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Vino, Osservatorio Uiv-Vinitaly: under 44 arginano calo consumi

Vino, Osservatorio Uiv-Vinitaly: under 44 arginano calo consumiMilano, 27 mar. (askanews) – Alzano i calici dalla tavola per farne uno status symbol, sono disposti a spendere per etichette super premium ma senza affezionarsi ai brand, stappano in compagnia e non vogliono rinunciare ai cocktail. È la fotografia dei consumatori di vino under 44 americani e italiani scattata e illustrata oggi a Roma dall’Osservatorio Uiv-Vinitaly in occasione della presentazione a Roma del cinquantesettesimo Salone internazionale del vino e dei distillati, in programma a Veronafiere dal 6 al 9 aprile.


Sotto la lente, i mercati italiano e quello statunitense (pari, insieme, al 60% del fatturato complessivo delle vendite di vino italiano) e le fasce più giovani della popolazione che, in un contesto generalizzato di calo dei consumi che ha visto il quarto anno consecutivo di contrazione in Italia e terzo negli Stati Uniti, il vino deve saper intercettare e comprendere. Secondo l’analisi dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly su base Iwsr, che sfata numerosi luoghi comuni sul rapporto vino-giovani, Millennials (tra i 28 e 44 anni) e GenZ (dalla legal drinking age ai 27) rappresentano la terra promessa di un ricambio generazionale tanto necessario quanto complicato, un territorio ancora in buona parte fuori dai radar del vino italiano. Lo studio smentisce gran parte di un immaginario comune che vede le nuove generazioni molto lontane dal vino, disinteressate e immuni alla sua forza evocativa. Niente di tutto ciò: gli under44 spendono di più e di fatto stanno tenendo a galla un mercato premium minacciato dalla retromarcia di Boomer (tra i 61 e 79 anni) e GenX (45-60 anni). Il connubio vino e cibo rimane importante, ma sembra perdere centralità per i young winelover americani e italiani. Se è vero che “il vino esalta il cibo” per la grandissima parte degli over44, scendono sotto alla metà quelli che si riconoscono in questa affermazione tra i Millennials e la GenZ. Di contro, nel Belpaese la quota dei giovanissimi italiani che vede il vino come un “fashion statement” è esattamente il doppio (56%) di quella dei boomer (28%), e anche i Millennials staccano i GenX per 16 punti percentuali (45% contro il 29%). Un trend rilevante, per cui Iwsr ha coniato una nuova categoria, quella degli “Status Seekers” che, pur rappresentando solo l’11% dei consumatori abituali di vino, negli Stati Uniti realizzano il 24% del volume e il 35% dei valori generati dai regular wine drinkers.


Secondo i dati elaborati dall’Osservatorio Uiv-Vinitaly, circa il 31% del valore complessivo degli acquisti di vino in America è attribuibile a prodotti in fascia Ultra Premium, effettuati in 6 casi su 10 da consumatori under44. Diversa la situazione in Italia, dove i vini di alta gamma valgono solo il 10% degli acquisti, ma realizzati anche qui per circa la metà dai giovani consumatori. Sia i giovani americani che italiani, se paragonati alle fasce d’età più elevate, si dichiarano meno fidelizzati a specifici brand: gli infedeli sono circa uno su due tra gli under44 mentre scendono a un terzo superata questa soglia d’età. La socialità continua a rappresentare un elemento fondamentale nella wine experience, in particolare per i giovani americani che, in 7 casi su 10, hanno aumentato il consumo proprio per una maggiore socializzazione. Millennials e GenZ dimostrano un’inconfutabile (ma anche intergenerazionale) passione per i cocktails, ma guardano al vino con un interesse che sfata numerosi luoghi comuni. In primo luogo, non è vero che “il vino non fa presa sui giovani”. In Italia il profilo dei consumatori di vino per età rispecchia fedelmente la distribuzione anagrafica della popolazione (legal drinking age), con gli under44 a quota 35%, mentre negli Usa Millennials e GenZ – che rappresentano solo un terzo della popolazione -, raggiungono quota 47% tra i consumatori di vino, denotando un tasso di penetrazione della bevanda più alto tra i giovani che tra i consumatori più maturi.


