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Manifesti Pro vita contro aborto, Pd: vergognosa immondizia

Manifesti Pro vita contro aborto, Pd: vergognosa immondiziaRoma, 7 mar. (askanews) – “Rieccoli, i cosiddetti Pro Vita. Che riescono fuori ogni volta che siamo in prossimità di una data utile a riaffermare la libertà e l’autodeterminazione delle donne. Solo che stavolta forse si sono spinte davvero troppo in là…’Non una di meno, ma per davvero…’? Ma scherziamo? Perché le donne non vengono uccise ‘per davvero’ dagli uomini? Vergogna.Vergogna senza fine”. Così Marta Bonafoni della segreteria del Pd, in merito ai manifesti di Pro Vita, l’associazione nota per le sue campagne contro l’aborto a partire dal concepimento. In vista della festa della donna Pro Vita ha diffuso dei manifesti con la figura di una donna incinta con la scritta: “non una di meno… ma per davvero! Dalla parte di tutte le donne” (con un evidente riferimento all’associazione femminista ‘Non una di meno’).


“In un colpo solo Pro vita offende un’associazione femminista storica, l’impegno contro il femminicidio, tutte le donne e la stessa maternità per colpevolizzare chi decide di abortire. Alla vigilia dell’8 marzo. Un manifesto che è immondizia”, scrive su X la senatrice del Pd Valeria Valente. “Mi sono passati davanti e sono rimasta incredula. Attaccare e ridicolizzare chi lotta contro la violenza per stigmatizzare e colpevolizzare chi decide di abortire. Due miserie in un solo manifesto. Una vergogna”, sottolinea Cecilia D’Elia, senatrice Pd e vicepresidente della commissione bicamerale femminicidio. Ne è seguita una replica di Pro Vita. “Rispediamo al mittente gli attacchi isterici del Partito Democratico, in particolare il delirante accostamento fatto dalla Consigliera del Lazio Marta Bonafoni tra la nostra campagna e l’orribile fenomeno dei femminicidi. Continueremo a batterci per i veri diritti di tutte le donne, a cominciare da quelle concepite e non ancora nate”, ha detto Maria Rachele Ruiu, portavoce di Pro Vita & Famiglia Onlus.

Europee, Cateno De Luca lancia lista “Libertà”, con ex leghista Castelli

Europee, Cateno De Luca lancia lista “Libertà”, con ex leghista CastelliRoma, 7 mar. (askanews) – “Si è avverata la profezia ‘Sud chiama Nord’: il Nord ha risposto. Oggi con Roberto Castelli e il ‘Partito popolare per il Nord’ abbiamo lanciato la sfida per la libertà. Prossimo progetto, l’unico che ci possiamo permettere di dire antisistema, l’unico che valorizza le autonomie, l’unico che rappresenterà la novità anche per altri movimenti politici e forze civiche che non accettano questa azione liberticida della Unione Europea”. Così Cateno De Luca, fondatore di ‘Sud chiama Nor’” ha presentato, nel corso di una conferenza stampa alla Camera insieme all’ex parlamentare della Lega Roberto Castelli e alla ex viceministra dell’Economia, ed ex esponente del M5s, Laura Castelli, il raggruppamento “Libertà” con cui correranno alle prossime elezioni Europee.


Un Sud e un Nord, ha aggiunto dal canto suo Laura Castelli, che “spesso vengono messi uno contro l’altro” ma “che in realtà possono collaborare, come noi stiamo facendo, per spiegare che questo sistema non funziona, che continua a togliere libertà e diritti a quello che è un paese ormai in macerie e che questo governo sta ancor di più calpestando sia sulla salute che sul diritto alla casa, che sul diritto delle pensioni. Tanti temi oggi accantonati e che uccidono questo paese al Nord come al Sud”. “La Lega-Salvini premier ha cancellato completamente ogni ideale di autonomia e di federalismo – ha sottolineato Roberto Castelli -. Oggi riparte questo sogno. Voglio ricordare che in questo simbolo c’è due scritta due volte la parola Nord e c’è scritto la parola Sud, per un tentativo di partenza, da tutti i territori italiani, per cambiare l’assetto di questo Stato. Lo Stato centrale è fallito, questo è evidente, è una sfida molto impegnativa ma che noi raccogliamo”.

