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Il talento di tre campioni nel libro “I moschettieri del rugby”

Il talento di tre campioni nel libro “I moschettieri del rugby”Roma, 21 gen. (askanews) – Rai Libri presenta “I moschettieri del rugby” di Niccolò Cannone, Lorenzo Cannone e Ross Vintcent.


Tre campioni del rugby dalle carriere straordinarie. A unirli il talento, la passione per la palla ovale, il successo nei club e con la maglia azzurra. Niccolò Cannone, Lorenzo Cannone e Ross Vintcent affidano alle pagine del libro il racconto delle loro imprese agonistiche: dal debutto alla popolarità, fino all’esordio e all’affermazione in Nazionale. Uno sport duro e nobile, nel quale convivono forza fisica, rispetto dell’avversario e spirito di sacrificio. A emergere sono i valori condivisi, le emozioni e le soddisfazioni di una disciplina che guadagna sempre più tifosi anche in Italia. Dopo un 2024 da record, per l’Italrugby già si profilano nuove sfide, nuovi traguardi, nuovi obiettivi: i moschettieri del rugby sono pronti a scendere in campo. “I moschettieri del rugby” di Niccolò Cannone, Lorenzo Cannone e Ross Vintcent, edito da Rai Libri, è in vendita nelle librerie e negli store digitali dal 22 gennaio 2025 (“Euro: 19,00).


Niccolò Cannone, fiorentino, seconda linea, ha scoperto la passione per la palla ovale intorno ai quattordici anni e da allora non ha più smesso di giocare, approdando alla Benetton Treviso e da lì in Nazionale nel 2020. Lorenzo Cannone ha seguito le orme del fratello Niccolò e dopo l’Accademia di Rugby si è ritagliato un posto come numero 8 nella Benetton Treviso. Ha esordito con la maglia azzurra nel 2022.


Ross Vintcent, italo-sudafricano nato a Johannesburg, ha cominciato a giocare a rugby a cinque anni. Studia Economia a Exeter, in Inghilterra, e gioca negli Exeter Chiefs. A livello internazionale ha deciso di competere nell’Italrugby ed è sceso in campo in azzurro per la prima volta nel Sei Nazioni del 2024, come terza linea centro.

Giornata della Memoria, torna il monologo “Storia di un uomo magro”

Giornata della Memoria, torna il monologo “Storia di un uomo magro”Roma, 20 gen. (askanews) – A vent’anni della risoluzione dell’Onu 60/7 che ha istituito “La Giornata della memoria” per commemorare le vittime dell’Olocausto, ritorna il monologo teatrale “Storia di un uomo magro”, regista e attore Paolo Floris. Il programma della tournée 2025 (la nona) è stato presentato stamane nell’aula del Consiglio comunale di Bosa (Oristano) alla presenza del sindaco Alfonso Marras, della preside Rossella Uda con gli studenti delliceo classico dove si svolgerà una della manifestazioni pubbliche. Con Paolo Floris, siterranno 16 rappresentazioni in 14 località di sei Regioni italiane (Emilia, Toscana, Lombardia, Piemonte, Marche e Sardegna). L’organizzazione è dell’Associazione “Pane& Cioccolata APS” col sostegno della “Fondazione di Sardegna”, la collaborazionedelle amministrazioni comunali e di tante scuole. All’iniziativa hanno collaborato diversi Istituti storici per la Resistenza, l’Anpi (Associazione nazionale partigiani italiani), la Fasi(Federazione associazione dei sardi in Italia). “Storia di un uomo magro” (propostoanche in diverse università straniere) è da anni lo spettacolo più rappresentato in Italiaper “La giornata della memoria”. Finora ha proposto 122 repliche. Con 64 scuole tra Sardegna e penisola ha coinvolto finora oltre 22 mila studenti. La vicenda narrata – Storia di un uomo magro (che quest’anno arriverà a 137 repliche)è lo spettacolo più rappresentato in Italia per La giornata della memoria. Racconta le vicende di uno dei tanti uomini protagonisti e ignoti della seconda guerra mondiale. Vittorio Palmas, di Perdasdefogu, morto cinque anni fa, poco prima di compiere 106anni, è stato in diversi campi di concentramento tedeschi dove gli ebrei, gli omosessuali, gli zingari ma, spesso, anche i prigionieri politici, venivano pesati. E chi pesava meno di 35 chili veniva ucciso. Una mattina del 1944 Vittorio Palmas sale sullabilancia, il peso è 37. Racconterà: “Sono vivo per due chili”.Tratto dal libro di Giacomo Mameli La ghianda è una ciliegia (Cuec-2006), lo spettacolo di Floris, nato dall’incontro con Ascanio Celestini e l’autore del libro, riporta alla luce i ricordi di Vittorio. Con una narrazione leggera, che non risparmia gli orrori del nazi-fascismo, la vita del soldato sardo prigioniero Imi (Internati militari italiani)


