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Berlusconi è morto, addio al fondatore di Mediaset e del centrodestra

Berlusconi è morto, addio al fondatore di Mediaset e del centrodestraRoma, 12 giu. (askanews) – Quanti appellativi gli sono stati dati. C’è anche chi li ha contati: sono una trentina. Soprannomi affettuosi, come il ‘dottore’, usato dai suoi più stretti collaboratori. Altri meno lusinghieri come il Caimano, così come per anni lo descriveva la sinistra e come lo ha immortalato in un film Nanni Moretti. O anche ‘Sua emittenza’, usato più per sottolineare i suoi interessi privati in affari di Stato che non per riconoscergli il ruolo di fondatore dell’impero Mediaset. E poi ce ne sono tanti altri: Banana, il Cavaliere, lo zio Silvio (come spesso era chiamato tra i giornalisti che lo hanno seguito per molti anni), o Papi, quel nome che rimanda in un attimo alla stagione non esaltante delle ‘cene eleganti’.

Perché Silvio Berlusconi, certamente, è stato molto amato e molto odiato. Tante volte sull’altare, molte volte nella polvere. Guai giudiziari – e un costante rapporto di opposizione frontale con la magistratura – che lo hanno portato persino alla decadenza da senatore della Repubblica. Quella della sua vita di imprenditore è invece una storia di successo, cominciata nell’edilizia e poi continuata nel mondo della televisione. E poi, una delle sue più grandi passioni, il Milan, di cui diventa presidente nel 1986 e che ha portato nell’Olimpo del calcio mondiale. ‘Sono il presidente di club che ha vinto di più nel mondo’, amava dire. Una storia irripetibile, anche se molti anni dopo ci ha riprovato diventando presidente di quel Monza che, sotto la sua egida, è passato dalla serie B alla serie A.

Ma è nell’ottobre del 1993 che la sua vita prende la svolta che lo porterà a essere quattro volte presidente del Consiglio: la scelta di ‘scendere in campo’ per fermare la ‘gioiosa macchina da guerra’ della sinistra messa in piedi da Achille Occhetto, mentre tutt’intorno ancora giacevano le macerie dei vecchi partiti mandati in frantumi dallo scandalo Tangentopoli. Senza nessuna esperienza politica diretta, ma con alle spalle un impero della comunicazione, mise in piedi Forza Italia come fosse una delle sue aziende, con la stessa logica scelse i suoi compagni in quell’avventura. Con quel famoso discorso fatto al Paese, con il noto incipit ‘l’Italia è il Paese che amo, Silvio Berlusconi entrava di prepotenza sulla scena politica portando il suo partito in pochi mesi a vincere le elezioni del 1994 e se stesso sulla poltrona di palazzo Chigi. Certo, guidare un governo non è proprio come gestire un’azienda e certe logiche di quella che poi avrebbe spesso chiamato ‘politica politicante’ in contrasto con il suo essere un ‘uomo del fare’, all’inizio gli furono fatali. Quel governo durò pochissimo, solo sette mesi. A voltargli le spalle fu la Lega di Umberto Bossi, con il quale diventerà invece in futuro fedele amico e alleato. Nelle successive elezioni, quelle del 1996, comincia la rivalità politica con Romano Prodi che diventerà uno dei suoi crucci.Né in quell’occasione, né poi nel 2006, riuscirà mai a batterlo nelle urne. Anche per colpa del Senatùr del Carroccio che decise di correre da solo, nel 1996 Silvio Berlusconi si trovò ad affrontare quella che poi ha sempre chiamato la sua lunga ‘traversata nel deserto’. Dopo cinque anni di governi di centrosinistra, però, nel 2001 il Cavaliere stringe un patto politico con tutti i partiti del centrodestra dando vita alla Casa delle libertà.

Di quella campagna elettorale che da lì ai successivi cinque anni lo porterà a guidare due governi (il Berlusconi bis e ter), rimane nell’immaginario collettivo il famoso ‘Contratto con gli italiani’ siglato in diretta tv dal salotto di Bruno Vespa. Nel 2006, una nuova sfida con Romano Prodi per la presidenza del Consiglio lo vede perdente, ma questa volta a durare poco sarà il governo del Professore. Nel 2008 si torna alle urne e il centrodestra stravince. Ma a quella vittoria, il ‘dottore’ ci arriva dopo aver nuovamente mescolato le carte in tavola. Il 18 novembre 2007, dopo un discorso in piazza San Babila passato alla storia con il nome di ‘Svolta del predellino’, Berlusconi dà vita a un nuovo partito che fonde insieme Forza Italia e Alleanza nazionale in nome di una spinta bipolarista. Comincia allora il suo rapporto di amore e odio con Gianfranco Fini, lo stesso a cui aveva dato la sua benedizione come candidato sindaco di Roma nel 1993 quando ancora valeva la ‘conventio ad excludendum’ nei confronti della destra sociale. Quel rapporto altalenante sarà una costante dell’ultima esperienza di governo di Berlusconi, vissuta in continuo contrasto con quello che aveva scelto come suo vice ma con il quale il feeling si era presto consumato. Dalla poltrona di presidente della Camera, d’altra parte, Gianfranco Fini contribuì a non rendere la vita facile al Cavaliere fino alla plateale lite durante un appuntamento del partito in cui Berlusconi sbottò con l’alleato e lui gli rispose con l’ormai celebre ‘Che fai, mi cacci?’.

