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Nave contro la banchina del porto di Napoli, 29 feriti in ospedale

Nave contro la banchina del porto di Napoli, 29 feriti in ospedaleNapoli, 19 apr. (askanews) – E’ di 29 feriti, di cui una donna in codice rosso, il bilancio provvisorio della collisione avvenuta questa mattina tra una nave veloce con una banchina del Molo Beverello. Sul posto sono arrivate diverse ambulanze. Sono 13 le persone in codice verde, 7 in codice giallo e uno in codice rosso. Mentre altre 8 sono giunte in ospedale con mezzi propri. Sul luogo dell’incidente è stato allestito un PMA (Posto Medico Avanzato) e dal coordinatore soccorsi è stato richiesto ulteriore invio di ambulanze.

Migranti, archiviate le accuse per le navi delle Ong: accuse infondate

Migranti, archiviate le accuse per le navi delle Ong: accuse infondateRoma, 19 apr. (askanews) – “È caduta la maxi-inchiesta avviata dalla procura di Trapani nel 2016, la prima della triste epoca di propaganda che ha trasformato i soccorritori in ‘taxi del mare’ e ‘amici dei trafficanti’. Il giudice ha chiuso definitivamente il caso decretando l’infondatezza delle accuse e spazzando via qualunque sospetto di collaborazione con i trafficanti”. Così informano le Ong chiamate in causa davanti al gup di Trapani.


“L’indagine – si aggiunge – che ha coinvolto Medici senza frontiere e altre Ong, ha visto un mastodontico impianto accusatorio basato su illazioni, intercettazioni, testimonianze fallaci e un’interpretazione volutamente distorta dei meccanismi del soccorso per presentarli come atti criminali”. “Gli attacchi alla solidarietà continuano attraverso uno stillicidio di altre azioni: decreti restrittivi, detenzione delle navi civili, supporto alla guardia costiera libica che ostacola pericolosamente i soccorsi e alimenta sofferenze e violazioni, mentre le morti in mare continuano ad aumentare”, ha detto Christos Christou, presidente internazionale di Msf.

Marina Brambilla è la nuova rettrice dell’Università Statale Milano, è la prima donna

Marina Brambilla è la nuova rettrice dell’Università Statale Milano, è la prima donnaRoma, 18 apr. (askanews) – Marina Brambilla, professoressa di Linguistica tedesca, è la nuova Rettrice dell’Università Statale di Milano, a decorrere dal 1° ottobre 2024 e fino al 30 settembre 2030. Prima donna a essere proclamata Rettrice nella storia della Statale, è stata eletta, nell’anno del Centenario dell’Ateneo, al ballottaggio con 1652 preferenze contro le 645 ottenute dall’altro candidato, Luca Solari; 265 le schede bianche.


Marina Brambilla, 50 anni, dal 2018 è Prorettrice per i servizi per la didattica e i servizi. Presiede il Centro Linguistico di Ateneo – SLAM e l’Osservatorio per il diritto allo studio, che ha contribuito a creare. È referente della rete PNRR Orientamento e delegata del Comitato dei Rettori delle Università Lombarde (CRUL) per l’orientamento e rappresenta l’Ateneo presso i consorzi CISIA e Almalaurea. Dal 2012 al 2014 è stata delegata del rettore per l’Erasmus e, dal 2014 al 2018, per Orientamento e Placement. Tra i punti del suo programma: rendere Campus Mind e Città Studi centri del sapere di riferimento per le scienze sociali, umane e scientifiche, a livello nazionale e internazionale, valorizzare la ricerca scientifica, creare nuove infrastrutture, consolidare i poli di medicina con il territorio, rafforzare i rapporti con il sistema sanitario nazionale e i poli di ricerca scientifici, porre attenzione alla componente studentesca sia sotto il profilo dell’offerta formativa che dei servizi, sviluppare il welfare inteso non solo come benessere della persona ma anche come crescita formativa, valoriale ed economica. Obiettivi che intende raggiungere rispettando e tutelando l’eredità di ciò che l’Ateneo è per Milano e costruire insieme ciò che l’Ateneo sarà, in una prospettiva nazionale e internazionale.