Lo spettacolo Vittorio è un uomo magro. Magro, ma non troppo magro per imbracciare un fucile e partire per fare la guerra; non troppo magro per lavorare, da schiavo, in una fabbrica tedesca; magro, ma non troppo magro, perché la sua storia finisca nel forno crematorio di un lager tedesco. Resterà vivo per due chili. Liberamente tratto dal libro di Giacomo Mameli La ghianda è una ciliegia ( 2006 ), lo spettacolo di Floris ( che ha superato le cento rappresentazioni), riporta alla luce i ricordi di Vittorio. Con una narrazione leggera, che non risparmia gli orrori del nazi-fascismo, la vita del soldato sardo diventa sul palco, con la tecnica del teatro di narrazione, il simbolo di tanti uomini comuni che la violenza della guerra ha trasformato in eroi.


Paolo Floris, Paulilatino 1985, attore, autore, regista. È cresciuto artisticamente con Giancarlo Sammartano e Ascanio Celestini. Interessato all’arte affabulatoria, racconta la storia delnostro Paese partendo dalla ricerca antropologica sul campo. Tra gli altri suoi spettacoliteatrali: Gramsci spiegato a mia figlia. L’ultimo lavoro Restituzione: appunti per uno spettacolo sul carcere, racconta la sua esperienza come regista teatrale nel carcere di altasicurezza di Oristano. Pierpaolo Vacca, Ovodda 1991. L’artista barbaricino suona l’organetto diatonico. Dopo gli inizi con il folk haesplorato i territori del jazz e della canzone d’autore. Ha inciso con Paolo Fresu e Daniele Di Bonaventura l’album Tango Macondo. Nel 2024 il suo primo lavoro da solista, Travessu. La ghianda è una ciliegia(Cuec, 2006, Il Maestrale 2021) – Il romanzo (vincitore del Premio Orsello per le letteraturanel 2007, presidente della giuria Sergio Zavoli) dà voce ai senza-parola, ai “vecchi ragazzi” della seconda guerra mondiale, la maggior parte dei quali analfabeti, protagonisti di unaepopea tra le più tragiche della nostra storia contemporanea.


Giacomo Mameli, Perdasdefogu 1941, giornalista, scrittore. Laureato in Sociologia, alla Scuola superiore digiornalismo di Urbino ha discusso la tesi con Paolo Fabbri e Carlo Bo (“Quattro paesi, un’isola”). Collabora con quotidiani e televisioni nazionali ed estere. Con “Hotel NordAmerica” nel 2020 ha vinto il Premio Fiuggi Storia. Altri libri: “Le ragazze sono partite”(Cuec), “Non avevo un soldo” (Cuec 2004), “La chiave dello zucchero (Il Maestrale). Sedi e orari degli spettacoli:


22 gennaio, ore 10 Anzola dell’Emilia Romagna, Scuole medie Giovanni Pascoli 22 gennaio, ore 12 Anzola dell’Emilia Romagna, Scuole medie Giovanni Pascoli 23 gennaio, ore 11 Marradi, Teatro degli Animosi 24 gennaio, ore 10 Alessandria, Istituto Alessandro Volta 24 gennaio, ore 21 Monticello Brianza, Villa Crespi 25 gennaio, ore 20,30 Novi Ligure, Teatro Giacomelli 26 gennaio, ore 17.30 Milano, Teatro Blu 27 gennaio, ore 10.30 Marzabotto, Scuola media Giuseppe Dossetti 27 gennaio, ore 21 Marzabotto, Scuola media Giuseppe Dossetti 28 gennaio, ore 21 Arcevia, Teatro Misa 30 gennaio, ore 18.30 Sassari, Accademia Mario Sironi 31 gennaio, ore 11 Bosa, Aula Magnna Liceo Classico 31 gennaio, ore 18 Bosa, Liceo classico. Teatro del Cottolengo 1 febbraio, ore 18 Orosei, Cine-Teatro Pitagora 2 febbraio ore 18 Masullas, Aula consiliare 7 febbraio, ore 19.30 Silanus, Monte Granatico