Ma non saranno soltanto i complicati equilibri politici a minare alle basi le sorti del Berlusconi quattro. Scoppia il caso della sua presenza alla festa della diciottenne campana Noemi Letizia, poi l’affaire Ruby, quindi voci di feste e festini, di ‘Bunga bunga’, consumati tra palazzo Grazioli, la residenza romana in cui viveva non essendosi mai voluto trasferire a palazzo Chigi, e la sua villa di Arcore. Lo scandalo lo sovrasta, ne lede irrimediabilmente l’immagine. Tutto questo mentre l’Italia finisce nel mirino della speculazione internazionale, lo spread schizza alle stelle, si parla di un Paese sull’orlo del fallimento. Nel novembre del 2011, mentre la gente scendeva in piazza chiedendo la sua ‘testa’, Silvio Berlusconi fu ‘convinto’ a dimettersi. Dopo di lui arriverà il governo di Mario Monti. Il Cavaliere ha sempre definito tutto ciò che successe in quel periodo come un vero e proprio colpo di Stato. Ma la sua parabola politica non si era ancora conclusa. Con le elezioni del febbraio 2013 verrà eletto per la prima volta a palazzo Madama, uno scranno che sarà costretto a lasciare pochi mesi dopo, il 27 novembre, quando l’aula voterà a favore della decadenza del suo mandato a seguito della condanna in via definitiva per frode fiscale nel processo Mediaset, l’unica del suo travagliato rapporto con la giustizia che lo ha visto imputato più volte, fino all’ultima assoluzione in un filone della vicenda Ruby. Quella sentenza lo tiene fuori dalle aule parlamentari a lungo, avendolo reso momentaneamente ineleggibile. Nel 2019, però Silvio Berlusconi torna a vincere una elezione, diventando europarlamentare di Forza Italia. La chiusura di quel cerchio, arriva però a compimento nel 2022 con la vittoria del centrodestra alle elezioni Politiche, l’arrivo a palazzo Chigi di Giorgia Meloni, e il suo ritorno proprio a palazzo Madama. I numeri della sua storia politica sono da record: con 3.340 giorni complessivi (corrispondenti ad oltre nove anni) è il politico che è rimasto in carica più a lungo nel ruolo di presidente del Consiglio dell’Italia repubblicana, superato in epoche precedenti solo da Benito Mussolini e Giovanni Giolitti, inoltre ha presieduto i due governi più duraturi dalla proclamazione della Repubblica. È stato l’unico leader politico mondiale ad aver presenziato a 3 vertici del G7 come presidente del Paese ospitante (1994 a Napoli, 2001 a Genova e 2009 a L’Aquila). Di quel primato si è spesso vantato, annoverando i suoi buoni rapporti sia con l’America di George W. Bush che con la Russia di Vladimir Putin come una sua ragione di onore. Anzi, ha sempre rivendicato per sé il merito di aver fatto inserire la Russia nel contesto dei Grandi della terra in una ottica che chiamava ‘lo spirito di Pratica di mare’. Rapporti, quelli con Zar Vlad, che non si sono mai interrotti nemmeno nei mesi della guerra in Ucraina e con l’Italia apertamente schierata a fianco di Kiev. Anche molto odiato, si diceva. Politicamente lo è certamente stato, ma dal punto di vista caratteriale anche gli avversari gli hanno sempre riconosciuto un grande savoir faire e la sua capacità di ammaliare. Era celebre per le barzellette che raccontava molto spesso, talvolta anche ripetendo più volte le stesse, sia in pubblico che in privato. Raccontava le sue ‘storielle’ anche in contesti seri, come accadde una volta in cui l’allora ministro dell’Interno, Beppe Pisanu, portò a palazzo Chigi dei sindacalisti sardi. E alla fine l’esponente della Cgil ammise con candore: ‘Io politicamente sono all’opposto, però è davvero simpatico. Talvolta, tuttavia, le sue uscite sono state decisamente fuori contesto: basta pensare al cucù alla Merkel, alle corna nelle foto opportunity con i capi di governo stranieri o all’Obama ‘abbronzato’. Insomma, un gaffeur per chi lo avversava. Un genio per chi lo idolatrava. E’ rimasto sempre saldamente alla guida di Forza Italia, battezzando di volta in volta potenziali delfini che mai hanno preso il suo posto. Ciononostante, la storia del partito è caratterizzata dall’alternarsi, alla destra del fondatore, di molti personaggi o esponenti politici passati spesso dall’essere ascoltatissimi e potenti al diventare quasi reietti. Persino il fidatissimo Gianni Letta, suo sottosegretario alla presidenza del Consiglio negli anni a palazzo Chigi, ha avuto alterne fortune. Lo dimostra un episodio su tutti: nei giorni in cui Berlusconi, insieme a Salvini, porta di fatto alla caduta del governo di Mario Draghi, nessuno riesce a parlare con lui per provare a farlo ragionare sulle conseguenze di quella scelta. Non ci riesce Letta, ma per la verità nemmeno il Quirinale. Sono i giorni in cui l’ex premier se ne sta a villa Grande, la ex casa di Zeffirelli eletta a sua nuova residenza romana dopo l’addio a palazzo Grazioli, e in cui diventano sempre più influenti accanto a lui da una parte la senatrice Licia Ronzulli, dall’altra Marta Fascina, la donna che ha preso il posto di Francesca Pascale come sua compagna, che Berlusconi chiama ‘mia moglie’, anche se il matrimonio, che si è tenuto a marzo del 2022, è stato puramente simbolico. La vittoria elettorale del settembre 2022 apre una nuova stagione di rapporti all’interno del centrodestra, con Forza Italia solo terzo partito e Giorgia Meloni leader indiscussa. All’inizio Berlusconi fatica un po nel suo ruolo di gregario e le trattative per la formazione del governo portano a momenti di tensione altissima, prima quando Forza Italia decide di non votare Ignazio La Russa presidente del Senato, poi quando la leader di Fratelli d’Italia si oppone all’ipotesi che la fedelissima Ronzulli diventi ministro. Pochi mesi dopo, però, il quadro cambia nuovamente. Berlusconi, fortemente consigliato da Fascina e con l’accordo della figlia Marina, mette da parte la linea critica nei confronti di Meloni e diventa il più governista dei governisti. Cadono in disgrazia le stesse persone che portava in palmo di mano poco prima: Alessandro Cattaneo viene estromesso da presidente del gruppo alla Camera mentre Licia Ronzulli mantiene quel ruolo in Senato ma perde l’importante guida del coordinamento della Lombardia. E, non a caso, ai tavoli con il governo a rappresentarlo torna Gianni Letta, da sempre il suo uomo del dialogo. (Di Barbara Acquaviti).

