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Presentato a Roma piano di adattamento ai cambienti climatici Cinque Terre

Presentato a Roma piano di adattamento ai cambienti climatici Cinque TerreRoma, 27 mar. (askanews) -Il Parco Nazionale delle Cinque Terre e Legambiente hanno presentato a Roma presso la libreria Spazio Sette il Piano di adattamento ai cambiamenti climatici per l’area protetta e le Linee Guida per l’adattamento ai cambiamenti climatici nei Parchi. Ad aprire l’incontro Lorenzo Viviani, Presidente Parco Nazionale Cinque Terre. Sono seguiti i saluti istituzionali e introduttivi di Giorgio Zampetti, Direttore generale Legambiente, Claudio Barbaro, sottosegretario di Stato – MASE e Donatella Bianchi, già Presidente WWF Italia e Parco Nazionale Cinque Terre.


A seguire sono intervenuti Francesco Marchese e Emanuele Raso del Parco Nazionale Cinque Terre che hanno presentato il progetto europeo Stonewallsforlife, Giulia Galluccio, Fondazione CMCC (Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici) che ha presentato il piano di adattamento ai cambiamenti climatici del Parco Nazionale delle Cinque Terre e Stefano Raimondi, responsabile nazionale biodiversità Legambiente, che ha presentato le Linee guida per l’adattamento ai cambiamenti climatici nelle aree protette. Gli interventi hanno evidenziato l’importanza del Piano e delle Linee Guida, entrambi realizzati nell’ambito del progetto europeo StonewallsforLifefinanziato dal programma LIFE, di cui il Parco è capofila, con il contributo scientifico della Fondazione CMCC (Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici), che ha lavorato specificamente alla sua realizzazione, in collaborazione con Legambiente, partner del progetto.


Il Piano di Adattamento Climatico nasce dall’esigenza di fornire strumenti operativi e strategie di gestione che consentano di mitigare gli impatti del cambiamento climatico. Attraverso un approccio scientifico e partecipato, il documento definisce un quadro di azioni mirate, basate su soluzioni fondate sulla natura (nature-based solutions), che valorizzano il patrimonio delle Cinque Terre. Uno degli elementi cardine del Piano è il recupero e la manutenzione dei tradizionali muri a secco, strutture essenziali per la stabilità idrogeologica e per la conservazione del paesaggio agrario storico. La valorizzazione e il ripristino di queste opere rappresentano una risposta efficace e sostenibile agli effetti erosivi e al rischio di dissesto idrogeologico, oltre a contribuire alla salvaguardia della biodiversità locale.


Nella seconda parte dell’evento Antonio Nicoletti, responsabile nazionale aree protette Legambiente, ha coordinato gli interventi sul tema “Le sfide climatiche per le aree protette e le comunità locali”. All’incontro hanno partecipato Piero Genovesi, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), Mauro Durbano, Presidente Parco Nazionale Gran Paradiso, Giuseppe Luzzi, Presidente Parco Nazionale Appennino Lucano Val D’Agri Lagonegrese, Patrizio Scarpellini, Direttore Parco Nazionale Cinque Terre, Luciano Sommarone, Direttore Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, Marco Visconti, Commissario Straordinario RomaNatura, Stefano Donati, Direttore Parco nazionale del Circeo. “Gli effetti dei cambiamenti climatici sempre più violenti sono ormai tangibili e anche il nostro Paese, tra i più esposti del continente europeo, dovrà affrontare questa emergenza insieme alle conseguenze che provoca sulla perdita di biodiversità – ha dichiarato Giorgio Zampetti Direttore Generale di Legambiente – Per questa ragione il Piano di adattamento ai cambiamenti climatici del Parco nazionale delle Cinque Terre, il primo di questo tipo in Italia, e le Linee guida redatte per i parchi sono strumenti di analisi e applicativi utili a contrastare la crisi climatica e limitarne gli effetti sulla natura protetta”.