Anche rispetto a frequenza di consumo e quantità, viene smentita la convinzione che vede i giovani più morigerati e inclini a un consumo saltuario. In entrambi i Paesi la tendenza (alta, attorno all’80%) a ridurre il consumo a 2-3 volte al mese appare piuttosto egualmente distribuita tra le diverse fasce d’età, e sul fronte delle quantità, sia negli Usa che – con minor margine di differenza – in Italia, la quota di chi beve abitualmente due o più bicchieri di vino è più elevata tra i giovani che tra gli over44. Si dimostra poi falsa la convinzione che “i consumi scendono per colpa dei giovani”. In America – rileva l’Osservatorio -, sono proprio i consumatori maturi a tirare il freno a mano. Mentre tra i giovani under44 sono più quelli che hanno aumentato i consumi (31%) di quelli che li hanno diminuiti (26%), nelle fasce di età più avanzate rappresentano solo il 9% quelli che hanno aumentato il consumo di vino, e salgono al 29% quelli che ne hanno diminuito le dosi. In Italia il calo sembra più trasversale e intergenerazionale e coinvolge oltre un quarto della popolazione (27%) in entrambi i cluster d’età. Anche qui, però, a calmierare in parte il calo sono proprio gli under44 (il 14% quelli che hanno aumentato il consumo, contro il 7% nella fascia over44). Su entrambe le piazze quasi la metà degli astemi appartengono alla generazione Boomer, seguiti dalla GenX (23% negli Usa e 30% in Italia). GenZ e Millennials rappresentano complessivamente solo 3 astemi su 10 negli Stati Uniti e 2 su 10 in Italia. La tendenza sober curious si inverte nel caso dei cosiddetti periodi “dry”, che negli Usa vedono in prima fila gli under44, con una quota disposta a parentesi temporanee di astinenza che tra i più giovani (GenZ) raggiunge il 60% negli Usa e il 46% in Italia. Più bassa la propensione degli over, con share che si attestano attorno al 30% negli Usa e al 25% in Italia.

Presentato a Roma Vinitaly 2025, 4.000 espositori da 140 Paesi

Presentato a Roma Vinitaly 2025, 4.000 espositori da 140 PaesiMilano, 27 mar. (askanews) – Vinitaly guarda oltre le barriere commerciali e per la sua cinquantasettesima edizione, a Veronafiere dal 6 al 9 aprile, si presenta con circa 4.000 aziende e un quartiere espositivo al completo, confermandosi baricentro e termometro del vino italiano. Nei 18 padiglioni della manifestazione (tra fissi e tendostrutture) attesi operatori dall’Italia e da 140 nazioni. In particolare, si punta a confermare il contingente di 30mila buyer della domanda internazionale, Stati Uniti compresi, per quella che è la più grande ‘agenda business’ del Made in Italy enologico. È la fotografia dell’unica rassegna internazionale dedicata al vino italiano scattata oggi a Roma nella conferenza stampa di presentazione a palazzo Montemartini.


Tra gli obiettivi che caratterizzano tutte le iniziative messe in campo quest’anno da Veronafiere si consolidano quelli della promozione e dell’internazionalizzazione mentre punta a crescere ulteriormente il palinsesto dei contenuti, con Vinitaly che evolve da osservatore delle tendenze a incubatore delle stesse. Per il presidente di Veronafiere, Federico Bricolo: “In questi ultimi anni abbiamo lavorato intensamente con le istituzioni – ministeri, ambasciate, Ice e camere di commercio internazionali – per ampliare la promozione a supporto della competitività del settore. Oggi Vinitaly rappresenta l’aggregatore naturale del vino italiano sui principali mercati target. Un posizionamento che intendiamo rafforzare ulteriormente mettendo a disposizione della politica e delle imprese tutto il nostro know how, per sostenerle nelle sfide derivanti dal complesso scenario attuale, tracciando anche nuove rotte di destinazione”. L’internazionalizzazione, sempre in chiave bidirezionale da Verona al mondo e viceversa, rimane infatti una priorità della manifestazione e del piano di incoming realizzato da Veronafiere in collaborazione con Agenzia Ice per Vinitaly 2025. “Sono 1.200 i top buyer accreditati e ospitati a Verona – ha annunciato il direttore generale, Adolfo Rebughini -. Una selezione profilata da 71 Paesi, sei in più rispetto all’anno scorso, che ha centrato l’obiettivo di replicare il record del 2024. Un risultato non scontato visto il perdurare delle tensioni geopolitiche”.


