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Autore: Redazione StudioNews

Auto, vendite usato aprile +17%, diesel primo, elettriche ultime

Auto, vendite usato aprile +17%, diesel primo, elettriche ultimeRoma, 25 giu. (askanews) – Dopo la flessione di marzo, ad aprile sono tornate a crescere le compravendite di auto usate, segnando un più 17% su base annua a quota 435.319 trasferimenti di proprietà. Il livello resta tuttavia inferiore del 6,8% rispetto allo stesso mese del 2019, secondo l’ultima elaborazione dell’Unrae (Unione nazionale rappresentanti autoveicoli esteri). I primi quattro mesi dell’anno si sono chiusi con un più 10,6% (1.829.874 passaggi complessivi).


Tornando e guardando alle tipologie di propulsori, seppure con una quota in calo di 3,2 punti percentuali, il diesel ricopre sempre la prima posizione fra le motorizzazioni preferite nel mercato dell’usato, prosegue l’Unrae, con il 45,4% (45,5% nei 4 mesi). Seguono le auto a benzina (38,7%), terze le ibride (7,2%), poi Gpl (4,8%), metano (2,3%), mentre ultime risultano le auto elettriche e le plug-in, rispettivamente con lo 0,7% e l’1% del totale di compravendite sull’usato. In leggera flessione gli scambi tra privati/aziende, che rimangono largamente predominanti e in aprile rappresentano il 55,9% di tutti i passaggi di proprietà. Recuperano leggermente quelli da operatore a cliente finale, al 39,7%. In crescita gli scambi provenienti da Km0 (3,6%), mentre cedono quelli provenienti dal noleggio (0,7% complessivo nel mese e 0,8% nel quadrimestre).


Secondo l’Unrae l’analisi per regione conferma in aprile l’immutabile leadership della Lombardia con il 15,7% dei trasferimenti (+0,3 punti), seguita dal Lazio al 9,6% (-0,4 punti) e dalla Campania al 9,5% di quota (+0,6 punti). Poco meno di una compravendite su due riguarda auto con oltre 10 anni: ad aprile la loro quota è scesa di 1,5 punti al 48,6% del totale. Sale al 16,9% la quota delle auto da 6 a 10 anni e cresce di 1 punto quella delle auto più fresche da 0 a 1 anno (al 6,7%).

Decontribuzione Sud, Schifani: misura aiuterà occupazione in Sicilia

Decontribuzione Sud, Schifani: misura aiuterà occupazione in SiciliaRoma, 25 giu. (askanews) – “Desidero esprimere il più sentito plauso e ringraziamento al ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, per l’importante risultato ottenuto a Bruxelles con la proroga della decontribuzione per le assunzioni nel Sud Italia fino a dicembre. Si tratta di una misura che rappresenta un sostegno fondamentale per il nostro territorio, favorendo l’occupazione e incentivando le imprese a investire nelle risorse umane locali. Il provvedimento dimostra l’attenzione e l’impegno del governo Meloni nei confronti del Mezzogiorno, riconoscendo le peculiarità e le esigenze specifiche del nostro territorio”. Lo dichiara il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani.


“Il ministro ha saputo ascoltare le istanze dei territori meridionali e ha agito con determinazione per garantire continuità a un provvedimento che si è rivelato essenziale per la ripresa economica e sociale del Sud. Grazie a questa proroga, molti lavoratori potranno beneficiare di nuove opportunità occupazionali e le aziende continuare a investire nel capitale umano, stimolando la creazione di nuovi posti di lavoro e favorendo una ripresa economica più solida e duratura. Esprimo la mia gratitudine per questo risultato, auspicando che l’obiettivo di trasformare, d’intesa con la Commissione europea, la decontribuzione in uno strumento più a lungo termine e maggiormente orientato verso gli investimenti possa realizzarsi presto”, continua ancora il governatore.