Patrizio Scarpellini, direttore Parco Nazionale delle Cinque Terre ha spiegato l’importanza di un’area protetta nell’ambito delle strategie di adattamento: «il Parco svolge un ruolo attivo nella conservazione e valorizzazione del paesaggio agrario, attraverso attività di sostegno all’agricoltura, studi e monitoraggi finalizzati a garantire la gestione sostenibile dei terrazzamenti e delle coltivazioni tradizionali. E il Piano avrà l’obiettivo non solo di contrastare l’abbandono del territorio, ma anche di favorire la continuità delle comunità locali, mantenendo vivo il legame tra uomo e ambiente e assicurando la trasmissione delle conoscenze e delle pratiche agricole tradizionali alle future generazioni». “Il Piano di Adattamento ai Cambiamenti Climatici segna un momento decisivo per la tutela e la valorizzazione del nostro territorio – ha concluso Lorenzo Viviani, Presidente Parco nazionale delle Cinque Terre – Le Cinque Terre non sono solo un paesaggio da preservare, ma un ecosistema vivo, in cui l’uomo e la natura convivono in un equilibrio dinamico. Qui, la salvaguardia ambientale non passa dall’esclusione dell’uomo, ma dal suo coinvolgimento attivo: sono gli agricoltori, i pescatori, le comunità locali a custodire da secoli il fragile equilibrio di questi luoghi, rendendoli resilienti di fronte alle sfide del futuro.? Progetti come Stonewallsforlife dimostrano che i saperi tradizionali non appartengono al passato, ma rappresentano una chiave per affrontare il cambiamento climatico con soluzioni concrete e sostenibili. Il nostro impegno è trasformare il Parco delle Cinque Terre in un laboratorio di innovazione ambientale, dove ricerca scientifica e tradizione si fondano in un nuovo approccio pragmatico alla tutela del territorio.?Con la presentazione del Piano e delle Linee Guida per l’adattamento climatico nei Parchi, poniamo le basi per un modello in cui l’uomo non è il problema, ma la soluzione. Solo attraverso un’azione collettiva e una visione condivisa possiamo garantire che questo patrimonio unico resti vivo, produttivo e protetto per le generazioni future».

Mostre, a Roma “Amano Corpus Animae” dedicata a Yoshitaka Amano

Mostre, a Roma “Amano Corpus Animae” dedicata a Yoshitaka AmanoRoma, 27 mar. (askanews) – Dopo il successo a Milano, dal 28 marzo la mostra “Amano Corpus Animae”, dedicata al Maestro Yoshitaka Amano, arriva a Roma nello spazio espositivo del Museo di Roma a Palazzo Braschi (fino al 12 ottobre). Ideata e sviluppata da Lucca Comics and Games e curata da Fabio Viola, è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali con il supporto organizzativo di Zètema Progetto Cultura, e celebra i 50 anni di carriera del Maestro raccogliendo in un unico percorso espositivo più di 200 tra opere originali, cel d’animazione e oggetti di culto.


Un viaggio nella storia dell’animazione e dell’intrattenimento mondiale vissuto attraverso le numerose tappe che hanno contraddistinto la carriera dell’artista di Shizuoka. Un percorso reso unico anche grazie all’ambientazione in cui la mostra viene ospitata: il Museo di Roma a Palazzo Braschi, che sancisce definitivamente il rapporto tra l’artista giapponese e la città di Roma da lui sempre amata, sin dagli anni ’70. “Amano Corpus Animae” è la prima esposizione che l’artista realizza nell’Urbe, città che per la sua arte è stata frutto di ispirazione e dalla quale ha recepito molteplici suggestioni: soprattutto le mitologie greco romane. Il Maestro si è affermato come un creatore di mitologie contemporanee, che sono entrate nelle case di tutti, abbattendo le barriere del tempo e rimanendo impresse nell’immaginario collettivo di diverse generazioni. I visitatori potranno ripercorrere la genesi dei suoi anime e i suoi videogiochi, con gli inconfondibili sketch e painting e con la commistione di disegni e colori tipica di alcune sue opere. Da Tatsunoko a Final Fantasy, dai primi passi mossi dall’artista negli anni ’70 negli studi di animazione fino alle opere più recenti, la mostra comprende gran parte delle creazioni che hanno contribuito ad affermare Amano come uno degli artisti più talentuosi nel panorama mondiale, un character designer di assoluta grandezza consacrato anche nell’olimpo degli artisti contemporanei.


A rendere ancora più unico l’appuntamento di Palazzo Braschi saranno le opere originali, mai esposte in Italia, che raccontano la collaborazione di Yoshitaka Amano con il celebre Michael Moorcock, uno dei più importanti esponenti della letteratura fantastica, autore dell’opera Elric di Melnibonè. I visitatori potranno godere dell’incontro dei due maestri e dei loro immaginari, quello narrativo e quello visivo, in sei tavole dalle quali si evince la genesi che ha guidato il Sensei nella creazione delle opere di Final Fantasy. Caratterizzata da una poliedrica produzione, che va dal videogioco al manga, dall’anime al teatro, dalla moda alle fine art attraversando il mondo dell’editoria e del fumetto, l’arte del Maestro sarà restituita attraverso le cinque sezioni della mostra.


Le installazioni site-specific che compongono questo percorso rendono originale l’esposizione in un’ottica museale che, con luci, fondali e colori, esalta gli innumerevoli originali che la compongono in un percorso in grado di coinvolgere la memoria emotiva del visitatore. Così come la produzione artistica di Amano, l’esposizione vuole essere una sequenza di narrazioni in grado di ripercorrere le tante anime dell’autore. La mostra si articola in cinque sezioni che permettono l’ingresso nel mondo del Maestro tramite opere iconiche ormai impresse nell’immaginario collettivo: dai primi disegni per l’animazione del periodo Tatsunoko alle variant cover di Batman o Superman; dal Pinocchio dei primi anni ’70 ai disegni originali di Final Fantasy che saranno esposti per la prima volta in Europa; fino alle opere inedite del 2024 come quella in tre atti, legata al Centenario Pucciniano, con cui Amano ha voluto omaggiare Lucca Comics and Games disegnandone i tre poster per l’ultima edizione della manifestazione. In mostra anche cinque opere tattili del maestro Amano pensate per il pubblico non vedente o ipovedente.


