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Contrasto povertà: 7 mln per iniziative con Fondazioni di Comunità

Contrasto povertà: 7 mln per iniziative con Fondazioni di Comunità

Da Fond. Cariplo, Fond. Peppino Vismara e Fondo Intesa Sanpaolo

Milano, 21 feb. (askanews) – Selezionati i primi progetti di contrasto alla povertà, frutto della co-progettazione territoriale promossa da Fondazione Cariplo, Fondazione Peppino Vismara e Fondo Beneficenza di Intesa Sanpaolo. I progetti, finanziati con oltre 7 milioni di euro, partiranno nel corso del 2023, e sono stati elaborati nel quadro di un’iniziativa condotta in collaborazione con le Fondazioni di Comunità attivate e sostenute da Fondazione Cariplo.
“Attraverso la co-progettazione vogliamo contrastare la povertà e allo stesso tempo rafforzare la capacità dei soggetti del territorio di lavorare insieme su obbiettivi condivisi. Questo è sempre più necessario per rispondere ai bisogni delle persone e delle comunità, che esprimono problematiche differenziate che vanno lette e intercettate sempre più “da vicino” – dice Giovanni Fosti, presidente Fondazione Cariplo – Le progettualità finanziate in questa prima tranche sono molto diverse tra loro proprio perché nascono da una combinazione di bisogni e di risorse attorno alle povertà che il singolo territorio ritiene oggi più urgenti. Per sostenere e rafforzare questa rete, che diventa una vera e propria infrastruttura sociale del territorio, è determinante la convergenza di altri attori istituzionali, che come Intesa Sanpaolo e Fondazione Peppino Vismara, riconoscano questo come un investimento cruciale per il Paese”.
“Intesa Sanpaolo con il proprio Fondo di Beneficenza – aggiunge Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo – sostiene la linea di intervento Co-progettazione territoriale in piena sintonia con la Fondazione Cariplo e la Fondazione Peppino Vismara per il contrasto alla povertà. In un contesto in cui il divario sociale continua ad ampliarsi il Fondo fornisce un apporto determinante al raggiungimento degli obiettivi sociali del Piano di Impresa 2022-2025 del Gruppo per contribuire al contrasto dei problemi legati alle situazioni di fragilità e alle disuguaglianze”.
Fondazione Cariplo, Fondazione Peppino Vismara e il Fondo di Beneficenza di Intesa Sanpaolo hanno attivato, a partire dal 2021, una linea di azione finalizzata al sostegno di progetti di contrasto alla povertà in Lombardia e nelle province di Novara e del Verbano-Cusio-Ossola. All’interno di questo percorso, le Fondazioni di Comunità hanno assunto il compito di sollecitare l’attivazione dei rispettivi territori di riferimento, occupandosi di intercettare le istanze locali e aggregare tra loro soggetti pubblici, privati e del privato sociale, con l’obiettivo di progettare e realizzare interventi calibrati sulle necessità reali delle persone e delle famiglie.
Le risorse messe a disposizione dalle tre istituzioni ammontano complessivamente a 11 milioni di euro, di cui 6,2 milioni da Fondazione Cariplo, 3,3 milioni dal Fondo di Beneficenza di Intesa Sanpaolo e 1,65 milioni da Fondazione Peppino Vismara.
La prima tranche di 22 progetti selezionati garantisce contributi per oltre 7 milioni di euro ai territori di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lodi, Mantova, Milano città, Nord Milano, Pavia, Sondrio, Ticino Olona e Varese, per sostenere interventi di sistema realizzati dalle reti di soggetti pubblici e del privato sociale che ogni Fondazione di Comunità ha accompagnato e coordinato in fase di progettazione.
Nelle province di Novara e del Verbano-Cusio-Ossola l’emersione delle reti e l’elaborazione di progetti di contrasto alla povertà sono avvenute nell’ambito del bando “Reti territoriali contro la povertà”. Il bando ha permesso di selezionare 5 progetti che saranno realizzati nelle due province piemontesi che rientrano nel territorio di competenza di Fondazione Cariplo, e che beneficeranno di contributi complessivi pari a 399.000 euro per la provincia di Novara e 453.000 euro per il Verbano-Cusio-Ossola.
Il quadro degli interventi a contrasto alla povertà si completa con le iniziative, avviate già nel 2021, nei territori di riferimento delle Fondazioni di Comunità di Monza e Brianza e di Lecco, a cui sono stati concessi contributi a incremento dei rispettivi fondi “Contrasto alle nuove povertà” e “Aiutiamoci nel Lavoro” che, attraverso i Comitati di Gestione, prevedono l’attivazione di un’ampia e qualificata rete di soggetti del territorio.
La lotta alla povertà è uno degli obiettivi strategici che indirizzeranno l’attività filantropica di Fondazione Cariplo nel 2023. Anche il tema delle partnership è sempre più strategico per intraprendere azioni che facciano convergere know-how e risorse verso finalità comuni. In questa cornice vanno inquadrate alcune scelte per l’anno in corso: è previsto un ulteriore impegno di 2,5 milioni di euro, a cui si aggiungerà 1 milione di euro di Fondazione Peppino Vismara, per il Programma QuBì, finalizzato al contrasto della povertà minorile nella città di Milano; inoltre, per affrontare la povertà educativa, Fondazione Cariplo ha destinato oltre 11 milioni di euro al “Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile”, nato nel 2016 dall’alleanza tra Fondazioni di origine bancaria, Terzo Settore e Governo con l’obiettivo di supportare progetti educativi a favore di bambini e ragazzi in condizione di fragilità; altri 13,4 milioni di euro andranno al “Fondo per la Repubblica digitale”, frutto di una nuova partnership tra Ministero per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, Ministero dell’economia e delle finanze ed ACRI (l’associazione delle Fondazioni di origine bancaria) per sostenere progetti rivolti alla formazione e all’inclusione digitale; infine, circa 20 milioni di euro saranno assegnati ai progetti realizzati in collaborazione con le 16 Fondazioni di comunità operanti in Lombardia.