Autonomia, Bonelli: Meloni indecente su accusa guerra civile a opposizione

Autonomia, Bonelli: Meloni indecente su accusa guerra civile a opposizioneRoma, 25 giu. (askanews) -“Giorgia Meloni ha rivendicato tre riforme come merito di questo governo. La prima è quella fiscale. Sappiano gli italiani che la tanto decantata riforma (fiscale) di Meloni voluta dalla Lega, farà pagare meno tasse ai ricchi e più tasse ai ceti medi. Le tasse dei ceti medi serviranno per diminuire la pressione fiscale per i ricchi. E’ la cosiddetta flat tax per la quale il Governo deve dire da dove prenderanno i soldi.Meloni ha parlato della riforma della giustizia: che cancella le intercettazioni, che definisce il trojan una porcata (parola del Ministro Nordio) e elimina l’abuso d’ufficio; ovvero quei reati della pubblica amministrazione che sono indicatori dei fenomeni di corruzione per cui si muove anche la criminalità organizzata. Gli stessi trojan che hanno consentito la cattura di Messina Denaro.” Lo dichiara il co-portavoce di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra Angelo Bonelli.


“La terza riforma che ha citato – dice ancora- è quella del codice degli appalti che oggi consente i subappalti a cascata: norme che hanno consentito di generare quella deregulation del mercato del lavoro e dello sfruttamento di lavoratori e lavoratrici. Lavoratori e lavoratrici costretti a sottoporsi a vere e proprie deportazioni da società a società Poi Giorgia Meloni si concentra sulla questione dell’autonomia differenziata, la sua vera preoccupazione, che le ha fatto perdere voti al Sud. Per questa ragione dice bugie e alimenta una narrazione tossica della quale si assume la responsabilità. Perchè Meloni non dice, quando parla dei LEP, che non sono finanziati e non verranno finanziati, aumentando il divario sociale ed economico tra Nord e Sud. La Premier Meloni ha dato luce a questo ignobile mercimonio che è stato fatto tra lei e Salvini tra autonomia differenziata e premierato.” “Meloni si assume quindi la responsabilità di aver alzato i toni con accuse indecenti e pericolose: ancora oggi attendiamo la presa di distanza dalla sua gioventù nazionale che inneggia al fascismo e al nazismo. Senza dimenticare che in Europa è sempre più isolata. Per questo serve una opposizione unita e coesa, ed é questo l’appello che rivolgo a Elly Schlein, Antonio Conte e gli altri leader: vediamoci e lanciamo un patto per mandare a casa la peggiore destra d’Europa”, conclude

Autonomia, A.Fontana: analisi Meloni chiara, precisa e puntuale

Autonomia, A.Fontana: analisi Meloni chiara, precisa e puntualeMilano, 25 giu. (askanews) – “Chiara, precisa e puntuale”. Così il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, definisce quanto espresso dal premier Giorgia Meloni in materia di autonomia differenziata. “Oltre a ringraziare Giorgia Meloni, desidero evidenziare in particolare un suo passaggio – ha aggiunto il presidente della Lombardia – quello in cui viene spiegato che affermare l’autonomia significa ‘responsabilizzare le Regioni e le sue classi dirigenti sulla spesa e sui servizi’”.


“Ecco – ha concluso Attilio Fontana – la Lombardia, come sempre, si assumerà le proprie responsabilità per il bene dei lombardi e del resto dell’Italia. Perché la nostra regione è motore trainante dell’intero Paese”.

Vino, Duca di Salaparuta: un documentario sul terroir culturale bagherese

Vino, Duca di Salaparuta: un documentario sul terroir culturale baghereseMilano, 25 giu. (askanews) – Un documentario celebra il terroir culturale della costa siciliana tra Bagheria, Aspra, Mongerbino e Casteldaccia. Prodotto dal Gruppo vitivinicolo Duca di Salaparuta, “La teoria dei contrasti” del regista Carlo Loforti, verrà proiettato in anteprima giovedì 27 giugno negli spazi di Villa Cattolica a Bagheria (Palermo), in occasione delle celebrazioni per i 200 anni di Duca di Salaparuta.


