati, tra centinaia di progetti già pervenuti da ogni parte d’Italia, per le fasi finali della più grande maratona digitale italiana che torna dal 31 agosto al 3 settembre a Bisceglie (BT). Anche l’ottava edizione di DigithON (con un’anteprima nel 2015) sarà una full immersion di quattro giorni nel mondo del digitale, e un’occasione di confronto e connessione tra idee innovative e imprese.

Gli inventors potranno misurarsi con le più brillanti realtà del panorama digitale italiano, potenziare il loro network di contatti, moltiplicare sinergie e occasioni di collaborazione con le aziende, dialogando in maniera diretta con i principali investitori. Non mancheranno oltre alla competition, core event della manifestazione, i grandi eventi in piazza aperti al pubblico: appuntamenti per approfondire con i protagonisti del mondo delle istituzioni, della cultura e delle imprese italiane e internazionali, i temi legati al mondo del digitale e il loro impatto sulla società e sull’economia.

E ancora, ci sarà spazio per interessanti momenti di formazione, con coding bootcamp, stage e sessioni di training gratuiti, realizzati in collaborazione con i partner della manifestazione, con docenti di alto livello e manager d’azienda con esperienza diretta di settore. “È possibile democratizzare l’intelligenza artificiale? Le democrazie avanzate hanno il dovere di porsi il quesito. La società digitale ha cambiato, con una velocità senza precedenti, le relazioni umane da un lato e il capitalismo dall’altro, con un’accelerazione mai vista prima nelle precedenti grandi rivoluzioni industriali. Oggi, al tempo dell’intelligenza artificiale, abbiamo il dovere di dare ai ragazzi tutte le opportunità possibili per essere protagonisti di questi passaggi e, per farlo, DigithON e Confindustria Bari e BAT non si limitano a rilanciare la call for ideas 2023 ma vogliono porre quesiti a imprese e istituzioni in Italia e in Europa”, spiega Francesco Boccia, fondatore di DigithON. “Come si può intervenire su tutti quei lavori le cui funzioni cambieranno per sempre? Oltre il 50% dei lavori cambiano pelle e per quelli che richiedono una laurea si arriva all’80%. Cambia ancora la formazione, dalla scuola a quella di tutti i giorni nelle imprese, il commercio, la comunicazione, il marketing, la progettazione a qualsiasi livello, tutti i servizi nessuno escluso, a partire da quelli alla persona come i sanitari a quelli finanziari e assicurativi; cambia ancora la società e noi abbiamo il dovere di renderla sempre più democratica e trasparente”, aggiunge Boccia.

“Siamo felicissimi di collaborare con DigithON sin dalla sua prima edizione, perché questa manifestazione attira in Puglia i talenti, le competenze e le intelligenze che sono la vera forza delle imprese e che noi dobbiamo cercare di trattenere in Puglia e in Italia senza farli più fuggire”, dichiara il presidente di Confindustria Bari e BAT Sergio Fontana. Da quest’anno, inoltre, in sinergia con EY nasce la EYCup: “Un percorso di mentorship con professionisti EY dedicato ai giovani laureandi e laureati under 30, attraverso cui aiuteremo diversi gruppi di giovani a sviluppare i loro prototipi innovativi che saranno presentati e valutati durante l’evento finale della Startup Competition DigithON”, spiega Luca Grivet Foiaia, Technology Consulting Leader di EY in Italia.

Per partecipare a DigithON 2023 basta registrarsi sul portale digithon.it, nato per creare sul web un luogo virtuale dove aggregare le startup italiane e, contemporaneamente, generare un punto di contatto con investitori, incubatori e acceleratori. La registrazione è completamente gratuita e ogni utente potrà inserire tutti i dettagli della propria startup: dalla descrizione al pitch video, slides e metriche di valutazione più tecniche quali stato dell’idea, numero di dipendenti e fatturato. Come in un social network, ogni iscritto potrà pubblicare i propri aggiornamenti per informare i potenziali investitori delle nuove milestones raggiunte. Tra tutti i progetti pervenuti entro la mezzanotte del 30 giugno 2023, 100 saranno ammessi alla valutazione del comitato scientifico che selezionerà i migliori per la finale. Durante la maratona gli inventors avranno 5 minuti a disposizione per il pitch della loro idea di business e risponderanno alle domande degli analisti e degli investitori per aggiudicarsi l’ambito trofeo DigithON 2023 che porta con sé anche un assegno di € 10.000, offerto da Confindustria Bari e BAT, e numerosi altri riconoscimenti tra borse di studio, promozione, grant economici e percorsi di accelerazione messi a disposizione dalle aziende partner, per un valore complessivo di oltre € 50.000. Per supportare e far vincere la propria startup preferita si può partecipare online attraverso la pagina web www.digithon.it; come sempre, anche il voto social, tramite i canali Facebook, Instagram e Twitter, avrà una specifica rilevanza ai fini della classifica finale. I vincitori di DigithON 2023 saranno annunciati la mattina del 3 settembre alle Vecchie Segherie di Bisceglie (BT), e riceveranno il premio dal Presidente di Confindustria Bari e BAT, Sergio Fontana.