Wwf, siccità è problema strutturale. Bisogna preservare l’acqua

Wwf, siccità è problema strutturale. Bisogna preservare l’acquaRoma, 21 feb. (askanews) – La siccità è ormai un problema strutturale, è uno dei prezzi che paghiamo al cambiamento climatico. Dobbiamo prepararci a una realtà nuova, caratterizzata anche da una riduzione della disponibilità idrica media annua del 19% dell’ultimo trentennio rispetto al precedente (ISPRA, 2022) e cambiare, anche ponendo rimedio agli errori del passato a cominciare dagli sprechi e dalle perdite della rete di distribuzione (oggi fino al 40%) e nelle case, dove gli italiani sono campioni d’Europa di spreco (220 litri in media abitante al giorno). Dobbiamo anche ridurre il fabbisogno di acqua in agricoltura che utilizza oggi il 60% della risorsa acqua disponibile. A lanciare l’allarme è il Wwf.
Secondo l’associazone invece di intervenire sugli effetti, si deve intervenire sulle cause attraverso una strategia ad ampio raggio che dovrebbe avere al centro un adeguato Piano di adattamento ai cambiamenti climatici, basato sulle più aggiornate conoscenze ed esperienze realizzate in Europa utilizzando soluzioni basate sulla natura (Nature Based Solutions) per una corretta ricarica delle falde, per creare aree di laminazione naturale, per favorire processi di autodepurazione e per ridurre in generale la vulnerabilità del nostro territorio.
Per il Wwf resta prioritaria la necessità non procrastinabile, richiamata anche nell’ultimo rapporto dagli scienziati dell’IPCC, di abbattere rapidamente le emissioni di gas climalteranti, per scongiurare il pericolo che la situazione divenga tale da rendere impossibile fronteggiare la crisi climatica e adattarsi. Occorre poi ridare centralità alle Autorità di Bacino perché ci sia una regia unica che rediga e/o aggiorni i “bilanci idrici” per riprogrammare gli usi dell’acqua in base alla reale disponibilità della risorsa e alle priorità.
Rivedere le concessioni idriche dando priorità agli usi idropotabili, all’agricoltura e all’ambiente, evitando o riducendo drasticamente utilizzi inopportuni in un’ottica di adattamento ai cambiamenti climatici, come per la neve artificiale (la stagione sciistica ormai si protrae fino a maggio quando l’agricoltura è già da un paio di mesi bisognosa d’acqua).
Necessario poi combattere lo spreco, ammodernando la rete di distribuzione per uso civile dell’acqua e migliorando sempre più i sistemi di irrigazione; e incentivare il risparmio idrico anche attraverso politiche di premialità. Ridurre il consumo di suolo che avanza ad un ritmo di 19 ettari al giorno, il valore più alto negli ultimi dieci anni, avviando anche azioni di recupero e ripristino ambientale. Rinaturalizzare i fiumi e la rete idrica superficiale, tutelando e ripristinando le fasce ripariali e le zone umide, ricreandone di nuove per tutelare la biodiversità ma anche come bacini da utilizzate per contrastare periodi di stress idrico. Incrementare le infrastrutture verdi all’interno delle aziende agricole (filari di siepi e alberate, fasce tampone, stagni, ecc.) che aumentano la ritenzione idrica dei terreni agricoli.
Per l’associazione bisogna puntare sull’agroecologia. Per ridurre la dipendenza dall’acqua della nostra agricoltura – seuggerisce il Wwf – andrebbero incentivate l’agricoltura biologica e le altre pratiche agricole che incrementano la sostanza organica nel suolo che trattiene l’acqua (cover-crops, sovesci, non lavorazione del terreno tramite la semina su sodo, ecc.) e privilegiare le colture che richiedono una ridotta irrigazione.
Il proliferare di nuovi invasi e programmi d’intervento straordinari, dettati dall’emergenza, derogando dalla pianificazione ordinaria e dai suoi vincoli territoriali, – avverte il Wwf – rischia di peggiorare la situazione aggravando il bilancio idrico complessivo degli ecosistemi e delle falde. Gli invasi devono essere ricaricati e con l’andamento delle precipitazioni rischiamo di realizzare solo cattedrali nel deserto. È prioritario realizzare un censimento degli invasi già presenti sul territorio e dei loro attuali usi e gestori per incrementare la loro efficienza. Privilegiare in ogni caso i piccoli invasi diffusi sul territorio invece dei grandi bacini idrici montani che sottraggono acqua a tutto il bacino idrografico sottostante.