Marateale: Giancarlo Giannini tra i premiati della XV edizione

Marateale: Giancarlo Giannini tra i premiati della XV edizioneRoma, 12 giu. (askanews) – Continua a prendere forma, all’insegna dell’alto spessore artistico, la XV edizione di “Marateale – Premio internazionale Basilicata”. Tra i premiati della kermesse, che si terrà dal 25 al 29 luglio a Maratea, nella “perla del Tirreno”, presso l’Hotel Santavenere, c’è un nome che ha scritto la storia di numerose pagine dello spettacolo italiano: Giancarlo Giannini.

Attore, doppiatore e regista di fama internazionale, nominato agli Oscar per pellicole del calibro di “Pasqualino Settebellezze”, “Casino Royale” e “Quantum of Solace”, di recente ha conquistato una stella sulla celebre Walk of fame di Hollywood. “A Marateale, Giannini sarà premiato per l’altissima rilevanza artistica delle opere che l’hanno visto protagonista, per la straordinaria potenza emotiva e la profonda sensibilità delle sue memorabili interpretazioni” commentano Antonella Caramia (Associazione Cinema Mediterraneo) e Nicola Timpone (Direttore artistico della manifestazione), che stanno continuando a lavorare a un programma che, come ogni anno, sarà ricco di contenuti, ospiti e sorprese.

Il nome di Giancarlo Giannini si aggiunge a quelli di Pio e Amedeo, Francesca Fagnani e Tarak Ben Ammar, annunciati nei giorni scorsi. A breve verranno svelati ulteriori dettagli sul programma dell’edizione 2023 di “Marateale – Premio internazionale Basilicata” assieme agli altri nomi del cast artistico che saliranno sul palco della manifestazione.

L’impero Fininvest: con Mediaset e Mondadori un gruppo da 4 miliardi

L’impero Fininvest: con Mediaset e Mondadori un gruppo da 4 miliardiMilano, 12 giu. (askanews) – Con un fatturato di quasi 4 miliardi di euro e più di 15mila dipendenti, il gruppo Fininvest, fondato da Silvio Berlusconi a metà degli anni Settanta, è una delle maggiori realtà imprenditoriali italiane che opera nei settori della televisione, della radio, del cinema e dell’editoria. La holding controlla i gruppi Mediaset (oggi MFE-MediaForEurope) e Mondadori, e ha un’importante partecipazione del 30% in Banca Mediolanum. Tre partecipazioni che tutte assieme oggi valgono in Borsa oltre 2,8 miliardi di euro. Dal 2018 possiede anche il 100% dell’A.C. Monza, dopo essere stata per 31 anni proprietaria del Milan. Oltre alla passione per il calcio la holding di casa Berlusconi racconta anche il legame dell’ex premier con la città di Milano: dal 1978, infatti, è sua la proprietà del Teatro Manzoni. Tramite Fininvest Real Estate & Services gestisce inoltre alcune proprietà immobiliari, come Villa Gernetto a Lesmo, e possiede Alba Servizi Aerotrasporti che governa la flotta aerea del gruppo.

Questo l’impero industriale che il fondatore di Forza Italia lascia ai cinque figli: la primogenita Marina, che è già presidente di Fininvest – carica che ricopre dal 2005 – e di Mondadori (dal 2003), il secondogenito Pier Silvio, amministratore delegato di MFE, e i figli del secondo matrimonio Barbara, Eleonora e Luigi. Fininvest è controllata per il 61,2% da Silvio Berlusconi, attraverso quattro holding. Il resto delle quote sono divise tra i figli: Marina e Pier Silvio hanno il 7,65% ciascuno, mentre Barbara, Eleonora e Luigi possiedono insieme il 21,42% attraverso la Holding Quattordicesima, di cui ognuno ha il terzo del capitale. Il restante 2% circa sono azioni proprie. Il bilancio 2021 di Fininvest – l’ultimo disponibile – vede il risultato netto della capogruppo in utile per 361,2 milioni rispetto alla perdita di 27 milioni del 2020, che scontava il venir meno dei dividendi delle partecipate a causa della pandemia. Lo scorso anno, alla famiglia Berlusconi Fininvest ha staccato dividendi per complessivi 150 milioni, in aumento rispetto ai 100 milioni dell’anno precedente. A livello consolidato, l’utile 2021 è stato di 360,2 milioni, più che raddoppiato dai 141 milioni del 2020, i ricavi sono saliti a 3,81 miliardi (+10,4%), con un avanzo di oltre 250 milioni. “Un dato che certifica una più che rassicurante stabilità finanziaria e che permette di considerare eventuali ulteriori opportunità di crescita”, spiegava Fininvest nella nota con cui a fine giugno 2022 l’assemblea dei soci aveva approvato il bilancio.

Allo sviluppo internazionale guarda MFE (la denominazione che ha assunto Mediaset nel 2021 con il passaggio della sede legale in Olanda) che, con 2,8 miliardi di ricavi e un capitalizzazione di Borsa complessiva di circa 1,7 miliardi, è il principale asset dell’impero Berlusconi. MFE non è solo la tv con Canale 5, Italia 1 e Rete 4, ma anche la pubblicità con Publitalia ’80, le radio con RadioMediaset (Radio 105, R101, Virgin Radio, Radio Monte Carlo e Radio Subasio), le torri con Ei Towers, il cinema con Medusa e le produzioni di fiction con TaoDue. Fininvest ha un controllo “blindato” su MFE, detenendo il 47,9% del capitale, percentuale che porterebbe al fallimento qualsiasi tentativo di Opa non concordata. Al momento, in ogni caso, non c’è nessun segnale che lasci intendere una volontà della famiglia di disimpegnarsi e con Vivendi, che nel 2016 tentò la scalata, non sembrano esserci segnali di allarme. Coi francesi, dopo cinque anni di battaglia, è stato firmato lo scorso anno un accordo “di pace”, che ha messo fine a tutte le pendenze legali e alle varie richieste di risarcimento milionarie, avviando un processo di vendita sul mercato dell’intera quota nel corso di un periodo di cinque anni. Vivendi ha poi favorito di recente il via libera dell’assemblea all’operazione di fusione per incorporazione di Mediaset Espana in MFE. Sullo sfondo resta la partita ProsiebenSat, l’emittente tedesca di cui il gruppo guidato da Pier Silvio Berlusconi è primo azionista con il 29% circa. Più “tranquillo” l’asset Mondadori, di cui Fininvest ha il 53,3% del capitale (69,5% dei diritti di voto), per un valore di mercato di circa 270 milioni. Il gruppo, quotato in Borsa e che sette anni fa ha acquisito Rcs Libri, è oggi il maggiore editore di libri e tra i leader del settore magazine nel Paese. Ha chiuso il 2022 con ricavi a 903 milioni e realizzando il miglior risultato netto degli ultimi 15 anni a 52,1 milioni, che ha permesso di proporre un dividendo in crescita del 30%. E’ recente l’uscita dal Giornale, con la firma della cessione per 3,7 milioni della partecipazione del 18,45% detenuta nella società editrice del quotidiano, nell’ambito dell’acquisto da parte della famiglia Angelucci delle quote di maggioranza.