Il microscopio che svela la composizione chimica dei campioni

Il microscopio che svela la composizione chimica dei campioniRoma, 23 giu. (askanews) – Un team di ricerca internazionale coordinato dall’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Consiglio nazionale delle ricerche di Milano (Cnr-Ifn), al quale hanno partecipato ricercatori del Dipartimento di fisica del Politecnico di Milano, della Columbia University di New York e della californiana Stanford University, ha sviluppato un innovativo microscopio ottico in grado di produrre, in modo più efficace rispetto ai sistemi attualmente in uso, immagini dettagliate della composizione chimica di un campione.

“Lo strumento rappresenta un importante passo avanti nel campo della microscopia e della spettroscopia, aprendo nuove prospettive per la ricerca nelle scienze dei materiali e nelle scienze della vita: potrà, infatti, contribuire allo studio di materiali bidimensionali innovativi, e alla rivelazione e caratterizzazione di microplastiche rinvenute nell’ambiente e all’interno di tessuti animali”, afferma il coordinatore della ricerca Cristian Manzoni (Cnr-Ifn). I benefici offerti dal microscopio derivano dall’inedita combinazione di due tecniche: la spettroscopia Raman e la spettroscopia a trasformata di Fourier. L’effetto Raman è un fenomeno fisico sfruttato da decenni per ottenere informazioni sulla composizione di un campione senza perturbarlo: permette, infatti, di ottenere mappe bidimensionali delle proprietà di un materiale o di un tessuto biologico.

Nel lavoro, pubblicato sulla rivista “Optica”, i ricercatori dimostrano – tramite la spettroscopia a trasformata di Fourier – di aver ridotto il tempo necessario per acquisire un’immagine dettagliata del campione rispetto a quello più lungo impiegato con i microscopi Raman, dovuto al fatto che essi misurano uno spettro per ogni punto mediante una scansione della sua superficie: un processo lento che richiede circa 1 secondo per ogni punto (pixel). La spettroscopia a trasformata di Fourier, infatti, – spiegano Cnr e Polimi – offre la possibilità di misurare in parallelo tutti i punti del campione, rimuovendo i filtri spaziali o spettrali impiegati nelle tecniche tradizionali: questo metodo, basato su una tecnica detta “interferometria”, combina un’elevata efficienza alla possibilità di acquisire contemporaneamente più dati sullo stesso campione.

Nel loro studio, i ricercatori hanno impiegato un interferometro birifrangente di eccezionale stabilità e ripetibilità; il sistema acquisisce mappe Raman e di fluorescenza con elevata risoluzione spaziale (inferiore a 1 micrometro) in un tempo fino 100 volte inferiore rispetto a quello impiegato dagli strumenti tradizionali. “Questo metodo permette anche di misurare separatamente i segnali Raman e quelli di fluorescenza, consentendo – in maniera inedita – di studiare entrambi i fenomeni sulla stessa area del campione, e di ottenere molte più informazioni spettrali rispetto alle tecniche tradizionali”, conclude Manzoni.

Spazio, Cira nel consorzio per sviluppo futuri lanciatori europei

Spazio, Cira nel consorzio per sviluppo futuri lanciatori europeiRoma, 23 giu. (askanews) – L’Agenzia Spaziale Europea (Esa) ha incaricato il consorzio guidato da Sener di contribuire a definire l’architettura dei futuri sistemi di lancio spaziali europei. Oltre a Sener (attraverso la sua controllata Sener Aerospace and Defence), il consorzio è formato da altre importanti aziende del settore spaziale europeo e centri di ricerca, come Beyond Gravity, il Centro Italiano Ricerche Aerospaziali (CIRA), Dassault, Elecnor Deimos, Pangea Aerospace, Thales Alenia Space Italia e il Von Karman Institute. Ad annunciarlo il Cira in una nota.

In particolare, il consorzio si occuperà dello studio di fattibilità e delle prove di concetto per lo sviluppo di una nuova famiglia di lanciatori europei riutilizzabili in grado di trasportare sia carichi utili che astronauti e basati su un innovativo concetto modulare che punta al riutilizzo, riducendo al minimo l’impatto ambientale per quanto riguarda detriti spaziali ed emissioni. Tali sistemi di lancio saranno composti da due stadi, entrambi riutilizzabili, con motori a combustibile liquido (concetto chiamato R-TSTO). Oltre a definire l’architettura di questi sistemi, – prosegue il Cira – il consorzio contribuirà alla definizione delle procedure operative e delle tecnologie abilitanti associate, insieme alle nuove strutture di gestione del programma. L’obiettivo è quello di fornire una visione consolidata dell’offerta a lungo termine dei servizi di lancio, massimizzando la copertura degli scenari di missione e dei casi d’uso.