Medici e dirigenti sanitari: 1 su 3 disposto a cambiare lavoro

Medici e dirigenti sanitari: 1 su 3 disposto a cambiare lavoro

Indagine Anaao-Assomed, fascia età più in crisi tra i 45 e i 55 anni.

Roma, 21 feb. (askanews) – Più della metà (56,1%) tra medici e dirigenti sanitari è insoddisfatta delle condizioni del proprio lavoro e 1 su 4 (26,1%) anche della qualità della propria vita di relazione o familiare. Un sintomo inequivocabile di quanto il lavoro ospedaliero sia divenuto causa di sofferenza e di alienazione. Una insoddisfazione che cresce con l’aumentare della anzianità di servizio e delle responsabilità, tanto che i giovani medici in formazione (24,6%) si dichiarano meno insoddisfatti dei colleghi di età più avanzata (36,5%), tra i quali si raggiunge l’apice nella fascia di età tra i 45 e i 55 anni, un periodo della vita lavorativa in cui si aspetta quel riconoscimento professionale che il nostro sistema, però, non riesce a garantire.
Questi i principali risultati della survey condotta dall’Anaao Assomed cui hanno risposto 2130 tra medici e dirigenti sanitari.
“Possono sembrare risultati scontati – sottolinea il sindacato medico – ma oggi più che mai è importante controllare e misurare la temperatura dell’insoddisfazione che serpeggia nelle corsie ospedaliere fra i colleghi riguardo alle condizioni del loro lavoro, anche perchè dal CCNL ai nastri di partenza attendiamo risposte alle necessità e alle aspirazioni dei medici e dirigenti sanitari del nostro Paese. Comprendere i motivi di un disagio diffuso, e prospettare possibili soluzioni, può contribuire a rallentare l’esodo dei medici ospedalieri verso il settore convenzionato o privato o verso l’estero, nonchè a evitare forme di ‘uberizzazione’ dell’attività medica che contribuisce a generare contratti a cottimo tanto ricchi quanto poco chiari sulle norme e sulla sicurezza”.
Per quanto riguarda i cambiamenti desiderati nel lavoro, il podio è occupato da incrementi delle retribuzioni con il 63,9 % delle risposte, e da una maggiore disponibilità di tempo con il 55,2%, con una prevalenza del fattore tempo per le donne (39,5%) sugli uomini (47,56%) che invece mirano, in maggiore misura, a retribuzioni più adeguate. Si evidenzia anche come per gli over 65 (15,8%) sia prioritaria una maggiore sicurezza rispetto ai colleghi più giovani (6,3%). Al contrario, l’esigenza dei giovani di una maggior disponibilità di tempo per la famiglia e il tempo libero è più alta (37,9 %) rispetto ai colleghi con maggior anzianità di servizio (27,6%). In generale aumento delle retribuzioni e del tempo libero hanno un peso maggiore nelle aspettative rispetto alla progressione di carriera.
“La domanda finale sul futuro del proprio lavoro registra risposte che rappresentano il segnale più inquietante della crisi della più antica professione di cura: il 36%, ovvero quasi 1 su 3, specie nelle classi di età tra i 45 e i 55 anni, appare disposta a cambiare il lavoro attuale. Il 20% degli intervistati si dichiara ancora indeciso, segno del fatto che almeno una volta si è interrogato sul futuro della professione e sul suo ruolo all’interno del sistema. Forte è il rischio che, procedendo la sanità pubblica per la impervia strada del definanziamento e della privatizzazione, vadano ad accrescere le fila delle migliaia di desaparecidos che già oggi abbandonano la professione in cerca di altri lidi o, perché no, di altri lavori”. Per Anaao-Assomed “serve una profonda riprogrammazione strategica delle politiche sanitarie, un cambio di paradigma che realizzi un netto investimento sul lavoro professionale, che nella sanità pubblica rappresenta il capitale più prezioso. Altrimenti anche il Pnrr rappresenterà la ennesima occasione perduta”.