Firenze, riaprono al publico Appartamenti reali di Palazzo Pitti

Firenze, riaprono al publico Appartamenti reali di Palazzo PittiFirenze, 20 gen. (askanews) – Quattordici sale che per trecento anni hanno ospitato a Firenze i regnanti di tre diverse dinastie: Medici, Lorena e Savoia. Riaprono a Palazzo Pitti gli Appartamenti reali, tesoro storico e artistico che arricchisce ulteriormente l’offerta della Galleria degli Uffizi, diretti da Simone Verde. “Dopo 5 anni di chiusura e 9 mesi di restauro – ha spiegato il direttore degli Uffizi – riaprono finalmente gli appartamenti reali di Palazzo Pitti. In 9 mesi di restauratori hanno messo mano a tutti gli elementi presenti in queste sale, dalle suppellettili, ai mobili, ai parati tessili, che alcune volte sono antichissimi e di altissima manifattura fiorentina settecentesca, permettendo al pubblico di poter apprezzare finalmente in tutta la sua integrità il patrimonio presente in queste sale, tenendo conto che gran parte degli elementi esposti negli Appartamenti reali a Palazzo Pitti vengono dalle più importanti regge italiane e qui furono portati dai Savoia per creare quell’unitarietà dello stile nazionale che desse finalmente un’immagine coesa e coerente alla nuova nazione appena unificata”.


Tra i primi residenti di quest’ala del Palazzo vi fu, nella seconda metà del Seicento, il Gran Principe Ferdinando de’ Medici, figlio del Granduca Cosimo III; l’ultimo, Vittorio Emanuele III di Savoia, lo lasciò allo Stato, insieme al retrostante Giardino di Boboli, nel 1919. Non visitabili a partire dal 2020, gli Appartamenti Reali sono stati recentemente sottoposti ad una complessa operazione generale di restauro e conservazione della quale si è occupato un nutrito team multidisciplinare di specialisti e che ha comportato i più svariati interventi in tutte le sale. Un lavoro meticoloso che ha riguardato dalle volte ai pavimenti, dove, in particolare, sono stati rimossi tappeti e le moquettes lasciando a vista i parquet perfettamente conservati. E’ stata inoltre effettuata una approfondita campagna di puliture, manutenzioni ed interventi di recupero su affreschi, stucchi, intagli, parati di seta, tendaggi, dipinti, mobili e soprammobili. Lo stile decorativo degli Appartamenti è “misto” e rispecchia epoche e gusti delle personalità e delle dinastie che li hanno abitati nel corso dei secoli. Gli Appartamenti reali sono ora visitabili dal pubblico, tutti i giorni con visite accompagnate ogni ora, dalle 10 alle 18.


Fonte immagine: Ufficio Stampa delle Gallerie degli Uffizi / Foto Cristian Ceccanti

In libreria “Un pezzo alla volta”, memoire di vita (e giornalismo) di Michele Gambino

In libreria “Un pezzo alla volta”, memoire di vita (e giornalismo) di Michele GambinoMilano, 18 gen. (askanews) – “A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?”. Sono parole di Giuseppe Fava, il direttore del mensile “I Siciliani” assassinato dalla mafia nel 1984 a Catania. E’ questo principio etico applicato al giornalismo che ha ispirato l’intera vita di Michele Gambino. Giornalista d’inchiesta tra i più apprezzati, premio Ilaria Alpi per i suoi reportage dall’Afghanistan e scrittore, Gambino ripercorre la sua vita professionale e umana con “Un pezzo alla volta – Storia di un giornalista e del suo tempo” (Manni Editore), un’opera autobiografica di impegno civile che segue i suoi precedenti lavori “Enjoy Sarajevo” e “L’isola”, quest’ultimo scritto con Claudio Fava.


