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Chat Fdi, Salvini: dette cose sgradevoli, ma è altro se fossero state pronunciate oggi

Chat Fdi, Salvini: dette cose sgradevoli, ma è altro se fossero state pronunciate oggiRoma, 7 feb. (askanews) – “Non sono permaloso. Ma il ‘gonfio’ mi dà fasidio. Sto cercando di perdere qualche grammo”. Lo ha affermato, con ironia, il vicepremier e leader della Lega, Matteo Salvini, a proposito dei termini usati nei suoi confronti nelle chat di Fratelli d’Italia ed emersi in questi giorni con la pubblicazione di un libro di un giornalista del Il Fatto Quotidiano, Giacomo Salvini.


In una conferenza stampa per la presentazione della proposta di legge della Lega sulla rottamazione fiscale, rispondendo alle domande dei giornalisti sulle chat, Salvini ha aggiunto: “dall’alto dei miei 96 chili, mi interessa portare a casa i risultati e mantenere le promesse fatte”. “Sicuramente questi sgradevoli epiteti risalenti ad anni fa quando Lega e Fratelli d’Italia non governavano insieme hanno un peso. Ma se fossero fatti oggi o domani dagli alleati avrebbero un altro peso. Io mi trovo bene in questa maggioranza, lavoro bene sia con Fratelli d’Italia che con Forza Italia”.


Salvini ha aggiunto di essere “infastidito” per i commenti sulle chat di FdI riferiti alla Lega, considerata un movimento senza onore che non mantiene le promesse. “Io ho le spalle larghe, ma quando si critica un movimento unico, straordinario come la Lega, sicuramente mi infastidisco. Il giudizio sull’onore non lo lascio decidere a nessun altro. Abbiamo qualche decennio di storia, 501 sindaci, i governatori più apprezzati d’Italia e fra i più apprezzati d’Europa, quindi lascio giudicare ai cittadini chi mantiene le promesse o meno”. In quanto alla proposta di legge del Carroccio sulla rottamazione delle cartelle fiscali in 120 rate, Salvini ha aggiunto che non essa “oggi noi offriamo all’intera maggioranza la possibilità di mantenere una promessa elettorale con onore. Che siano i fatti a parlare”.

Da Vox a Madrid i ‘patrioti’ di ‘Mega’, l’estrema destra europea a raccolta

Da Vox a Madrid i ‘patrioti’ di ‘Mega’, l’estrema destra europea a raccoltaRoma, 6 feb. (askanews) – Tutti pazzi per Elon Musk e Donald Trump. L’estrema destra europea dei ‘patrioti’ si appresta a mettere in scena a Madrid, tra domani e sabato, il primo grande evento da quando il patron di Tesla, Starlink e X, ha rilanciato lo slogan ‘Mega’, Make Europe Great Again, clone del Maga di Trump (‘Make America great Again’) con una ‘chiamata’ alla mobilitazione attraverso un post in inglese: “Popoli d’Europa, unitevi al Mega movement! Make Europe Great Again”, sulla scia della ricetta della coppia Trump-Musk. “E’ ora di rendere l’Europa di nuovo grande!”, gli ha fatto eco retwettandolo il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini che parteciperà al summit.


Ci sarà il primo ministro ungherese Viktor Orban, autore del conio ‘Mega’ e regista dei patrioti che, in un’Europa sempre più polarizzata, rappresentano, con 86 membri, la terza formazione dell’euro-Parlamento. E anche la presidente del Rassemblement national Marine Le Pen, oltre al fondatore del partito della libertà nei Paesi Bassi Geert Wilders in forte ascesa, l’austriaco dell’ultra-destra del Fpo Herbert Kickl incaricato di formare il nuovo esecutivo in Austria e l’ex premier della Repubblica Ceca e leader del partito populista Azione dei Cittadini Insoddisfatti (Ano) Andrej Babis. Padrone di casa della kermesse dei ‘Patriots for Europe’ il leader di Vox, Santiago Abascal, rimasto vicino a Giorgia Meloni, dopo aver scelto i patrioti invece che i conservatori di Ecr. Un rapporto da tenere in conto con l’unica premier in carica in Europa ad essere stata invitata all’investitura di Trump, negli Usa dove Abascal ha incontrato anche il presidente argentino Javier Milei.


