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Autore: Redazione StudioNews

Milano, inaugurato il nuovo “parco 8 marzo” a Porta Vittoria

Milano, inaugurato il nuovo “parco 8 marzo” a Porta VittoriaMilano, 8 mar. (askanews) – Apre alla città il nuovo “Parco 8 Marzo”, inserito nell’asse di verde attrezzato che dallo storico Parco Formentano in largo Marinai d’Italia si sviluppa a est fino a oltre viale Mugello e comprende l’area dove è previsto venga realizzata la Nuova Biblioteca Europea di Informazione e Cultura. Avanza così il processo di rinascita del quartiere di Porta Vittoria che, con la riattivazione delle funzioni urbane e l’attuazione della Beic, proseguirà anche grazie alla rigenerazione dell’Ex Macello e del complesso dei Mercati Generali.
All’inaugurazione, avvenuta oggi, hanno preso parte il Sindaco di Milano Giuseppe Sala, Laura Gatti, progettista architettonica, paesaggistica e agronomica, Riccardo Serrini, amministratore delegato del Gruppo Prelios che con Prelios Sgr è soggetto attuatore per conto del Fondo Niche, e l’attrice Elisabetta Vergani, che ha letto due testi della poetessa Antonia Pozzi. Presenti anche gli assessori Elena Grandi (Verde), Tommaso Sacchi (Cultura), Giancarlo Tancredi (Rigenerazione urbana) e la delegata del Comune alle Pari opportunità di genere Elena Lattuada. Nel corso della cerimonia è stata svelata la targa di intitolazione, che vuole essere una dedica a tutte le donne.
“Quest’area, per anni una ferita nel territorio milanese, viene finalmente restituita alla città arricchita di un importante spazio verde, un parco su cui affaccerà un altro nuovo intervento urbano, la Biblioteca Europea di Informazione e Cultura – commenta il sindaco Giuseppe Sala -. Nonostante le difficoltà del momento, quindi, i progetti di rigenerazione, ricucitura e abbellimento non si fermano, nell’ottica di una città vivace, dinamica e capace di offrire ai suoi abitanti una sempre migliore qualità della vita”.
In una superficie complessiva di circa 28mila mq, sono stati piantati 400 alberi di diverse specie che si aggiungono alla quercia spontanea già presente, quasi 2.500 rose e oltre 4.800 arbusti da fiore e sempreverdi. Colombo Costruzioni ha agito quale general contractor nella realizzazione del Parco. L’idea di progetto è quella di uno slowpark, ossia un parco che inviti alla lentezza e favorisca la temporanea astrazione dalla frenesia cittadina. Non quindi un parco tradizionale, altamente infrastrutturato, bensì un luogo pensato per la libera fruizione dello spazio aperto dove i percorsi sono suggeriti ma non prestabiliti.
L’area lettura restituisce l’immagine di una grande tastiera di computer dove i tasti divengono maxi sedute su cui ritrovarsi, lasciare, prendere e godersi i libri. Nell’area nord-est del Parco, ci sono poi i Green cubes: con misure variabili e contornati da ‘pareti’ formate da vegetazione in blocchi monospecifici di altezza diversa, sono pensati per ospitare svariate funzioni ed attività o installazioni artistiche, performance ed eventi. L’area giochi, situata al centro in una zona in rilievo, è lambita dai percorsi principali ma protetta da flussi di attraversamento. Un’unica struttura inclusiva, adatta a tutti i bambini e le bambine in età scolare, contiene scivoli e reti di arrampicata.