Un pezzo alla volta, indicato tra i papabili del premio Strega dall’autorevole rivista letteraria “Il libraio”, è un viaggio intenso e personale, una narrazione che intreccia alcuni dei momenti più significativi della vita professionale e privata dell’autore. Fin da giovanissimo, nella Catania “profondo sud di Milano”, Gambino si è ritrovato immerso nel giornalismo d’inchiesta: ha affrontato la mafia con quel coraggio che fa superare le proprie paure per il fatto stesso di essere incessantemente impegnati nella ricerca di verità e giustizia: è dentro le cose che accadono e non può essere che questo l’istinto che lo guida. Per lui, il giornalismo è sempre stato una lotta contro i luoghi comuni. “Giornalismo palombaro”, l’ha definito in un’intervista, che scende in profondità, non giornalismo da surfista. E’ con queste lenti che l’autore disvela l’altra Catania degli anni Ottanta, una città intrisa di mafia, ma cieca o volutamente indifferente. E quando la battaglia contro la criminalità organizzata in Sicilia sembra, o forse è, perduta, Gambino cerca altrove. Ma la calamita è quella: raccontare, senza pesare pericoli e disagi, storie di sfruttamento e ingiustizia, sempre dalla parte delle vittime. Storie come quella degli esmeralderos colombiani, costretti a vivere in condizioni estreme, raccontati da un bar dal nome “Aqui la vita no vale nada”, qui la vita non vale niente. Come i reportage sull’assedio di Sarajevo, dove è stato a un passo dall’uccidere un uomo. O quegli interminabili undici passi per uscire dalla roulette russa di un campo minato in Afghanistan.


Della prima guerra da inviato a Beirut, Gambino racconta l’assuefazione di chi ci si ritrova dentro e la tragica banalità quotidiana della vita durante i conflitti: dalla Green line bastavano pochi minuti per passare dalle trincee con i morti ammazzati – tutti i giorni in pausa pranzo – alla stridente normalità del ristorante con tovaglie di lino e camerieri in giacca bianca. Il no di Gambino alla guerra, la sua penna contro la ferocia dell’uomo, è netto. Ma al fronte la guerra – forse la parola più frequente del libro – diventa per lui “passione tossica”, come confessa egli stesso, nelle pagine di “Un pezzo alla volta”, anni dopo. Lo diventa per chi continua a nutrirsi di paura e dolore, come l’inviato che ne è testimone diretto e che “smania per essere al centro delle cose”. E’ quella “fame di guerra” che “fa toccare la corda guasta” dentro di sé. La guerra in qualche modo anche “eccitante”, che attrae l’autore “perché ci dice chi siamo, e replica la lotta per la vita di ogni essere umano in una forma essenziale, depurata dalle buone maniere, dall’ipocrisia del ‘va tutto bene’ e dalle incombenze noiose, come pagare le bollette e stare in coda nel traffico”.


Per il giornalista-palombaro l’approdo è scontato: le inchieste di mafia degli Anni Novanta, i libri sui misteri d’Italia, le “biografie non autorizzate” su Andreotti e Berlusconi, passando per due grandi scoop: il massacro di Timosoara (mai accaduto) e quello sugli omicidi della Uno Bianca, sul quale sono state recentemente riaperte le indagini. Sono anni, anzi decenni, che si snodano tra l’impegno civile e gli interrogativi che da uomo ormai maturo riflette sul senso di una scelta di vita senza compromessi, scelta consegnare “un mondo migliore, o perlomeno non peggiore” innanzitutto a chi ama di più: la figlia. “Combattere per qualcosa in cui si crede è uno dei regali che la vita ci fa oppure – come dice citando lo scrittore turco Ohran Pamuk – una palla al piede del talento? Esiste un modo per attutire quel senso di inadeguatezza che si prova tra il totalizzante sforzo di rendere il mondo un posto migliore e il desiderio di una vita quotidiana che permetta di coltivare relazioni, affetti e una certa “normalità” dello stare al mondo? “Bisogna struggersi, turbarsi, battersi, sbagliare, ricominciare daccapo e buttare via tutto, e di nuovo ricominciare e lottare e perdere eternamente”, dice Gambino. Forse, suggerisce questo memoir di vita, quel che conta è solo cercare di vivere con onore.