Infine, a disposizione dei visitatori appassionati o semplici curiosi dell’arte di Amano ci sarà un ampio calendario di aperture straordinarie della mostra. Da sabato 29 marzo, infatti, e fino alla chiusura, l’esposizione rimarrà aperta fino alle 22, con ultimo ingresso previsto alle ore 21, nelle seguenti giornate: sabato 29 marzo, venerdì 4 aprile, sabato 5 aprile, venerdì 11 aprile, sabato 12 aprile; venerdì 18 aprile, sabato 19 aprile, domenica 20 aprile, venerdì 25 aprile, sabato 26 aprile; venerdì 02 maggio, sabato 3 maggio, domenica 4 maggio. La mostra sarà aperta in via eccezionale anche lunedì 21 aprile 2025 in occasione di Pasquetta e del Natale di Roma, dalle ore 10 alle ore 22.

All’IIC di Londra presentato “The Never Ending Empire” di Aldo Cazzullo

All’IIC di Londra presentato “The Never Ending Empire” di Aldo CazzulloRoma, 27 mar. (askanews) – Da Giulio Cesare, “condottiero, politico, e – perché no – anche cronista”, alla testimonianza che l’Impero romano ha lasciato al mondo, con la inconfondibile impronta di una potenza a quel tempo globale e che tutti i potenti di ieri e di oggi tentano di imitare: è lo scenario che Aldo Cazzullo ha raccontato ad un pubblico entusiasta all’Istituto Italiano di Cultura di Londra. In conversazione con il direttore dell’Istituto di Belgrave Square Francesco Bongarrà, il vicedirettore del Corriere della Sera ha presentato la traduzione inglese (dal titolo “The Never Ending Empire”) del suo libro “Quando eravamo i padroni del mondo. Roma: l’impero in­finito”. Un incontro intenso, che ha registrato una significativa presenza di pubblico locale – in sala c’era anche Stanley Johnson, ex eurodeputato e padre dell’ex premier Boris – e nel quale Cazzullo ha sottolineato che “in fondo l’Impero romano non è mai caduto”.


“Tutti gli imperi della storia si sono presentati come eredi degli antichi romani: l’Impero romano d’Oriente; il Sacro Romano Impero di Carlo Magno; Mosca, la terza Roma. E poi l’Impero napoleonico e quello britannico. I regimi fascista e nazista. L’impero americano e quello virtuale di Mark Zuckerberg, grande ammiratore di Augusto: il primo uomo a guidare una comunità multietnica di persone che non si conoscevano tra loro ma condividevano lingua, immagini, divinità, cultura”, spiega. Insomma, sostiene con una teoria di storie ed esempi, “Roma vive”, ricostruendo con curiosità e rigore il mito dell’Impero partendo dai personaggi e dalle storie e arrivando alle idee e ai segni. A cominciare da quello che è stato il simbolo di tutti gli imperi del mondo, da Roma all’America: l’aquila.

Yanagi in Pirelli HangarBicocca, arte che somiglia a una speranza

Yanagi in Pirelli HangarBicocca, arte che somiglia a una speranzaMilano, 26 mar. (askanews) – Il caos e la quiete; la distruzione e la ricomposizione; l’inferno e il cielo. Attraversare la mostra “Icarus” dell’artista giapponese Yukinori Yanagi, ospitata nelle Navate di Pirelli HangarBicocca a Milano, è un’esperienza che genera di continuo sensazioni opposte, apparentemente inconciliabili, eppure armonizzate dalla grande consapevolezza dei lavori. Ci sono esplosioni nucleari e grandi neon, c’è l’evocazione pop di Godzilla e ci sono spazi di pura poesia, ci sono le formiche, che si muovono attraverso le bandiere di sabbia in un’opera famosa presentata alla Biennale di Venezia. E ovviamente c’è il pensiero di Yanagi.


“L’essere umano – ci ha detto l’artista – ha un cervello più sviluppato rispetto alle formiche e questo fa sì che sia sempre in uno stato di cambiamento. Il problema è che a volte questo costante stato di cambiamento crea delle contraddizioni, ma da queste contraddizioni nasce la speranza, che è ciò che ci porta ad andare avanti”. La speranza, una parola decisiva se si vuole provare a “essere” realmente nella mostra, che è uno spazio di continua incertezza, e quindi di possibilità, memore del passato spesso tragico, ma aperto a una riconsiderazione dell’idea di futuro. Il progetto è curato da Vicente Todolì insieme a Fiammetta Griccioli. “È un’artista che lavora con diversi media – ha spiegato ad askanews la co-curatrice – dalla scultura all’installazione al disegno e che sa combinare opere su una scala maggiore, architettonica possiamo dire, con gesti più intimi come disegni che seguono le tracce delle formiche e ha questa capacità unica di relazionarsi allo spazio architettonico, a spazi postindustriali come quelli di HangarBicocca”.