Intelligence Usa: Cina minaccia competitività tecnologica Occidente

Intelligence Usa: Cina minaccia competitività tecnologica OccidenteRoma, 8 mar. (askanews) – La Cina è centrale nelle catene di approvvigionamento tecnologico globale e, quindi, rappresenta la “principale minaccia per la competitività tecnologica” degli Stati uniti e dell’Occidente. Lo sostiene il rapporto annuale di valutazione delle minacce redatto dalla comunità d’intelligence Usa e diffuso oggi dall’Ufficio del Direttore dell’Intelligence nazionale americana.
Pechino “rimarrà la principale minaccia per la competitività tecnologica degli Stati Uniti, poiché ha nel mirino in settori chiave delle tecnologie commerciali e militare proprietaria di società e istituzioni statunitensi e alleate. Il governo cinese sta raddoppiando gli sforzi per promuovere l’innovazione locale e diventare autosufficiente”, secondo quanto afferma la valutazione.
“La Cina utilizza l’accesso al suo vasto mercato e il controllo sulle catene di approvvigionamento critiche come strumenti per forzare società estere e costringere i paesi stranieri a consentire il trasferimento di tecnologie e proprietà intellettuali”, continua il rapporto.
“Pechino è fondamentale per le catene di approvvigionamento globali in una vasta gamma di settori tecnologici, tra cui semiconduttori, minerali critici, batterie, pannelli solari e prodotti farmaceutici”, afferma ancora la comunità d’intelligence, ricordando che in un discorso dell’aprile 2020 il presidente cinese Xi Jinping ha dato conto della sua intenzione di aumentare la centralità dalla Cina nelle catene di approvvigionamento chiave, in modo da essere in grado di “utilizzare tale dipendenza nella catena di approvvigionamento per minacciare e tagliare fuori i paesi stranieri durante una crisi”.
Il dominio della Cina in questi mercati – scrivono ancora i servizi americani – “potrebbe rappresentare un rischio significativo per i settori manifatturiero e di consumo degli Stati uniti e dell’Occidente, se il governo cinese fosse in grado di sfruttare abilmente il proprio dominio per ottenere vantaggi politici o economici”.

Eso, con Alma tracciate le origini dell’acqua nel Sistema solare

Eso, con Alma tracciate le origini dell’acqua nel Sistema solareRoma, 8 mar. (askanews) – Alcuni astronomi, utilizzando ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array), hanno rilevato acqua in forma gassosa nel disco di formazione planetaria intorno alla stella V883 Orionis. Quest’acqua porta una firma chimica che ne traccia il viaggio dalle nubi di gas che formano stelle fino ai pianeti e dà supporto all’idea che l’acqua sulla Terra sia persino più antica del Sole.
“Oggi possiamo tracciare le origini dell’acqua nel Sistema Solare fino a prima della formazione del Sole”, afferma John J. Tobin, astronomo del National Radio Astronomy Observatory, USA e autore principale dello studio pubblicato oggi su Nature. La scoperta è stata realizzata studiando la composizione dell’acqua in V883 Orionis, un disco di formazione planetaria a circa 1300 anni luce dalla Terra. Quando una nube di gas e polvere collassa, forma una stella al centro. Intorno alla stella, il materiale della nube forma anche un disco. Nel corso di pochi milioni di anni, la materia nel disco si aggrega a formare comete, asteroidi e infine pianeti. Tobin e il suo gruppo – informa l’ESO – hanno usato ALMA, di cui l’Osservatorio Europeo Australe è partner, per misurare le firme chimiche dell’acqua e il suo percorso dalla nube di formazione stellare ai pianeti.
L’acqua di solito è formata da un atomo di ossigeno e due atomi di idrogeno. Il gruppo di Tobin ha studiato una versione leggermente più pesante dell’acqua in cui uno degli atomi di idrogeno viene sostituito con il deuterio, un isotopo pesante dell’idrogeno. Poiché l’acqua semplice e quella pesante si formano in condizioni diverse, il loro rapporto può essere utilizzato per tracciare quando e dove l’acqua si è formata. Per esempio, è stato dimostrato che in alcune comete del Sistema Solare questo rapporto è simile a quello dell’acqua sulla Terra, suggerendo che le comete potrebbero aver fornito acqua alla Terra.
Il viaggio dell’acqua, prima dalle nubi alle giovani stelle e poi dalle comete ai pianeti, è già stato osservato in precedenza, ma finora mancava il collegamento tra le giovani stelle e le comete. “V883 Orionis è l’anello mancante in questo caso”, afferma Tobin. “La composizione dell’acqua nel disco è molto simile a quella delle comete nel Sistema Solare. Questa è la conferma dell’idea che l’acqua nei sistemi planetari si sia formata miliardi di anni fa, prima del Sole, nello spazio interstellare, e sia stata ereditata sia dalle comete che dalla Terra, relativamente immutata”.
Ma osservare l’acqua si è rivelato complicato. “La maggior parte dell’acqua nei dischi che formano i pianeti è congelata, sotto forma di ghiaccio, quindi di solito è nascosta alla nostra vista”, afferma la coautrice Margot Leemker, una studentessa di dottorato presso l’Osservatorio di Leida nei Paesi Bassi. L’acqua sotto forma gassosa (vapor acqueo) può essere rilevata grazie alla radiazione emessa dalle molecole mentre ruotano e vibrano, ma questo è più complicato quando l’acqua è ghiacciata e il movimento delle molecole è più limitato. L’acqua gassosa si trova verso il centro dei dischi, vicino alla stella, dove fa più caldo. Tuttavia, queste regioni interne sono nascoste dallo stesso disco di polvere e sono anche troppo piccole per essere riprese con i nostri telescopi. Fortunatamente, in un recente studio è stato dimostrato che il disco di V883 Orionis è insolitamente caldo. Una intensa emissione di energia dalla stella riscalda il disco, “fino a una temperatura in cui l’acqua non è più sotto forma di ghiaccio, ma di gas, permettendoci di rilevarla”, dice Tobin.
Il gruppo di lavoro ha utilizzato ALMA, una schiera di radiotelescopi nel nord del Cile, per osservare l’acqua gassosa in V883 Orionis. Grazie alla sensibilità e capacità di discernere piccoli dettagli dello strumento hanno potuto rilevare l’acqua e determinarne la composizione e inoltre mapparne la distribuzione all’interno del disco. Dalle osservazioni, hanno scoperto che questo disco contiene almeno 1200 volte la quantità di acqua presente in tutti gli oceani della Terra.
In futuro, gli autori sperano di utilizzare il futuro telescopio ELT (Extremely Large Telescope) dell’ESO con lo strumento di prima generazione METIS. Questo strumento nel medio infrarosso sarà in grado di risolvere la fase gassosa dell’acqua nei dischi di questo tipo, rafforzando i vari collegamenti che permetteno il percorso dell’acqua dalle nubi di formazione stellare ai sistemi stellari e planetari. “Così avremo una visione molto più completa del ghiaccio e del gas nei dischi che formano i pianeti”, conclude Leemker.