Il consorzio seguirà la roadmap Esa per il trasporto spaziale dei prossimi decenni (Vision 2030+) e fornirà una visione specializzata, agnostica e complementare rispetto alle tecnologie disponibili sul mercato, offrendo un’alternativa indipendente rispetto ad altre soluzioni europee preesistenti. L’obiettivo è quello di contribuire alla realizzazione di uno dei principali fondamenti dell’Esa: rafforzare l’indipendenza tecnologica e la sovranità dell’Europa nell’accesso allo spazio e aumentare la sua competitività complessiva nel settore spaziale.

Il satellite Prisma per monitorare stato di salute delle foreste

Il satellite Prisma per monitorare stato di salute delle foresteRoma, 22 giu. (askanews) – Misurare la concentrazione di azoto nelle foglie osservando dallo spazio le foreste italiane. È la sfida del progetto di ricerca FOREST-NC, coordinato dall’Università di Bologna e realizzato nell’ambito della missione Prisma dell’Agenzia Spaziale Italiana. La nuova tecnologia permetterà di valutare da un lato la fertilità del suolo, dall’altro gli effetti dell’inquinamento atmosferico, monitorando lo stato di salute delle piante e il livello di benessere dell’ecosistema.

“I modelli matematici utilizzati oggi per questo tipo di indagini assumono che le foreste siano tutte più o meno uguali”, dice Federico Magnani, professore al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università di Bologna e responsabile scientifico di FOREST-NC. “Grazie ai risultati di questo progetto, invece, contiamo di riuscire a rappresentare finalmente la varietà di condizioni e di potenzialità delle foreste, migliorando la rappresentazione del loro contributo alla lotta al cambiamento climatico”. Le foreste – che in Italia coprono un terzo della superficie del paese – si comportano come importanti serbatoi e fissatori di carbonio atmosferico. Si stima che a livello europeo (senza considerare quelle della Siberia o del Brasile) contribuiscano a controbilanciare una quota compresa tra il 16 e il 17 per cento delle emissioni antropogeniche di carbonio.

Questa preziosissima caratteristica delle foreste è però minacciata da una serie di fattori di disturbo. Uno dei principali è l’aumentata presenza di azoto, che viene immesso in atmosfera sia dall’inquinamento generato dai motori a combustione interna che dall’utilizzo dei fertilizzanti agricoli. Queste emissioni inquinanti hanno prodotto negli ultimi decenni un brusco aumento delle deposizioni atmosferiche di azoto sugli ecosistemi naturali, portando in alcuni casi a una saturazione del sistema, inquinando le falde e arrivando a danneggiare le piante. “Questo aumento della concentrazione di azoto ha un duplice effetto”, spiega Magnani. “Da un lato, essendo le nostre foreste tipicamente povere di azoto, la sua deposizione funge da fertilizzante, ma dall’altro lato quando l’azoto diventa troppo, allora gli effetti sono negativi e occorre quantificarli”. Per farlo, il progetto FOREST-NC sta mettendo a punto una tecnologia innovativa basata sulle osservazioni del satellite Prisma dell’Agenzia spaziale italiana, in grado di calcolare la quantità di azoto presente nelle foglie degli alberi. L’azoto è infatti la componente fondamentale delle proteine coinvolte nella fotosintesi. A seconda del contenuto di queste proteine – e quindi di azoto – le foglie assorbono in diversa misura la luce ad una determinata lunghezza d’onda, che Prisma è in grado di rilevare.

“Sapere quante di queste proteine sono presenti nelle foglie significa ottenere un indice del loro stato di salute, ma anche una stima della capacità di fotosintesi delle nostre foreste”, spiega Magnani. “In questo modo, con uno strumento unico riusciamo ad avere non solo un’indicazione degli effetti dell’inquinamento atmosferico, ma anche un tassello fondamentale per riuscire a predire, con i nostri modelli matematici, quanto carbonio stanno catturando le foreste e come questo influisce di conseguenza su altri fattori, come il clima”. Il satellite Prisma, eccellenza dell’Agenzia Spaziale Italiana, è oggi in fase sperimentale, ma anche grazie ai risultati del progetto FOREST-NC – evidenzia Unibo – la metodologia potrebbe essere utilizzata in futuro dall’Agenzia Spaziale Europea a livello globale, all’interno di una collaborazione in cui l’Italia svolgerà un ruolo di primo piano. Raccogliendo informazioni che possono rivelarsi fondamentali non solo per il monitoraggio scientifico delle foreste e degli ecosistemi, ma anche per guidare le decisioni politiche sulla lotta all’inquinamento e al cambiamento climatico a livello regionale, nazionale e sovranazionale.