Fininvest possiede anche il 30% di Banca Mediolanum, una partecipazione che oggi vale in Borsa 1,8 miliardi. Un sodalizio, quello con la famiglia Doris, che dura dal 1982, ossia da quando Ennio Doris lanciò Programma Italia, la prima rete in Italia ad offrire consulenza globale nel settore del risparmio, con Silvio Berlusconi socio al 50%. Realtà che ha poi portato, nel 1997, alla nascita di Mediolanum. Restando in area finanziaria, nel 2021 Fininvest è uscita dall’azionariato di Mediobanca vendendo il suo 2% per 174 milioni. La partecipazione in Piazzetta Cuccia risaliva al 2007. Un legame (indiretto) con l’istituto di piazzetta Cuccia resta, essendo Banca Mediolanum azionista con il 3,4%. Infine il calcio. Dopo essere stato per 31 anni, fino ad aprile 2017, proprietaria del Milan, nel settembre 2018 la holding della famiglia Berlusconi ha rilevato il 100% del Monza sborsando 2,9 milioni e rilanciando il club, portandolo prima in Serie B e poi in A. Fininvest custodisce gran parte dell’attività dell’impero di Berlusconi ma l’ex premier ha conservato al di fuori della capogruppo altre proprietà, soprattutto immobiliari. E gli asset ai piani alti, diversi da MFE, Mondadori e Mediolanum, sono più difficili da valutare. Secondo l’ultima stima della rivista americana Forbes il patrimonio di Silvio Berlusconi ammonterebbe a circa 6,8 miliardi di dollari.

Berlusconi, addio al fondatore di Mediaset e del centrodestra

Berlusconi, addio al fondatore di Mediaset e del centrodestraRoma, 12 giu. (askanews) – Quanti appellativi gli sono stati dati. C’è anche chi li ha contati: sono una trentina. Soprannomi affettuosi, come il ‘dottore’, usato dai suoi più stretti collaboratori. Altri meno lusinghieri come il Caimano, così come per anni lo descriveva la sinistra e come lo ha immortalato in un film Nanni Moretti. O anche ‘Sua emittenza’, usato più per sottolineare i suoi interessi privati in affari di Stato che non per riconoscergli il ruolo di fondatore dell’impero Mediaset. E poi ce ne sono tanti altri: Banana, il Cavaliere, lo zio Silvio (come spesso era chiamato tra i giornalisti che lo hanno seguito per molti anni), o Papi, quel nome che rimanda in un attimo alla stagione non esaltante delle ‘cene eleganti’.

Perché Silvio Berlusconi, certamente, è stato molto amato e molto odiato. Tante volte sull’altare, molte volte nella polvere. Guai giudiziari – e un costante rapporto di opposizione frontale con la magistratura – che lo hanno portato persino alla decadenza da senatore della Repubblica. Quella della sua vita di imprenditore è invece una storia di successo, cominciata nell’edilizia e poi continuata nel mondo della televisione. E poi, una delle sue più grandi passioni, il Milan, di cui diventa presidente nel 1986 e che ha portato nell’Olimpo del calcio mondiale. ‘Sono il presidente di club che ha vinto di più nel mondo’, amava dire. Una storia irripetibile, anche se molti anni dopo ci ha riprovato diventando presidente di quel Monza che, sotto la sua egida, è passato dalla serie B alla serie A.

Ma è nell’ottobre del 1993 che la sua vita prende la svolta che lo porterà a essere quattro volte presidente del Consiglio: la scelta di ‘scendere in campo’ per fermare la ‘gioiosa macchina da guerra’ della sinistra messa in piedi da Achille Occhetto, mentre tutt’intorno ancora giacevano le macerie dei vecchi partiti mandati in frantumi dallo scandalo Tangentopoli. Senza nessuna esperienza politica diretta, ma con alle spalle un impero della comunicazione, mise in piedi Forza Italia come fosse una delle sue aziende, con la stessa logica scelse i suoi compagni in quell’avventura. Con quel famoso discorso fatto al Paese, con il noto incipit ‘l’Italia è il Paese che amo’, Silvio Berlusconi entrava di prepotenza sulla scena politica portando il suo partito in pochi mesi a vincere le elezioni del 1994 e se stesso sulla poltrona di palazzo Chigi. Certo, guidare un governo non è proprio come gestire un’azienda e certe logiche di quella che poi avrebbe spesso chiamato ‘politica politicante’ in contrasto con il suo essere un ‘uomo del fare’, all’inizio gli furono fatali. Quel governo durò pochissimo, solo sette mesi. A voltargli le spalle fu la Lega di Umberto Bossi, con il quale diventerà invece in futuro fedele amico e alleato. Nelle successive elezioni, quelle del 1996, comincia la rivalità politica con Romano Prodi che diventerà uno dei suoi crucci.Né in quell’occasione, né poi nel 2006, riuscirà mai a batterlo nelle urne. Anche per colpa del Senatùr del Carroccio che decise di correre da solo, nel 1996 Silvio Berlusconi si trovò ad affrontare quella che poi ha sempre chiamato la sua lunga ‘traversata nel deserto’. Dopo cinque anni di governi di centrosinistra, però, nel 2001 il Cavaliere stringe un patto politico con tutti i partiti del centrodestra dando vita alla Casa delle libertà.

