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Oggi e domani l’Alta Corte britannica decide sull’estradizione negli Usa di Julian Assange

Oggi e domani l’Alta Corte britannica decide sull’estradizione negli Usa di Julian AssangeMilano, 20 feb. (askanews) – Negli Stati Uniti, Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, rischia fino a 175 anni di prigione mentre l’estradizione da Londra è più vicina che mai: dopo le udienze di oggi e domani, due giudici dell’Alta Corte britannica decideranno, se Assange potrà presentare un altro appello alla corte per annullare la decisione di estradizione. Da parte dei suoi avvocati, un disperato tentativo: Assange ha chiesto di essere in tribunale, ma è previsto che compaia tramite collegamento video da Belmarsh.


I due magistrati decideranno se Assange potrà ricorrere in appello contro l’estradizione. La decisione può arrivare immediatamente dopo l’udienza o successivamente. Se i giudici respingono la richiesta, è possibile che Assange venga immediatamente inviato negli Stati Uniti. Ma se i giudici si schiereranno dalla parte di Assange, la sua carcerazione continuerà e la corte inizierà a considerare l’appello. Secondo i suoi sostenitori, Assange intende ricorrere alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Intanto gli Stati Uniti pretendono Assange sotto processo per una delle più grandi fughe di dati nella storia del Paese. Wikileaks, il sito di guidato da Assange, ha pubblicato centinaia di migliaia di documenti segreti statunitensi all’inizio dello scorso decennio. Hanno rivelato, tra le altre cose, la situazione della missione americana in Afghanistan.


I sostenitori di Assange dicono che se la corte rifiutasse, gli si aprirebbe la strada per essere trasportato in aereo negli Stati Uniti tra i timori per un suo peggioramento di salute. Sua moglie, Stella Assange, ha dichiarato: “La sua vita è a rischio ogni singolo giorno che trascorre in prigione. Se verrà estradato, morirà”. Secondo il procedimento statunitense ripreso durante la presidenza di Donald Trump, Assange deve affrontare 17 accuse di spionaggio e un’accusa di uso improprio del computer per il suo presunto ruolo nell’ottenimento e nella divulgazione di materiale riservato.

Tajani: la difesa unica europea sarà essenziale

Tajani: la difesa unica europea sarà essenzialeRoma, 20 feb. (askanews) – “La difesa unica europea sarà essenziale” per l’Europa, “arriverà che non potremo più chiedere agli Usa, impunemente, di toglierci le castagne dal fuoco”. Lo ha spiegato il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani in un’intervista a Libero. “E, certo, si devono alzare le spese militari al 2%, tenendo fuori dal computo le missioni in mediorente e in Iraq; e il costo dei nostri militari sono in Africa, in Ucraina, ai confini del Mar Rosso…”, ha aggiunto Tajani.


Secondo il ministro, gli obiettivi da perseguire sono “chiari”. “Siamo per le privatizzazioni, per una politica estera liberale, per cui non è importante chi fornisca un servizio al cittadino pubblico o privato, ma come e in quanto tempo lo si fornisce, vale per il trasporto pubblico, per la raccolta dei rifiuti, ecc. Siamo per l’alleggerimento della pressione fiscale. Siamo per i contratti collettivi e non per il salario minimo”.Poi c’è anche la questione dell’ambientalismo. “Siamo per l’ambientalismo intelligente, non certo quello panteista della Papessa Greta Thunberge del sacerdote Timmermans”, ha commentato Tajani. “Per esempio, per la riqualificazione delle caserme da trasformare in uffici; se l’abbiamo fatto con le chiese va bene anche per le caserme. E per un Green Deal graduale, perché, allo stato dei fatti la rivoluzione verde sta tagliando 70mila lavoratori, e non va bene. Pensiamo anche, al posto del carbone, al nucleare, la forma di energia più pulita, come attestano anche i documenti delle Commissione europea”.