Tra le delegazioni più numerose dei super operatori selezionati dall’area extra Ue, in pole position quelle da Usa e Canada, seguite da Cina, UK, Brasile ma anche da India, Singapore, Giappone e Corea del Sud. Mentre, per il Continente europeo, primeggiano Germania, Svizzera, Nord Europa e l’area balcanica. “La svolta iniziata dieci anni fa, con la divisione netta tra business in fiera e winelover in città e rafforzata ulteriormente nel 2023, è oggi irreversibile e dovrà trovare un ulteriore sviluppo nei futuri piani strategici di Veronafiere – ha spiegato l’amministratore delegato, Maurizio Danese -. Il potenziamento del calendario estero sulle principali aree della domanda e l’ottimizzazione degli investimenti per amplificare l’ecosistema del brand fieristico del vino italiano sono le direttrici che consentiranno a Vinitaly di essere sempre più internazionale e orientato alle esigenze delle aziende”.


Dai mercati ai trend, Vinitaly rappresenta un incubatore delle tendenze che da sempre intercetta, monitora e analizza al fine di potenziare servizi e contenuti per le aziende espositrici e per il settore. “Vanno in questa direzione – ha poi continuato il direttore generale Adolfo Rebughini – il progetto dedicato ai vini NoLo che entrano per la prima volta nel programma della rassegna sia a livello espositivo nell’area Mixology che contenutistico. Sono infatti due i focus in calendario: il primo sulle attese del mercato e il secondo sulle tecnologie 0.0. Spazio anche ai Raw Wine e ai vini di Amphora Revolution, che si inserisce nella cinquantasettesima edizione del Salone. Tra le novità, anche quella specifica sull’enoturismo. Debutta infatti il numero zero di Vinitaly Tourism, con la partecipazione di tour operator nazionali ed esteri specializzati da Stati Uniti, Spagna e Germania. Un progetto che, in prospettiva, potrebbe entrare anche nei palinsesti delle tappe estere della manifestazione in Asia, Sud e Nord America”. Alla conferenza stampa di presentazione del Vinitaly 2025, oltre ai vertici di Veronafiere, sono intervenuti Lorenzo Fontana, presidente della Camera dei deputati, Alessia Rotta, assessore al Commercio e attività produttive del Comune di Verona, Matteo Zoppas, presidente ICE e Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, Sovranità alimentare. Dopo la relazione del responsabile dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly, hanno preso la parola anche Paolo Castelletti, segretario generale Unione italiana vini, Roberta Garibaldi, esperta di turismo e docente presso l’Università degli studi di Bergamo, Micaela Pallini, presidente Federvini, Massimo Tribaldi, vicepresidente Assoenologi e Marzia Varvaglione, presidente Ceev.

Alimentazione e buonumore, un legame riconosciuto da 9 italiani su 10

Alimentazione e buonumore, un legame riconosciuto da 9 italiani su 10Roma, 27 mar. (askanews) – Si parla sempre più spesso di ‘mindful eating’, l’alimentazione consapevole che sottende un legame tra cibo e benessere psicofisico e che incuriosisce sempre più gli italiani. Che la consapevolezza della correlazione tra stato emotivo e cibo sia in crescita è dimostrato anche dall’aumento dei volumi delle ricerche su Google, che registrano rispettivamente 36.000 e 2.630 ricerche medie mensili da gennaio 2021, relative a parole come ‘alimenti e serotonina’, ‘alimentazione antistress’, ‘cibi per il buonumore’, ‘cosa mangiare per essere felici’, ‘cibi per la mente’ (Fonte: HelloFresh). E La scienza lo conferma: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ‘lo stato di salute è uno stato di benessere fisico, mentale e sociale. Non si tratta solo di assenza di malattia o infermità’. La salute è connessa con quella mentale così come il buonumore passa anche da quello che mangiamo e come lo mangiamo. Non solo: nella frenesia della società odierna, riuscire a focalizzarsi sui propri sensi mentre si acquistano ingredienti, si cucinano e si gustano, ha infatti degli effetti positivi sull’umore e la convivialità è un ingrediente fondamentale del benessere a 360 gradi. E gli italiani lo sanno. È chiaro il ruolo dell’alimentazione per l’equilibrio psicofisico: circa 9 su 10 concordano sul fatto che contribuisce al nostro benessere, non solo fisico ma anche mentale, fa parte di uno stile di vita sano per il benessere del corpo, ha un ruolo importante per vivere più a lungo e prevenire le malattie degenerative.