Daniele Novara su voti sintetici: “Pericolosi, le firme al Quirinale”

Daniele Novara su voti sintetici: “Pericolosi, le firme al Quirinale”Roma, 18 apr. (askanews) – “Non finisce qui. Non ci rassegniamo al voto del Senato che ha approvato la reintroduzione dei giudizi sintetici alla primaria. Porteremo al Quirinale le oltre otto mila firme raccolte per bloccare questo colpo di mano sulla valutazione”: a fare appello al capo dello Stato sono il pedagogista Daniele Novara e il maestro Alex Corlazzoli, pronti a scrivere al presidente Sergio Mattarella, prima che il Ddl arrivi alla Camera dei Deputati per la fase finale.


Mercoledì 17 aprile l’aula di Palazzo Madama ha approvato il Disegno di Legge sul voto di comportamento nella scuola secondaria che attraverso un emendamento proposto dal Governo reintroduce gli aggettivi “gravemente insufficiente”, “insufficiente”, “sufficiente”, “discreto”, “buono” e “ottimo” nelle pagelle della primaria riportando di fatto la Scuola al passato. “La scuola dei voti e dei giudizi è dal punto di vista culturale”, commenta Daniele Novara “un vero e proprio reperto archeologico. La Scuola italiana è vittima di questa cultura che la trasforma in un luogo di espiazione e sofferenza, in una gara che ben pochi alunni riescono a vincere come ci ricordano i dati sulla dispersione scolastica e i Neeet e la riduzione del numero di laureati. Il ministero e Valditara hanno deciso di rafforzare questa visione della scuola come posto che accentua il giudizio piuttosto che luogo dove il desiderio di imparare si libera della paura di subire giudizi, ritorsioni e sofferenze inutili”.


“Dove ci porterà questa ossessione ministeriale che ha pure reintrodotto il voto di condotta come possibile bocciatura?”, si chiede ancora il pedagogista. “Siamo di fronte ad una svolta pericolosa. Il mondo pedagogico si è quasi nella sua interezza schierato contro questa proposta perché ne va della stessa base scientifica della pedagogia. Auspichiamo in un ripensamento”, aggiunge. Parole che accompagnano una proposta di Corlazzoli ai suoi colleghi: “Il voto al Senato toglie la maschera ai nostri politici di maggioranza e al ministro che hanno dimostrato tutta la loro scarsa conoscenza sull’infanzia. È difficile immaginare un bambino felice di prendere un ‘gravemente insufficiente’ al posto di ‘in via d’acquisizione’. Valditara ha provato in questi mesi ad anestetizzare l’opinione pubblica con una propaganda che accontenta chi pensa che la valutazione debba essere semplificazione. Non ci resta che l’obiezione di coscienza. Non solo continuare a valutare in itinere come si vuole ma boicottando la norma introdotta. Alberto Manzi, si oppose al voto in pagella mettendo il timbro: ‘Fa quel che può. Quel che non può non fa’. Noi oggi non possiamo mettere un timbro ma possiamo dare un ‘ottimo’ a tutti i nostri alunni per non cadere nel tranello di far diventare il giudizio il solo protagonista ingombrante delle nostre lezioni”.


La petizione, promossa dal pedagogista Daniele Novara e dal maestro Alex Corlazzoli insieme a Damiano Tommasi a Silvia Vegetti Finzi a Chiara Saraceno, ad Alberto Pellai, Alex Zanotelli con Carlotta Natoli, Moni Ovadia, Pierfrancesco Favino, Stefano Accorsi, Luca Zingaretti e tanti altri pedagogisti e intellettuali, ha raccolto 8.313 firme ed è stata lanciata il 22 febbraio su https://www.change.org/NoVotiNumericieGiudiziSintetici

Sanzione dell’Antitrust a TikTok per contenuti pericolosi per i minori

Sanzione dell’Antitrust a TikTok per contenuti pericolosi per i minoriRoma, 17 apr. (askanews) – “L’Autorità ha sanzionato Tik Tok in relazione a taluni contenuti pericolosi veicolati ai segmenti dell’utenza più esposti in termini di sicurezza, vale a dire i minori, attraverso un sistema di raccomandazione basato sulla profilazione e volto ad accrescere le interazioni e il tempo speso online”. Lo ha riferito il presidente dell’Antitrust, Roberto Rustichelli, illustrando la relazione annuale dell’Autorità.