Di quella campagna elettorale che da lì ai successivi cinque anni lo porterà a guidare due governi (il Berlusconi bis e ter), rimane nell’immaginario collettivo il famoso ‘Contratto con gli italiani’ siglato in diretta tv dal salotto di Bruno Vespa. Nel 2006, una nuova sfida con Romano Prodi per la presidenza del Consiglio lo vede perdente, ma questa volta a durare poco sarà il governo del Professore. Nel 2008 si torna alle urne e il centrodestra stravince. Ma a quella vittoria, il ‘dottore’ ci arriva dopo aver nuovamente mescolato le carte in tavola. Il 18 novembre 2007, dopo un discorso in piazza San Babila passato alla storia con il nome di ‘Svolta del predellino’, Berlusconi dà vita a un nuovo partito che fonde insieme Forza Italia e Alleanza nazionale in nome di una spinta bipolarista. Comincia allora il suo rapporto di amore e odio con Gianfranco Fini, lo stesso a cui aveva dato la sua benedizione come candidato sindaco di Roma nel 1993 quando ancora valeva la ‘conventio ad excludendum’ nei confronti della destra sociale. Quel rapporto altalenante sarà una costante dell’ultima esperienza di governo di Berlusconi, vissuta in continuo contrasto con quello che aveva scelto come suo vice ma con il quale il feeling si era presto consumato. Dalla poltrona di presidente della Camera, d’altra parte, Gianfranco Fini contribuì a non rendere la vita facile al Cavaliere fino alla plateale lite durante un appuntamento del partito in cui Berlusconi sbottò con l’alleato e lui gli rispose con l’ormai celebre ‘Che fai, mi cacci?’.

Ma non saranno soltanto i complicati equilibri politici a minare alle basi le sorti del Berlusconi quattro. Scoppia il caso della sua presenza alla festa della diciottenne campana Noemi Letizia, poi l’affaire Ruby, quindi voci di feste e festini, di ‘Bunga bunga’, consumati tra palazzo Grazioli, la residenza romana in cui viveva non essendosi mai voluto trasferire a palazzo Chigi, e la sua villa di Arcore. Lo scandalo lo sovrasta, ne lede irrimediabilmente l’immagine. Tutto questo mentre l’Italia finisce nel mirino della speculazione internazionale, lo spread schizza alle stelle, si parla di un Paese sull’orlo del fallimento. Nel novembre del 2011, mentre la gente scendeva in piazza chiedendo la sua ‘testa’, Silvio Berlusconi fu ‘convinto’ a dimettersi. Dopo di lui arriverà il governo di Mario Monti. Il Cavaliere ha sempre definito tutto ciò che successe in quel periodo come un vero e proprio colpo di Stato. Ma la sua parabola politica non si era ancora conclusa. Con le elezioni del febbraio 2013 verrà eletto per la prima volta a palazzo Madama, uno scranno che sarà costretto a lasciare pochi mesi dopo, il 27 novembre, quando l’aula voterà a favore della decadenza del suo mandato a seguito della condanna in via definitiva per frode fiscale nel processo Mediaset, l’unica del suo travagliato rapporto con la giustizia che lo ha visto imputato più volte, fino all’ultima assoluzione in un filone della vicenda Ruby. Quella sentenza lo tiene fuori dalle aule parlamentari a lungo, avendolo reso momentaneamente ineleggibile. Nel 2019, però Silvio Berlusconi torna a vincere una elezione, diventando europarlamentare di Forza Italia. La chiusura di quel cerchio, arriva però a compimento nel 2022 con la vittoria del centrodestra alle elezioni Politiche, l’arrivo a palazzo Chigi di Giorgia Meloni, e il suo ritorno proprio a palazzo Madama. I numeri della sua storia politica sono da record: con 3.340 giorni complessivi (corrispondenti ad oltre nove anni) è il politico che è rimasto in carica più a lungo nel ruolo di presidente del Consiglio dell’Italia repubblicana, superato in epoche precedenti solo da Benito Mussolini e Giovanni Giolitti, inoltre ha presieduto i due governi più duraturi dalla proclamazione della Repubblica. È stato l’unico leader politico mondiale ad aver presenziato a 3 vertici del G7 come presidente del Paese ospitante (1994 a Napoli, 2001 a Genova e 2009 a L’Aquila). Di quel primato si è spesso vantato, annoverando i suoi buoni rapporti sia con l’America di George W. Bush che con la Russia di Vladimir Putin come una sua ragione di onore. Anzi, ha sempre rivendicato per sé il merito di aver fatto inserire la Russia nel contesto dei Grandi della terra in una ottica che chiamava ‘lo spirito di Pratica di mare’. Rapporti, quelli con Zar Vlad, che non si sono mai interrotti nemmeno nei mesi della guerra in Ucraina e con l’Italia apertamente schierata a fianco di Kiev. Anche molto odiato, si diceva. Politicamente lo è certamente stato, ma dal punto di vista caratteriale anche gli avversari gli hanno sempre riconosciuto un grande savoir faire e la sua capacità di ammaliare. Era celebre per le barzellette che raccontava molto spesso, talvolta anche ripetendo più volte le stesse, sia in pubblico che in privato. Raccontava le sue ‘storielle’ anche in contesti seri, come accadde una volta in cui l’allora ministro dell’Interno, Beppe Pisanu, portò a palazzo Chigi dei sindacalisti sardi. E alla fine l’esponente della Cgil ammise con candore: ‘Io politicamente sono all’opposto, però è davvero simpatico’. Talvolta, tuttavia, le sue uscite sono state decisamente fuori contesto: basta pensare al cucù alla Merkel, alle corna nelle foto opportunity con i capi di governo stranieri o all’Obama ‘abbronzato’. Insomma, un gaffeur per chi lo avversava. Un genio per chi lo idolatrava. E’ rimasto sempre saldamente alla guida di Forza Italia, battezzando di volta in volta potenziali delfini che mai hanno preso il suo posto. Ciononostante, la storia del partito è caratterizzata dall’alternarsi, alla destra del fondatore, di molti personaggi o esponenti politici passati spesso dall’essere ascoltatissimi e potenti al diventare quasi reietti. Persino il fidatissimo Gianni Letta, suo sottosegretario alla presidenza del Consiglio negli anni a palazzo Chigi, ha avuto alterne fortune. Lo dimostra un episodio su tutti: nei giorni in cui Berlusconi, insieme a Salvini, porta di fatto alla caduta del governo di Mario Draghi, nessuno riesce a parlare con lui per provare a farlo ragionare sulle conseguenze di quella scelta. Non ci riesce Letta, ma per la verità nemmeno il Quirinale. Sono i giorni in cui l’ex premier se ne sta a villa Grande, la ex casa di Zeffirelli eletta a sua nuova residenza romana dopo l’addio a palazzo Grazioli, e in cui diventano sempre più influenti accanto a lui da una parte la senatrice Licia Ronzulli, dall’altra Marta Fascina, la donna che ha preso il posto di Francesca Pascale come sua compagna, che Berlusconi chiama ‘mia moglie’, anche se il matrimonio, che si è tenuto a marzo del 2022, è stato puramente simbolico. La vittoria elettorale del settembre 2022 apre una nuova stagione di rapporti all’interno del centrodestra, con Forza Italia solo terzo partito e Giorgia Meloni leader indiscussa. All’inizio Berlusconi fatica un po’ nel suo ruolo di gregario e le trattative per la formazione del governo portano a momenti di tensione altissima, prima quando Forza Italia decide di non votare Ignazio La Russa presidente del Senato, poi quando la leader di Fratelli d’Italia si oppone all’ipotesi che la fedelissima Ronzulli diventi ministro. Pochi mesi dopo, però, il quadro cambia nuovamente. Berlusconi, fortemente consigliato da Fascina e con l’accordo della figlia Marina, mette da parte la linea critica nei confronti di Meloni e diventa il più governista dei governisti. Cadono in disgrazia le stesse persone che portava in palmo di mano poco prima: Alessandro Cattaneo viene estromesso da presidente del gruppo alla Camera mentre Licia Ronzulli mantiene quel ruolo in Senato ma perde l’importante guida del coordinamento della Lombardia. E, non a caso, ai tavoli con il governo a rappresentarlo torna Gianni Letta, da sempre il suo uomo del dialogo.