Dossieraggio, Cantone: Striano ha scaricato 33.528 file da banca dati Dna

Dossieraggio, Cantone: Striano ha scaricato 33.528 file da banca dati DnaRoma, 7 mar. (askanews) – “I numeri sono molto piu preoccupanti di quelli che sono emersi: si tratta di numeri inquietanti, davvero mostruosi”. Lo ha detto il procuratore di Perugia, Raffaele Cantone, in audizione davanti all’antimafia.


Il tenente della Guardia di Finanza Pasquale Striano – ha aggiunto Cantone ha “scaricato 33.528 file dalla banca dari della Dna” . “Un numero enorme di dati”, ha rilevato Cantone che pone l’interrogativo: tutte queste informazione e questi dati “che fine hanno fatto?” .

Cortei, Meloni: ingiusta campagna denigrazione forze dell’ordine

Cortei, Meloni: ingiusta campagna denigrazione forze dell’ordineRoma, 6 mar. (askanews) – “Nel 97% delle manifestazioni che si sono svolte in questi mesi non c’è stata alcuna criticità. Solo nel 3% dei casi si sono riscontrate criticità e questo dimostra l’ottima gestione dell’ordine pubblico e la vostra capacità di proteggere i siti sensibili. Sono dati, questi, che è giusto ribadire e sottolineare, perché ritengo ingiusta la sistematica campagna di denigrazione alla quale siete stati sottoposti”. Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nel corso dell’incontro di stamattina con i sindacati delle forze dell’ordine a Palazzo Chigi.


“L’aumento delle manifestazioni di piazza, soprattutto dopo la riacutizzazione del conflitto in Medio Oriente – ha sottolineato – ha determinato un impegno, qualitativamente e quantitativamente, più intenso per tutti voi. Dal 7 ottobre a oggi, infatti, le iniziative di piazza sono state più di mille. L’Italia, a differenza di altre Nazioni, non ha vietato le manifestazioni a favore della Palestina perché per noi è fondamentale garantire il pieno diritto ad esprimere qualunque posizione politica. È un diritto che va bilanciato col rispetto delle regole che lo disciplinano e con la necessaria tutela degli obiettivi sensibili e che sono presi di mira dai manifestanti, molto spesso riconducibili a simboli più della religione ebraica che allo Stato di Israele (posto che anche questi ultimi vanno difesi)”. Meloni ha ricordato che “il ministro Piantedosi, in Parlamento, e il Capo della Polizia, hanno assicurato la verifica attenta di quanto è accaduto a Pisa, e la piena collaborazione con l’autorità giudiziaria per far emergere errori o abusi. Fermi restando questi accertamenti, e rispettandone l’autonomia, lo scopo di questo nostro incontro è di guardare al presente e al futuro, e quindi di ricevere da voi proposte sul contributo che il Governo e, per la parte di iniziativa del governo, il Parlamento possono dare oggi per migliorare la gestione dell’ordine pubblico. Vogliamo capire cosa si può fare per una migliore gestione dell’ordine pubblico”.

Gasparri: mi dimetto da Cyberalm, società non merita attacchi

Gasparri: mi dimetto da Cyberalm, società non merita attacchiRoma, 6 mar. (askanews) – Il presidente dei senatori Fi Maurizio Gasparri ha comunicato le sue dimissioni dalla presidenza della società Cyberalm in una lettera inviata al Presidente del Senato Ignazio La Russa.


“Caro Presidente – scrive Gasparri – ho sempre ritenuto assolutamente compatibile con il mio ruolo di senatore l’incarico non operativo di presidente di una società privata. Come Lei ben sa la vicenda è stata esaminata dalla Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari a seguito della mia lettera, che le ho inviato in data 24 novembre 2023. Successivamente la stessa Giunta, in data 21 dicembre 2023 ha giudicato compatibile quell’incarico con il mandato parlamentare. E fino a quella fase ho mantenuto quella funzione non operativa proprio per non sottrarmi alla verifica della Giunta. Che con ampie motivazioni e larghissima votazione mi ha dato ragione. Se mi fossi dimesso il giudizio non ci sarebbe stato e la questione della compatibilità sarebbe stata oggetto di inutili quanto immotivate discussioni. Ora ottenuta piena soddisfazione, le comunico di essermi dimesso dalla presidenza non operativa di Cyberalm, società che non merita astiosi e immotivati attacchi”. “Non mi sono dimesso prima – spiega – proprio per consentire agli organi del Senato di esprimersi. Non mi sono voluto sottrarre a un giudizio che non ci sarebbe stato se mi fossi dimesso mesi fa. Un giudizio che mi ha dato ragione, mentre attendo l’esito dei giudizi a carico dei programmi Rai, di alcuni giornali e di singoli vaniloquenti che scaturiranno dalle mie numerose denunce. Io ho avuto ragione. Loro hanno e avranno sempre torto. Cordiali saluti”.