(Marco D’Auria)

Ica Milano, libertà e sguardo femminile tra Jurgenssen e Ruggeri

Ica Milano, libertà e sguardo femminile tra Jurgenssen e RuggeriMilano, 16 gen. (askanews) – Una conversazione immaginaria, eppure nei fatti reale, tra due artiste che, pur senza essersi mai incontrate, hanno battuto strade comuni. Fondazione Ica Milano inaugura il proprio 2025 con una mostra bipersonale, dedicata a Birgit Jurgenssen e Cinzia Ruggeri, curata da Maurizio Cattelan insieme a Marta Papini: “Lonely are all bridges”. “Il motivo per cui le abbiamo pensate insieme – ha spiegato ad askanews Papini – è proprio il fatto che hanno attraversato in maniera molto libera le arti, quindi si sono rivolte alla fotografia, al disegno, alla moda, al design in maniera molto libera e questa sensazione di libertà le ha anche rese più difficilmente categorizzabili e quindi difficili da scoprire e da fotografare nell’intero”.


Nei lavori di Jurgenssen e Ruggeri passa la società dei consumi, ma anche una visione molto personale del modo in cui confrontarsi con essa; c’è la moda, ma è una moda metamorfica, sorprendente e inattesa. E c’è soprattutto un punto di vista femminile sulla società che, seppur legato agli Anni Settanta e Ottanta, è estremamente contemporaneo. Anche perché parte da posizioni ferme, ma non ideologiche e calate con lucidità nello stesso sistema. “La loro riflessione sulla figura della donna nella società contemporanea – ha aggiunto Marta Papini – la trovo molto attuale e quindi in qualche modo il fatto di metterle in dialogo poteva far parlare di temi attuali, cioè del ruolo della donna nella società e di come loro hanno cercato una via d’uscita da quello che è il ruolo imposto”. La mostra, a tratti molto astratta, a tratti legata in maniera indissolubile agli oggetti, è anche un progetto coerente con la visione di Ica e la sua attenzione alle arti, nel senso più ampio del termine. “Questo è un luogo che non è univoco – ha detto Alberto Salvadori, direttore di Ica Milano – è un luogo a molte voci. E questa è una mostra che racchiude molte voci, da un artista che fa il curatore a due artiste che non sono mai incontrate, ma che dialogano perfettamente, quindi quasi come se fosse una seduta spiritica in qualche modo, come se vivessimo una dimensione di un’alterità rispetto alla loro condizione originaria. C’è molta ironia, c’è una critica e anche una presa di posizione intelligente sulla moda, c’è la fotografia, c’è tutto. Quindi direi che è una sintesi perfetta di quello che cerchiamo di fare qua dentro. E c’è l’assoluta libertà di espressione”.


Una libertà che appartiene anche a Cattelan, qui nelle vesti di curatore, un po’ invisibile, ma come suo tipico, capace di informare una tipologia di sguardo sul contemporaneo tutt’altro che scontata.

Agrigento Capitale della Cultura, sabato inaugurazione con Mattarella

Agrigento Capitale della Cultura, sabato inaugurazione con MattarellaMilano, 16 gen. (askanews) – Sabato 18 gennaio Agrigento celebrerà l’inaugurazione del suo anno da Capitale Italiana della Cultura con una cerimonia ufficiale presso il Teatro Pirandello. A dare il via alle celebrazioni sarà il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sottolineando l’importanza dell’evento per la città e per l’intero Paese.


La cerimonia sarà trasmessa in diretta sulle reti Rai, Rai Play, Rai Quirinale e Rai Tgr, offrendo a milioni di spettatori la possibilità di scoprire e apprezzare il patrimonio culturale della città siciliana. Prevista la partecipazione di figure istituzionali di rilievo, tra cui il Ministro della Cultura Alessandro Giuli, insieme a rappresentanti del mondo culturale e artistico. Durante la cerimonia saranno celebrati la storia e il patrimonio di Agrigento, che rappresenta un pilastro della cultura italiana e internazionale. La conduzione della cerimonia è affidata a Beppe Convertini, conduttore Rai di “Uno Mattina in Famiglia”, e a Incoronata Boccia, vice direttrice del Tg1 che guideranno il pubblico in una narrazione che esalterà le eccellenze culturali e artistiche della città.