Riferendo sulle attività svolte, Rustichelli ha spiegato che “l’Autorità è intervenuta per assicurare il rispetto degli obblighi di diligenza gravanti sulle piattaforme digitali che offrono servizi ai consumatori in assenza di un corrispettivo monetario. In questi casi, occorre evitare che l’adozione di pratiche aggressive volte a dilatare il tempo di fruizione del servizio da parte dei consumatori, anche attraverso tecniche di profilazione algoritmica, determini un pregiudizio più intenso proprio per le categorie di utenti più vulnerabili”.

Studenti della Sapienza incatenati e in sciopero della fame

Studenti della Sapienza incatenati e in sciopero della fameRoma, 17 apr. (askanews) – Dopo gli scontri di ieri con la polizia, gli studenti dell’università La Sapienza di Roma del collettivo Cambiare rotta hanno deciso di “intraprendere uno sciopero della fame incatenati sotto al rettorato del nostro ateneo”.


Gli studenti hanno scritto un “Appello a democratici, pacifisti e società civile a sostenere le richieste di studenti e accademici nelle università per fermare il genocidio in Palestina” con il quale, si legge sui social del collettivo, “ci rivolgiamo a tutti coloro le cui coscienze sono scosse dalle terribili immagini del genocidio in corso a Gaza, dalla preoccupante condizione in cui versano tutti i territori palestinesi sotto attacco continuo, e dalla possibilità sempre più reale di una escalation generalizzata della guerra in Medio oriente e non solo. Siamo arrivati alla scelta di questa forma di protesta non violenta, dopo mesi di una mobilitazione eterogenea e diffusa che ha visto in diversi settori della società una presa di posizione netta contro le guerre, per un cessate il fuoco, per fermare l’escalation in corso che rischia di trascinare il mondo in una terza guerra mondiale a pezzi. A tutto questo però è corrisposto soltanto un preoccupante avvitamento antidemocratico che nei casi più estremi si è tradotto anche in manganelli e violenza repressiva su studenti e studentesse, tanti gli ultimi eventi noti”. “È poi proprio nell’università, da tempo fulcro della coscienza critica, che una convergenza di professori, ricercatori, studenti e studiosi di ogni genere, ha messo all’ordine del giorno la necessità di mettere fine alle collaborazioni di ricerca e didattiche che legano la formazione all’industria della guerra e ad Israele, e in alcuni atenei come quelli di Torino, Pisa, Bari, Napoli e Milano questa battaglia ha conquistato alcune importanti vittorie. Oggi tuttavia, guardandoci attorno, non riusciamo a vedere altro che l’urgenza di fare di più e fare meglio: siamo in sciopero della fame perché il nostro Paese non è ancora disposto ad adoperarsi per costruire le condizioni per la pace, ma non c’è più tempo di aspettare”.


“E siamo incatenati e in sciopero della fame al rettorato della Sapienza perché è dal cuore della più grande università d’Europa che ottenere un passo indietro da chi è complice di un genocidio, può produrre un importante cambiamento. Dai vertici dell’amministrazione però fino ad oggi non sono arrivati segnali positivi. Al contrario, la Rettrice Antonella Polimeni insiste nello squalificare le proteste degli studenti e nel silenziare le rivendicazioni del mondo accademico che pone la questione etica dell’utilizzo militare della ricerca scientifica. Un atteggiamento, quello della Rettrice della Sapienza, che distrae dal fulcro della questione che si vorrebbe mettere sotto il tappeto: l’ateneo, anzi la sua governance e in primis la Rettrice stessa, hanno le mani sporche del sangue dei palestinesi”. “Le hanno perché collaborano quotidianamente con università sorte in Palestina su territorio occupato, colonie la cui stessa esistenza è un crimine per il diritto internazionale; collaborano con le aziende produttrici di armi, come il campione internazionale Leonardo s.p.a. a partecipazione israeliana; collaborano con Israele a fini di ricerca che, come sostenuto anche dalle migliaia di accademici firmatari della Lettera contro il bando MAECI e da numerosi esperti, mettono il sapere a servizio di prodotti e tecnologie ad ‘uso duale’: sviluppate per uso civile, finiscono direttamente nell’arsenale di tecnologie impiegate nelle guerre in tutto il mondo. Per questo, come studenti, riteniamo che la Rettrice debba fare un passo indietro urgentemente, perché di fronte al genocidio del popolo palestinese e al rischio di un conflitto generalizzato, questa è l’unica scelta giusta”.