La vita di Matteo Messina Denaro in un film per il cinema

La vita di Matteo Messina Denaro in un film per il cinemaRoma, 21 feb. (askanews) – La vita di Matteo Messina Denaro arriva al cinema con Bamboo Production. La società di Marco Belardi ha acquistato i diritti del libro “U Siccu” di Lirio Abbate (edito da Rizzoli) e ne realizzerà un film per il grande schermo. Sarà una produzione imponente e la regia sarà affidata a un importante regista italiano.
Lirio Abbate, giornalista in prima linea nella lotta alla mafia, delinea nel suo libro – 10.000 copie vendute – il complesso ritratto del latitante più pericoloso d’Italia: il giovane amante del lusso e il “fimminaro” delle notti palermitane; il killer spietato, il boss, lo stratega, il mafioso che ha avallato e curato la scelta stragista di Cosa Nostra negli anni Novanta. E poi il padre, il latitante imprendibile, l’affarista che ha stretto legami indissolubili con la politica, l’imprenditoria e la massoneria.
Mostrando il ruolo che il boss ha avuto nelle gerarchie mafiose, il libro spiega perché la cattura di Matteo Messina Denaro, depositario dei segreti della mafia, riveste un passo decisivo per sconfiggere Cosa Nostra.

“Obiettivo Terra 2023”, ultimi giorni per partecipare al concorso

“Obiettivo Terra 2023”, ultimi giorni per partecipare al concorsoRoma, 21 feb. (askanews) – Ancora pochi giorni per iscriversi alla 14a edizione di “Obiettivo Terra” 2023, il concorso di fotografia geografico-ambientale promosso da Fondazione UniVerde e Società Geografica Italiana, dedicato alla difesa, alla valorizzazione e alla promozione del patrimonio ambientale e, con essi, del paesaggio, dei borghi, delle peculiarità e delle tradizioni enogastronomiche, agricole, artigianali, storico-culturali e sociali dei Parchi Nazionali, Regionali, Interregionali, delle Aree Marine Protette, delle Riserve Statali e Regionali. Un omaggio all’Italia, Paese leader in Europa per la biodiversità di flora e fauna e a Madre Terra: obiettivo del contest è quello di promuovere la diffusione di un modello di turismo ecosostenibile e responsabile e la concreta transizione all’economia circolare.
La cerimonia di premiazione del concorso si terrà a Roma il 21 aprile 2023 in occasione della vigilia della 54a Giornata Mondiale della Terra (22 aprile 2023). Obiettivo Terra 2023 è promosso con la main partnership di Cobat, la grande piattaforma italiana dell’economia circolare, e con la digital partnership di Bluarancio. I fotoamatori possono ancora partecipare entro il 3 marzo 2023 (data di chiusura del concorso, in concomitanza della 10° Giornata mondiale della Fauna selvatica), inviando un’immagine a colori scattata in un Parco Nazionale, Regionale, Interregionale, in un’Area Marina Protetta o in una Riserva, Statale o Regionale.
“Premio Mother Earth Day”: al vincitore di “Obiettivo Terra” 2023, oltre al primo premio di 1.000 euro e all’onore di veder esposta al pubblico la gigantografia della propria foto in una delle piazze centrali di Roma, sarà donata una targa ricordo dai soggetti promotori e dedicata la copertina del volume “Obiettivo Terra 2023: l’Italia amata dagli italiani”.
IL CONTEST – È aperto a tutti i cittadini, italiani e stranieri, residenti o domiciliati in Italia che abbiano compiuto i 18 anni di età entro il 3 marzo 2022. La partecipazione è totalmente gratuita, basterà registrarsi sul portale www.obiettivoterra.eu e caricare una fotografia a colori, secondo le caratteristiche tecniche previste dal regolamento del concorso. È ammessa la candidatura di una sola foto per partecipante.