Tra le tante opere che catturano attenzione ed emozioni spicca, a nostro avviso, quella che dà il titolo all mostra. “Icarus – ha aggiunto Griccioli – fa riferimento al mito greco di Icaro, che per l’artista diventa una metafora sull’arroganza umana, sull’eccessiva confidenza nella tecnologia, nella modernizzazione, quindi è quasi un monito”. Dentro i container, simbolo tangibile di una globalizzazione selvaggia, il visitatore vive una vera e propria sospensione del tempo. Come Icaro ci si può avvicinare al sole, ma i corridoi bui ed incerti, con i loro specchi e i versi di Mishima, sono anche una strada verso l’altro e, pur nella totale orizzontalità del lavoro, anche verso l’alto, verso il cielo. Quello stesso che Icaro attraversò cercando la sua forma di felicità. È un lavoro importante, che ricorda, come intensità, le cose migliori viste in Hangar negli anni, e possiamo citare Juan Munoz, Mike Kelley o Carsten Holler, per intenderci.


“Io desidero che l’arte – ha concluso Yukinori Yanagi – sia una forma di salvezza, perché alla fine ci permette di entrare in contatto con l’altro, con le altre persone. E l’immaginazione ci permette di creare delle storie che possono permetterci di raggiungere sia chi non c’è più, sia chi verrà in futuro”. E proprio il futuro diventa possibile qui dentro, anche sotto una bomba nucleare mai esplosa, che ci fa da monito, certo, ma nel contempo offre uno spazio di possibilità reale. (Leonardo Merlini)

”Roma pittrice. Artiste al lavoro tra XVI e XIX secolo”, aperture serali

”Roma pittrice. Artiste al lavoro tra XVI e XIX secolo”, aperture seraliRoma, 25 mar. (askanews) – Aperture straordinarie, nel fine settimana e con l’estensione degli orari di ingresso, per la mostra “Roma pittrice. Artiste al lavoro tra XVI e XIX secolo”, in corso fino al 4 maggio 2025 al Museo di Roma a Palazzo Braschi.


Da sabato 29 marzo fino alla chiusura, l’esposizione rimarrà aperta fino alle 22.00, con ultimo ingresso previsto alle ore 21.00, nelle seguenti giornate: sabato 29 marzo; venerdì 4 aprile, sabato 5 aprile, venerdì 11 aprile, sabato 12 aprile, venerdì 18 aprile, sabato 19 aprile, domenica 20 aprile, venerdì 25 aprile, sabato 26 aprile; venerdì 02 maggio, sabato 3 maggio, domenica 4 maggio. La mostra sarà aperta in via eccezionale anche lunedì 21 aprile 2025 in occasione di Pasquetta, dalle ore 10.00 alle ore 22.00.


I restanti giorni della settimana, dal martedì al venerdì, l’orario di apertura rimane invariato dalle 10.00 alle 19.00 con ultimo ingresso alle 18.00. L’esposizione, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, è curata da Ilaria Miarelli Mariani (Direttrice della Direzione Musei Civici Sovrintendenza Capitolina) e Raffaella Morselli (Professoressa ordinaria Sapienza Università di Roma), con la collaborazione di Ilaria Arcangeli (Ph.D Università di Chieti Gabriele D’Annunzio). Organizzazione Zètema Progetto Cultura. Catalogo Officina Libraria.


LA MOSTRA La mostra è dedicata alle tante artiste che dal XVI al XIX secolo hanno fatto di Roma il loro luogo di studio e di lavoro con una produzione ricca, variegata e di assoluto rilievo artistico, spesso relegate a una sorta di “silenzio” storiografico. Protagoniste della mostra le artiste presenti nelle collezioni capitoline, come Caterina Ginnasi, Maria Felice Tibaldi Subleyras, Angelika Kaufmann, Laura Piranesi, Marianna Candidi Dionigi, Louise Seidler ed Emma Gaggiotti Richards, oltre a una selezione significativa di altre importanti artiste attive in città come Lavinia Fontana, Artemisia Gentileschi, Maddalena Corvina, Giovanna Garzoni, e di molte altre il cui corpus si sta ricostruendo in questi ultimi decenni di ricerca. I diversi linguaggi, generi e tecniche, sono evidenziate nel percorso di mostra da tappe e figure rappresentative. Attraverso circa 130 opere, il percorso espositivo descrive il progressivo inserimento delle pittrici nel mercato internazionale, con il faticoso conseguimento del pieno accesso alla formazione e alle più importanti istituzioni della città, quali l’Accademia di San Luca e l’Accademia dei Virtuosi al Pantheon.