Rappresentanti di un’Europa sovranista, fieramente cristiano-tradizionalista e identitaria, sostenitori dei muri anti-migranti, nemici giurati della cultura woke e della “ideologia gender” oltreché del Green Deal su cui puntano a mettere una pietra tombale ‘complice’ le marce indietro in atto nel bis della commissione guidata da Ursula Von der Leyen. Alcuni dichiaratamente filo-putiniani (Orban e Kickl in testa), altri con simpatie neo-naziste come l’Afd di Alice Weidel, sponsorizzata dal multi-miliardario Musk come “l’unica speranza per la Germania”. Un entrare a gamba tesa nelle questioni politiche dell’Europa cui il sudafricano ha abituato tutti in questi mesi, attaccando anche i magistrati italiani che non hanno convalidato i fermi dei migranti condotti in Albania (“questi giudici devono andarsene”), costringendo il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a difendere la “sovranità” dell’Italia.


Il tentativo della kermesse sarà quello di tratteggiare una strategia in vista delle prossime sfide in Europa, presentare le parole d’ordine unitarie del progetto Mega, schivando il rischio che il Make europe great again possa infrangersi sulla necessità di tenuta del consenso interno, dal ‘Make Hungary great again’ al ‘Make Italy great again’. E provando a non rimanere insabbiati se, alla prova dei fatti, gli interessi di Maga saranno smaccatamente divergenti da quelli di Mega (vedi la guerra tutta da scrivere sui dazi).

Schlein a confronto con sindaci Pd: “ci sarà nostra proposta su sicurezza”

Schlein a confronto con sindaci Pd: “ci sarà nostra proposta su sicurezza”Roma, 6 feb. (askanews) – Il tema era delicato, perché quando si parla di sicurezza il Pd oscilla spesso tra due approcci diversi – uno più ‘pragmatico’ e uno più ‘sociale’ – e la riunione tra la segretaria Elly Schlein e i sindaci dem si conclude con una linea che tenta la quadratura del cerchio. La segretaria, racconta chi era presente, ha concluso tirando una sintesi che tiene insieme le due impostazioni: “La sicurezza è un diritto”, avrebbe detto, ci sarà una proposta del Pd, ma opposta a quella della destra e che tenga insieme sia le misure di ordine pubblico che gli interventi sul piano sociale. Come spiegava la coordinatrice della segreteria Marta Bonafoni nella convocazione della riunione su questo argomenti i democratici “distinguerci definitivamente dall’approccio strumentale delle destre”.


Lo scopo dell’incontro era proprio questo: dare ascolto alle richieste dei sindaci, cercando però di rivendicare la “diversità” del ‘nuovo Pd’ fortemente voluta dalla Schlein, come racconta uno dei partecipanti: “La segretaria non vuole che il Pd accetti l’equazione ‘sicurezza uguale repressione’, non dobbiamo inseguire la destra su questa linea”. Ma, d’altro canto, i sindaci dem chiedono che anche di repressione si parli, si aspettano che il partito offra loro una sponda, essendo da mesi bersaglio quotidiano degli attacchi della destra sui temi della sicurezza. Per questo, spiegano, la segretaria nella sua sintesi finale ha innanzitutto messo nel mirino le misure “securitarie e inefficaci” del governo, dal ddl sicurezza alle norme sui migranti. Su questo la leader Pd ha compattato tutti, parlamentari e sindaci. Ma serviva di più per rispondere al grido d’allarme dei sindaci e di due ‘padri nobili’ come Walter Veltroni e Paolo Gentiloni, che nelle scorse settimane si erano fatti sentire su questo. Il rischio che nel partito si delineassero due posizioni diverse c’era e la Schlein per preparare l’incontro di oggi ha lavorato molto sia col responsabile sicurezza Matteo Mauri che con il sindaco di Torino Stefano Lorusso, che è anche coordinatore dei sindaci dem.