Vino, nasce il progetto “Gli Svitati”: gli ambasciatori del tappo a vite

Vino, nasce il progetto “Gli Svitati”: gli ambasciatori del tappo a viteMilano, 8 mar. (askanews) – Nasce il progetto “Gli Svitati”, gruppo fondato da cinque storici, vignaioli italiani del calibro del piemontese Walter Massa, del friulano Silvio Jermann, del veneto Graziano Prà, del trentino Mario Pojer e degli altoatesini Franz Haas Jr e Maria Luisa Manna, figlio e moglie di Franz Haas, scomparso l’anno scorso. Insomma uno spaccato del meglio della nostra enologia che si è messo insieme per promuovere la chiusura delle bottiglie di vino con il tappo a vite, da anni una loro sfrontata caratteristica.
Cinque amici, cinque ragazzi degli anni Cinquanta, che si sono messi insieme per dire che essere “svitati” oggi non significa essere né dei matti, né dei visionari e nemmeno dei rivoluzionari come furono allora ma, al contrario, persone con i piedi ben piantati nel vigneto, forti di una storia avvi(t)ata da diversi decenni e di dati scientifici “incontestabili”. Il loro punto di partenza è molto semplice: il sughero non è un materiale né inerte né neutro e, nonostante i grandi miglioramenti degli ultimi anni, non garantisce il perfetto mantenimento delle qualità organolettiche del vino cercate in vigna e valorizzate in cantina, la corretta evoluzione nel tempo e l’omogeneità qualitativa in tutte le bottiglie. A differenza di quanto accade invece con il tappo a vite, che a una sessantina d’anni dalla sua nascita è diventato complice e fidato alleato del vignaiolo che ama far invecchiare i suoi vini.
Un dato difficile da contestare, come dimostrano diverse ricerche internazionali che a Villa Sorio di Gambellara, nel Vicentino, dove “Gli Svitati” si sono presentati alla stampa, sono state illustrate con grande perizia da Fulvio Mattivi, già ordinario di Chimica degli alimenti all’Università di Trento e collaboratore della Fondazione Edmund Mach. “A distanza di anni, il vino sia bianco che rosso in tutte le bottiglie con il tappo a vite – ha chiosato Mattivi – aveva un colore ancora brillante e presentava delle caratteristiche organolettiche ideali, uguali a quello delle migliori bottiglie chiuse con il sughero”. Ribaltando il concetto, si può dire che in assenza di difetti il tappo tradizinale dà lo stesso ottimo risultato del tappo a vite, che ha il vantaggio di avere “una permeabilità all’ossigeno molto più bassa ma costante e regolabile a seconda del rivestimento utilizzato al suo interno”. “Ma soprattutto garantisce di non trasmettere al vino né odori, né sapori – ha evidenziato Jermann che con il tappo a vite chiude anche il suo famosissimo “Vintage Tunina” – né tantomeno rischia di ingessarlo grazie ad un’evoluzione lenta ma costante”.
Da anni nessuno dei vignaioli di cui sopra ha più problemi a vendere i suoi vini, ma va detto che si tratta di produttori affermati e autorevoli, e che la stragrande maggioranza delle loro bottiglie prende la via dell’estero. Perché è inutile negare che, soprattutto in Italia, il pregiudizio e lo stigma verso la sofisticata e tecnologica capsula di alluminio è dura a morire. Il sughero naturale (molto meno il suo clone sintetico) è ancora associato al vino di qualità “da enoteca”, mentre il suo “moderno” rivale al vino di fascia economica in vendita al discount. Poi c’è il rituale dell’apertura, condito dall’immaginario del sommelier che, dopo aver sfilato il “verme”, porta il tappo al naso per decifrare eventuali disastri avvenuti in bottiglia: cerimoniali tradizionali ed evocativi spazzati via da una chiusura oggettivamente più prosaica ma “molto più efficace e sicura”.