Il rock contro la mafia: “Vivo io” della Band di Punta Raisi

Il rock contro la mafia: “Vivo io” della Band di Punta RaisiRoma, 12 giu. (askanews) – Il rock contro la mafia. È appena uscito a livello mondiale su tutte le piattaforme musicali digitali il nuovo singolo “Vivo Io (Remix)” della band Punta Raisi, un brano pubblicato a 30 anni esatti dalle stragi di mafia, che ne ricorda gli eventi e denuncia ogni forma di oppressione. Si tratta di un ritorno, quello dei Punta Raisi, dopo 14 anni di assenza dalle scene musicali.

Già il nome della band è una sfida alle mafie: lo stesso è stato scelto per ricordare il giudice Giovanni Falcone, ucciso da Cosa Nostra sulla Palermo-Punta Raisi (Capaci) il 23 maggio di 31 anni fa. Il brano “Vivo Io (Remix)” è già presente su Spotify, YouTube, YouTube music, Apple music, Amazon Music e su tutte le altre piccole e grandi piattaforme musicali digitali. Testo e musica sono firmati dal fondatore, nonché voce e chitarrista della band Carlo Pascarella, che è anche il collega giornalista che nel 1998 subì la nota telefonata intimidatoria da parte degli allora boss latitanti del clan dei Casalesi, Antonio Iovine e Michele Zagaria, telefonata intercettata, registrata e poi diffusa dalla Dda di Napoli, come simbolo della pressione delle mafie sui cronisti impegnati. Il singolo rappresenta il debutto dei Punta Raisi con la nuova etichetta discografica romana Garage Noise Label e segue altri nuovi singoli usciti negli ultimi mesi, tra i quali “Andare Oltre”, “È la Volta Buona”, “Sentiero”, “Contatto” e “Stella d’Oriente”. Una curiosità importante: già dal primo album della band del 2002 (“Mi Liberi o No?”) uscì il singolo di successo “Tu, Sodoma e Camorra”, che contiene la seguente strofa: “Camorra, Sodoma e Gomorra è qui/ Qualcuno vorrebbe farmi fuori/ Ma io non posso piegarmi mai/ Di sangue e rancore sento già gli odori”. Come si vede c’è la parola Gomorra associata alla mafia e alla camorra ben 6 anni prima dell’uscita del best seller Gomorra di Roberto Saviano. “Vivo io (Remix)”e gli altri nuovi singoli potrebbero essere essere il preludio all’uscita di un futuro album in studio, che si spera possa replicare il successo del primo lavoro della band. Attualmente la line up dei Punta Raisi è formata, oltre che da Carlo Pascarella, anche dal tastierista Benny Farina e dal bassista Domenico Gentile. Il ritorno sulla scena con il remix di “Vivo Io” su tutte le piattaforme musicali digitali può rappresentare una svolta in quanto è possibile esportare la musica di denuncia dei Punta Raisi in tutto il mondo con un clic. Intanto su Spotify e sulla pagina YouTube (Punta Raisi Gruppo Rock) della band è da qualche settimana disponibile l’intera discografia del gruppo e anche i videoclip, compresi i nuovi singoli. Pure nei lavori attuali dei Punta Raisi ovviamente protagoniste le chitarre e la sperimentazione. Il rock psichedelico della band è contaminato da influenze pop, blues e persino metal e rap. Questo per stare al passo con l’evoluzione del rock e delle nuove generazioni di futuri fans. Dal 2009, anno dell’ultima esibizione dal vivo, solo Carlo Pascarella, il bassista Domenico Gentile e il tastierista Benny Farina hanno dato continuità al progetto, quindi di un prossimo ritorno live per adesso non si parla, come è difficile ipotizzare una reunion dell’intera band degli esordi fondata nel 2001 e di cui facevano parte anche il batterista Marco Gentile e la vocalist Monica Brandi. La sfida della musica alla mafia è lanciata.