Non a caso a loro è stato affidato il compito di avviare la discussione, dopo l’introduzione della Bonafoni. E non a caso entrambi hanno tracciato una linea simile, che ha preparato il terreno alle conclusioni della segretaria: serve un approccio equilibrato – hanno sostenuto sia Mauri che Lorusso – ci vogliono sia il controllo del territorio che le politiche sociali, di inclusione, che eliminano l’humus su cui prolifera l’illegalità. Quello del presidio del territorio, del resto, è stato il ritornello ripetuto da tutti i sindaci, da Matteo Lepore(Bologna) a Mattia Palazzi(Mantova), passando per Sara Funaro(Firenze) e Gaetano Manfredi. Certo, tutti hanno inserito il discorso in un quadro più ampio, che appunto tenesse dentro anche interventi sul fronte sociale, di recupero delle periferie, di integrazione dei migranti. Ma la presenza delle forze dell’ordine nelle strade è stato un comune denominatore. E Roberto Gualtieri, spiegano, ha ribadito che il Pd deve farsi carico del problema sicurezza, anche se le statistiche dicono che l’Italia ha un tasso di criminalità molto inferiore a quello di altri paesi europei. Ma la percezione dell’opinione pubblica va tenuta in considerazione, ha spiegato.


La Schlein, nelle conclusioni, ha tenuto insieme tutto: la richiesta di controllo del territorio con la rivendicazione di politiche sociali che prevengano i fenomeni di criminalità. Come si legge nella nota finale il Pd intende promuovere “una politica integrata che parli di conoscenza e controllo del territorio, rafforzamento dei presidi di sicurezza, sociali, educativi, di cultura, accanto a politiche abitative, politiche di inclusione e integrazione, di partecipazione, di rigenerazione urbana, e di contrasto alla criminalità”. Uno sforzo di mediazione che sembra aver dato i suoi frutti: “E’ un primo passo, ma molto importante – dice uno dei sindaci Pd – c’era chi temeva che esplodessero contraddizioni, invece è passato il concetto che il Pd si fa carico della sicurezza”.

Malumori M5S, tardano regole sui mandati ma Conte è quasi pronto

Malumori M5S, tardano regole sui mandati ma Conte è quasi prontoRoma, 6 feb. (askanews) – “In effetti un po’ di malumore c’è, nei gruppi parlamentari”: a mezza voce, una figura di spicco del Movimento 5 stelle racconta di un sentimento diffuso nel gruppo dirigente e nei gruppi parlamentari per il ritardo nella formalizzazione della proposta di nuove regole sui mandati elettivi nelle istituzioni. Il famoso limite dei due mandati è stato abolito dal voto degli iscritti addirittura lo scorso novembre, ma i quesiti erano multipli, un sondaggio più che una decisione: mentre è certo che potrà candidarsi a sindaco o presidente di Regione anche chi avrà già completato i due mandati parlamentari, per le altre norme da inserire nel codice etico il presidente del Movimento, Giuseppe Conte, si è confrontato per ben due volte a gennaio con il Consiglio nazionale ed ha promesso di depositare una proposta al Comitato dei Garanti (essendo stata abolita, con doppia votazione, la figura del Garante fino ad allora rappresentata dal fondatore Beppe Grillo).