Dire quindi che in Italia si va verso una generazione senza cavatappi è al momento azzardato, ma i segnali vanno lentamente in questa direzione se si pensa che nel 2020 in Italia il 20% delle bottiglie di vino (304 milioni) sono state chiuse così e che nell’altrettanta tradizionalista Europa Occidentale la quota è arrivata al 34%. Ancora più evidente se si guarda al dato mondiale, dove (sempre secondo Stelvin e Guala Closures, i maggiori player sul mercato) oggi quasi quattro bottiglie su dieci sono imbottigliate con i tappi a vite (+9% sul 2015). Si parla di trenta miliardi di chiusure per il vino fermo e frizzante vendute principalmente in Australia e Nuova Zelanda (dove sono il 77% del mercato locale), nell’Asia Pacifico (il 54%) e nel Nord America (il 42%). E poi c’è il tema della sostenibilità (l’alluminio è completamente riciclabile) che potrebbe aiutare a convincere le nuove generazioni di consumatori consapevoli.
Insomma segnali incoraggianti per gli “Svitati” che da anni, ognuno nella sua cantina, cercano di ribaltare la narrazione che vuole il tappo a vite esclusivo appannaggio dei vini bianchi di pronta e facile beva. Lo fanno imbottigliando anche i rossi importanti e i loro cru più noti, le loro strepitose punte di diamante che sul mercato si collocano nelle fasce di prezzo “premium” e “super premium”. Ci mettono insomma il loro vino, e cioè la loro faccia, ma soprattutto sottolineano il patto stipulato con i loro clienti che devono poter bere sempre il vino che hanno comprato, senza trovare bottiglie diverse e che rischiano di sapere di tappo o sono state rovinate da muffe, batteri, ossidazioni e via dicendo. “Il vino è una cosa seria, è la visione del vignaiolo che lo produce – ha sintetizzato Massa da Monleale, padre del Timorasso – e se non è buono deve essere per colpa mia e non per il tappo”.
Massa, Jermann, Prà, Pojer e Haas al momento non pensano di costituirsi in associazione (il che non esclude avere una sede), puntando piuttosto ad un movimento: vignaioli agitatori e aggregatori di altri produttori che guardano lontano. Svitati appunto ma, una volta di più, concreti come solo l’avanguardia sa essere.

Btp Italia: raccolta retail boom a quota 8,56 miliardi

Btp Italia: raccolta retail boom a quota 8,56 miliardiMilano, 8 mar. (askanews) – Raccolta boom per la diciannovesima emissione del Btp Italia che, al termine della terza e ultima giornata riservata agli investitori retail, raggiunge quota 8,56 miliardi di euro. Lo si apprende da fonti finanziarie. Nella giornata odierna sono giunte richieste per circa 1,99 miliardi, che si aggiungono ai circa 6,55 miliardi di domande arrivate nei due giorni precedenti.
Le adesioni sono ampiamente superiori ai 7,28 miliardi segnati nella fase retail in occasione della precedente emissione di novembre scorso (la domanda complessiva sfiorò poi i 12 miliardi). Domani mattina il collocamento sarà riservato agli investitori istituzionali.
Il titolo, con godimento 14 marzo 2023 e scadenza 14 marzo 2028, è un Btp indicizzato al tasso di inflazione italiana, con cedole corrisposte ogni sei mesi insieme alla rivalutazione del capitale per effetto dell’inflazione dello stesso semestre. Per gli investitori retail che hanno sottoscritto il titolo in questa fase, e lo deterranno fino a scadenza, è previsto un premio fedeltà pari allo 0,8% del capitale investito. La cedola annua minima è fissata al 2%, la cedola definitiva sarà stabilita all’apertura della quarta giornata di emissione, giovedì 9 marzo.
Intesa Sanpaolo e UniCredit sono i dealer dell’operazione, Banca Akros e Crédit Agricole Corp.Inv. Bank co-dealer.