Renato Guttuso, Mimmo Pintacuda, Ignazio Buttitta, Ferdinando Scianna e Giuseppe Tornatore: “diverse generazioni a confronto che crescono, vivono e rappresentano il mondo di cui fanno parte, che insorge, riflette e si ribella”. Ville settecentesche e paesaggi costieri, giardini d’agrumi, sebbene intrappolati in un disordine urbanistico contemporaneo cresciuto a dismisura, stratificato nel tempo e nello spazio, continuano ad esercitare il loro potere immaginifico. È un unicum di vite vissute che, attraverso la pittura, la parola e la visione delle cose, ricostruisce, tra memoria necessaria e nuovi linguaggi, il giacimento di una terra fertilissima per arte e cultura. Il regista palermitano la fa rivivere attraverso le parole dello storico Rosario Lentini, dell’antropologo Ignazio Buttitta, dello scrittore e sceneggiatore Paolo Pintacuda, del regista Nico Bonomolo e dei pittori Michele Ducato, Alessandro Bazan, Arrigo Musti. Nel luogo dove tutto ha avuto inizio, Duca di Salaparuta, con questo documentario realizzato nell’ambito di un più ampio progetto enoculturale inaugurato in occasione dei suoi 200 anni, “recupera le radici, dona orizzonti inediti con un programma di valorizzazione a tu per tu con l’arte, la cultura, la vita delle persone”. “Duca di Salaparuta è profondamente legata a Bagheria, lo è sempre stata” afferma Roberto Magnisi, direttore delle Cantine del Gruppo siciliano, spiegando che “‘La teoria dei contrasti’ approfondisce con lucidità visionaria gli intrecci materiali e immateriali di un terroir culturale che non smette di dare nuovi frutti e nuovi spunti, chiamando tutti a coglierne la proiezione verso le nuove generazioni”.


Il documentario è patrocinato dal Comune di Bagheria e dal Comune di Casteldaccia, è stato realizzato dalla casa di produzione Just Maria. La presentazione del documentario vedrà il contributo iniziale di Giuseppe Prode che, dopo la proiezione, darà vita ad un talk con i protagonisti.

Le famiglie delle vittime del 7 ottobre denunciano l’Unrwa: “Aiuti ad Hamas”

Le famiglie delle vittime del 7 ottobre denunciano l’Unrwa: “Aiuti ad Hamas”Roma, 25 giu. (askanews) – Le famiglie delle persone uccise durante l’attacco di Hamas in Israele il 7 ottobre hanno presentato ieri una denuncia contro l’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, accusandola di aver contribuito a questo massacro senza precedenti, secondo i documenti giudiziari visionati dall’Afp. Considerata da decenni essenziale per gli aiuti umanitari ai palestinesi, l’Unrwa è in crisi da quando Israele ha accusato 12 dei suoi dipendenti di essere coinvolti in questo attacco.


Un rapporto di esperti condotto dall’ex ministro degli Esteri francese Catherine Colonna ha concluso ad aprile che esiste un problema con la “neutralità” politica dell’agenzia, ma che Israele non ha fornito “prove” sufficienti a sostegno delle sue accuse. Queste accuse avevano spinto diversi paesi, tra cui l’Italia, a congelare i finanziamenti all’agenzia. Il governo di Roma ha poi deciso di riprenderli, dopo la conclusione dell’inchiesta guidata da Colonna. “L’Unrwa (…) ha trascorso più di un decennio prima dell’attacco del 7 ottobre aiutando Hamas a creare la (sua) infrastruttura terroristica”, accusano le famiglie delle vittime secondo i documenti del tribunale. I ricorrenti ritengono che l’agenzia “abbia consapevolmente fornito ad Hamas dollari americani in contanti necessari per pagare i trafficanti di armi, esplosivi e altro materiale terroristico”. La denuncia è stata depositata a New York, sede delle Nazioni Unite e luogo in cui l’Unrwa utilizza i servizi bancari, secondo gli stessi documenti del tribunale. Contattata dall’Afp, l’Unrwa non ha reagito immediatamente. Il direttore dell’agenzia, Philippe Lazzarini, invita regolarmente Israele a fermare la sua “campagna violenta” contro l’Unrwa. “Almeno 192 dipendenti sono stati uccisi a Gaza. Più di 170 installazioni dell’Unrwa sono state danneggiate o distrutte”, ha denunciato in un articolo pubblicato alla fine di maggio sul New York Times.