Meloni ‘personalizza’ sfida Abruzzo. E avvicina candidatura Europee

Meloni ‘personalizza’ sfida Abruzzo. E avvicina candidatura EuropeePescara, 5 mar. (askanews) – La butta lì, come una battuta, durante un evento a Teramo. “Potete contare sul fatto che essendo io eletta qui, alle brutte mi cacciate”. Giorgia Meloni arriva in Abruzzo per un doppio appuntamento elettorale a sostegno di Marco Marsilio – il primo presidente di Regione mai eletto da Fratelli d’Italia – che punta a essere riconfermato dalle urne nella sfida di domenica con il candidato del ‘campo larghissimo’, Luciano D’Amico.


Si tratta, certo, di far dimenticare la Sardegna e di sostenere un amico storico, un politico cresciuto con lei alla ‘scuola’ di Colle Oppio. Ma in ballo c’è anche il giudizio su una amministrazione che è quasi una emanazione di chi nel frattempo è arrivato a palazzo Chigi. Ed è infatti la stessa presidente del Consiglio, questa volta, a ‘personalizzare’ la competizione. “Io come si sa e come si vede ho da tempo investito sulla sfida dell’Abruzzo, per dimostrare che se metti le persone nelle condizioni di dimostrare il loro valore otterrai un risultato”, dice davanti alla platea della Camera di commercio di Teramo prima di spostarsi a Pescara per il comizio con Antonio Tajani e Matteo Salvini. Il clima è diverso da Cagliari, non c’è la tensione che aveva caratterizzato quell’appuntamento, non c’è quell’ostentazione di unità che – come in una excusatio non petita – era stata sbandierata negli interventi dei tre leader. Complice anche l’accordo fatto sulle prossime regionali di Basilicata, Piemonte e Umbria che alla fine la premier si è convinta a siglare per rasserenare il clima nella coalizione. Questa volta, all’unisono, i leader del centrodestra decidono invece di alzare il tiro sull’affaire ‘dossieraggio’ chiedendo che si chiarisca chi sono “i mandanti” occulti.


Alla faccia della scaramanzia, Meloni snobba il rischio di un effetto Sardegna. “Intanto – dice – lo dobbiamo ancora vedere perchè ancora non si è capito bene come è andata a finire”, comunque “sono molto ottimista francamente”. Per amor di scaramanzia, invece, abbraccia l’idea del comizio bagnato, comizio fortunato. E così, quando su piazza Salotto a Pescara cominciano a cadere le prime gocce di pioggia, ricorda che fu così anche prima delle Politiche. “E sono diventata presidente del Consiglio, quindi tutto sommato se piove non sarà una cattiva cosa”, scherza. A contribuire all’ottimismo ci sono forse anche gli stanziamenti a favore della Roma-Pescara sbloccati proprio qualche giorno fa dal Cipess. “Era uno dei problemi che abbiamo ereditato, nel senso che era inserita nel Pnrr ma con i tempi del piano non si sarebbe potuta realizzare. Quindi noi avremmo perso quelle risorse. Cosa ha fatto il governo? L’ha stralciata dal Pnrr e ha trovato il finanziamento fuori”, spiega. Come in occasione del comizio di Cagliari, la premier ironizza sulla coalizione che sostiene lo sfidante di Marsilio. Se in quel caso le battute in falsetto sul programma antifascista della Todde non hanno portato fortuna, questa volta Meloni ci riprova attaccando la mega alleanza a sostegno di D’Amico. Da una parte, dice, c’è il centrodestra che sta insieme “per scelta”, dall’altro “sono tutti alleati ma si vergognano a dirlo”.


Ma c’è, nella ‘personalizzazione’ della sfida abruzzese della presidente del Consiglio, soprattutto l’intenzione di non derogare da un principio che lei stessa in passato ha avuto modo di sottolineare. Ossia che qualsiasi elezione, pur con l’influenza di logiche locali, è sempre anche un giudizio su chi governa. E allora, bisogna dimostrare che la Sardegna è stato solo un incidente. E per farlo, non basta certo solo vincere in Abruzzo. La vera sfida che si apparecchia, la vera sentenza sulla sua gestione di palazzo Chigi, non possono che essere le Europee. Meloni lo ricorda nel comizio di Pescara e sembra avvicinare sempre di più quella candidatura che ancora tiene in stand by. “Sono il vero timore di tutti: che questa maggioranza possa essere confermata. Succederà di tutto. C’ho l’elmetto, ho già messo l’elmetto. E vinceremo anche questa battaglia”.