Recupero uso braccio dopo ictus, l’esperto: bene studio ma non risolutivo

Recupero uso braccio dopo ictus, l’esperto: bene studio ma non risolutivoRoma, 21 feb. (askanews) – “Lo studio sperimentale condotto dall’Università di Pittsburgh, dalla Carnegie Mellon University e da UPMC (University Pittsburgh Medical Center) e pubblicato su Nature Medicine che indica la possibilità di migliorare in modo significativo il movimento e il controllo (oltre che la forza) del braccio e della mano laddove un precedente ictus abbia prodotto una paralisi parziale (paresi), è di grandissimo interesse scientifico e porta con sé notevolissime implicazioni applicative”, però “non può considerarsi la soluzione definitiva al problema”. Lo spiega Paolo Maria Rossini Paolo Maria Rossini, Responsabile del Dipartimento di Neuroscienze e Neuroriabilitazione dell’IRCCS San Raffaele Roma. In Italia il numero di persone che soffre di un ictus ogni anno sfiora le circa 200.000 unità, di queste oltre la metà soffrirà per il resto della vita dei reliquati neurologici (per lo più emiparesi e disturbi del linguaggio) che permangono dopo l’evento acuto. Questo numero va ovviamente a sommarsi anno dopo anno a quelli degli anni precedenti con un notevolissimo costo per il SSN e i servizi sociali oltre che a un pesante aggravio famigliare e personale in tutte le sfere del vivere quotidiano, incluse quelle professionali, affettive e di relazioni sociali. “Motivi per cui”, spiega Rossini, “il tema proposto da questo studio è di grandissimo impatto e interesse generale. La proposta degli autori americani (coordinati però da un ricercatore italiano da anni trasferitosi nella sede di Pittsburgh, il Prof. Capogrosso) è stata quella di inserire chirurgicamente una piastrina contenente una serie di ‘contatti’ (punti da cui si può far passare la corrente elettrica) direttamente addossata al midollo cervicale e alle relative radici spinali (in particolare quelle posteriori che convogliano impulsi sensoriali sulle cellule di origine delle fibre nervose che propagano impulsi/comandi ai muscoli del braccio e della mano attraverso i nervi periferici che dal midollo e dal plesso brachiale si propagano a tutto l’arto superiore). La tipologia di pazienti che è stata selezionata appartiene a quel gruppo di soggetti che pur avendo sofferto di un ictus riescono ancora a produrre un minimo controllo volontario dei muscoli parzialmente paralizzati. Questo minimo controllo può avvenire grazie al fatto che del contingente di fibre nervose, proveniente dai centri del cervello che programmano il movimento, scende lungo il midollo cervicale e va a innervare le cellule di origine delle fibre motorie sopra citate. Ricordo che nel soggetto sano, esiste un robusto fascio di fibre (circa 1 milione) denominato via piramidale o cortico-spinale, che convoglia i comandi motori alle ‘centraline’ del midollo (cervicale, dorsale e lombo-sacrale) per il controllo di tutta la muscolatura non solo degli arti, ma anche del respiro, dei visceri e dell’apparato genito-urinario. Ammettiamo quindi che solo il 10-20% di fibre del fascio piramidale siano sopravvissute all’insulto vascolare dell’ictus. In questo caso l’impulso/comando motorio prodotto dal cervello viene propagato lungo il contingente di fibre della via piramidale che è sopravvissuto all’ictus, ma l’intensità di tale impulso/comando è talmente debole da non riuscire ad attivare un numero sufficiente di cellule nel midollo cervicale e quindi, in ultima analisi, non è sufficiente a produrre il movimento richiesto e programmato dal comando motorio. Le piastrine inserite addosso al midollo cervicale (a loro volta collegate a uno stimolatore che produce impulsi elettrici con caratteristiche programmabili) sarebbero in grado di aumentare la eccitabilità/recettività delle cellule midollari motorie che quindi sarebbero pronte a rispondere anche a un impulso/comando molto debole, producendo un movimento e una forza utili a raggiungere la finalità dell’atto motorio voluto dal paziente (es. tenere una penna per scrivere, afferrare un bicchiere o una posata e sollevare braccio e mano per portarli alla bocca)”. Lo studio, “di grandissimo interesse scientifico che porta con sé notevolissime implicazioni applicative non può però per i motivi sopra descritti considerarsi la soluzione definitiva al problema secondo il neurologo perché “si basa su di un approccio invasivo (con una chirurgia di primo livello) con una metodica generale dai costi molto elevati; difficile, quindi, pensare a una sua diffusione generalizzata in particolare per soggetti (quelli colpiti da ictus sono per lo più anziani e affetti da pluripatologia) particolarmente fragili. Tuttavia, i risultati di questo tipo di approccio fanno ben sperare su quanto si potrà ottenere da analoghe ipotesi di lavoro che utilizzano (anche nel nostro Istituto di Ricerca sono in corso studi di questo tipo) stimoli elettrici a bassa intensità veicolati tramite elettrodi di superficie applicati sul collo a livello della colonna cervicale. Il tempo ci dirà se questo tipo di approccio si potrà aggiungere con efficacia all’armamentario riabilitativo e di supporto per la migliore cura dei pazienti colpiti da ictus”.