Bce, famiglie Italia più penalizzate da alta inflazione su welfare

Bce, famiglie Italia più penalizzate da alta inflazione su welfareRoma, 20 feb. (askanews) – Le famiglie italiane sono state tra le più danneggiate nell’area euro in termini di costi del welfare a seguito della fiammata inflazionistica del 2021-2022. Lo rileva uno studio pubblicato dalla Bce, secondo cui nella Penisola la perdita mediana sul welfare subita dalle famiglie è stata dell’8% in termini di reddito disponibile, a fronte del 3% per le famiglie in Francia e Spagna.


L’analisi (The unequal impact of the 2021-22 inflation surge on euro area households) guarda l’impatto della improvvisa accelerazione inflazionistica sulle famiglie e rileva che ha avuto un effetto depressivo sia sui redditi che sulla ricchezza, dato che contestualmente non c’è stata un corrispondente immediata accelerazione di salari e pensioni, mentre sono diminuite le quotazioni di vari titoli finanziari. “Le differenze tra Paesi sono state prevalentemente causate dai diversi livelli di inflazione e alla diversa distribuzione di ricchezza netta, assieme alle differenze sulle risposte politiche. Le famiglie più giovani e indebitate hanno assistito a un aumento netto di ricchezza perché il valore reale del loro indebitamento è calato – rileva la Bce -. Questo effetto è stato più forte in Francia e Spagna, dove molte famiglie giovani hanno mutui. Tuttavia non tutte le famiglie giovani ne hanno beneficiato: in media quelle che non possedevano casa con un mutuo hanno a loro volta subito perdite in termini di welfare”.


Guardando alla fase altamente inflazionistica del 2021-2022 “abbiamo trovato ampie differenze sulle perdite di ricchezza, specialmente se paragonate con i costi di una tipica recessione e differenze rilevanti tra Paesi. All’interno dei pPaesi abbiamo trovato differenze tra i gruppi di età ma non tra i gruppi di reddito. Questo episodio mette in rilievo l’importanza di politiche economiche in risposta alle dinamiche specifiche per Paese in una Unione dove la politica monetaria – si legge – non può essere tarata sulle esigenze dei singoli paesi”. Secondo l’analisi il fardello più pesante ha riguardato i pensionati, che tuttavia avevano beneficiato di un periodo relativamente lungo di bassa inflazione e che in molti casi detenevano ancora eccessi di risparmio accumulati durante gli anni precedenti.

Incantesimi, sorelle e invocazioni: il paesaggio di Chiara Camoni

Incantesimi, sorelle e invocazioni: il paesaggio di Chiara CamoniMilano, 20 feb. (askanews) – È certamente una sorta di paesaggio fantastico che nasce dal quotidiano, dal ribaltamento delle prospettive e da un senso di incantesimo diffuso. È anche un nuovo modo di guardare allo spazio espositivo dello Shed di Pirelli HangarBicocca a Milano, inondato dalla luce come quasi mai prima d’oggi era capitato di vedere. La mostra personale di Chiara Camoni intitolata “Chiamare a raduno – Sorelle. Falene e Fiammelle. Ossa di leonesse, pietre e serpentesse” ha qualcosa di semplice, nella sua orizzontalità di topografia, ma è proprio questa sorta di mappa mentale e fisica a tracciare le coordinate di un possibile incantesimo che in qualche modo presiede alla convocazione delle opere.


“Questo tipo di meraviglia – ha detto l’artista nata a Piacenza nel 1974 ad askanews – è ciò che io mi auguro le mie opere possano suscitare al pubblico. Non sono il risultato di un progetto, di un percorso razionale, ma io credo di una zona più inconscia, più ombrosa che dà forma alle opere. Io stessa posso dire che le trovo e non so esattamente cosa trovo e quindi sono per me degli incontri”. La dimensione della mostra, che è curata da Lucia Aspesi e Fiammetta Griccioli, è collettiva e naturale. Le figure delle “Sisters”, antropomorfe o zoomorfe, nascono dall’accumulo, ma portano dentro di loro anche la forza del rituale e la metamorfosi concettuale dei materiali con cui sono composte, soprattutto la ceramica, ma anche ferro, plastica, oggetti trovati. Sono proto-divinità del femminile e insieme a loro volta invocano un’idea di comunità e rivendicazione identitaria.