Cina: 50% capacità generazione elettrica è da fonti non fossili

Cina: 50% capacità generazione elettrica è da fonti non fossiliRoma, 12 giu. (askanews) – Le fonti energetiche di combustibili non fossili della Cina ora garantiscono il 50% della sua capacità totale di generazione elettrica installata. L’ha affermato oggi l’agenzia di stampa ufficiale Xinhua, citando un funzionario della Commissione nazionale per la riforma e lo sviluppo.

Le fonti di energia da combustibili non fossili, come l’energia eolica e solare, rappresentano il 50,9% della capacità totale installata del paese, segnando il rapido completamento di un obiettivo governativo proposto nel 2021, in base al quale la capacità rinnovabile doveva superare la capacità di combustibili fossili entro il 2025 . Entro la fine del 2022, la capacità di generazione di energia installata in Cina era di 2.564,05 GW, secondo i dati dell’Ufficio nazionale di statistica.

La Cina punta a raggiungere il suo picco d’emissioni nel 2030, per scendere poi fino a zero entro il 2060.

Italia presente al Festival Internazionale di Fotografia di Sofia

Italia presente al Festival Internazionale di Fotografia di SofiaRoma, 12 giu. (askanews) – L’Istituto Italiano di Cultura di Sofia promuove, insieme alla Galleria Nazionale e alla Fondazione “Phodar”, il XII Festival Internazionale di Fotografia – Biennale “Phodar” accolto presso il Museo d’arte del periodo socialista.

Il Festival è realizzato con il sostegno del Programma “Cultura” del Comune di Sofia e la mostra resterà aperta al pubblico fino al 2 luglio 2023. La Biennale è tra i principali eventi fotografici del mondo e l’edizione di quest’anno ha visto quasi raddoppiare il numero dei partecipanti rispetto alle edizioni precedenti.

L’evento raccoglie quest’anno i lavori di 21 fotografi provenienti da 12 Paesi, con oltre 270 fotografie selezionate all’interno del circuito del Festival. Il tema della manifestazione, “Immagine e somiglianza”, vuole essere uno sguardo allo sviluppo e ai cambiamenti del linguaggio fotografico e porre l’attenzione ai nuovi percorsi legati alle tematiche umanistiche nella fotografia contemporanea.

Tra gli altri, nella mostra sono esposti anche i lavori di Alessio Paduano, che ha vinto il Gran Premio del concorso. Il fotografo ha presentato una serie di immagini di grande impatto emotivo scattate in Ucraina all’inizio della guerra.

Centro, Gelmini(Azione): Milano base per rilanciare il popolarismo

Centro, Gelmini(Azione): Milano base per rilanciare il popolarismoMilano, 12 giu. (askanews) – Milano è “la città del volontariato, del terzo settore, dove la rete valoriale del popolarismo ha trovato concretezza e si è trasformata in ‘azione’” e come tale base per il rilancio del popolarismo. Lo ha sottolineato Mariastella Gelmini, vice segretaria e portavoce di Azione, in un’intervista al Corriere della Sera dopo avere organizzato sabato un convegno per rilanciare l’anima popolare di Azione. “Abbiamo rimarcato il fatto che Azione è la sintesi di sensibilità differenti. C’è quella riformista, quella liberale, ma, e lo vogliamo sottolineare fortemente, c’è anche la matrice popolare. Azione si è candidata a raccogliere e proiettare nel futuro il meglio di queste tre tradizioni. Il tema dell’europeismo, dell’atlantismo, della centralità della persona sono punti valoriali ancorati al popolarismo. Sono dentro Azione. Non solo. Sono nel manifesto di Azione che cita il popolarismo di Sturzo e il liberalismo sociale come radici culturali e politiche del nostro partito e sottolinea la necessità di una sintesi tra queste grandi culture” ha evidenziato l’ex ministro.

“Ci siamo rivolti e ci rivolgiamo alla società civile, all’associazionismo, ai tanti amministratori, ai sindaci, al civismo a tutti coloro che hanno questa matrice e a chi rifiuta il populismo bipolarizzante. Vogliamo ancorare il programma di Azione a una solida impronta valoriale che è anche quella del popolarismo” ha aggiunto. Quanto al progetto di partito unico con Iv per Gelmini “è naufragato, ma questo non significa che non si possa collaborare come facciamo ogni giorni nei gruppi parlamentari, pur all’interno, di una leale competizione fra soggetti politici diversi. Noi vogliamo semplicemente ribadire che Azione è un contenitore aperto anche al popolarismo”. Letizia Moratti, ha proseguito, “è una risorsa importante. L’iniziativa di mettere intorno al tavolo soggetti civici e politici dimostra che c’è vita oltre i due poli. Vedremo cosa maturerà”. Quanto al dialogo col Governo Gelmini ha osservato che “La nostra opposizione è costruttiva e non ideologica, entra nel merito delle questioni e parla chiaro al governo stigmatizzando alcune scelte sbagliate, come l’insensata resistenza sul Mes, ma non abbiamo esitato a difendere la scelta sui controlli concomitanti della Corte dei Conti perché per noi il Pnrr non è il piano del governo Meloni, ma un piano nazionale da cul dipende il futuro del Paese. Non siamo ideologici, siamo pragmatici ed entriamo nel merito delle questioni”.

Cina ha accresciuto arsenale nucleare di 60 testate in un anno

Cina ha accresciuto arsenale nucleare di 60 testate in un annoRoma, 12 giu. (askanews) – La Cina ha accresciuto il suo arsenale nucleare di 60 testate, portandole a un totale di 410, nei 12 mesi fino a gennaio 2023. Lo dichiara in un rapporto diffuso oggi il SIPRI, il think tank di Stoccolma per la pace e la sicurezza internazionale, dedicato ai dieci stati dotati di armi atomiche.