Me.Mo. 2023, al via progetto mobilità sociale di Scuola Sant’Anna

Me.Mo. 2023, al via progetto mobilità sociale di Scuola Sant’AnnaRoma, 21 feb. (askanews) – Pronta alla partenza l’edizione 2023 di Me.Mo. (Merito e Mobilità sociale), il progetto di orientamento e di mobilità sociale della Scuola Superiore Sant’Anna che accompagna ogni anno 360 studentesse e studenti di merito provenienti da contesti socio-economici fragili nella scelta universitaria.
L’evento di apertura è in programma per giovedì 23 febbraio, dalle ore 16.30, in modalità online, ed è intitolato “A tutti coloro che amano le isole o che sono, essi stessi, un’isola”, riprendendo l’incipit del libro “Una barca nel Bosco” di Paola Mastrocola, ospite dell’iniziativa. L’autrice – informa la Sant’Anna – interviene per parlare delle sue scelte ed esperienze, sollecitando le studentesse e gli studenti a pensare il loro futuro senza schemi e forzature, per “sovvertire tutti gli insopportabili luoghi comuni”.
Sono previsti i saluti di Nicola Vitiello, docente di Bioingegneria industriale della Scuola Superiore Sant’Anna e delegato in materia di merito e mobilità sociale, l’intervento di Sara Barsanti, coordinatrice del progetto, e la presentazione dei tutor.
La partenza del progetto permette alle vincitrici e ai vincitori (360 tra ragazze e ragazzi, provenienti dalle classi quarte superiori di tutta Italia, con genitori non laureati) di conoscersi e iniziare a interagire con i propri tutor, ovvero allieve e allievi della Scuola Superiore Sant’Anna, della Scuola Normale Superiore e dei Collegi Universitari di Merito, che li seguiranno nel percorso durante i prossimi mesi.
Me.Mo. si prefigge di incidere su eventuali barriere socio-culturali, economiche e personali dando la possibilità alle candidate e ai candidati selezionati tra oltre 860 domande di acquisire consapevolezza nella scelta universitaria, attraverso lezioni, incontri di discussione, tavole rotonde, simulazioni di test per l’ammissione agli studi universitari e percorsi di mentoring personalizzati.

Procedure elettrofisiologiche: all’IcCS la prima sala in Italia

Procedure elettrofisiologiche: all’IcCS la prima sala in ItaliaMilano, 21 feb. (askanews) – Inaugurata a Milano, all’Istituto Clinico Città Studì la prima sala operatoria in Italia – dedicata alle procedure elettrofisiologiche – dotata del catetere per il mappaggio ad alta definizione delle malattie cardiache e del catetere ablatore con modalità di erogazione ad alta potenza e breve durata (quattro secondi). Si tratta di una rilevante innovazione tecnologica che permette di ridurre del 50% i tempi della procedura operatoria.
Il primo intervento è stato eseguito dal dottore Giuseppe Augello e dalla sua equipe. L’operazione, mirata alla cura di un caso di fibrillazione atriale ad alta frequenza non responsiva alla terapia farmacologica, ha permesso di mappare in maniera estremamente precisa la camera cardiaca e di applicare in circa 15 minuti l’energia necessaria al fine di eliminare le regioni anomale.
La fibrillazione atriale è una delle tre patologie cardiovascolari più frequenti e di maggior impatto sulla mortalità. Il trattamento farmacologico spesso si rivela inefficace o anche affetto da importanti effetti collaterali. L’ablazione transcatetere si configura in questo come una valida alternativa e rappresenta il trattamento di scelta in molti casi. Si tratta di un intervento mini-invasivo che consente di identificare le anomalie cardiache sottese alla fibrillazione stessa e di eliminarle mediante piccole applicazioni di energia termica.
In questo contesto la tecnologia si configura come una risorsa sempre più importante non solo per il mappaggio delle regioni cardiache anomale ma anche per l’applicazione sicura ed efficace di energia termica da tessuto anomalo. Prima struttura in Italia, l’istituto Clinico Città Studi ha deciso di dotarsi di due dispositivi frutto della migliore innovazione in campo tecnologico: un “catetere multipolare” (32 poli) per il mappaggio ad alta definizione delle aritmie cardiache che permette una ricostruzione anatomica estremamente accurata in aggiunta ad una registrazione dei segnali elettrici di alta qualità, aumentando quindi l’efficienza della procedura; e un “Catetere ablatore ad alta potenza e sensore di pressione”, che con una innovativa modalità di erogazione ad alta potenza e breve durata – solo 4 secondi – permette di ridurre notevolmente i tempi di ablazione garantendo allo stesso tempo un elevato profilo di sicurezza e di efficacia dell’ablazione stessa.
(Nella foto: il dottore Giuseppe Augello, terzo da sinistra, e la sua equipe)