Migranti, Emiliano: tragedia Cutro assolutamente evitabile

Migranti, Emiliano: tragedia Cutro assolutamente evitabileRoma, 8 mar. (askanews) – “Stiamo vivendo questa tragedia avvenuta a Cutro, una tragedia assolutamente evitabile e vorrei dedicare questa giornata a tutte le donne che erano su quella barca, ai loro bambini, a tutte le donne che in questo momento combattono per i loro diritti in ogni parte del mondo e sono costrette da una cultura patriarcale a sopportare l’insopportabile e mi chiedo quanto ancora il mondo civile avrà pazienza nei confronti di tutti quelli che costringono le donne in ruoli inaccettabili, a partire anche dalla nostra società che deve fare un grande salto di qualità”. Lo ha detto il presidente della Regione Puglia, a margine della presentazione del programma generale del Bifest 2023, Bari International Film-Tv Festival, che si terrà dal 24 marzo al 1° aprile.
“Quindi questa giornata del Bifest non si guarda l’ombelico, ma guarda un orizzonte larghissimo che cerca di dare alla Puglia quel respiro, quella civiltà e quella dolcezza che alle volte è più importante di qualunque altra cosa”, ha aggiunto.

Felicetti, la pasta che ha vinto la sfida (e un posto) nell’alta cucina

Felicetti, la pasta che ha vinto la sfida (e un posto) nell’alta cucinaMolina di Femme, 8 mar. (askanews) – C’è stato un tempo, non molti anni fa, in cui la pasta secca non aveva posto nei menù dell’alta ristorazione italiana. Un po’ perché associata all’idea di una cucina semplice, casalinga, buona tutt’al più per le trattorie, un po’ perché “rischiosa” secondo l’esperienza degli stessi chef. Fatto sta che, salvo rare eccezioni, era quasi scomparsa. Ma da qualche anno a questa parte è tornata orgogliosamente a proporsi anche su queste tavole. E questo grazie al sodalizio coraggioso tra qualche cuoco e alcune aziende che hanno scommesso, studiato e insistito perché questo prodotto simbolo della nostra cultura alimentare tornasse a rappresentarci anche nelle cucine più blasonate.
Tra queste aziende pioniere c’è sicuramente il pastificio Felicetti, l’azienda trentina che con i suoi due stabilimenti, lo storico a Predazzo e il nuovo a Molina di Fiemme, produce ogni anno 30 milioni di chili di pasta, di cui il 55% finisce all’estero, per un fatturato complessivo al 2022 di 54 milioni di euro. L’ultimo impegno, in ordine di tempo, a favore della diffusione della pasta secca nell’alta ristorazione è stato quello con gli chef dell’associazione Ambasciatori del gusto che in occasione di Futura 2023, l’evento organizzato a Cavalese, hanno potuto visitare il nuovo pastificio e partecipare alla masterclass “”La pasta come ingrediente” curata da Alessandro Gilmozzi, chef ambassador di Pastificio Felicetti e presidente dell’associazione. Al centro di questo appuntamento proprio le nuove prospettive di utilizzo della pasta nelle cucine dell’alta ristorazione, un tema chiave per valorizzare al meglio il prodotto in sé e il territorio in cui nasce, come nel caso dei pastifici Felicetti immersi nella Val di Fiemme.
Ma come è stata possibile questa progressiva riscoperta della pasta secca nell’alta ristorazione? Di sicuro dietro ci sono l’innovazione e la ricerca su un prodotto estremamente semplice, fatto di due soli ingredienti, semola di grano duro e acqua. Qui in particolare, in questi due pastifici incorniciati dalle Dolomiti, ricerca e innovazione hanno assunto forme e sapori fino a quel momento inesplorati che consentono agli chef di sperimentare cotture e proposte innovative. Basti pensare che pastificio Felicetti gestisce oltre 40 tipi di materie prime differenti, sia per la varietà dei grani utilizzati (tutti di origine italiana a eccezione del Kamut da grano Khorasan che proviene dal nord America) sia per tipologie di macinazione differenti. La scelta stessa di produrre paste “monograno”, ottenute da semole biologiche monorigine coltivate su terreni ben precisi, nasce proprio dalla volontà di diversificare le tipologie di prodotto finale sia per utilizzo che per gusto. Ne risultano circa un centinaio di formati di pasta per 250 referenze.
L’innovazione e la ricerca però non hanno sacrificato l’artigianalità, anzi. Grazie a un impianto ad “alta intensità tecnologica” come quello di Molina di Fiemme, inaugurato meno di un anno fa, si sono capovolti gli schemi “adattando le macchine alle materie prime che utilizziamo” e lasciando il pastaio al centro del processo produttivo. “Abbiamo la più alta tecnologia disponibile per la pasta ma il pastaio resta fondamentale perché per noi l’artigianalità è sapere e conoscenza”, hanno spiegato durante la visita. E in effetti la manodopera è ridotta al minimo, ci lavorano solo 30 persone in questo pastificio (in tutto con quello di Predazzo i dipendenti sono 117) ma la maggior parte sono operatori specializzati che seguono e gestiscono il processo produttivo di 70mila chili di pasta al giorno, che raddoppiano di fatto la produzione dell’impianto di Predazzo.
L’idea di innovare un prodotto ad alto tasso di tradizionalità come la pasta sembrava di difficile immaginazione fino a non molti anni fa, ma osservando le linee di produzione di questo stabilimento, la maniacale cura con cui viene prodotta la pasta delle Dolomiti, ascoltando la meticolosità del processo di selezione delle materie prime, non solo si possono intravedere le potenzialità di questo prodotto ma si capisce come sia riuscito a prendersi la rivincita nell’alta ristorazione.