Mostre a Roma, arte sostenibile e salute mentale alla GNAMC

Mostre a Roma, arte sostenibile e salute mentale alla GNAMCRoma, 25 mar. (askanews) – Dall’1 al 4 aprile 2025 la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea ospiterà la creazione dal vivo di un’opera d’arte collettiva composta da materiali di plastica riciclata. Dopo il mosaico di Basaglia donato a Papa Francesco nell’ambito del Festival della salute mentale RO.MENS lo scorso ottobre, questa volta sarà Lady Be, artista internazionale nota per il suo impegno nell’arte sostenibile e nell’inclusione sociale, a realizzare un nuovo mosaico insieme agli utenti del servizio di salute mentale del distretto 6 dell’ASL Roma 2. L’identità del personaggio che sarà raffigurato nell’opera è ancora ignota e sarà svelata dall’artista soltanto in fase di realizzazione.


L’iniziativa si inserisce nel contesto della IV Edizione del Festival RO.MENS per l’inclusione sociale contro il pregiudizio, organizzato ad ottobre 2025 dal Dipartimento di Salute Mentale ASL Roma 2, in collaborazione con l’Assessorato alle Politiche Sociali e alla Salute di Roma Capitale, che ha già ricevuto nelle precedenti edizioni il patrocinio della RAI. “Il mio lavoro con i materiali di riciclo – ha affermato Lady Be – è anche una metafora della possibilità di rinascita e di riscatto. Con entusiasmo ho aderito a questo progetto che vede il coinvolgimento attivo dei giovani utenti del Dipartimento di Salute Mentale, trasformando i rifiuti in arte e ribadendo il valore della seconda possibilità, sia per le persone che per gli oggetti”.


“L’arte e la salute mentale- concludono Isabella de Stefano ed Emanuele Caroppo, coordinatori dell’iniziativa rispettivamente per la GNAMC e per la ASL – si uniscono nella splendida cornice della Galleria Nazionale, in un progetto di integrazione e collaborazione già in atto da tempo”.

Roma, “Zzz…desert” di Francesca Leone alla GNAM fino al 18 maggio

Roma, “Zzz…desert” di Francesca Leone alla GNAM fino al 18 maggioRoma, 25 mar. (askanews) – Prima di partire per il Giappone,dove esporrà nel Padiglione Italiano all’Expo 2025 di Osaka, Francesca Leone presenta alla GNAM la ricostruzione immaginifica di un deserto autobiografico, tratto da sogni e ricordi. L’installazione “Zzz…desert” immersa in una composizione di suoni e rumori della natura, rievoca i paesaggi aridi dei film del padre dell’artista, Sergio Leone. Inaugurata oggi alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma potrà essere ammirata fino al 18 maggio 2025. Un insieme di sculture metalliche, che rappresentano rocce del deserto e rose sgargianti, è accompagnato dalla musica di Marco Turriziani, che combina il ronzio delle api con il sussurro del vento e rimbombi metallici.


La prassi creativa di Francesca Leone si nutre della poetica del riuso, quindi recupera i materiali di scarto, soprattutto le lamiere cercate con insistenza nei cantieri dismessi e nei luoghi abbandonati, che testimoniano l’azione implacabile del tempo. Il tempo, che con il suo trascorrere imperterrito, ha eroso, arrugginito e ossidato la superficie delle sculture, assurge a coautore delle opere che l’artista modella e dipinge con cura. Nelle rocce e nelle rose, tonalità decisamente vitali di colore si misurano con il degrado, per rigenerare la materia. Animata da una colta coscienza ecologica, l’artista supera l’azione del tempo, donando nuova vita al metallo. L’esposizione è realizzata in collaborazione con Intesa Sanpaolo, che per l’occasione ha concesso in prestito una delle rose che compongono l’installazione. Le altre due, donate da Francesca Leone alla GNAM, entreranno a far parte della collezione permanente del museo e saranno poi esposte nel Giardino Aldrovandi.


L’artista negli ultimi dieci anni ha esposto per tre volte alla Biennale di Venezia e in importanti istituzioni museali internazionali quali il MOMMA di Mosca, il Museum of Contemporary Art di Santiago del Cile, il MACBA – Museum of Contemporary Art – di Buenos Aires; il Museum of Fine Arts di S.Pietroburgo, oltre che in diverse sedi museali italiane come La Triennale di Milano, il Museo Macro di Roma, il Reale Albergo dei Poveri di Palermo e la Sala delle Colonne nelle Gallerie d’Italia di Milano. Nel 2023 è stata selezionata dal MAXXI insieme al MiC per rappresentare l’Italia al G20 in India nell’ambito della mostra “Together we art” al Bihar Museum di Patna. Nel 2024, è stata scelta per il Padiglione Italiano alla Expo 2025 di Osaka.