Il numero di testate accumulate tra le cinque potenze nucleari riconosciute di Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna, India, Pakistan, Corea del Nord e Israele è salito di 86 testate, arrivando a 9.576, durante un periodo in cui gli arsenali sono stati anche modernizzati. La significativa espansione dell’arsenale nucleare cinese è stata “sempre più difficile da far convivere” con “l’obiettivo dichiarato del paese di avere solo le forze nucleari minime necessarie per mantenere la sua sicurezza nazionale”, ha affermato nel rapporto Hans Kristensen del SIPRI.

Si prevede che l’arsenale cinese continuerà a crescere, afferma ancora il rapporto, aggiungendo che Pechino “potrebbe potenzialmente avere almeno tanti missili balistici intercontinentali quanti ne hanno gli Stati uniti o la Russia entro la fine del decennio”. Delle scorte di 9.576 testate, gli Stati Uniti ne detenevano a gennaio 3.708, invariate rispetto all’anno precedente, secondo quanto riferisce il rapporto. La Russia, dal canto suo, ha aumentato il suo arsenale a 4.489 da 4.477. Le scorte delle due maggiori potenze nucleari mondiali rappresentano circa l’86% del totale.

Si stima che l’arsenale della Corea del Nord sia cresciuto da 25 a 30 testate, afferma il rapporto, aggiungendo che il paese potrebbe avere abbastanza materiale fissile per produrre da 50 a 70 testate.

Tornano le zanzare, l’allarme Oms sulle malattie trasmesse dalle punture

Tornano le zanzare, l’allarme Oms sulle malattie trasmesse dalle puntureRoma, 12 giu. (askanews) – Torna la bella stagione e tornano, puntuali, le zanzare. Ma non solo. L’Oms ha lanciato un allarme a livello mondiale. “Oggi metà popolazione mondiale è a rischio Dengue. L’incidenza delle infezioni causate da arbovirus – come Dengue, Zika e Chikungunya – è cresciuta notevolmente in tutto il mondo negli ultimi decenni. Circa la metà della popolazione mondiale è ora a rischio di Dengue, con un numero stimato in 100-400 milioni di infezioni che si verificano ogni anno”. E’ il quadro tracciato dall’Organizzazione mondiale della sanità che ha fornito un aggiornamento sulla situazione di queste malattie che si diffondono dalle zanzare alle persone e “stanno causando un numero crescente di focolai in tutto il mondo, con il cambiamento climatico, la deforestazione e l’urbanizzazione che sono alcuni dei principali fattori di rischio”. Fattori di rischio “che consentono alle zanzare di adattarsi meglio ai nuovi ambienti e di diffondere ulteriormente a livello geografico il rischio di infezione, anche nella regione europea”. “Iniziano a svegliarsi -spiega Gérard Duvallet, entomologo dell’Università francese di Montpellier- quando ci sono 15 gradi, poi, non appena le temperature si alzano fino ai 20/25 gradi, sono, diciamo così, in piena forma”. Questo vuol dire che, con l’inizio della primavera, si avvia quel processo che, a breve, porterà nelle nostre case il fastidioso insetto: “Fastidiose sono in particolare le zanzare femmine -continua Duvallet. Sono solo loro a pungerci, mentre i maschi si nutrono esclusivamente con le piante. Il nostro sangue serve loro per sviluppare poi le uova e quindi per riprodursi. Ci iniettano due sostanze: la prima per facilitare l’aspirazione, mentre la seconda contiene un principio attivo che danneggia i tessuti umani. Ciò per non farci sentire dolore e quindi per impedire che la nostra reazione immediata possa ucciderle”.

Il 90% degli italiani, preoccupata per il suo ritorno, ritiene che l’insetto sia presente nel proprio Comune di residenza, mentre il 69,3% sostiene di avere la sensazione che, negli ultimi tre anni, la percentuale di diffusione sia decisamente aumentata. Il risultato di un sondaggio, commissionato su un campione di duemila intervistati da un’azienda leader nella produzione di zanzariere, fotografa un rapporto che, a giusta ragione, può definirsi complesso: “Abbiamo voluto fare luce su uno dei problemi che affliggono i cittadini durante i mesi primaverili ed estivi”, afferma Marco Marcantoni, Ceo di Sharknet. “La conferma è che si tratta di una questione che sta a cuore praticamente a tutti. L’84,7% degli intervistati va anche oltre e si dimostra consapevole dei rischi sanitari e del fatto che una puntura può veicolare patogeni. La malattia del West Nile è infine la più conosciuta, mentre la zanzara tigre è quella più temuta”. La zanzara tigre, appunto. Una presenza che è conseguenza dei cambiamenti climatici, cambiamenti che presto potrebbero portare altre spiacevoli sorprese. Secondo recenti studi scientifici, pubblicati su Biology Letters, l’avanzare degli insetti, che portano la malaria, corre a ritmi sostenuti e non escluso che presto potrebbe raggiungere anche il Vecchio Continente: “Nessun allarme, per carità. Ma -continua Marcantoni- è una questione da non sottovalutare. Per l’Africa innanzitutto, che paga un prezzo salatissimo, ma anche per il resto del mondo. Il riscaldamento globale, lo dicono diverse ricerche autorevoli, moltiplica i vettori e quindi la diffusione di nuove e vecchie malattie. Dal virus Zika alla febbre Dengue, fino al ritorno del colera”.

Come difendersi allora? “La prima regola -riflette Marcantoni- è evitare ristagni d’acqua perché è lì che le zanzare depongono le proprie uova. Vasi e sottovasi bisogna curarli con attenzione. Poi, occorre eseguire periodiche disinfestazioni. Esistono tuttavia dei rimedi anche nella fase successiva, quando gli insetti sono, diciamo così, appena nati. La citronella è un ottimo rimedio, come indossare abiti dal colore giusto. Le zanzare sono attirate nell’ordine dal nero, dal rosso, dal grigio e dal blu. Verde e giallo sono invece le tinte che maggiormente difendono l’uomo dalle punture. Inutile dire che proteggersi significa anche impedire il loro ingresso in casa. Le nostre zanzariere plissettate, uniche al mondo, rappresentano una barriera ideale. Le abbiamo esportate in 50 Paesi del mondo, rendendo la nostra azienda un’eccellenza del made in Italy”.