Mattarella: non sono un sovrano, firmare leggi non è condividerle

Mattarella: non sono un sovrano, firmare leggi non è condividerleRoma, 5 mar. (askanews) – Piccolo vademecum, in tempi di riforme costituzionali, di conflitti mai del tutto spenti tra poteri dello Stato, di gestioni talvolta discutibili dell’ordine pubblico e di dossieraggi, su cosa fa e cosa non fa il capo dello Stato. In una giornata dal cielo plumbeo Sergio Mattarella coglie l’occasione dell’incontro con i vertici della Casagit, la cassa di assistenza sanitaria dei giornalisti, per diradare alcune nubi. Il presidente della Repubblica ribadisce alcuni concetti e rivendica i suoi poteri nei limiti che la Costituzione gli assegna. Un ripasso, diciamo, in un clima politico piuttosto avvelenato.


Comincia da se stesso: il presidente della Repubblica “non è un sovrano, fortunatamente” e quindi non ha il potere legislativo, la sua firma sulle leggi approvate dal Parlamento è solo un atto dovuto dopo un vaglio di natura squisitamente costituzionale. Dunque, “non firma le leggi, ne firma la promulgazione, che è una cosa ben diversa”, fa semplicemente il suo dovere ed è “quell’atto indispensabile per la pubblicazione ed entrata in vigore delle leggi, con cui il Presidente della Repubblica attesta che le Camere hanno entrambe approvato una nuova legge, nel medesimo testo, e che questo testo non presenta profili di evidente incostituzionalità”. Fine. Se il capo dello Stato “andasse al di là di questo limite che gli assegna la Costituzione”, “si arrogherebbe indebitamente il compito che è rimesso alla Corte costituzionale”. Insomma promulgare una legge non significa “farla propria” o “condividerla”. Poi il grande capitolo della libertà di stampa che è “fondamentale per la nostra democrazia” perchè proprio “nella nostra Costituzione vi è una tutela netta, chiara, indiscutibile, a fronte della quale vi è una assunzione di responsabilità da parte dei giornalisti: la lealtà, l’indipendenza dell’informazione, la libertà di critica, nel rispetto della personalità altrui, il rispetto dei fatti”. E, attenzione, il ruolo della libertà di stampa è così “indispensabile”, ricorda Mattarella, che “sta a cuore alle istituzioni, chiamate a tutelarla ciascuno nelle proprie competenze e nei propri ambiti e, naturalmente, nelle proprie responsabilità”. Come dire che il governo, il Parlamento, tutte le istituzioni e i partiti devono fare la loro parte nel garantire e difendere la libertà di stampa.


Infine, il compito più specifico, più forte, forse, del Quirinale: quello di “fare in modo che ciascuno rispetti la Costituzione”. A partire dallo stesso capo dello Stato, a tutti gli altri poteri – legislativo, esecutivo e giudiziario – il Colle vigila sul rispetto della Costituzione anche “nel colloquio e nel confronto tra gli organi costituzionali”. “Sarebbe grave se uno di questi”, compreso “anche” il Presidente della Repubblica, “pretendesse di attribuirsi compiti che la Costituzione assegna ad altri poteri dello Stato – avverte Mattarella -. E questa è una indicazione di democrazia che si inserisce in quell’armonico disegno che la nostra Costituzione indica”.

Dossieraggio, Salvini: voglio sapere se vertici Gdf al corrente

Dossieraggio, Salvini: voglio sapere se vertici Gdf al correntePescara, 5 mar. (askanews) – “Che ci siano dei funzionari infedeli dello Stato che, secondo secondo l’accusa, pagati dagli italiani spiano giorno e notte migliaia di italiani anche normalissimi perfino sui conti correnti è gravissimo. Vorrei sapere se i vertici della Guardia di finanza ne erano al corrente o meno. Io personalmente farò denunce il più possibile per capire chi spiava e su mandato di chi, e chi ci guadagnava e chi pagava. Chiedo ai vertici della Guardia di finanza se sapevano: non penso che ci fosse il sottoufficiale che per hobby spiava i conti correnti e dare ai giornalisti delle informazioni”. Lo ha detto il leader della Lega, Matteo Salvini, parlando a margine del comizio a Pescara a sostegno di Marco Marsilio.