Joel Meyerowitz, l’essere nel momento di un grande fotografo

Joel Meyerowitz, l’essere nel momento di un grande fotografoBrescia, 25 mar. (askanews) – Sei decenni del lavoro di uno dei più grandi fotografi del nostro tempo, un artista – e un uomo – che ha raccontato il presente prendendosi cura delle immagini e ha saputo fare una fotografia per molti versi assoluta. Joel Meyerowitz ha un’aura di leggenda e a lui la Fondazione Brescia Musei dedica la prima grande retrospettiva in Italia.


“Oggi ho 87 anni – ha detto Meyerowitz ad askanews – e questo è un momento di riflessione. Penso che gli artisti quando invecchiano sanno che il tempo davanti a loro è molto breve, ma il tempo nel passato è lungo. C’è la possibilità di vedere se c’era qualche verità nel loro lavoro giovanile. C’è la continuità, che fa vedere che l’artista era sempre li: così quando guardo queste opere ora, vedo me stesso. Vedo la passione che avevo e la curiosità che avevo, e posso sentire un allineamento, una coerenza con il mio lavoro attuale”. In mostra le immagini dell’11 settembre, quando Meyerowitz è stato l’unico reporter ammesso a Ground Zero, ma anche i capolavori della fotografia di strada, i reportage sociali e quelle fotografie americane alla Hopper che hanno ispirato il cinema e forgiato un immaginario poetico. Per generare quel senso di meraviglia che il curatore Denis Curti ha voluto citare anche nel titolo dell’esposizione. “Ho sempre pensato a Joel – ci ha spiegato Curti – come a una sorta di acrobata della fotografia, capace di salti e avvitamenti non solo fisici, ma soprattutto mentali. Inizia con una fotografia legata naturalmente all’esperienza della street photography per poi però introdurre immediatamente il tema della consapevolezza”.


Per Brescia Musei e il suo direttore Stefano Karadjov la mostra è il coronamento di un lavoro di quasi vent’anni, che continua a essere d’attualità. “Un uomo davvero straordinario – ha detto Karadjov – che è riuscito, con la sua antologia, a raccontare la storia della fotografia degli ultimi 50 anni in cambiamento. E oggi è più che mai attuale, visto il momento di grande tensione e incertezza legata anche agli Stati Uniti e al momento politico in corso, il suo ciclo degli anni Sessanta che ha raccontato nell’America profonda la frustrazione e le difficoltà legate alla guerra nel Vietnam, ci riporta in modo estremamente contemporaneo momento che viviamo”. Momenti, istanti… in fotografia sono parole importanti, che Joel Meyerowitz ha fatto proprie, superando le grandi lezioni storiche per arrivare a una sua presenza nell’idea stessa dell’attimo della fotografia: fulmineo, ma comunque meditato. “Essere nel momento – ha concluso l’artista americano – è esattamente ciò di cui si occupa la fotografia. Saper capire che quello è il momento, che arriva e se ne va. E l’allenamento consiste nel vedere se riesci a riconoscere il tuo momento, il momento in cui senti qualcosa ed è così profondo che lo devi catturare con una macchina fotografica, così”.


E la profondità delle immagini di Meyerowitz è qualcosa dentro la quale oggi perdersi è ancora bello e, soprattutto, possibile.

Libri, eventi tra Roma e Londra per “M come Moda”, “F for Fashion”

Libri, eventi tra Roma e Londra per “M come Moda”, “F for Fashion”Roma, 25 mar. (askanews) – La moda raccontata da un particolare punto di vista e con un approccio originale. A due anni dall’uscita di “M come Moda”, “F for Fashion” della giornalista e semiologa Giulia Rossi e a un anno dalla pubblicazione della sua versione in inglese, sono stati organizzati alcuni appuntamenti, a Roma e non solo, per approfondire e far conoscere questo dizionario semiotico della moda, adottato spesso come testo per studenti italiani e stranieri, pubblicato nel 2023 in lingua italiana per la casa editrice bolognese Pendragon.


Oggi alle ore 18 nel concept store URBS nel quartiere Testaccio, si terrà una presentazione-conversazione su moda, architettura e design a cui parteciperanno l’architetto Andrea d’Antrassi e la giornalista Giulia Del Re; lunedì 31 marzo, alle ore 14, nell’ambito del corso di Fashion Marketing della professoressa Nastaran N Richards-Carpenter, nella sede AIFS di Londra, si terrà una guest lecture dell’autrice dedicata in particolare alle voci che hanno caratterizzato la moda italiana e quella inglese. Mercoledì 9 aprile, inoltre, alle ore 20, al Teatro dei Barnabiti di Roma, verrà realizzato un adattamento teatrale del libro, curato dal regista di trentennale esperienza Bruno Montefusco nonché professore di Contemporary Italian Fashion alla American University of Rome, durante la settimana della moda di una delle più importanti università americane nella capitale.