“Ci appelliamo qui a tutti i soggetti democratici, pacifisti e della società civile a sostenerci in queste ore e a dare risonanza a questo percorso che vuole lo sganciamento da qualsiasi complicità e fermare l’escalation. Chiediamo inoltre che la rettrice convochi urgentemente un momento di confronto largo e aperto tra tutte le componenti dell’Ateneo per far emergere con forza le ragioni di chi vuole il cessate il fuoco immediato e la fine del genocidio a Gaza. Invitiamo tutti gli studenti, docenti, ricercatori e chiunque sia a favore della pace ad unirsi a noi nelle proteste di questi giorni”, conclude il collettivo.

Istat: effetti del cambio del clima più evidenti: +36 giorni di caldo intenso

Istat: effetti del cambio del clima più evidenti: +36 giorni di caldo intensoRoma, 17 apr. (askanews) – “Nel 2023, gli effetti dei cambiamenti climatici sono sempre più evidenti in termini di estremi di temperature (massima, minima e media) e di distribuzione eterogenea delle quantità di precipitazione rispetto al periodo climatico di riferimento, come si evince dagli indicatori sui fenomeni estremi connessi all’intensità del caldo (+36 giorni rispetto al periodo di riferimento 1981-2010) e al prolungarsi degli eventi siccitosi (+5,5 giorni consecutivi senza pioggia)”. Lo scrive l’Istat nel Rapporto BES 2023 presentato oggi.


“La preoccupazione dei cittadini per i cambiamenti climatici (70,8% di persone di 14 anni e più) e l’indicatore di soddisfazione per la situazione ambientale (69,1%) si confermano su livelli simili al 2019. La preoccupazione per la perdita di biodiversità, invece, rimane superiore rispetto al 2019, nonostante la diminuzione rispetto al 2022 (23,0%, contro il 23,9% del 2022 e 22,2% del 2019)”. Secondo l’Istat inoltre, “le molteplici azioni messe in campo nel nostro Paese per avviare la transizione non hanno prodotto ancora i risultati auspicati. Diversi indicatori mostrano come la ripresa delle attività economiche e sociali, successiva alla crisi pandemica, abbia concorso all’aumento delle pressioni sull’ambiente e – conseguentemente – dello stato dell’ambiente stesso”.


In particolare nel 2022, rispetto all’anno precedente, peggiora la qualità dell’aria (76,2% di superamenti della soglia di riferimento, contro il 71,7% del 2021), dopo un periodo di costante miglioramento; aumentano le emissioni di CO2 , che tornano ai livelli del 2019 (7,3 tonnellate per abitante in entrambi gli anni); cresce il consumo di materiale interno (516 milioni di tonnellate, contro 505 del 2021 e 499,5 del 2019) e diminuisce la produzione di energia da fonti rinnovabili (30,7% di energia consumata da fonti rinnovabili, contro il 35,1% del 2021 e il 34,9% del 2019). Inoltre non migliorano il consumo di suolo (7,14% della superficie complessiva, contro il 7,11% nel 2021 e 7,07% nel 2019) e la dispersione di acqua potabile dalle reti comunali di distribuzione, il cui alto livello rimane stabile in tutto il periodo (42,4% dell’acqua immessa in rete). Fa eccezione il miglioramento degli indicatori sulla produzione di rifiuti urbani (492,3 chilogrammi per abitante, contro 500,5 nel 2021 e 503,0 del 2019) e sul loro conferimento in discarica (17,8% dei rifiuti urbani prodotti). In particolare, quest’ultimo indicatore risulta in costante diminuzione a livello nazionale nonostante la gestione del conferimento a livello regionale sia fortemente differenziata.

Accusato di odio razziale e apologia della Shoah, arrestato un 29enne a Milano

Accusato di odio razziale e apologia della Shoah, arrestato un 29enne a MilanoMilano, 17 apr. (askanews) – Propaganda e istigazione a delinquere finalizzate all’odio razziale e religioso, aggravate dall’apologia della Shoah: per queste accuse un 29enne è stato arrestato a Milano dalla polizia che ha anche eseguito perquisizioni locali e personali nei confronti del padre del giovane (un cittadino italiano di origini egiziane) e di altri tre individui che hanno sostenuto e incitato le sue esternazioni sui social. E’ l’esito di un’indagine condotta dai poliziotti della Sezione Antiterrorismo Internazionale della Digos di Milano e dalla Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione.