Intelligence Usa: Cina sta riorientando postura nucleare

Intelligence Usa: Cina sta riorientando postura nucleareRoma, 8 mar. (askanews) – La Cina “sta riorientando la sua postura nucleare” perché i suoi leader ritengono che “le loro attuali capacità siano insufficienti” rispetto alla modernizzazione dell’arsenale nucleare Usa e perché paventano la possibilità di uhn attacco preventivo americano. Lo afferma il rapporto annuale di valutazione delle minacce redatto dalla comunità d’intelligence Usa e diffuso oggi dall’Ufficio del Direttore dell’Intelligence nazionale americana.
“La Cina sta riorientando la sua postura nucleare nell’ambito rivalità strategica con gli Stati Uniti, perché i suoi leader hanno concluso che le loro attuali capacità sono insufficienti”, si legge nella relazione.
“Pechino teme che le tensioni bilaterali, la modernizzazione nucleare degli Stati Uniti e le avanzate capacità convenzionali del PLA (Esercito di liberazione del popolo cinese, ndr.) abbiano accresciuto la probabilità di un ‘first strike’ degli Stati Uniti” continua la valutazione d’intelligence.
La Cina, a questo punto, “non è interessata – secondo il rapporto – ad accordi che limitino i suoi piani e non accetterà negoziati che assicurino vantaggi statunitensi o russi. E’ probabile che la maggiore fiducia di Pechino nel suo deterrente nucleare rafforzi la sua determinazione e intensifichi i conflitti convenzionali” e al momento “sta costruendo centinaia di nuovi silos di missili balistici intercontinentali”.
Accanto all’arsenale nucleare, la Repubblica popolare continua anche a rafforzare decisamente le sue forze convenzionali. “Il governo cinese continuerà a perseguire il suo obiettivo di costruire un esercito di livello mondiale che gli consenta di cercare di proteggere quello che considera il suo territorio sovrano, tentare di stabilire la sua preminenza negli affari regionali e proiettare il potere a livello globale, compensando al contempo la percepita superiorità delle forze statunitensi”, valuta la relazione dell’intelligence di Washington.
Pechino sta lavorando “per raggiungere il suo obiettivo di mettere in campo un esercito entro il 2027 in grado di scoraggiare l’intervento degli Stati uniti” in un futuro conflitto con Taiwan, spiega ancora la relazione
La Marina e l’Aeronautica dell’PLA “sono già le più grandi della regione e continuano a mettere in campo piattaforme avanzate che migliorano la capacità della Cina di provare a stabilire la superiorità aerea e proiettare potenza oltre la prima catena di isole”, sostiene l’intelligence Usa. “I sistemi convenzionali a corto, medio e intermedio raggio della PLA Rocket Force (PLARF) probabilmente possono già mettere a rischio le forze e le basi statunitensi nella regione”.
Le forze cinesi “continueranno a perseguire la creazione di installazioni militari e di accordi di accesso nel tentativo di proiettare il potere e proteggere gli interessi della Cina all’estero”, mentre Pechino “sta facendo progressi discontinui verso la creazione di strutture militari all’estero, il PLA probabilmente continuerà a utilizzare approcci su misura per affrontare le sfide locali mentre cerca di migliorare le relazioni con i paesi disponibili e portare avanti i suoi obiettivi di presenza militare all’estero”, scrive ancora la comunità d’intelligence, precisando che “oltre a continuare a sviluppare la sua base esistente a Gibuti, secondo quanto riferito Pechino, sta perseguendo potenziali basi in Cambogia, Guinea equatoriale e Emirati arabi uniti”.