Tutto fermo, nulla finora è stato formalizzato all’organismo presieduto dall’ex presidente della Camera Roberto Fico (l’ex parlamentare Laura Bottici e l’ex sindaca di Roma Virginia Raggi le altre due componenti: nel complesso tutti interessati al tema mandati e quindi, sibilano i più critici fra i 5 stelle, in conflitto d’interessi). Se ci sono state interlocuzioni “probabilmente hanno viaggiato informalmente solo sull’asse Conte-Fico”, oltre che su quello fra Conte e il fedelissimo deputato-notaio Alfonso Colucci, “forse l’unico che viene consultato davvero sulla materia”, dice, sempre a taccuini chiusi, la citata figura di spicco dei 5 stelle. Pressate sull’argomento, le fonti vicine al leader garantiscono che il taglia e cuci giuridico “è prossimo al deposito”, ma cosa è andato storto, allora? Il punto è che soprattutto la seconda riunione del Cn è stata alquanto vivace, ed ha lasciato emergere diffuse perplessità sugli orientamenti espressi da Conte: vero è che, sconfitta nel “processo costituente” e nel voto on line la fronda “grillina” ortodossa, non c’è una minoranza o un dissenso precostituito nei confronti dell’ex presidente del Consiglio. Neppure uno scontro. Chi c’era, però, racconta che molti fra parlamentari e dirigenti “davano per scontato che il limite dei due mandati, sconfessato dagli iscritti, fosse superato almeno in direzione di un terzo giro nei palazzi”, mentre Conte ha frenato sia internamente che all’esterno, facendo filtrare la sua ferrea volontà di non consentire la trasformazione del Movimento in una fabbrica di carriere politiche. L’assemblea gli ha restituito, se non un “no” franco, quantomeno una diffusa insoddisfazione rispetto alla sua idea di impedire la liberalizzazione del terzo mandato elettorale, filtrandola attraverso il sistema delle deroghe al limite di due elezioni: ma chi deve decidere sulle deroghe? La base? I dirigenti? Conte stesso? Sono interrogativi che agitano la discussione interna.


“Sì, Conte – racconta una delle voci interne più lontane dal giro contiano – vuole pervicacemente tenersi una quota di riserva. Allora il punto è: quante nomine si può riservare senza stravolgere le decisioni degli iscritti rispetto ai candidati da valutare? Anche perché al prossimo giro i posti saranno sempre meno… Quindi le sue scelte, saturando i primi posti in lista, potrebbero di fatto bastare a decidere i prossimi eletti, senza che nessuno possa ragionevolmente ambire a competere per un posto”. Ma il quadro resta frastagliato, “tra virgolette è un tutti contro tutti, per diverse visioni e per interesse naturale”, spiega un deputato di lungo corso. Esempio: agli ex parlamentari, molti dei quali ambiscono a rientrare, piace la regola della pausa di una legislatura, perché loro la stanno facendo e li rimetterebbe subito in pista, con un vantaggio su chi sta facendo ora il secondo giro. Di tutt’altro avviso sono molti di quelli che stanno svolgendo il secondo mandato, non attratti dall’idea di cercarsi un lavoro almeno per i prossimi cinque anni. C’è anche un’altra linea di frattura: ci sono, raccontano fonti interne, insospettabili big convertiti alla linea “partitista”, che vorrebbero archiviare per sempre le “parlamentarie”, cioè il passaggio libero delle candidature al vaglio degli iscritti, uno dei marchi di fabbrica caratteristici dei 5 stelle dell’era Grillo. Insomma, è l’analisi di una voce interna autorevole, “ognuno aveva un’idea sua sulle cose uscite da Nova” (l’assemblea che ha chiuso il “processo costituente”) e comunque “forse abbiamo sottovalutato che i quesiti multipli erano anche in contrasto, non esiste una soluzione che tenga dentro tutto”. A decidere sarà Conte, si vedrà se, come dicono i suoi, la proposta delle nuove regole è effettivamente vicina ad essere presentata ai garanti (e poi votata dalla base degli iscritti, con ogni probabilità), e soprattutto se, e come, l’ex premier riuscirà a evitare di creare nuovo malcontento, visto che comunque accontentare tutti sarà tecnicamente impossibile.