È quanto emerge dall’indagine ‘Tonno in scatola e buonumore’ commissionata ad AstraRicerche da ANCIT (Associazione Nazionale Conservieri Ittici e delle Tonnare) e realizzata a marzo 2025 su un campione di 1.025 italiani 18-65enni, per indagare quanto ne sanno gli italiani del rapporto tra alimentazione e benessere mentale e quali gli alimenti che favoriscono il buonumore con un focus particolare sul ruolo del tonno in scatola. I risultati fanno emergere una consapevolezza piuttosto elevata. Praticamente a pari merito, è riconosciuta l’importanza di fare attività fisica, movimento e sport (90,5%), di dormire almeno 8 ore (90,3%) e di avere un’alimentazione variegata (90%). Dieta variegata, meno cibi ipercalorici, mangiare in compagnia: le 3 regole d’oro.


E se, tra le abitudini e i comportamenti che fanno bene all’umore, gli italiani riconoscono la riduzione del consumo di cibi ipercalorici o ricchi di grassi saturi (81.4%) e l’avere 5 pasti nella giornata (74%), ci sono anche aspetti legati alla convivialità che fanno la differenza: per oltre 8 italiani su 10 (86,8%) mangiare in compagnia contribuisce a produrre effetti positivi sull’umore, ma anche il consumare il pasto all’aperto (82,6%) contribuiscono ad avere degli effetti positivi, dimostrando che il contesto esterno ha un ruolo non trascurabile. Con un focus più stringente sull’alimentazione, le scelte in tavola sono dettate maggiormente dal desiderio di vivere più a lungo e prevenire malattie degenerative (76.1%). ‘Mood food’, i cibi del buonumore. In pochi sanno che c’è anche il tonno in scatola.


Fino a poco tempo fa, si parlava di ‘comfort food’, di alimenti capaci di offrire una gratificazione gustativa immediata grazie al loro valore ‘proustiano’ consolatorio, nostalgico o sentimentale. Oggi, il concetto si è evoluto in quello di ‘mood food’, cibi che incidono direttamente sull’umore e sullo stato emotivo in virtù della loro ricchezza nutrizionale e della presenza di specifici nutrienti, come per esempio il Triptofano, l’amminoacido precursore della serotonina, nota come ‘ormone della felicità’. Una premessa fondamentale: se è vero che quasi la metà (49.3%) degli intervistati ha sentito nominare il Triptofano, solo il 18.4% lo associa a effetti positivi sul buonumore. Interrogati sugli alimenti che favoriscono il buonumore, grazie alle sostanze che contengono, non sempre gli italiani sono informati. Nella classifica stilata dagli intervistati troviamo infatti prodotti che contengono il triptofano, quali il cioccolato (74,8%), la frutta secca (44,1%), la pasta (32,0%), il pesce fresco (26,3%), ma anche alimenti che sono riconosciuti più per la loro capacità di offrire un piacere su base conviviale o edonistica e che non contengono il triptofano come i dolci (45,7%), tè e caffè (38,9%), tisane (33,7%) e vino/aperitivi (28,1%).