“C’è un piacere nella trasformazione – ha aggiunto Chiara Camoni – nel prendere la materia, dare forma, toglierla e ridarla di nuovo. C’è una trasformazione che avviene a livello dei gesti, a livello della materia e c’è una trasformazione che avviene anche a livello simbolico. Sono che sotto un altro punto di vista rivelano immagini inedite”. Nella mostra sono importanti anche gli animali, dalle leonesse ai cani per arrivare a serpenti realizzati con comuni ciotole di porcellana, che diventano essi stessi elementi di un paesaggio dove il noto e il comune prendono forme nuove, sfocate e, in certi momenti e con certe condizioni di luce, preziose. Come il continuo ripensare se stesso che porta avanti Pirelli HangarBicocca, spazio espositivo in movimento e capace di non avere paura di cambiare e rimettersi in gioco ogni volta.

Una webcam ha registrato il trasporto del corpo di Navalny sotto la scorta della polizia russa

Una webcam ha registrato il trasporto del corpo di Navalny sotto la scorta della polizia russaMilano, 20 feb. (askanews) – In base alle informazioni diffuse il corpo di Aleksey Navalny è stato trasportato dalla città artica di Labytnangi alla vicina Salekhard nella notte tra il 16 e il 17 febbraio sotto la scorta della polizia. Lo ha stabilito il media di opposizione russa Mediazona, sulla base delle registrazioni delle telecamere di sorveglianza stradale. Ciò è accaduto subito prima dell’arrivo degli avvocati di Navalny e di sua madre Liudmila a Yamal, nell’Artico russo. E il trasporto – con un veicolo senza contrassegni – sarebbe avvenuto su un corridoio di ghiaccio percorribile in macchina.


Già Novaya Gazeta Europe, citando fonti, aveva scritto che il corpo di Navalny è stato portato da Labytnangi a Salekhard la sera del 16 febbraio. Ieri, dopo la morte di Navalny, la vedova Yulia ha annunciato in un video che avrebbe continuato il lavoro del marito e la notizia ha fatto il giro del mondo, dominando oggi anche le prime pagine dei giornali italiani.


IL CORPO Il comitato investigativo russo ha rifiutato di consegnare la salma alla famiglia del politico. E il corpo di Aleksei Navalny potrebbe non essere “mai” consegnato alla sua famiglia. Il Cremlino sta valutando l’opzione, scrive il Moscow Times citando fonti del governo e del Cremlino. “Abbiamo alle porte le elezioni presidenziali (17 marzo). Non ne abbiamo bisogno perché sarà un problema per il capo (Putin, ndr)”, ha detto al giornale russo un funzionario del governo. Lo stesso funzionario ha detto che le autorità stanno addirittura valutando l’opzione di non rilasciare mai il corpo di Navalny, aggiungendo che ci sono già stati “molti precedenti del genere nel corso degli anni”.


Secondo gli interlocutori della pubblicazione, i servizi stanno cercando di spegnere l’ondata di lutto per Navalny nel paese, poiché una campagna pubblica potrebbe “rovinare” la rielezione di Vladimir Putin. Le autorità hanno due opzioni: consegnare il corpo solo dopo le elezioni (17 marzo) o non consegnarlo mai affatto, scrive The Moscow Times. LA LEGGE CHE PERMETTE DI NASCONDERLO Le modifiche alla legislazione sulla sepoltura, adottate dopo l’attacco terroristico al Dubrovka nel 2002, consentono allo Stato russo di disporre a propria discrezione del corpo di una persona condannata per terrorismo. Lo Stato può fare lo stesso con il corpo di un condannato se la sua sepoltura minaccia la diffusione di malattie. “Ma nel caso di Navalny, ovviamente, questo sarebbe senza precedenti”, aggiunge l’interlocutore. Il comitato investigativo ha avviato un’indagine sulla morte di Navalny, ciò gli consente di non consegnare il corpo per 30 giorni (poco prima della fine delle elezioni), ha osservato Eva Levenberg, coordinatrice di OVD-Info. La stessa commissione investigativa parla ancora di un’ispezione di 14 giorni.