Dossieraggio, Tajani: capire chi è regista, domani emerga verità

Dossieraggio, Tajani: capire chi è regista, domani emerga veritàPescara, 5 mar. (askanews) – “E’ certamente un fatto molto grave che in un Paese libero e democratico ci sia qualche funzionario dello Stato che abusivamente si infila nelle vicende personali per preparare dossier di questo o quel personaggio. Non è soltanto una questione politica, è una battaglia in difesa della privacy, del diritto di ogni cittadino di essere tutelato perchè se c’è un grande fratello che si occupa di studiare dossier su ognuno, con quali fini nessuno lo sa, questo lo vorremo sapere”. Lo ha detto il segretario di Forza Italia, Antonio Tajani, a margine del comizio a Pescara a sostegno di Marco Marsilio.


“Ci auguriamo – ha aggiunto – che domani dalla riunione dell’Antimafia escano notizie importanti, esca la verità. Bisognerebbe capire chi è il regista, non credo sia un sotto ufficiale della Guardia di finanza il regista. Chi ha dato disposizione? Chi ha usato? Per quali fini? Questo è il tema, al di là del fatto che sono state analizzate le vite private di molti esponenti del centrodestra. Non è un fatto politico, è un fatto di diritto di difesa della privacy e capire perché ci sono funzionari pubblici che compiono queste azioni. Questo è preoccupante veramente sono scelte anti democratiche, che accadono nei Paesi in cui non si rispettano i diritti dei cittadini. E’ successo qualche cosa di preoccupante per la nostra democrazia”.

Le parole di Mattarella sulla libertà di stampa e sul ruolo del presidente della Repubblica (che non è un “sovrano”)

Le parole di Mattarella sulla libertà di stampa e sul ruolo del presidente della Repubblica (che non è un “sovrano”)Roma, 5 mar. (askanews) – “La libertà di stampa è fondamentale per la nostra democrazia, come per qualunque democrazia”. Lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, durante l’incontro al Quirinale con Gianfranco Giuliani, presidente di Casagit, e una delegazione della cassa di previdenza dei giornalisti. “Nella nostra Costituzione vi è una tutela netta, chiara, indiscutibile, a fronte della quale vi è una assunzione di responsabilità da parte dei giornalisti: la lealtà, l’indipendenza dell’informazione, la libertà di critica, nel rispetto della personalità altrui, il rispetto dei fatti”, ha ricordato il capo dello Stato ribadendo che la libertà di stampa “è un elemento indispensabile della nostra democrazia, e questo carattere di indispensabilità, io ho cercato tante volte di richiamarlo e sottolinearlo”.


La libertà di stampa è “fondamentale per la nostra democrazia”, è “tutelata dalla Costituzione”, “ed è in realtà un ruolo indispensabile che sta a cuore alle istituzioni, chiamate a tutelarla ciascuno nelle proprie competenze e nei propri ambiti e, naturalmente, nelle proprie responsabilità”, ha sottolineato Mattarella. Mattarella ha inoltre parlato del suo ruolo, “il presidente della Repubblica non è un sovrano, fortunatamente, e quindi non ha questo potere” legislativo. Il presidente della Repubblica, in particolare, ha voluto chiarire il suo ruolo rispetto alla promulgazione delle leggi chiarendo che, non avendo il potere legislativo, la sua firma è solo un atto dovuto e che il suo vaglio è solo di natura costituzionale: “Il Presidente della Repubblica non firma le leggi, ne firma la promulgazione, che è una cosa ben diversa”. Si tratta, ha spiegato Mattarella, “di quell’atto indispensabile per la pubblicazione ed entrata in vigore delle leggi, con cui il Presidente della Repubblica attesta che le Camere hanno entrambe approvato una nuova legge, nel medesimo testo, e che questo testo non presenta profili di evidente incostituzionalità. Se andasse al di là di questo limite che gli assegna la Costituzione e dicesse, per esempio: ‘non promulgo questa legge perché c’è forse qualche dubbio di costituzionalità che potrebbe racchiudere e raffigurarvisi’, si arrogherebbe indebitamente il compito che è rimesso alla Corte costituzionale”.