Foibe, La Russa: ricordare non è un atto superfluo

Foibe, La Russa: ricordare non è un atto superfluoRoma, 6 feb. (askanews) – “Non è un atto superfluo celebrare ogni anno il giorno del Ricordo, ma affermare che è una occasione per rendere onore, tardivo, a coloro che subirono l’oltraggio dell’indifferenza, o peggio della persecuzione, è tuttora un atto doveroso, sentito e necessario”. Lo ha detto il presidente del Senato, Ignazio La Russa, prendendo la parola a palazzo Madama nel corso della presentazione del libro sulle foibe del senatore di Fratelli d’Italia, Roberto Menia.


A giudizio di La Russa “c’è stata tanta disattenzione, diciamo ‘disattenzione’ per usare un termine buono, ma una parte degli italiani non ha mai trascurato” di considerare le vittime di quelle vicende “non solo parte dell’Italia, ma vicina più di chiunque altro”. “L’esodo, le torture, l’uccisione barbara di milioni di italiani trovarono la pessima accoglienza non solo dei comunisti e della sinistra (famoso il latte negato ai bambini alla stazione di Bologna) ma anche del potere italiano che non voleva creare attrito con la sinistra e con i vincitori”, ha aggiunto.

M.O., Conte: fesserie da Trump, no deportazione palestinesi da Gaza

M.O., Conte: fesserie da Trump, no deportazione palestinesi da GazaRoma, 6 feb. (askanews) – “Se fossi presidente del Consiglio chiamerei il presidente Trump, chiederei un colloquio e gli direi: hai detto una fesseria, rimangiatela subito, non esiste pensare di deportare una intera popolazione da Gaza. Ma Meloni non lo fa e non lo farà perché sappiamo che quando va a Washington ci va solo per prendere bacetti, prima con Biden ora con Trump”. Lo ha detto il presidente del Movimento 5 stelle, Giuseppe Conte, in collegamento con gli studi di La7 dal presidio delle lavoratrici di La Perla a Bologna.


“I palestinesi – ha proseguito l’ex premier – rimarranno a Gaza. Dopo un anno e mezzo di sterminio sistematico adesso bisogna cambiare politica, e garantire a loro un futuro indipendente”.

Monito Mattarella su mali passato: da protezionismo a progetto Terzo Reich

Monito Mattarella su mali passato: da protezionismo a progetto Terzo ReichMarsiglia, 5 feb. (askanews) – “C’è il rischio che si ripeta quanto accaduto negli anni Trenta del secolo scorso: sfiducia nella democrazia, riemergere di unilateralismo e nazionalismi? Oggi come allora si allarga il campo di quanti, ritenendo superflue se non dannose per i propri interessi le organizzazioni internazionali, pensano di abbandonarle. Le conseguenze di queste scelte, la storia ci insegna, sono purtroppo già scritte”. Nella sua lectio magistralis oggi all’università d’Aix Marseille che gli ha conferito il dottorato honoris causa, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, traccia un quadro preoccupato dei rischi di un progressivo sfaldamento di un ordine internazionale fondato sulla pace e la collaborazione mentre imperversano le guerre di dazi riaperte dall’amministrazione Trump (“fenomeni di protezionismo di ritorno”) e si fatica a vedere a quali condizioni verrà chiusa la guerra in Ucraina o il conflitto in Medioriente.