L’IMBARAZZO TRA LE AZIENDE RUSSE In generale, i funzionari commentano cinicamente la morte di Navalny o hanno paura di parlarne al di fuori di una ristretta cerchia di amici, osserva il Moscow Times. Secondo una fonte di Bloomberg vicina al Cremlino, la notizia della morte di Navalny è stata una sorpresa per i funzionari. “La maggior parte delle persone si sente semplicemente indifferente. Ci sono pochissime risposte comprensive. E alcuni addirittura esultavano”, scrive la pubblicazione che cita un interlocutore vicino alla direzione della Duma di Stato. Ma i leader delle grandi imprese, compreso il management di Gazprom, sono preoccupati per quanto accaduto. Tuttavia non osano parlare apertamente. Ufficialmente, il servizio penitenziario federale ha annunciato la morte di Navalny dal carcere a regime speciale IK-3 “Lupo polare” nel villaggio di Kharp (Yamal) il 16 febbraio. Il politico era stato trasferito lì, nel circolo polare artico, solo a dicembre, dopo un lungo periodo nella colonia penale della regione di Vladimir. Le circostanze della morte di Navalny non sono chiare; i sostenitori dell’opposizione insistono sul fatto che si sia trattato di un omicidio: su tre anni di reclusione, l’oppositore di Putin ha trascorso circa 300 giorni in condizioni di tortura in celle di punizione.

Corpo di Navalny potrebbe non essere “mai” consegnato alla famiglia

Corpo di Navalny potrebbe non essere “mai” consegnato alla famigliaMilano, 20 feb. (askanews) – Il corpo di Aleksei Navalny potrebbe non essere “mai” consegnato alla sua famiglia. Il Cremlino sta valutando l’opzione, scrive il Moscow Times citando fonti del governo e del Cremlino. “Abbiamo alle porte le elezioni presidenziali (17 marzo). Non ne abbiamo bisogno perché sarà un problema per il capo (Putin, ndr)”, ha detto al giornale russo un funzionario del governo.


Lo stesso funzionario ha detto che le autorità stanno addirittura valutando l’opzione di non rilasciare mai il corpo di Navalny, aggiungendo che ci sono già stati “molti precedenti del genere nel corso degli anni”. Secondo gli interlocutori della pubblicazione, i servizi stanno cercando di spegnere l’ondata di lutto per Navalny nel paese, poiché una campagna pubblica potrebbe “rovinare” la rielezione di Vladimir Putin. Le autorità hanno due opzioni: consegnare il corpo solo dopo le elezioni (17 marzo) o non consegnarlo mai affatto, scrive The Moscow Times.


Le modifiche alla legislazione sulla sepoltura, adottate dopo l’attacco terroristico a Dubrovka nel 2002, consentono allo Stato russo di disporre a propria discrezione del corpo di una persona condannata per terrorismo. Lo Stato può fare lo stesso con il corpo di un condannato se la sua sepoltura minaccia la diffusione di malattie. “Ma nel caso di Navalny, ovviamente, questo sarebbe senza precedenti”, aggiunge l’interlocutore. Il comitato investigativo ha avviato un’indagine sulla morte di Navalny, ciò gli consente di non consegnare il corpo per 30 giorni (poco prima della fine delle elezioni), ha osservato Eva Levenberg, coordinatrice di OVD-Info. La stessa commissione investigativa parla ancora di un’ispezione di 14 giorni.


In generale, i funzionari commentano cinicamente la morte di Navalny o hanno paura di parlarne al di fuori di una ristretta cerchia di amici, osserva il Moscow Times. Secondo una fonte di Bloomberg vicina al Cremlino, la notizia della morte di Navalny è stata una sorpresa per i funzionari. “La maggior parte delle persone si sente semplicemente indifferente. Ci sono pochissime risposte comprensive. E alcuni addirittura esultavano”, scrive la pubblicazione che cita un interlocutore vicino alla direzione della Duma di Stato. Ma i leader delle grandi imprese, compreso il management di Gazprom, sono preoccupati per quanto accaduto. Tuttavia non osano parlare apertamente. Ufficialmente, il servizio penitenziario federale ha annunciato la morte di Navalny dal carcere a regime speciale IK-3 “Lupo polare” nel villaggio di Kharp (Yamal) il 16 febbraio. Il politico era stato trasferito lì, nel circolo polare artico, solo a dicembre, dopo un lungo periodo nella colonia penale della regione di Vladimir.