Secondo la Banca Dati di Composizione degli Alimenti per Studi Epidemiologici in Italia (BDA), tra i cibi che forniscono una buona percentuale di Triptofano, compare il tonno in scatola (insieme a parmigiano, prosciutto crudo e salame cacciatore), ma appena l’8,4% degli italiani conosce il suo ruolo fondamentale nel benessere mentale. Un risultato che testimonia una scarsa consapevolezza delle proprietà intrinseche e delle qualità di questo alimento che, invece, è tra le fonti più ricche di Triptofano: 280 mg ogni 100 grammi, insieme alle alici sott’olio (270 mg). Più del tonno fresco (237 mg) e delle carni bianche (215 mg). Inoltre, il tonno in scatola vanta un basso contenuto calorico: il valore energetico del tonno in scatola è pari a circa 190 Kcal per 100 grammi mentre quello in salamoia apporta 100 Kcal per 100 grammi (Fonte: Tabelle nutrizionali del Crea). Luca Piretta: ‘Triptofano, omega 3, vitamina b e d, tonno in scatola al top per l’umore’ Il tonno in scatola, spesso conosciuto per il suo apporto di proteine nobili ed Omega 3, è in realtà un vero e proprio ‘mix del buonumore’, grazie alla presenza di molti altri nutrienti chiave. Sono ben due italiani su tre a sapere che il tonno in scatola contiene Omega 3 (67.3%), mentre molto meno diffusa è la conoscenza dei suoi alti livelli di vitamine del gruppo B (30.4%), essenziali per il metabolismo energetico, della vitamina D (26.0%), che contribuisce alla salute delle ossa e del sistema immunitario e ancor meno del triptofano (25.9%), l’amminoacido essenziale precursore della serotonina, prezioso alleato del benessere mentale e del buonumore, ma anche della melatonina che ci aiuta a dormire meglio regolando il ciclo sonno-veglia. E la scienza lo conferma ‘All’interno di un regime vario e completo, è fondamentale inserire alimenti che sono una buona fonte di Triptofano – commenta Luca Piretta, Gastroenterologo e Nutrizionista, Università Campus Bio-medico di Roma – Tra questi c’è il tonno in scatola ma in molti non lo sanno. Inoltre, consumato insieme ai carboidrati, come la nota e tanto amata pasta al tonno, non solo si rivela un mix vincente di carboidrati e proteine che fornisce energia e salute dei muscoli ma copre il fabbisogno giornaliero di Triptofano’. Secondo la FAO, il fabbisogno giornaliero di Triptofano è di 3,5 mg per kg di peso. Considerando un adulto di un peso medio di 70 kg, il fabbisogno di Triptofano giornaliero è di 245 mg. Un piatto di spaghetti di 80 grammi (porzione media raccomandata) forniscono 104 mg di Triptofano che, aggiunti ai 140 mg forniti da 50 g di tonno in scatola sott’olio, arriviamo ad un totale di 244 mg. ‘L’alimentazione svolge un ruolo cruciale nel mantenimento dell’equilibrio psicofisico – prosegue Piretta – facendo da veicolo del benessere non solo fisico ma anche mentale. Il triptofano è un amminoacido essenziale, precursore della serotonina, regolatrice dell’umore e della sensazione di benessere ma anche della melatonina, neurotrasmettitore del sonno. Bassi livelli di melatonina potrebbero far dormire male, rappresentando così un duplice fattore di rischio: sia per l’aumento di peso che per l’instabilità emotiva e quindi il cattivo umore’. Vincenzo Russo: ‘La convivialità contribuisce al buonumore, la spiegazione della scienza’. Sono numerosi gli studi scientifici che dimostrano il potere della convivialità, parte integrante della Dieta Mediterranea, intesa come stile di vita e non solo come regime alimentare. Una ricerca dell’Università del Minnesota pubblicata sulla rivista Family, System and Health fotografa l’attuale ‘stato di salute’ della convivialità analizzando abitudini e riti quotidiani in Italia, Germania e Stati Uniti. Inoltre, un articolo pubblicato sulla rivista Nutrition Research analizza perché mangiare insieme faccia bene alla salute, renda più felici e meno stressati. ‘Non importa ciò che mangiamo, ma anche come mangiamo – afferma Vincenzo Russo, Professore Ordinario di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing e Fondatore e Coordinatore del Centro di Ricerca di Neuromarketing ‘Behavior and Brain Lab’ dell’Università IULM – Le occasioni conviviali incitano il nostro organismo a produrre serotonina, l’ormone della felicità, inibendo invece il cortisolo, che causa stress. Il contesto sociale esercita dunque una profonda influenza. Non solo, anche consumare il pasto all’aperto ha conseguenze positive: l’effetto della luce solare stimola le cellule ipersensibili sotto la retina che attivano il sistema limbico, attivando la dopamina e favorendo sensazioni di benessere’. Passione tonno in scatola: 6 italiani su 10 lo portano in tavola fino a 4 volte settimana. Il tonno in scatola è un alimento immancabile nelle dispense degli italiani: 6 su 10 (59,9%) lo portano in tavola da una volta ad almeno 3-4 volte alla settimana. A guidare le scelte dei consumatori sono soprattutto il gusto (42,7%), la praticità e l’immediatezza di consumo (42,7%) caratteristiche che lo rendono perfetto per una dieta moderna e dinamica. Riconosciuto a tutti gli effetti come un alimento salutistico, privo di conservanti e naturalmente ricco di proteine, Omega 3 e vitamine, risponde perfettamente ai trend del ‘free from’ e del benessere alimentare. Non a caso, un italiano su tre (34,8%) afferma di averne aumentato il consumo negli ultimi 2-3 anni. Tra i fattori che hanno spinto a un maggiore consumo emergono la praticità (35,1%), la sua funzione anti-spreco (26,1%), ma anche il suo ruolo come valida alternativa al pesce fresco (25,9%) e come alimento proteico per chi pratica sport (21,3%). La crescente attenzione verso una dieta equilibrata e il generale aumento del consumo di pesce (20,9%) confermano il tonno in scatola come un ingrediente versatile, nutriente e in linea con le esigenze della vita contemporanea.