Sabato su La7 torna “Belli dentro Belli fuori”

Sabato su La7 torna “Belli dentro Belli fuori”

Prodotto dalla Me Production di Elio Bonsignore.

Roma, 8 mar. (askanews) – Sabato 11 marzo alle ore 11.00 circa su La7 torna in onda “Belli dentro Belli fuori” il programma di salute e benessere condotto da Alessia Ventura e dalla prestigiosa firma del Corriere della Sera Margherita De Bac.
Tanti gli esponenti illustri della medicina che ogni sabato si accomoderanno nell’elegante salotto del benessere con vista sulla Capitale ad iniziare dalla professoressa Laura Di Rienzo – docente di nutrizione clinica dell’Università di Roma Tor Vergata -con la quale si affronterà un tema molto dibattuto in questi giorni: alla luce della decisione della Commissione Europea di appoggiare la scelta dell’Irlanda di equiparare l’alcol al fumo di sigaretta, le chiederemo se il vino fa bene oppure no.
A seguire si parlerà di sport e benessere: gli italiani sostengono i grandi campioni, seguono lo sport a livello agonistico ma sono tra i più sedentari al mondo…Insieme al Dott. Donato Vassalli medico della nazionale italiana di rugby e reumatologo si cercherà di dare una spiegazione a questo fenomeno e capiremo come vincere la pigrizia con consigli pratici. Interessante anche il focus sulla colazione per iniziare al meglio la giornata e sulle proprietà delle acqua minerali: ad esempio cos’è il residuo fisso?
Ad arricchire il programma la presenza della Professoressa Pucci Romano – dermatologa e Presidente Skineco – che ogni settimana ci insegnerà a conoscere la nostra pelle e a prendercene cura. In questa prima puntata la Professoressa tratterà il tema dell’ecodermocompatibilità.
Non mancherà uno spazio dedicato al fitness con l’ illustrazione di semplici workout pensati dal personal trainer Flavio Valabrega: in questa puntata si punterà sull’efficacia dell’esercizio aerobico. Belli dentro, Belli fuori è un programma ideato da Acqua Rocchetta, scritto da Veronica Moccia, per la regia di Jonathan Paladini. Il programma è prodotto dalla Me Production di Elio Bonsignore.

Migranti, Meloni: prossimo Consiglio Ue deve fare passi avanti

Migranti, Meloni: prossimo Consiglio Ue deve fare passi avantiRoma, 8 mar. (askanews) – “Crediamo che il prossimo Consiglio europeo debba fare dei passi in avanti concretamente sulla materia migratoria in particolare sulla rotta del Mediterraneo centrale e sulla cooperazione”. Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, in una dichiarazione alla stampa assieme al primo ministro olandese Mark Rutte.
“Domani terremo un Cdm a Cutro – ha ricordato – per affrontare il tema migratorio. Ho scritto una lettera alle massime istituzioni europee, sono soddisfatta della risposta della von der Leyen, che riprende le considerazioni dell’ultimo Consiglio nel quale si conferma un cambio di approccio: la consapevolezza che è un problema europeo che va affrontato a livello europeo, la necessità di combattere i trafficanti anche per salvare la vita delle persone e la cooperazione. Ne abbiamo discusso anche con Rutte”.