Le circostanze della morte di Navalny non sono chiare; i sostenitori dell’opposizione insistono sul fatto che si sia trattato di un omicidio: su tre anni di reclusione, l’oppositore di Putin ha trascorso circa 300 giorni in condizioni di tortura in celle di punizione. In base alle informazioni diffuse ieri il corpo di Navalny è stato trasportato a Salekhard nella notte tra il 16 e il 17 febbraio sotto la scorta della polizia, ha stabilito Mediazona sulla base delle registrazioni delle telecamere di sorveglianza stradale. Ciò è accaduto subito prima dell’arrivo degli avvocati di Navalny e di sua madre Liudmila a Yamal. Il comitato investigativo ha rifiutato di consegnare il corpo alla famiglia del politico. Ieri, dopo la morte di Navalny, la vedova Yulia ha annunciato in un video che avrebbe continuato il lavoro del marito.

Ucraina chiede a Ue nuove sanzioni contro la Russia per Navalny

Ucraina chiede a Ue nuove sanzioni contro la Russia per NavalnyMilano, 20 feb. (askanews) – L’UE e il Giappone dovrebbero introdurre nuove sanzioni economiche contro la Russia dopo la morte dell’oppositore del Cremlino Aleksei Navalny, afferma il primo ministro ucraino.


L’Ucraina chiede all’Ue di esaminare le crescenti importazioni di grano russo, ha detto il primo ministro Denys Shmyhal durante una visita a Tokyo. Shmyhal ha anche detto che l’Ucraina sta ancora aspettando che la Camera dei rappresentanti al Congresso di Washington elabori il pacchetto di aiuti per l’Ucraina, che il Senato degli Stati Uniti ha approvato.

Nordcorea-Russia, Kim Jong-un riceve automobile in dono da Putin

Nordcorea-Russia, Kim Jong-un riceve automobile in dono da PutinMilano, 20 feb. (askanews) – Il leader nordcoreano Kim Jong-un ha ricevuto in dono dal presidente Vladimir Putin un’auto di fabbricazione russa per uso personale. Lo stesso dittatore aveva visionato e provato l’automobile Aurus di Putin – di fabbricazione russa – nella sua ultima visita in Russia, effettuata in treno. Kim Jong-un si era mostrato positivamente impressionato dal veicolo.


L’auto è stata consegnata dalla Russia a Kim il 18 febbraio, riferisce martedì l’agenzia di stampa statale nordcoreana KCNA. La potente sorella di Kim, Kim Yo-jong, ha trasmesso alla parte russa i ringraziamenti di Kim Jong-un a Putin, affermando che il regalo “è un chiaro segno della speciale relazione personale tra i massimi leader”, si legge nella dichiarazione della KCNA.


KCNA non descrive l’auto né menziona come è stata spedita dalla Russia.

Epiqa presenta speciale tv “Io sono Varenne, il figlio del Vento”

Epiqa presenta speciale tv “Io sono Varenne, il figlio del Vento”Roma, 19 feb. (askanews) – Il fruscìo delle foglie mosse dal vento, il rumore in lontananza dello scalpitìo di un cavallo, una voce profonda che ti proietta nel mondo di un campione, dell’unico cavallo capace di conquistare non solo l’Italia, ma il mondo intero. Epiqa presenta “Io sono Varenne, il figlio del Vento”, una produzione esclusiva dell’emittente televisiva del Masaf, visibile sul canale 151 del digitale terrestre, sulle piattaforme di Sky canale 220 e su quella di tivùsat al canale 51. “Questo speciale su Varenne è la prima produzione originale televisiva di EQUtv – ha commentato in una nota Eugenio De Paoli, Responsabile Operation e Prodotto di Epiqa e curatore del documentario -; e vuole porsi come esempio di valorizzazione non solo del canale EQUtv e di tutte le professionalità che lavorano per l’emittente tv, ma anche del patrimonio dell’ippica. Vorrei ringraziare Varenne Futurity ed Enzo Giordano per la preziosa collaborazione, senza la quale questo progetto non avrebbe potuto vedere la luce. Un ringraziamento speciale anche a Luca Ward, che con la professionalità che lo contraddistingue, ha dato “voce” in maniera magistrale a quelli che ho immaginato essere i pensieri di Varenne”.