Il libro sta riscontrando un certo successo per l’approccio originale e diverso alle parole della moda. Già perché cosa significa “dizionario semiotico” ? Sulla scia dell’opera aperta di Umberto Eco, celebre ai più dopo l’ultima, in ordine di tempo (ma prima per il nuovo direttore creativo), sfilata haute couture Valentino, Vertigineux, il dizionario semiotico apre delle finestre di conoscenza, dando aria al nostro intelletto, mente e spirito. Delle 132 parole incluse nella lista, tra oggetti e stili, sono presenti definizioni e storia, ma soprattutto, come recita il sottotitolo, connessioni e suggestioni con altri mondi: arte, musica, cinema e letteratura. Rimandi a scene e serie tv, passaggi di libri e immagini che hanno reso iconico un certo capo del guardaroba collegato a un determinato contesto. “M come Moda”, “F for Fashion” riesce a collegare ciò che sembra completamente estraneo, ma non lo è. Perché la moda è ovunque, tentacolare.

Presentato a Palazzo Montecitorio un libro sul Rione Sanità di Napoli

Presentato a Palazzo Montecitorio un libro sul Rione Sanità di NapoliRoma, 24 mar. (askanews) – Il 19 marzo 2025, presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati a Palazzo Montecitorio, si è tenuta la presentazione del volume ‘A Memoria futura. Storie e paesaggi del Rione Sanità’ (edito da Mimesis). Il libro, uscito nel 2024, ripercorre la realizzazione del progetto “La Casa del Rione Sanità. Racconti di orgoglio e di giustizia sociale” cofinanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento Politiche Giovanili e realizzato dall’associazione “Napoli inVita” APS-ETS in partenariato con l’”Associazione Italiana di Storia Orale – AISO” e la “LESS – Cooperativa sociale per la lotta all’esclusione sociale”.


La presentazione è stata realizzata su iniziativa dell’On. Raffaele Bruno che, nell’introduzione ai lavori ha rivelato il suo legame con il Rione Sanità di Napoli dove è nato e vissuto fino ai 30 anni come il padre ed il nonno. Al riguardo l’On. Bruno ha voluto regalare ai presenti un suo personale ricordo del nonno che, fino agli 80 anni, ha svolto il faticoso mestiere di trasportatore di ghiaccio caricando i pesanti blocchi su un carretto trainato da un cavallo. Un lavoro molto duro, svolto 365 giorni all’anno, ma attraverso il quale il nonno di Raffaele ha saputo “trasformare la sofferenza in amore”. Una storia apparentemente piccola ma – come ha detto l’On Bruno – è una delle tante storie delle persone umili che “hanno dentro una grande verità”. E’ quindi iniziata la presentazione moderata dal docente e divulgatore storico Diego Morgera. Prima di rivolgere le domande ai curatori del libro e del progetto, Morgera ha espresso le sue personali impressioni: “Quello che colpisce una persona come me, che con la Storia non ha più molto contatto ‘di ricerca’ ma lavora con la gente e con gli studenti, è proprio questo: il lavoro sul Quartiere Sanità e sul Progetto Casa Sanità riesce a realizzare una piccola magia. È un’opera democratica nel senso più alto del termine. Nei capitoli del libro parlano studiosi serissimi, attenti a precisare le metodologie adottate, parlano i ricercatori che esplorano il quartiere con il rispetto e la curiosità dell’antropologo, parlano gli operatori sociali impegnati da anni in una lotta senza quartiere (scusate il gioco di parole) e, infine, parlano gli abitanti: coloro che il quartiere lo hanno inscritto (quasi foucaultianamente) nell’epidermide”.


Iniziando il “giro di tavolo” sollecitato dalle domande del moderatore, per primo il prof. Antonio Canovi (presidente dell’AISO) si è soffermato sull’impostazione metodologica del libro e dello stesso progetto “La Casa del Rione Sanità” – di cui è stato direttore scientifico – che ha avuto tra i principali obiettivi la formazione laboratoriale di giovani “narratori di comunità” (durata 6 mesi, attraverso esperienze sul campo e approfondimenti teorici). Si tratta di un “libro di storia orale a tutti gli effetti, come se ne vedono pochi” – ha affermato Canovi – la cui originalità sta nell’essere “polifonico” con orchestrazione “a contrappunto”, cioè un libro in cui le enunciazioni teoriche si armonizzano con le narrazioni e in cui le narrazioni sono quelle delle persone intervistate, ma anche quelle degli stessi intervistatori che hanno seguito il loro percorso formativo di “narratori di comunità”. Metodologicamente è, quindi, un libro di storia orale perché è frutto dell’esercizio di questa disciplina, che pone l’orecchio attento alle “memorie provocate” (le “memorie che bussano”, come le ha anche qualificate Canovi). Ed è altresì un libro con approccio geostorico perché “la memoria affiora nei luoghi”, per usare ancora un’espressione di Canovi, proprio attraverso le esperienze (“geoesplorazioni”) condotte dai narratori sul territorio del Rione Sanità. Il “narratore di comunità’ – secondo l’esperienza descritta nel libro – si potrebbe quindi identificare in chi, vivendo o comunque decidendo di stare in un luogo, vuole capire dove si trova attraverso l’incontro dialogante con l’umanità presente in quello stesso luogo e, magari, vuole poi trasmettere ad altri la sua esperienza, “a memoria futura”.