”Roma-Milano andata e ritorno”, al via viaggio gastronomico

”Roma-Milano andata e ritorno”, al via viaggio gastronomicoRoma, 27 mar. (askanews) – Un viaggio dal gusto memorabile, che parte da una delle terrazze più belle di Roma, MAIO Restaurant & Rooftop: oggi, giovedì 27 marzo, l’appuntamento è per una serata dedicata alle atmosfere, alle tradizioni e ai profumi delle due capitali italiane della gastronomia, Roma e Milano, con l’incontro tra MAIO Restaurant e Il Marchese prima sui tetti di Roma, all’ultimo piano di Rinascente in via del Tritone e poi dalle grandi sale del ristorante di cucina romana con cocktail bar di via della Scala.


Grazie all’estro di Luca Seveso, Executive Chef di MAIO Restaurant, e di Daniele Roppo, Executive Chef de Il Marchese, la serata è un vero e proprio viaggio tra i sapori da vivere in un luogo dal panorama mozzafiato, con abbinamento di cocktail esclusivi creati da Erica Campagna, Bar Manager di Maio Restaurant, e Fabrizio Valeriani, Bar Manager de Il Marchese. Per la tappa di oggi alle 18.30 la partenza è con l’aperitivo in terrazza sotto al cielo di Roma, che prevede la tradizionale polpetta milanese mondeghilo, con fonduta di parmigiano al wasabi e confit di pere dello Chef Seveso e il mini supplì alla carbonara, dello Chef Roppo, in omaggio a Roma; in abbinamento il Brando Martini creato da Fabrizio Valeriani con gin Brando, liquore di pera Liquori dell’Etna e Vemouth Dry.


Alle 20 la sosta per la cena con vista, con un menù di 6 portate: Luca Seveso dà il via con il vitello punto rosa con salsa tonnata, pickles di vegetali e caviale di trota; segue Daniele Roppo con il cannolo di patate con tartare di agnello marinato alla scottadito, con il suo fondo e crunch alle erbe; in abbinamento Berlucchi ’61 Extra Brut Rosé. Il viaggio prosegue con due primi piatti: Chef Seveso porta in tavola il raviolo d’ossobuco con brodo ristretto di faraona, limone e alloro e Chef Roppo, lo gnocco alla romana con sugo di coda alla vaccinara, fonduta di pecorino e sedano croccante; in abbinamento Planeta Chardonnay.


Il secondo piatto è affidato a Daniele Roppo con un classico romano, il filetto di vitello come saltimbocca, da assaporare sorseggiando il Cesanese del Piglio Villa Simone. Dulcis in fundo, il fuori stagione di Luca Seveso, con il suo panettone con ananas candita e vaniglia da gustare con il cocktail Madame Soleil, creato da Erica Campagna, con Amaro Locale, liquore al mandarino, zucchero e bitter al cioccolato.