Secondo la ricostruzione degli investigatori l’uomo, residente nel Milanese, all’indomani dei tragici fatti del 7 ottobre 2023, aveva diffuso online esternazioni di chiara matrice antisemita ed apologetiche delle azioni terroristiche di Hamas, dichiarandosi in procinto di intraprendere il jihad e raggiungere il martirio combattendo: oltre alla pubblicazione sul proprio profilo di numerose foto che lo immortalavano in costante allenamento fisico per prepararsi all’impegno bellico, lo stesso aveva effettuato ricerche sul web sui voli disponibili per raggiungere i teatri di guerra mediorientali. Il giovane, oltre ad aver avviato chat WhatsApp e Instagram con numerose persone che gli parevano attestate sulle stesse posizioni radicali e nelle quali ha manifestato aperto sostegno alle azioni di Hamas palesando al contempo un odio ossessivo verso lo Stato e il popolo ebraico, ha condotto, tramite i propri profili social, una quotidiana, incessante e sistematica attività di condivisione di contenuti di analogo tenore con differenti e articolate modalità.


Ha pubblicato più volte notizie e materiale di propaganda acquisite su canali tematici – tra cui gli organi mediatici ufficiali dell’ala militare di Hamas e di Hezbollah – traducendole in lingua italiana e talvolta modificandole per renderle maggiormente appetibili. Ha rilanciato le riposte di approvazione ricevute in privato, condividendole in numerosi e quotidiani post pubblici che fungevano da volano di propaganda per contenuti ed esternazioni di sostegno alle citate organizzazioni terroristiche, col dichiarato obiettivo di invitare i fratelli ad arruolarsi invece di nascondersi. Una delle perquisizioni è stata effettuata in Svizzera da una pattuglia mista italo-elvetica nei confronti di un uomo già noto alle autorità italiane per la vicinanza agli ambienti dell’estrema destra milanese.

La testimonianza dell’ex ambasciatore al Cairo: segni di torture sul corpo di Regeni

La testimonianza dell’ex ambasciatore al Cairo: segni di torture sul corpo di RegeniRoma, 16 apr. (askanews) – “Andai di persona nell’obitorio dove era tenuto il corpo di Giulio. Erano evidenti segni di torture, dei colpi ricevuti su tutto il corpo con ematomi e segni di fratture e tagli”. Lo ha detto l’ex ambasciatore italiano al Cairo, Maurizio Massari, nel corso della sua audizione come testimone nel processo per il sequestro, la tortura e l’omicidio di Giulio Regeni. Sotto accusa, davanti alla corte d’assise di Roma, ci sono quattro 007 egiziani.


Il diplomatico, che oggi rappresenta l’Italia alle Nazioni Unite, ha ricostruito i giorni della scomparsa di Giulio. “La prima volta che mi venne fatto il nome di Regeni fu la notte del 25 gennaio del 2016 – ha raccontato Massari – Ricordo di avere ricevuto intorno alle 23.30 una telefonata di un professore italiano che mi disse di non avere più notizie di lui da alcune ore e che non si era presentato ad un appuntamento che avevano quella sera e il cellulare risultava spento”. Subito venne avvisato il capocentro dell’Aise in ambasciata. Però non risultava alcuna notizia su Regeni. Il 2 febbraio, dopo che la notizia della sparizione di Regeni era diventata ufficiale, l’ambasciatore venne ricevuto dal ministro dell’interno d’Egizitto. “Non avemmo alcuna notizia sulle sorti di Giulio, ma il ministro fece dei riferimenti alle videocamere della metropolitana del Cairo dalle quali non risultava alcun passaggio di Giulio la sera del 25 gennaio”.


Poi Massari ha aggiunto: “Ricordo poi che ho ricevuto alcuni messaggi dalla tutor di Regeni presso l’università americana al Cairo. Fu lei a dirimi dove si trovava il corpo, mi consigliò di recarmi lì e di insistere affinchè l’autopsia non venisse effettuata in Egitto”.