Dal mantello Baio, color scuro-tabacco con la caratteristica macchia bianca tra gli occhi, nel corso della sua carriera è stato soprannominato ‘Il Capitano’, entrando di diritto nel cuore di tutti gli appassionati delle competizioni equestri e non. Un punto di vista inedito, quello del campione Varenne che, grazie alla voce di Luca Ward, racconta dei suoi successi e delle sue cadute, dalla sua prima corsa a Bologna, il 4 aprile del 1998, quando ruppe di galoppo e fu squalificato, fino alla stagione 2001, quella della consacrazione a dominatore del trotto mondiale. Un viaggio poetico nel passato, grazie alle telecronache delle sue imprese, e nel presente, quello della sua residenza attuale, presso la ‘Tenuta il Cigno’, nel paese di Villanterio, in provincia di Pavia, accudito come sempre dalla sua lad Daniela Zilli, dove sono state girate le riprese del documentario. La storia di Varenne è stata realizzata grazie alle riprese e all’archivio storico di EQUtv; sarà trasmessa sull’emittente televisiva in anteprima lunedì 26 febbraio alle ore 21 e, in replica allo stesso orario, il 19 di marzo, il 19 aprile e il 19 maggio, quando – concluda la nota – ricorrerà il suo ventinovesimo anno di nascita.

M.O., Borrell: 26 paesi membri chiedono stop ad attacco a Rafah

M.O., Borrell: 26 paesi membri chiedono stop ad attacco a RafahBruxelles, 19 feb. (askanews) – Ancora una volta, l’Unione europea fa la figura del “nano politico” di fronte a una crisi internazionale di enorme gravità, a causa della regola dell’unanimità necessaria per tutte le decisioni di politica estera, e dell’opposizione di un solo Stato membro, la solita Ungheria. E’ successo oggi al Consiglio Affari esteri dell’Ue a Bruxelles, per quella che doveva essere una dichiarazione dell’Unione forte e importante contro la prospettiva, catastrofica ma sempre più realistica, di un massiccio attacco militare israeliano a Rafah, l’ultima parte della Striscia di Gaza, a ridosso con il confine egiziano, in cui si sono rifugiati quasi tutti gli abitanti della Striscia. La presa di posizione alla fine c’è stata, ma senza l’unanimità ha dovuto essere declassata da posizione ufficiale dell’Ue a “dichiarazione a margine” del Consiglio da parte di 26 Stati membri: praticamente un belato invece di un ruggito.


“Sul Medio Oriente – ha spiegato stasera l’Alto Rappresentante per la Politica estera comune, Josep Borrell, durante la conferenza stampa al termine della riunione dei ministri – c’è una dichiarazione di 26 Stati membri, pubblicata a margine del nostro incontro del Consiglio Ue. I Ventisei sostengono la mia dichiarazione pubblicata nel weekend scorso che chiedeva al governo israeliano di non lanciare un’operazione militare a Rafah, perché peggiorerebbe una situazione che è già catastrofica, e impedirebbe le forniture di servizi e assistenza umanitaria per i bisogni di base” della popolazione civile. Con la dichiarazione, ha aggiunto l’Alto Rappresentante, i Ventisei chiedono, tra l’altro, “di rispettare la legge internazionale umanitaria e l’ordine del 26 gennaio della Corte Internazionale di Giustizia, ricordando che si tratta di una decisione giuridicamente vincolante”. L’ordine della Corte internazionale di giustizia dell’Aja intima a Israele di fare tutto il possibile per “prevenire possibili atti di genocidio” nella Striscia di Gaza e di consentire l’accesso della popolazione agli aiuti umanitari.