A UniPa i delegati di 9 atenei europei per il progetto Forthem

A UniPa i delegati di 9 atenei europei per il progetto ForthemRoma, 21 feb. (askanews) – Sono partiti nella Sala Magna dello Steri, sede del Rettorato dell’Università di Palermo, i lavori del progetto FORTHEM rifinanziato per ulteriori 4 anni, estendibili a 6, nell’ambito del programma Erasmus+ con una dotazione di oltre 14 milioni di euro. Il meeting, che si svolgerà sino a giovedì 23 febbraio alla presenza di oltre 100 delegati di nove Università europee, coinvolge la governance, il corpo docente, gli uffici relazioni internazionali dell’università e la rappresentanza studentesca di UniPa e degli altri Atenei partner.
FORTHEM – informa UniPa – punta a mettere insieme le competenze del consorzio per costituire un mega Ateneo Europeo. Oltre a Palermo, le università che costituiscono FORTHEM hanno sede a Dijon (Francia), Valencia (Spagna), Mainz (Germania), Riga (Lettonia), Opole (Polonia), Jyvaskyla (Finlandia), Adger (Norvegia) e Sibiu (Romania). L’azione “European Universities” è stata lanciata dalla Commissione Europea nel 2019 con l’obiettivo di formare studenti e cittadini autenticamente europei, multilingue e culturalmente aperti al mondo. I progetti di “European Universities” solitamente coinvolgono non soltanto le università ma anche stakeholder esterni, imprese, autorità governative, scuole e cittadini, puntando a una riforma complessiva del sistema di “higher education” che sia più rispondente alle attuali esigenze della UE.
A dare il kick-off del progetto il Rettore dell’Università di Palermo, Massimo Midiri, che commenta: “UniPa è stato il primo Ateneo del Sud Italia a far parte di una grande Alleanza Europea. Siamo particolarmente orgogliosi di ospitare il meeting di avvio del nuovo progetto FORTHEM in una settimana particolarmente importante per la nostra connotazione di Università moderna, aperta al mondo, sempre più europea, che culminerà con la cerimonia di inaugurazione dell’Anno Accademico alla presenza della Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, del Presidente della Repubblica e del Ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini”.
“È un’occasione unica per rendere la nostra Università sempre più integrata con prestigiosi Atenei europei – aggiunge il Prorettore alla Didattica e alla Internazionalizzazione, Fabio Mazzola – Riteniamo che il progetto possa rappresentare uno straordinario veicolo di grande accelerazione per la evoluzione e trasformazione di UniPa, ponendo i nostri studenti, il nostro corpo docente e il nostro staff amministrativo in una prospettiva sempre più europea, non solo attraverso i programmi di mobilità ma anche acquisendo best practice e contribuendo alla loro diffusione nel nostro contesto”.
La costituzione di Alleanze europee risulta essere attualmente la forma di cooperazione internazionale più complessa dell’intero programma Erasmus+ richiedendo ai partner del consorzio una strategia congiunta di lungo termine orientata alla creazione di campus Europei multidisciplinari in cui tutti gli studenti, i docenti e lo staff delle università aderenti al consorzio possano accedere all’offerta degli altri partner. La mission dell’Alleanza FORTHEM è fortemente orientata all’internazionalizzazione degli Atenei nel loro complesso e coinvolge anche i contesti economico-sociali in cui tali atenei operano. Si punta a superare l’idea di “progetto di cooperazione” per approdare a strategie di riforma strutturale che affidano agli atenei il ruolo di promotore di politiche innovative e transnazionali. Tutte le università aderenti sono saldamente radicate nel tessuto sociale ed economico delle rispettive regioni europee, agiscono come motori di internazionalizzazione e innovazione, alcune interconnesse da strutture politiche come i gemellaggi tra città e i partenariati regionali.
FORTHEM ha già raggiunto importanti risultati nei primi tre anni di attività, tra i quali la creazione della piattaforma Digital Academy, coordinata proprio dall’Ateneo di Palermo, l’avvio di programmi di mobilità innovativa tra le università partecipanti, la promozione di internship internazionali. “L’evento che si sta svolgendo in questi giorni ad UniPa – conclude Mazzola – darà il via alle attività del nuovo periodo di finanziamento, che si pone obiettivi ancora più ambiziosi, capaci di offrire agli studenti un’offerta formativa che sia davvero internazionale, multiculturale e sempre più innovativa e digitale”.