La storia ci insegna che la pace non si può mai dare per scontata che bisogna costruirla e coltivarla, così come fecero i popoli e le nazioni all’indomani della seconda guerra mondiale con l’istituzione dell’organizzione delle Nazioni Unite, ma dopo 70 anni di pace nel “XXI secolo ci si è progressivamente trovati di fronte a una situazione fluida, nella quale a prevalere erano i rischi e il sentimento di incertezza e imprevedibilità”, dice Mattarella che registra il riemergere “del concetto di ‘sfere di influenza’, all’origine dei mali del XX secolo e che la mia generazione ha combattuto”. Un “tema cui si affianca quello di figure di neo-feudatari del Terzo millennio – novelli corsari a cui attribuire patenti – che aspirano a vedersi affidare signorie nella dimensione pubblica, per gestire parti dei beni comuni rappresentati dal cyberspazio nonché dallo spazio extra-atmosferico, quasi usurpatori delle sovranità democratiche”. Il capo dello Stato ricorda come “la crisi economica del ’29 alimentò una spirale di protezionismo, di misure unilaterali, con il progressivo erodersi delle alleanze” e subito “presero il sopravvento fenomeni di carattere autoritario. Il risultato fu l’accentuarsi di un clima di conflitto – anziché di cooperazione” e “a prevalere fu il criterio della dominazione. E furono guerre di conquista. Fu questo il progetto del Terzo Reich in Europa. L’odierna aggressione russa all’Ucraina è di questa natura”, avverte Mattarella.


“La strategia dell’appeasement non funzionò nel 1938. La fermezza avrebbe, con alta probabilità, evitato la guerra. Avendo a mente gli attuali conflitti, può funzionare oggi?”, si domanda il capo dello Stato secondo il quale “quando riflettiamo sulle prospettive di pace in Ucraina dobbiamo averne consapevolezza”, avverte. Per Mattarella questo “è il momento di agire: ricordando le lezioni della storia e avendo a mente il fatto che l’ordine internazionale non è statico” e che la pace “non è un dono gratuito della storia” ma va costruita con la fiducia, cosa sono se non atti di fiducia gli accordi internazionali che hanno caratterizzato gli ultimi decenni ma che ora vengono sempre più spesso violati e messi in discussione? In questo quadro di incertezza il Presidente della Repubblica chiama in causa l’Unione europea: “L’Europa intende essere oggetto nella disputa internazionale, area in cui altri esercitino la loro influenza, o, invece, divenire soggetto di politica internazionale, nell’affermazione dei valori della propria civiltà? Può accettare di essere schiacciata tra oligarchie e autocrazie? Con, al massimo, la prospettiva di un ‘vassallaggio felice’”. Insomma “bisogna scegliere: essere ‘protetti’ oppure essere ‘protagonisti’?”.


L’Europa è il “più grande progetto di pace e democrazia” della storia e per questo “un punto di riferimento” e una speranza per gli altri paese, è custode dei diritti e dello Stato di diritto e perciò “chiunque pensi che questi valori siano sfidabili sappia che, sulla scia dei suoi precursori, l’Europa non tradirà libertà e democrazia”, assicura. Ma l’Europa non può neanche considerarsi un’isola felice, insiste Mattarella, “abbiamo bisogno di un ordine internazionale stabile e maturo per reagire all’entropia e al disordine causate dalle politiche di potenza, e per affrontare le grandi sfide transnazionali del nostro tempo”. Perciò proprio l’Unione Europea, a suo avviso “deve porsi alla guida di un movimento che nel rivendicare i principi fondanti del nostro ordine internazionale sappia rinnovarlo, attenta alle istanze di quanti dall’attuale costruzione si sentano emarginati”. E dunque l’invito rivolto agli studenti, alle nuove generazioni è “a non ripetere gli errori del passato, ma dar vita a una nuova narrazione. Soltanto insieme, come comunità globale, possiamo sperare di costruire un avvenire prospero, ispirato a equità e stabilità”.

P.Chigi: escludiamo giornalisti spiati da intelligence

P.Chigi: escludiamo giornalisti spiati da intelligenceRoma, 5 feb. (askanews) – “In merito a quanto pubblicato da alcuni organi di stampa su presunte attività di spionaggio che avrebbero riguardato operatori dell’informazione, la Presidenza del Consiglio esclude che siano stati sottoposti a controllo da parte dell’intelligence, e quindi del Governo, i soggetti tutelati dalla legge 3 agosto 2007, n. 124 (Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto), compresi i giornalisti”. E’ quanto si legge in una nota di Palazzo Chigi che si riferisce al caso di un centinaio di giornalisti, tra cui il direttore di Fanpage Francesco Cancellato, che sarebbero stati controllati con un sofisticato software spyware.