Ex Ilva, la Corte Ue: no a proroga dell’attività se presenta rischi gravi alla salute

Ex Ilva, la Corte Ue: no a proroga dell’attività se presenta rischi gravi alla saluteBruxelles, 25 giu. (askanews) – Se presenta pericoli gravi e rilevanti per l’ambiente e per la salute umana, l’attività dell’acciaieria ex Ilva di Taranto dovrà essere sospesa, e la valutazione in merito spetta ora al Tribunale di Milano, presso cui molti cittadini di Taranto hanno presentato ricorso per tutelare la propria salute.


Lo stabilisce la sentenza emessa oggi a Lussemburgo dalla Corte europea di Giustizia nella causa denominata C-626/22 sull’ex Ilva, che contraddice in modo netto le decisioni prese da diversi governi italiani successivi a partire dal 2012, che hanno prorogato le scadenze per attuare le misure di protezione dell’ambiente e della salute che erano poste come condizioni per proseguire l’attività dell’acciaieria. La sentenza, si legge in un comunicato della Corte, sottolinea che “in caso di pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute umana, il termine per applicare le misure di protezione previste dall’autorizzazione all’esercizio non può essere prorogato ripetutamente e l’esercizio dell’installazione deve essere sospeso”.


Inoltre, la Corte Ue ricorda che “in caso di violazione delle condizioni di autorizzazione all’esercizio dell’installazione, il gestore deve adottare immediatamente le misure necessarie per garantire il ripristino della conformità della sua installazione a tali condizioni nel più breve tempo possibile”. In tutta evidenza, non è quello che è successo con l’ex Ilva. Varie misure per la riduzione degli effetti dannosi sull’ambiente e sulla salute causati dagli impianti dell’acciaieria sono state previste sin dal 2012, ma i termini stabiliti per la loro attuazione sono stati ripetutamente differiti.


“Nonostante fosse stato posto in amministrazione controllata nel 2012, lo stabilimento – ricorda la Corte Ue – è stato autorizzato, in base a particolari norme di deroga, a proseguire la propria attività produttiva per un periodo di 36 mesi a condizione del rispetto di un piano di misure ambientali e sanitarie. Il termine per l’attuazione di questo piano è stato poi posticipato più volte, per un periodo complessivo di diversi anni, nonostante l’attività in questione presentasse pericoli gravi e significativi per l’integrità dell’ambiente e la salute delle popolazioni limitrofe”. Inoltre, nota la Corte, la normativa applicata dall’Italia “non subordina il rilascio o la revisione dell’autorizzazione all’esercizio industriale alla valutazione preventiva degli impatti dell’impianto sulla salute umana”. In questo contesto, circa 300.000 abitanti del comune di Taranto e di comuni limitrofi hanno agito in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano contro il proseguimento dell’esercizio dell’acciaieria, sostenendo che le sue emissioni nuocciono alla loro salute e che l’installazione non è conforme ai requisiti della direttiva Ue relativa alle emissioni industriali (Direttiva 2010/75/Ue del 24 novembre 2010).