Prà festeggia 40 vendemmie e mette tappo a vite anche al vino più premiato

Prà festeggia 40 vendemmie e mette tappo a vite anche al vino più premiatoMilano, 21 feb. (askanews) – Nell’anno in cui festeggia i 40 anni dalla sua prima vendemmia, Graziano Prà sceglie di mettere il tappo a vite anche ai vini dei suoi grandi cru del Soave, quelli con cui da anni sfida il tempo con ottimi risultati. A 66 anni, questo vigneron di Monteforte d’Alpone, colle a 25 chilometri da Verona, tira diritto lungo la sua strada con la serenità di chi conosce il valore dei vini che produce. “Sono tredici anni che usiamo il tappo a vite, che facciamo comparazioni con le bottiglie invecchiate con il sughero, e oggi siamo certi che la capsula Stelvin sia la scelta migliore per l’affinamento e la conservazione dei nostri vini, la risposta più forte al nostro desiderio di produrre vini buoni nel tempo, senza difetti ed eleganti” ha spiegato Prà ad askanews che lo ha incontrato ad un evento a Milano.
Dunque, dopo “Otto”, “Staforte” e “Colle Sant’Antonio”, a partire dalla vendemmia 2023, sarà incapsulato anche il pluripremiato “Monte Grande”, che completa al meglio tutte le diverse espressioni della Garganega, vitigno nobile che nella provincia a più alta densità di vite (Verona) è sempre stato trattato un po’ come una bestia da soma grazie alla sua resa estremamente generosa. Prà, tra i fondatori dei Vignaioli indipendenti, è invece uno di quei vigneron autentici che alla quantità ha sempre preferito la qualità, le uve autoctone ai vitigni internazionali, il biologico al convenzionale: uno che crede nel territorio in cui è nato e cresciuto, e che pensa al futuro della Denominazione. “Ho sempre cercato e cerco di fare emergere ciò che è scritto nella terra, ho sempre creduto nell’identità del Soave” spiega, ricordando che “i miei vini sono fatti con la Garganega e il Trebbiano di Soave, non sono mai andato in cerca di vitigni internazionali: lo Chardonnay, che qui ha imperato, ha stravolto tutto, perché la gente non conosce più quale sia il gusto del vero Soave e se perdiamo questo perdiamo le nostre radici”.
Oltre ai suoi 40 ettari nella zona di Soave, Prà nel 2001 ha aggiunto anche alcuni vigneti di Corvina, Corvinone, Rondinella e Oseleta sulle colline di Mezzane e Tregnano in Valpolicella. Oggi le vigne sono distribuite su circa otto ettari a biologico, a circa 500 metri sul livello del mare, da cui si ricavano 30mila bottiglie di Valpolicella, 20mila di Ripasso e 10mila di Amarone. Vini anche qui eleganti, senza difetti, diretti e “gastronomici”. Nel futuro prossimo venturo anche questo Valpolicella Doc “indosserà” il tappo a vite, a differenza dei suoi fratelli maggiori perché il Disciplinare non lo prevede.
“Sono passati 40 anni da quando ho iniziato ma se guardo indietro mi sembra ieri, eppure in mezzo c’è una vita” racconta ancora Prà, spiegando che da quel lontano 1983 della prima vendemmia “è cambiato tutto, a incominciare dal clima, il problema dell’acqua a Soave è molto grave e ci dobbiamo adattare: facciamo i pozzi ma di acqua c’è ne è sempre meno”. “Dobbiamo mettere nella bilancia che le quantità di uva non saranno più quelle di una volta, si produrrà sempre meno” prosegue Prà, che rivela “mi fa paura il cambiamento climatico, la gente non ha ancora capito quanto sia grave: ogni tanto mi capita di addormentarmi pensando che questa sarà l’ultima volta in cui abbiamo paura del tempo e che le stagioni torneranno ad essere quelle di una volta, perché io d’inverno voglio tornare a vedere la neve e a sentire il freddo, ma dobbiamo fare degli sforzi, dipende tutto da noi”.
Oggi la Cantina produce circa 410mila bottiglie (360mila di Soave), di cui oltre l’80% finiscono all’estero, in particolare negli Stati Uniti, in Norvegia e in Germania. “Oggi ho un’azienda avviata, con 15 dipendenti che stanno bene perché io sono sempre stato dell’idea che chi lavora da me, la sera deve andare a casa contento e il mattino deve essere contento di tornare a lavorare” spiega Prà, sottolineando che “i miei vini rispecchiano questa attenzione: il ‘buono, pulito e giusto’ del mio amico Carlin Petrini è stato per me fondamentale, è stato un faro per il vino di qualità e tutte le aziende agricole devono avere un grande rispetto per lui”.
“Il mio obiettivo è arrivare a mezzo milione di bottiglie e poi mi fermo perché non ha senso andare più avanti, perché dopo hai bisogno di tutta una serie di cose che non mi piacciono: per fare dei vini identitari serva che li segua io altrimenti per me non ha senso” svela Prà, sottolineando che “nella nostra Denominazione abbiamo la qualità e la longevità ma ci manca il prezzo, che è un elemento imprescindibile per un grande vino, senza quello puoi anche fare il vino più buono del mondo ma non sarai mai considerato”. “Oggi il prezzo dei nostri vini è troppo basso, non è una questione di guadagno (io non ho mai lavorato per guadagnare) ma di prestigio – conclude – perché facciamo dei vini eccezionali, unici, che se bevuti alla cieca non temono il confronto con alcun vino bianco secco al mondo”.