“Trattandosi di una questione che il governo considera di particolare gravità – prosegue Palazzo Chigi -, è stata attivata l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, che dipende dalla Presidenza del Consiglio. Acn ha interloquito con lo studio legale Advant, incaricato dalla società WhatsApp Ireland Limited: emerge che le utenze italiane interessate finora appaiono essere sette. Non è stata comunicata ad Acn l’identità dei titolari di tali utenze, che sono stati informati direttamente dalla stessa società, a tutela della loro privacy”. “Dalla medesima interlocuzione si ricava che le utenze fino ad ora coinvolte appartengono a numeri con prefissi telefonici riconducibili, oltre all’Italia, ai seguenti Paesi: Belgio, Grecia, Lettonia, Lituania, Austria, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna e Svezia. WhatsApp Ireland Limited è la società di Meta che opera nel mercato europeo, il che spiega perché le informazioni emerse riguardino esclusivamente Paesi dell’Unione Europea”.


“Per ogni altra questione di competenza dell’intelligence relativa all’uso degli strumenti in questione, la Presidenza del Consiglio conferma la sua disponibilità a riferire all’organismo parlamentare preposto al controllo dell’attività dei servizi (Copasir)”.

Mattarella: come negli anni Trenta si rischia abbandono multilateralismo

Mattarella: come negli anni Trenta si rischia abbandono multilateralismoMarsiglia, 5 feb. (askanews) – “Regole e strumenti ci sarebbero per affrontare questa fase e allora perchè il sistema multilaterale sembra non riuscirci, con il rischio del ripetersi di quanto accaduto negli anni Trenta del secolo scorso: sfiducia nella democrazia, riemergere di unilateralismo e nazionalismi? Oggi come allora si allarga il campo di quanti, ritenendo superflue se non dannose per i propri interessi le organizzazioni internazionali, pensano di abbandonarle”. Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nella lectio magistralis pronunciata in occasione della laurea honoris causa all’università d’Aix Marseille.


“Nel fragile contesto degli anni fra le due guerre mondiali, percorso da un cupo rialzarsi del nazionalismo, da allarmanti tendenze al riarmo, dal contrasto fra gli Stati, secondo la logica delle sfere di influenza – ha ricordato il capo dello Stato – furono circa 20 i casi di recesso dalla Società delle Nazioni. La Germania, con Hitler Cancelliere, si ritirò nel 1933. Lo stesso fece il Giappone. L’Italia uscì nel 1937” e questo dice che “fin dall’inizio, purtroppo, la Società delle Nazioni non seppe fare argine all’espansionismo, alle ripetute violazioni della sovranità territoriale, in Europa come in altri continenti”.

Mattarella: neo-feudatari del Terzo millennio vogliono gestire lo spazio

Mattarella: neo-feudatari del Terzo millennio vogliono gestire lo spazioMarsiglia, 5 feb. (askanews) – “Figure di neo-feudatari del Terzo millennio, novelli corsari a cui attribuire patenti, aspirano a vedersi affidare signorie nella dimensione pubblica, per gestire parti dei beni comuni rappresentati dal cyberspazio nonché dallo spazio extra-atmosferico, quasi usurpatori delle sovranità democratiche”. Lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, durante la lectio magistralis pronunciata in occasione della laurea honoris causa all’università d’Aix Marseille.


“Ricordiamoci cosa detta l’Outer Space Treaty – ha avvertito il capo dello Stato – all’ Art. II: ‘Lo spazio extra-atmosferico, compresi la luna e gli altri corpi celesti, non è soggetto ad appropriazione da parte degli Stati, né sotto pretesa di sovranità, né per utilizzazione od occupazione, né per qualsiasi altro mezzo possibile’”.