Il Tribunale di Milano ha adito quindi la Corte europea di Giustizia, chiedendo se la normativa italiana e le norme derogatorie speciali applicabili all’acciaieria Ilva, al fine di garantirne la continuità, non siano in contrasto con la direttiva sulle emissioni industriali. La sentenza di oggi sottolinea anzitutto lo stretto collegamento tra la protezione dell’ambiente e quella della salute umana, che costituiscono obiettivi chiave del diritto comunitario, garantiti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Mentre secondo il governo italiano la direttiva non farebbe alcun riferimento alla valutazione del danno sanitario, la Corte Ue puntualizza che la nozione di “inquinamento”, ai sensi della direttiva sulle emissioni industriali, include sia i danni all’ambiente che quelli alla salute umana. La previa valutazione dell’impatto dell’attività di un’installazione come l’acciaieria Ilva di Taranto “deve quindi costituire un atto interno ai procedimenti di rilascio e riesame dell’autorizzazione all’esercizio previsti dalla direttiva”. Inoltre, secondo quanto ha sottolineato il Tribunale di Milano, le norme speciali applicabili all’acciaieria Ilva hanno consentito di rilasciarle un’autorizzazione ambientale, e di riesaminarla successivamente, senza considerare alcune sostanze inquinanti e i loro effetti nocivi sulla popolazione circostante. Su questo punto, la Corte Ue rileva che il gestore di un’installazione deve fornire, nella sua domanda di autorizzazione iniziale, informazioni relative al tipo, all’entità e al potenziale effetto negativo delle emissioni che possono essere prodotte dall’attività dell’impianto. Solo le sostanze inquinanti che si ritiene abbiano un effetto trascurabile sulla salute umana e sull’ambiente possono non essere assoggettate al rispetto dei valori limite di emissione nell’autorizzazione all’esercizio. La Corte Ue afferma quindi che, contrariamente a quanto sostenuto dall’Ilva e dal governo italiano, il procedimento di riesame non può limitarsi a fissare valori limite per le sostanze inquinanti la cui emissione era prevedibile. Occorre tener conto anche delle emissioni effettivamente generate dall’installazione nel corso del suo esercizio e relative ad altre sostanze inquinanti. Varie valutazioni del danno sanitario redatte negli anni 2017, 2018 e 2021, ricorda il comunicato della Corte Ue, attestano una relazione causale tra i danni alla salute dei residenti nell’area di Taranto e le emissioni dell’acciaieria Ilva, specie con riferimento alle polveri sottili PM10 e all’anidride solforosa (SO2) di origine industriale. Sono stati rilevati anche altri inquinanti connessi all’attività dell’acciaieria, quali il rame, il mercurio e il naftalene, nonché le polveri sottili PM2,5 e PM10. Nel 2019, la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo (che non è legata all’Ue, ma veglia sull’applicazione della Convenzione sui Diritti dell’Uomo del Consiglio d’Europa), aveva accertato che l’acciaieria di Taranto provocava significativi effetti dannosi sull’ambiente e sulla salute degli abitanti della zona. In un rapporto del gennaio 2022 del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, infine, Taranto è stata inserita tra le “zone di sacrificio”, aree caratterizzate da livelli estremi di inquinamento e di contaminazione da sostanze tossiche, nelle quali le popolazioni vulnerabili ed emarginate subiscono molto più delle altre le conseguenze dell’esposizione alle sostanze pericolose per la salute e per l’ambiente e le violazioni dei diritti umani.

Ex Ilva, Corte Ue: no a proroga attività se rischi gravi salute

Ex Ilva, Corte Ue: no a proroga attività se rischi gravi saluteBruxelles, 25 giu. (askanews) – Se presenta pericoli gravi e rilevanti per l’ambiente e per la salute umana, l’attività dell’acciaieria ex Ilva di Taranto dovrà essere sospesa, e la valutazione in merito spetta ora al Tribunale di Milano, presso cui molti cittadini di Taranto hanno presentato ricorso per tutelare la propria salute.


Lo stabilisce la sentenza emessa oggi a Lussemburgo dalla Corte europea di Giustizia nella causa denominata C-626/22 sull’ex Ilva, che contraddice in modo netto le decisioni prese da diversi governi italiani successivi a partire dal 2012, che hanno prorogato le scadenze per attuare le misure di protezione dell’ambiente e della salute che erano poste come condizioni per proseguire l’attività dell’acciaieria. La sentenza, si legge in un comunicato della Corte, sottolinea che “in caso di pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute umana, il termine per applicare le misure di protezione previste dall’autorizzazione all’esercizio non può essere prorogato ripetutamente e l’esercizio dell’installazione deve essere sospeso”.