“Agrigento ha una storia millenaria e questo riconoscimento rappresenta per noi un’opportunità unica per mostrare al mondo il nostro immenso patrimonio culturale e paesaggistico”, ha commentato Il sindaco di Agrigento, Francesco Miccichè. Anche il direttore della Fondazione Agrigento Capitale Italiana della Cultura 2025, Roberto Albergoni ha espresso soddisfazione: “Questo sarà un anno straordinario, ricco di eventi e iniziative che metteranno in luce la bellezza e la ricchezza della nostra città, proiettandola in una dimensione internazionale”. La cerimonia del 18 gennaio sarà solo l’inizio di un anno denso di attività culturali: mostre, concerti, rappresentazioni teatrali e conferenze animeranno Agrigento, coinvolgendo artisti e intellettuali di fama mondiale. Gli spettatori potranno immergersi nella storia della Valle dei Templi, ammirare le bellezze del centro storico e scoprire le tradizioni di una città che fonde armoniosamente passato e presente.


L’inizio del percorso di Agrigento come Capitale della Cultura Italiana 2025 rappresenta un’occasione per celebrare l’identità culturale italiana, valorizzando la bellezza e la storia di una città unica al mondo. Un appuntamento imperdibile, guidato dalla presenza simbolica del Presidente Sergio Mattarella.

Uffizi, apre il Giardino ‘segreto’ delle Camelie a Boboli

Uffizi, apre il Giardino ‘segreto’ delle Camelie a BoboliRoma, 15 gen. (askanews) – Dentro Boboli c’è un “giardino segreto”, noto come il Giardino delle Camelie. È uno spazio che in epoca medicea era strettamente riservato ad alcuni componenti della famiglia granducale; alla fine del Settecento l’area fu destinata alla coltivazione delle camelie, in linea con la moda del tempo. Ora questo suggestivo angolo di Boboli, normalmente chiuso, si riapre al pubblico. Dal 17 gennaio al 13 aprile, nelle giornate di venerdì, sabato e domenica, sarà accessibile con visite accompagnate (per un massimo di 25 persone alla volta), grazie al personale di vigilanza del Giardino di Boboli.


Del genere Camellia, la specie japonica è la maggiormente rappresentata all’interno del giardino e comprende attualmente 49 esemplari di 37 varietà, alcune delle quali molto significative per dimensioni e colori: tra queste la splendida “Candidissima”, risalente al 1830.

”Resta cu’ me” è il nuovo libro di Emanuel Ceruti

”Resta cu’ me” è il nuovo libro di Emanuel CerutiRoma, 15 gen. (askanews) – Lunedì 20 gennaio alle ore 18.00 presso MA, Mondadori Bookstore di Napoli in Galleria Umberto I, Emanuel Ceruti, giovane fenomeno comico del web da migliaia di followers nonché attore di teatro, autore, creator e tik toker tra i più amati e seguiti in Italia incontra il pubblico e presenta il suo nuovo libro “Resta cu’ me”, edito da Cairo, con cui analizza con una spontaneità disarmante le sensazioni e i sentimenti che ruotano attorno alle molteplici declinazioni dell’amore in tutte le sue forme.


