Prà festeggia 40 vendemmie e mette tappo a vite anche al vino più premiatoMilano, 21 feb. (askanews) – Nell’anno in cui festeggia i 40 anni dalla sua prima vendemmia, Graziano Prà sceglie di mettere il tappo a vite anche ai vini dei suoi grandi cru del Soave, quelli con cui da anni sfida il tempo con ottimi risultati. A 66 anni, questo vigneron di Monteforte d’Alpone, colle a 25 chilometri da Verona, tira diritto lungo la sua strada con la serenità di chi conosce il valore dei vini che produce. “Sono tredici anni che usiamo il tappo a vite, che facciamo comparazioni con le bottiglie invecchiate con il sughero, e oggi siamo certi che la capsula Stelvin sia la scelta migliore per l’affinamento e la conservazione dei nostri vini, la risposta più forte al nostro desiderio di produrre vini buoni nel tempo, senza difetti ed eleganti” ha spiegato Prà ad askanews che lo ha incontrato ad un evento a Milano.
Dunque, dopo “Otto”, “Staforte” e “Colle Sant’Antonio”, a partire dalla vendemmia 2023, sarà incapsulato anche il pluripremiato “Monte Grande”, che completa al meglio tutte le diverse espressioni della Garganega, vitigno nobile che nella provincia a più alta densità di vite (Verona) è sempre stato trattato un po’ come una bestia da soma grazie alla sua resa estremamente generosa. Prà, tra i fondatori dei Vignaioli indipendenti, è invece uno di quei vigneron autentici che alla quantità ha sempre preferito la qualità, le uve autoctone ai vitigni internazionali, il biologico al convenzionale: uno che crede nel territorio in cui è nato e cresciuto, e che pensa al futuro della Denominazione. “Ho sempre cercato e cerco di fare emergere ciò che è scritto nella terra, ho sempre creduto nell’identità del Soave” spiega, ricordando che “i miei vini sono fatti con la Garganega e il Trebbiano di Soave, non sono mai andato in cerca di vitigni internazionali: lo Chardonnay, che qui ha imperato, ha stravolto tutto, perché la gente non conosce più quale sia il gusto del vero Soave e se perdiamo questo perdiamo le nostre radici”.
Oltre ai suoi 40 ettari nella zona di Soave, Prà nel 2001 ha aggiunto anche alcuni vigneti di Corvina, Corvinone, Rondinella e Oseleta sulle colline di Mezzane e Tregnano in Valpolicella. Oggi le vigne sono distribuite su circa otto ettari a biologico, a circa 500 metri sul livello del mare, da cui si ricavano 30mila bottiglie di Valpolicella, 20mila di Ripasso e 10mila di Amarone. Vini anche qui eleganti, senza difetti, diretti e “gastronomici”. Nel futuro prossimo venturo anche questo Valpolicella Doc “indosserà” il tappo a vite, a differenza dei suoi fratelli maggiori perché il Disciplinare non lo prevede.
“Sono passati 40 anni da quando ho iniziato ma se guardo indietro mi sembra ieri, eppure in mezzo c’è una vita” racconta ancora Prà, spiegando che da quel lontano 1983 della prima vendemmia “è cambiato tutto, a incominciare dal clima, il problema dell’acqua a Soave è molto grave e ci dobbiamo adattare: facciamo i pozzi ma di acqua c’è ne è sempre meno”. “Dobbiamo mettere nella bilancia che le quantità di uva non saranno più quelle di una volta, si produrrà sempre meno” prosegue Prà, che rivela “mi fa paura il cambiamento climatico, la gente non ha ancora capito quanto sia grave: ogni tanto mi capita di addormentarmi pensando che questa sarà l’ultima volta in cui abbiamo paura del tempo e che le stagioni torneranno ad essere quelle di una volta, perché io d’inverno voglio tornare a vedere la neve e a sentire il freddo, ma dobbiamo fare degli sforzi, dipende tutto da noi”.
Oggi la Cantina produce circa 410mila bottiglie (360mila di Soave), di cui oltre l’80% finiscono all’estero, in particolare negli Stati Uniti, in Norvegia e in Germania. “Oggi ho un’azienda avviata, con 15 dipendenti che stanno bene perché io sono sempre stato dell’idea che chi lavora da me, la sera deve andare a casa contento e il mattino deve essere contento di tornare a lavorare” spiega Prà, sottolineando che “i miei vini rispecchiano questa attenzione: il ‘buono, pulito e giusto’ del mio amico Carlin Petrini è stato per me fondamentale, è stato un faro per il vino di qualità e tutte le aziende agricole devono avere un grande rispetto per lui”.
“Il mio obiettivo è arrivare a mezzo milione di bottiglie e poi mi fermo perché non ha senso andare più avanti, perché dopo hai bisogno di tutta una serie di cose che non mi piacciono: per fare dei vini identitari serva che li segua io altrimenti per me non ha senso” svela Prà, sottolineando che “nella nostra Denominazione abbiamo la qualità e la longevità ma ci manca il prezzo, che è un elemento imprescindibile per un grande vino, senza quello puoi anche fare il vino più buono del mondo ma non sarai mai considerato”. “Oggi il prezzo dei nostri vini è troppo basso, non è una questione di guadagno (io non ho mai lavorato per guadagnare) ma di prestigio – conclude – perché facciamo dei vini eccezionali, unici, che se bevuti alla cieca non temono il confronto con alcun vino bianco secco al mondo”.