Inoltre, la Corte Ue ricorda che “in caso di violazione delle condizioni di autorizzazione all’esercizio dell’installazione, il gestore deve adottare immediatamente le misure necessarie per garantire il ripristino della conformità della sua installazione a tali condizioni nel più breve tempo possibile”. In tutta evidenza, non è quello che è successo con l’ex Ilva. Varie misure per la riduzione degli effetti dannosi sull’ambiente e sulla salute causati dagli impianti dell’acciaieria sono state previste sin dal 2012, ma i termini stabiliti per la loro attuazione sono stati ripetutamente differiti.


“Nonostante fosse stato posto in amministrazione controllata nel 2012, lo stabilimento – ricorda la Corte Ue – è stato autorizzato, in base a particolari norme di deroga, a proseguire la propria attività produttiva per un periodo di 36 mesi a condizione del rispetto di un piano di misure ambientali e sanitarie. Il termine per l’attuazione di questo piano è stato poi posticipato più volte, per un periodo complessivo di diversi anni, nonostante l’attività in questione presentasse pericoli gravi e significativi per l’integrità dell’ambiente e la salute delle popolazioni limitrofe”. Inoltre, nota la Corte, la normativa applicata dall’Italia “non subordina il rilascio o la revisione dell’autorizzazione all’esercizio industriale alla valutazione preventiva degli impatti dell’impianto sulla salute umana”. In questo contesto, circa 300.000 abitanti del comune di Taranto e di comuni limitrofi hanno agito in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano contro il proseguimento dell’esercizio dell’acciaieria, sostenendo che le sue emissioni nuocciono alla loro salute e che l’installazione non è conforme ai requisiti della direttiva Ue relativa alle emissioni industriali (Direttiva 2010/75/Ue del 24 novembre 2010).


Il Tribunale di Milano ha adito quindi la Corte europea di Giustizia, chiedendo se la normativa italiana e le norme derogatorie speciali applicabili all’acciaieria Ilva, al fine di garantirne la continuità, non siano in contrasto con la direttiva sulle emissioni industriali. La sentenza di oggi sottolinea anzitutto lo stretto collegamento tra la protezione dell’ambiente e quella della salute umana, che costituiscono obiettivi chiave del diritto comunitario, garantiti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Mentre secondo il governo italiano la direttiva non farebbe alcun riferimento alla valutazione del danno sanitario, la Corte Ue puntualizza che la nozione di “inquinamento”, ai sensi della direttiva sulle emissioni industriali, include sia i danni all’ambiente che quelli alla salute umana. La previa valutazione dell’impatto dell’attività di un’installazione come l’acciaieria Ilva di Taranto “deve quindi costituire un atto interno ai procedimenti di rilascio e riesame dell’autorizzazione all’esercizio previsti dalla direttiva”. Inoltre, secondo quanto ha sottolineato il Tribunale di Milano, le norme speciali applicabili all’acciaieria Ilva hanno consentito di rilasciarle un’autorizzazione ambientale, e di riesaminarla successivamente, senza considerare alcune sostanze inquinanti e i loro effetti nocivi sulla popolazione circostante. Su questo punto, la Corte Ue rileva che il gestore di un’installazione deve fornire, nella sua domanda di autorizzazione iniziale, informazioni relative al tipo, all’entità e al potenziale effetto negativo delle emissioni che possono essere prodotte dall’attività dell’impianto. Solo le sostanze inquinanti che si ritiene abbiano un effetto trascurabile sulla salute umana e sull’ambiente possono non essere assoggettate al rispetto dei valori limite di emissione nell’autorizzazione all’esercizio. La Corte Ue afferma quindi che, contrariamente a quanto sostenuto dall’Ilva e dal governo italiano, il procedimento di riesame non può limitarsi a fissare valori limite per le sostanze inquinanti la cui emissione era prevedibile. Occorre tener conto anche delle emissioni effettivamente generate dall’installazione nel corso del suo esercizio e relative ad altre sostanze inquinanti. Varie valutazioni del danno sanitario redatte negli anni 2017, 2018 e 2021, ricorda il comunicato della Corte Ue, attestano una relazione causale tra i danni alla salute dei residenti nell’area di Taranto e le emissioni dell’acciaieria Ilva, specie con riferimento alle polveri sottili PM10 e all’anidride solforosa (SO2) di origine industriale. Sono stati rilevati anche altri inquinanti connessi all’attività dell’acciaieria, quali il rame, il mercurio e il naftalene, nonché le polveri sottili PM2,5 e PM10. Nel 2019, la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo (che non è legata all’Ue, ma veglia sull’applicazione della Convenzione sui Diritti dell’Uomo del Consiglio d’Europa), aveva accertato che l’acciaieria di Taranto provocava significativi effetti dannosi sull’ambiente e sulla salute degli abitanti della zona. In un rapporto del gennaio 2022 del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, infine, Taranto è stata inserita tra le “zone di sacrificio”, aree caratterizzate da livelli estremi di inquinamento e di contaminazione da sostanze tossiche, nelle quali le popolazioni vulnerabili ed emarginate subiscono molto più delle altre le conseguenze dell’esposizione alle sostanze pericolose per la salute e per l’ambiente e le violazioni dei diritti umani.