Emanuel Ceruti è un artista del roster di 2WATCH, content creator che racconta in chiave ironica la quotidianità delle nuove generazioni. Arriva in TV nel 2018 con Made in Sud, celebre programma in diretta in prima serata della Rai, per poi continuare questo percorso nelle successive due edizioni. Coltiva contestualmente la passione per il teatro con commedie scritte e dirette da lui: Scheletri nell’armadio, Doppia spunta blu e infine il suo grande debutto al teatro Augusteo con Buco. “Resta cu’ me è un libro in cui molti si possono ritrovare – dichiara Emanuel Ceuti – a molti di noi è infatti capitato almeno una volta nella vita di lottare per amore, anche per la paura della possibile fine di una relazione. il Romanzo ruota attorno alle molteplici declinazioni e sfaccettature dell’amore, inteso nella sua accezione più universale, immergendoci in storie e intrecci amorosi in cui ci siamo persi e ritrovati, quell’amore che, proprio per le emozioni di cui ci nutre in alcuni momenti della giornata quando ti fermi a pensare ti fa sentire “piccolo” e in altri ti fa sentire un “gigante”.Resta cu’ me vuole anche essere una sorta di slogan: non bisogna avere paura di esternare le proprie emozioni e fragilità, l’importante è sempre agire in maniera vera ed autentica. Sono innamorato dell’amore – prosegue Ceruti – ammetto di essere un romantico, cresciuto con i classici della Disney e con quelle commedie rosa degli anni 2000, nei tempi odierni l’amore ha cambiato forma, a tratti è superficiale, da qui l’esigenza artistica di scrivere questo mio primo libro, un tributo a quell’amore con la A maiuscola, l’amore a 360 gradi in cui il lettore potrà perdersi tra intrecci, episodi e storie di grandi amori”


Poliedrico e trasversale, Emanuel è un artista in grado di muoversi con agilità tra diversi range e linguaggi artistici. Attraverso “Resta cu’ me” prosegue così il suo nuovo percorso artistico e personale ancora più introspettivo in cui mostra per la prima volta la sua vera essenza, senza paura di mostrare anche le fragilità che un ragazzo giovane può incontrare. Un percorso unico in cui Emanuel è riuscito ad aprire il suo cuore, la sua mente e la sua arte verso ulteriori orizzionti. Grazie ad una nuova e matura consapevolezza di sé e del suo essere artista, s’interroga e analizza con una spontaneità disarmante le diverse fasi di una relazione d’amore che nel corso del suo sviluppo può vivere molteplici sfumature, dall’amore puro e spensierato a quello malinconico e incerto verso il futuro per la paura di un possibile fine. Il fil rouge dell’intera opera è l’amore, quell’amore romantico e passionale nei confronti della persona che ci fa brillare gli occhi quando li stiamo vicino, ma anche quell’amore verso noi stessi senza avere paura di mostrare il nostro lato più fragile, imparandolo a coltivare per essere più forti domani. E’ sempre l’amore che nelle sue molteplici forme verso gli altri e verso noi stessi ci dà sempre la forza di andare avanti, l’amore è sempre più forte di noi.


“Lo smartphone sul comodino continua a vibrare ma Ciro ha a malapena le forze per spegnerlo.Non è solo la stanchezza a rendergli impossibile il risveglio, c’entra anche il sogno che stava facendo: avrebbe voluto non finisse. Ma i sogni non si possono mettere in pausa come le serie tv e così è costretto a tornare alla realtà, sulla quale aleggia una nube grigia nonostante fuori risplenda il sole di Napoli. Di fianco a lui, però, la presenza di Sara riesce come sempre a illuminare la stanza. Stanno insieme già da sei anni, ma non c’è giorno in cui lui non si riscopra sempre più innamorato… di lei adora anche i difetti… Intanto tocca a Ciro il sacro rito del caffè: quella mattina ne serve una dose massiccia. Porta in camera la tazzina ancora fumante per la sua fidanzata e i contorni della giornata iniziano piano piano a prendere forma nella nebbia. C’è un vestito da tirare fuori dall’armadio: serve a lui, perché fra poco avrà un appuntamento molto importante. Sara gli ricorda dove l’ha sistemato e anche che deve sbrigarsi. Ma Ciro non ce la fa, a quell’appuntamento non vuole andare, anche se lei gli assicura che “dopo” andrà tutto meglio… Sopra all’armadio c’è anche una scatola e Sara chiede a Ciro di tirarla giù: il tempo che hanno non è molto, ma quanto basta per aprirla e trovarci alcuni oggetti che li accompagneranno nel viaggio più romantico e profondo della loro vita: quello della loro storia d’amore”.

”L’aiuola che ci fa tanto feroci”: un’antologia contro la guerra

”L’aiuola che ci fa tanto feroci”: un’antologia contro la guerraRoma, 15 gen. (askanews) – A cura di Giulio Marcon, Altreconomia libri pubblica “L’aiuola che ci fa tanto feroci”, Antologia contro la guerra: pacifismo, obiezione di coscienza, disobbedienza civile. Il volume sarà in libreria dal 24 gennaio.