E’ morto Carlo Di Cicco. Giornalista della pace e del sociale

E’ morto Carlo Di Cicco. Giornalista della pace e del socialeRoma, 15 apr. (askanews) – Schivo e riservato ma preparatissimo e dalle profonde convinzioni etiche e sociali “senza se e senza ma”. Insomma, “un giornalista di altri tempi”, si potrebbe dire oggi. Così lo ricordano colleghi e quanti lo hanno conosciuto in questi quasi 50 anni di attività giornalistica. Se ne è andato, all’età di 79 anni e dopo una breve malattia Carlo Di Cicco, il giornalista “della pace e del sociale” che può essere a buon diritto annoverato tra i comunicatori “della e per la pace”, e del sociale. Tra i pionieri di un settore, quest’ultimo, fino a poco tempo fa, poco considerato e raccontato dalla grande stampa. Una vita passata da cronista vaticano prima e “sociale” poi all’agenzia Asca che contribuì a lanciare e per la quale svolse anche un importante lavoro sindacale nel Cdr. Una professionalità la sua che ebbe una sorta di conferma, con la chiamata, nell’ultima fase della sua vita professionale, Oltretevere quale Vice-Direttore de L’Osservatore Romano, che contribuì a guidare negli anni non semplici del pontificato di Papa Ratzinger. Fu lo stesso pontefice tedesco a chiamarlo perché positivamente colpito da un suo argomentatissimo libro: “Ratzinger. Benedetto XVI e le conseguenze dell’amore” del maggio 2006, (per le Edizioni Memori) nel quale – controcorrente – descriveva un pontefice dai tratti e dagli indirizzi completamente differenti da quelli presentati dalla stampa in quegli anni. Una lettura “altra” e del tutto inedita che colpì i vertici Vaticani per l’acutezza delle analisi oltre gli schemi ormai cuciti addosso a quello che fu subito bollato come “il Pastore tedesco”. Un libro, mi permetto di dire, che molti “esperti” dovrebbero riscoprire e rileggere, come contributo a disinnescare tante spigolosità e incomprensioni che si vogliono far scoppiare (per lo più artatamente) anche in questi ultimi anni all’interno della Chiesa guidata da un pontefice, come Francesco, molto amato dallo stasso Di Cicco. Ma Carlo Di Cicco è stato molto altro. Nato in un paesino nei pressi di Cassino, si trasferì giovanissimo in una Roma dai tratti pasoliniani vivendo un periodo della sua vita in quelli che erano i “borghetti” alla periferia della città, così ben descritti dall’artista friulano. Forse qui, tra quelli che Papa Francesco ha definito gli “scarti” ignorati da una società che non ama “le periferie”, sviluppò ancor di più la sua sensibilità sociale, tanto che fu l’ultimo a lasciare quel posto fatto di lamiere e baracche quando fu certo di una sicura collocazione per le famiglie che vi abitavano. Poi l’impegno per un giornalismo che, insieme a tanti altri settori della società italiana, ancora avevano il sogno e l’ambizione di cambiare la società. Ed è in questa dimensione che va sempre inquadrato, con testardaggine e poco margine ai compromessi, il suo impegno professionale che portò Carlo fino a diventare redattore capo all’Asca. L’ultima sua battaglia nella agenzia per la quale spese buona parte della sua vita fu di creare una redazione “Sociale” in cui credette con totale impegno, tanto da introdurre, per la prima volta in Italia, la figura del redattore sociale. Che assicurasse un flusso quotidiano e continuo di notizie su fatti e politiche che riguardassero le realtà marginali della società, il volontariato e il terzo settore, argomenti quali le droghe, il carcere, la salute negata e poi i migranti e le disabilità. Insomma tutte quelle che, soprattutto in quegli anni, erano considerate “non-notizie” con fasce di popolazione che non servivano né al consenso, né all’economia. In questo percorso si inserisce anche l’impegno di Di Cicco per la pace. Una “vocazione” che visse sulla sua pelle da obiettore di coscienza. Anche qui una scelta radicale e senza compromessi che lo portò fin nelle celle di un carcere militare per non tradire le sue convinzioni di pacifista assoluto. Amico di Pax Christi, militante di questa realtà associativa (per 10 anni ne fu direttore del Bollettino nazionale), fu amico dei vescovi Tonino Bello e Luigi Bettazzi. Le sue acute analisi, che non ha mai smesso di regalarci fino a pochi giorni prima della sua morte collaborando con alcuni siti, si sono anche esplicate attraverso la pubblicazione di alcuni libri. Oltre a quelli su Papa Ratzinger, sono da ricordarne altri. Tra questi: “I guardiani dei sogni con il dito sul mouse”, “Ti Credevo un altro”, “Se ti leggo amerò per sempre”, oltre ad una analisi su “Cuba, tra Francesco e Obama” del 2016.


Alle persone a lui più care e alla grande famiglia dell’Asca le più sentite condoglianze della direzione di Askanews.