Per informazioni e prenotazioni: https://www.maiorestaurant.com info.roma@maiorestaurant.com. Maio Restaurant & Rooftop è un palcoscenico sulla città di Roma, con una scenografia naturale che si apre al 6° e 7° piano di Rinascente in via del Tritone, un luogo unico dal design contemporaneo, aperto dalla mattina alla sera, un crocevia di mondi ed esperienze da vivere tutto l’anno, meta di appuntamenti speciali dedicati al gusto e alla bellezza, ammirando i tramonti nel cuore della città.

Il Consorzio Vini di Romagna a Vinitaly 2025 con 18 Cantine

Il Consorzio Vini di Romagna a Vinitaly 2025 con 18 CantineMilano, 25 mar. (askanews) – Dal 6 al 9 aprile, il Consorzio Vini di Romagna torna a Vinitaly per la 57esima edizione della principale manifestazione enologica italiana. Con una collettiva di 18 produttori romagnoli, il Consorzio sarà presente presso il Padiglione 1 – Emilia-Romagna (Stand C2/E2), proponendo ai visitatori un viaggio “alla scoperta dell’autentica tradizione vinicola romagnola”.


Domenica 6 aprile alle 12.30 presso l’area tasting al centro del Padiglione 1, Filippo Bartolotta guiderà i partecipanti attraverso le ricchezze enologiche del territorio romagnolo, con la masterclass “Rocche di Romagna: il nuovo racconto del Romagna Sangiovese”. Un’occasione imperdibile per esplorare e degustare il Romagna Sangiovese attraverso la lente dei territori. Ogni sottozona è demarcata dal profilo della rocca locale (storico simbolo delle imponenti e assai numerose fortezze disseminate in Romagna) e i Sangiovese Sottozona rivelano peculiarità e sfumature identificative dei vari territori, il cui mosaico d’insieme restituisce la variegata personalità del Sangiovese romagnolo. Il progetto e marchio collettivo Rocche di Romagna “mira a un racconto d’immediata comprensione del progetto Sottozone e del suo valore, fungendo in ciò da acceleratore di conoscenza e diffusione d’interesse per la tipologia e gli areali, mettendo in luce il gran lavoro svolto sul Romagna Sangiovese nell’ultimo decennio, con etichette di pregio a rinverdire la grande tradizione dei rossi romagnoli”. Oltre al celebre Romagna Sangiovese Doc, i visitatori potranno incontrare le Dop e Igp della regione. Da non perdere il Romagna Albana Docg, primo bianco italiano a ottenere la Denominazione garantita, capace di sorprendere nelle versioni “secco”. Non mancherà poi il “Novebolle Romagna DOC Spumante”, emblema della tradizione spumantistica romagnola, che coniuga un’anima contemporanea a una storia che affonda le radici a fine ‘800. Completano l’offerta il Rimini Rebola e altri autoctoni bianchi e rossi.


Oggi il Consorzio conta otto cantine cooperative, 107 produttori vinificatori, cinque imbottigliatori e 5.200 aziende viticole iscritte agli albi delle vigne Doc e Docg. Di questi, le 18 Cantine che porteranno a Vinitaly i loro migliori prodotti saranno: Ferrucci della sottozona Serra; Tenuta Uccellina e Trerè di Brisighella; Poderi del Nazareno, La Sabbiona, Spinetta e Poderi Morini della sottozona Oriolo; Cantina Forlì Predappio, Condè, Drei Donà e Fattoria Nicolucci di Predappio; Celli, Tenuta La Viola e Fattoria Paradiso di Bertinoro; La Cantina di Cesena e Zavalloni della sottozona Cesena, per finire con Tenuta Casali di Mercato Saraceno e San Patrignano di Coriano di Rimini.