RElazione al Parlamento: 70mila giovanissimi (2,8%) usano la cannabis ogni giorno

RElazione al Parlamento: 70mila giovanissimi (2,8%) usano la cannabis ogni giornoRoma, 25 giu. (askanews) – “Pur presentando per la prima volta dalla pandemia una flessione, i prodotti della cannabis restano quelli a maggior impatto sia per quanto riguarda la diffusione sui territori sia relativamente allo sforzo legato al contrasto. La cannabis e i suoi derivati continuano a essere le sostanze largamente più diffuse tra i giovanissimi. Nel 2023, almeno una volta nell’anno ne hanno fatto uso 550mila ragazzi tra i 15 e i 19 anni, pari al 22% dell’intera popolazione studentesca, e 70mila giovanissimi (2,8%) hanno riferito di farne un uso pressoché quotidiano (20 o più volte nel mese)”. É quanto emerge dalla Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia 2024, presentata oggi.

Spagnola Incapto lancia in Italia specialty coffee a bassa acidità

Spagnola Incapto lancia in Italia specialty coffee a bassa aciditàRoma, 25 giu. (askanews) – Uno specialty cofee a bassa acidità. La startup spagnola Incapto, che quest’anno spegne la sua quarta candelina, punta sul cold brew e lancia anche in Italia una miscela a base di caffè macinato con una percentuale del 20% più elevata di caffeina e sottoposta a un processo di estrazione a freddo che ne riduce l’acidità.


Secondo il rapporto di Zenith Global, negli ultimi 10 anni la vendita di caffè freddo è aumentata del 23% a livello globale e, seppure l’Italia continui a prediligere l’espresso, anche nel nostro Paese si sta affermando il consumo di questa versione. Come riporta una recente indagine effettuata da YouGov, inoltre, il 9% degli italiani consuma caffè freddo regolarmente e questa bevanda rientra tra le 10 più consumate al caffè. Incapto è anche attenta alla sostenibilità: l’obiettivo della società è liberare il caffè dalle capsule e dalla sua fondazione è riuscita a risparmiare 33 milioni di capsule, riducendo di oltre 174 tonnellate la produzione di rifiuti globali e coinvolgendo nella “rivoluzione del buon caffè” circa 30mila persone.


Quanto al caffè freddo, l’Italia è già ricca di tradizioni: quello shakerato, con ghiaccio, il leccese con latte di mandorla, la granita siciliana, il granito amalfitano e la crema di caffè.