In più, rispetto alla dichiarazione del weekend, ha precisato Borrell, i 26 Stati membri si sono trovati d’accordo per aggiungere un paragrafo in cui si chiede “una immediata pausa umanitaria che possa condurre a un cessate il fuoco sostenibile, al rilascio incondizionato degli ostaggi e alla fornitura dell’assistenza umanitaria”.  Ai giornalisti che chiedevano quale fosse il Paese che non ha voluto firmare la dichiarazione, e per quale ragione si sia rifiutato di farlo, Borrell, senza mai nominare l’Ungheria, ha replicato: “Non sono il portavoce di nessuno Stato membro in particolare e non posso rispondere per un altro Paese. Il mio lavoro è quello di cercare un consenso, il più ampio possibile tra gli Stati membri. E se anche non c’è unanimità e quindi non c’è una posizione formale dell’Ue, si può avere una posizione sufficientemente maggioritaria anche se non è la posizione ufficiale dell’Unione europea a 27”. Diverse fonti Ue e diplomatiche hanno comunque confermato che ad opporsi è stato il governo di Budapest.


“Certo – ha lamentato l’Alto Rappresentante -, non rafforza l’Ue il fatto che questa posizione non si possa adottare formalmente perché non c’è l’unanimità necessaria. Solo quando è unita l’Unione europea può svolgere un ruolo” a livello internazionale.  Comunque, ha ribadito Borrell, “ciò che chiedono i 26 Stati membri è una pausa umanitaria immediata che possa condurre a un cessate il fuoco sostenibile. Questo è il massimo che potesse unire la volontà politica dei Ventisei, ma è significativo della preoccupazione dominante che c’è in Consiglio Ue per la situazione che si vive a Gaza, e che potrebbe diventare molto peggiore se andasse avanti questa operazione militare di grande portata che, di certo, disgraziatamente, il governo di Israele sembra disposto a fare prima del Ramadan”, il mese sacro musulmano dedicato al digiuno e alla preghiera, che comincia il 10 marzo.  


Cosa succederà, gli è stato chiesto, se il governo di Benjamin Netanyahu lanciasse l’operazione militare a Rafah? “Evidentemente – ha risposto Borrell – non abbiamo la capacità coercitiva per impedirlo; l’unica cosa a nostra portata è la pressione politica e diplomatica affinché non lo faccia, rendendo chiaro il costo umano che una operazione di questo tipo avrebbe, inevitabilmente. Quando ci sono 1,7 milioni di persone che si trovano ammassate per strada contro un muro da cui non possono fuggire, è chiaro che, se ci sarà l’attacco, sarà molto difficile, nonostante tutte le precauzioni che si potrebbero rendere, che non causi un numero di vittime civili ancora maggiore”. “Sapete – ha chiesto Borrell a questo punto alla sala stampa -che differenza c’è tra la guerra a Gaza e le altre guerre? Nelle altre guerre i civili fuggono, i non combattenti scappano via, e normalmente possono farlo. Ma da Gaza non possono, sono rinchiusi in un perimetro da cui non possono fuggire”. Inoltre, “quando c’è una guerra la Croce rossa e altre istituzioni forniscono aiuti umanitari e si prendono cura delle persone vittime della violenza; ma a Gaza questi aiuti non arrivano, o arrivano col contagocce, in quantità ridicole rispetto alle necessità della popolazione”. “Questa – ha sottolinato l’Alto Rappresentante – è la differenza: non possono né scappare come farebbero normalmente, né possono ricevere aiuti se non in quantità scarsissime. E poi c’è un’altra cosa: questi aiuti non arrivano per via di tutti gli impedimenti, gli ostacoli che vengono posti affinché non arrivino”.   “Insomma questo ci fa reagire e dire quello che possiamo dire: non possiamo intervenire sul campo, però – ha concluso Borrell – abbiamo la forza della politica e della diplomazia che hanno 26 paesi dell’Unione europea”.