Hilde Merini (consigliere di AISO) è stata, poi, sollecitata dal moderatore a parlare dell’altro prodotto del progetto “La Casa del Rione Sanità”, cioè l’archivio digitale delle fonti raccolte, di cui la stessa è “custode”. Merini, sul piano tecnico, ha evidenziato che, a fine progetto, l’archivio conteneva 80 giga di materiali multimediali (file audio o audiovideo delle interviste e relative trascrizioni, foto e altro materiale documentario, in parte pubblicato nel libro) e che lo stesso archivio non è solo “in cloud” ma anche fisicamente allocato in un server presente a “Casa Sanità”. A livello metodologico, efficacemente, Merini ha precisato che l’archivio “lungi dell’essere un luogo morto, deve essere un luogo attivo, pubblico, che vive mutandosi…un luogo in cui sporcarsi le mani con gioie e dolori”. E’ questo è possibile se l’archivio resta un archivio prodotto “dal basso”, partecipato ed aperto e se continueranno le esperienze di “riuso creativo delle fonti orali” (come è stata la storia a fumetti “Ossa” realizzata dal disegnatore Diego Miedo e presente nel libro). Infine Merini ha ricordato che l’archivio di “Casa Sanità”, opportunamente indicizzato, è entrato a far parte della “Lodovico Media Library”, creata dal Centro Interdipartimentale di Ricerca sulle Digital Humanities della Università di Modena-Reggio Emilia (DHMoRe). La parola è, quindi, passata al Presidente dall’associazione “Napoli inVita APS-ETS”, Luigi Mingrone, chiamato dal moderatore a raccontare le prospettive di sostenibilità del progetto “La Casa del Rione Sanità”. Mingrone ha evidenziato come “Casa Sanità” è anche un luogo fisico (che è divenuta la sede operativa dell’Associazione), in via Sanità 36/A – già chiesetta, club del Calcio Napoli ed autofficina – ha osservato che questo luogo, ed il progetto descritto nel libro – come un bambino che cresce – sta imparando a camminare sulle proprie gambe.


La “Casa” sta diventando luogo di aggregazione socio-culturale popolare, con presentazione di libri, piccoli eventi musicali e teatrali, incontri con altre associazioni, ma anche luogo di svolgimento di laboratori di creatività per i più piccoli abitanti del Rione. Inoltre Napoli inVita ha realizzato due progetti a carattere cinedocumentario, in collaborazione con la Scuola di cinema dell’Accademia di Belle Arti di Napoli: una rassegna cinematografica cofinanziata dalla Film Commission della Regione Campania e un progetto volto alla realizzazione di un documentario, partendo dalle interviste di storia orale, cofinanziato dal Ministero della Cultura con i fondi del PNRR. Questa è la strada che l’Associazione vuole continuare a percorrere cogliendo le occasioni di collaborazione tra pubblico e privato sociale, con particolare attenzione agli usi creativi delle fonti storiche ed alla realizzazione di ecomusei regionali in cui possano essere valorizzati i rapporti tra la memoria e i luoghi/paesaggi. La presentazione si è chiusa con l’intervento di Marco Mietto, progettista di “Casa Sanità” (attualmente Assessore alla Cultura del Comune di Reggio Emilia) al quale il moderatore ha chiesto quanto guardi al futuro un progetto del genere e, soprattutto: “il guardare al futuro di Casa Sanità può andare nella traiettoria di diventare paradigma e quindi di essere riproducibile”? Le considerazioni di Mietto si sono concentrate sul valore e la problematicità che, attualmente, riveste la realizzazione di un archivio digitale di dati. L’archivio di Casa Sanità – come ha sostenuto Mietto – è un “tesoro” che, nel futuro, è destinato ad aumentare il suo valore. Ma la problematicità della gestione è, e sarà, sempre più complessa. Gli archivi analogici del passato – ha continuato Mietto – erano gestiti da “persone molto particolari” (gli archivisti) che detenevano il pieno controllo sulle fonti custodite. Gli archivi digitali del presente, e ancor più quelli del futuro, sono un luogo in cui si svolge “la battaglia del potere sulle regole” da applicare per gestire i dati conservati. Ma – e questo, secondo Mietto, rende ancor più problematico il tema – quella battaglia si svolge “in un contesto di esseri umani che vivono senza regole”. In questa “pasta del futuro” il progetto e il libro presentato hanno “messo le mani’!