Mai come oggi le guerre occupano il nostro presente. È urgente rilanciare il pensiero e il movimento pacifista. Nel dibattito pubblico e tra i nostri simili. Quest’antologia contro la guerra raccoglie teorie, pratiche e testimonianze del pacifismo, dell’obiezione di coscienza e della disobbedienza civile.


Testi filosofici, religiosi e giuridici, insieme a narrazioni e poesie di uomini e donne in diverse epoche e culture. Gli autori sono: Sofocle | Aristofane | Vangeli di Matteo | Erasmo da Rotterdam de La Boétie | Thoreau | Verdi | Tolstoj | Woolf | Russell | Gori Luxemburg | Ceresole | Gandhi | Weil | Caffi | Hillesum Bonhoeffer | Arendt | Brecht | de Céspedes | Lanza del Vasto | Reardon | L’arpa birmana | Day | Dolci | Capitini | Mazzolari | Milani | Anders | Muhammad Ali | Luther King | Cassola | Gozzini | Vaccaro Barbera | Morante | Ortese | Bobbio | Thich Nhat Hanh | Merini | Vian | Palach | Wolf | Bello | Langer | Menapace | Baez | Aleksov Popova | Sheliazhenko | Yousafzai | Shlomo | Obiettori russi


Giulio Marcon, portavoce della campagna Sbilanciamoci!, è autore di diversi saggi tra cui: “Le ambiguità degli aiuti umanitari” (Feltrinelli 2003), “Come fare politica senza entrare in un partito” (Feltrinelli 2006), “Sbilanciamo l’economia” (con Mario Pianta, Laterza 2013), “Enrico Berlinguer. L’austerità giusta” (Jaca Book 2014), “Alex Langer. La conversione ecologica” (Jaca Book 2015), “La sinistra che verrà” (con Giuliano Battiston, minimum fax 2018), “Il giovane Marx” (Jaca Book 2021), “Se la classe inferiore sapesse” (People 2022).

Stefano Karadjov: i musei devono spiegare il nostro presente

Stefano Karadjov: i musei devono spiegare il nostro presenteBrescia, 14 gen. (askanews) – “I musei oggi sono luoghi di ricerca, di collezione, di elaborazione, di interpretazione del patrimonio. Il patrimonio però, anche secondo la definizione dei musei, da almeno vent’anni non è più solo il patrimonio materiale, è anche il patrimonio immateriale. Nel patrimonio immateriale ci sono anche le storie, incluse le storie, come in questo caso, dei nuovi residenti. A Brescia ci sono circa il 20% degli abitanti che sono stranieri, nel settore lavorativo fino al 40%. E dunque un museo, un museo soprattutto civico, in un luogo che fa dell’accoglienza una professione di investimento, oltre che di solidarietà, non può trascurare di interessarsi dei temi dell’attualità legati a questo patrimonio crescente della comunità”. Lo ha detto ad askanews Stefano Karadjov, direttore della Fondazione Brescia Musei, in occasione di un’intervista sulla mostra del sudanese Khalid Albaih nell’ambito del progetto su arte contemporanea a e diritti umani, esposizione incentrata sul tema delle migrazioni.


“Dunque il museo si cala, impiega le proprie capacità di elaborazione contenutistica, di raccolta, di edizione di un’idea, di un artista, e le cala su un tema quotidiano, nella cronaca e, ahimè, nella politica di oggi, degli ultimi vent’anni, il tema delle migrazioni è forse tra i più importanti. La nostra mostra presenta anche una drammatica infografica che racconta come il mestiere del migrante sia il mestiere più pericoloso al mondo, con un ratio di morti deceduti sul lavoro del 2%, più alta degli sherpa himalayani. Ecco, i musei non possono chiudere i palazzi intorno alle collezioni, collezioni fuori dal tempo, i musei devono usare le collezioni, dialogare anche con il contemporaneo, come in questo caso, per spiegare il presente, perché a questo servono, a mio giudizio, a giudizio di Brescia Musei, i patrimoni ereditati dai nostri antenati”.