Dazi, il Sistema Prosecco a Lollobrigida: situazione grave, intervenga

Dazi, il Sistema Prosecco a Lollobrigida: situazione grave, intervengaMilano, 25 mar. (askanews) – “Le inviamo la presente su sollecitazione del nostro sistema produttivo che da alcuni giorni sta assistendo alla sospensione delle spedizioni di Prosecco Doc, Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg e Asolo Prosecco Docg verso il mercato statunitense. La preoccupazione degli importatori è determinata dalla minaccia del Presidente Donald Trump di imporre dazi molto pesanti sulle nostre produzioni. La scelta di congelare gli ordini è stata determinata dall’incertezza che si vive oggi, anche in assenza di un provvedimento dell’Amministrazione americana, considerato che i nostri vini, impiegando diverse settimane per giungere negli USA, potrebbero vedere lievitare i dazi fino al 200% ‘on the water’, ovvero proprio lungo il percorso tra l’Italia e gli Usa, rischiando di mettere in crisi gli stessi nostri importatori, senza contare le gravissime ripercussioni sulle Aziende mittenti. Per farle comprendere la gravità della cosa Le sintetizziamo alcuni dati: il solo Prosecco Doc esporta negli Usa ca. 130 mln di bottiglie, pari a circa il 23% dell’export dell’intera Denominazione, volumi che generano un fatturato alla produzione di circa 500 milioni di euro. Il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg esporta oltre 3,5 mln di bottiglie che vanno ad occupare solo ed esclusivamente il settore più qualificato di consumo ovvero l’Horeca, garantendo la più elevata fascia di prezzo. Anche per la Docg Asolo Prosecco gli Stati Uniti rappresentano uno dei principali mercati di destinazione, la Denominazione, nel suo complesso, esporta circa il 75% della sua produzione che lo scorso anno si e’ attestata su 32 mln di bottiglie. Il venir meno di un mercato simile comporterebbe la necessità di individuare Paesi alternativi ove andare a collocare queste produzioni e, nell’emergenza, questo comporterebbe di sicuro una pesante contrazione del valore, con ripercussioni per le nostre aziende, sia in termini economici che sociali. Certi che comprenderà la gravità della situazione, auspichiamo un Suo intervento affinché si attuino adeguate azioni, a livello nazionale e comunitario, tese a risolvere il problema”. E’ questo il testo della lettera scritta insieme dai presidenti del cosiddetto Sistema Prosecco, Giancarlo Guidolin per il Consorzio di tutela della Doc Prosecco, Franco Adami per il Consorzio tutela del vino Conegliano Valdobbiadene Prosecco e Michele Noal per il Consorzio tutela vini Asolo Montello.

Fivi: bene Hansen, serve strategia europea per sistema vitivinicolo

Fivi: bene Hansen, serve strategia europea per sistema vitivinicoloMilano, 25 mar. (askanews) – “I Vignaioli indipendenti italiani, insieme ai colleghi europei, ripongono molta fiducia nel Commissario Hansen, che fin dal primo momento ha dimostrato di conoscere bene il settore agricolo e di rispettare l’importanza del sistema vitivinicolo europeo. Le parole che ha usato oggi a Roma lo dimostrano e vanno nella direzione giusta: un plauso particolare per l’obiettivo di semplificazione burocratica e per l’attenzione ai giovani agricoltori, oltre che per aver focalizzato l’attenzione sul vino e sulle richieste fatte dal Gruppo di alto livello. All’Unione Europea chiediamo di mettere in campo una vera e propria strategia per il nostro settore, che guardi al futuro e non si limiti al piccolo cabotaggio: ‘climate change’, guerre commerciali, rigidità del mercato interno sono sfide che vanno comprese e affrontate su un orizzonte di tempo lungo, perché lunghi sono i tempi della viticoltura, soprattutto quella di qualità, che valorizza e tutela i territori, cura i paesaggi rurali, rafforza le economie locali. Ed è proprio quella che oggi, ancora di più, va tutelata e promossa”. Interviene così la presidente della Federazione italiana vignaioli indipendenti (Fivi), Rita Babini, alla conclusione della conferenza “L’agricoltura è” organizzata a Roma dal Masaf in occasione della visita del Commissario europeo per l’Agricoltura e l’Alimentazione, Christophe Hansen.


Per fortunata coincidenza, proprio ieri al Museo del vino e delle scienze agroalimentari di Castiglione in Teverina (Viterbo) si è svolta l’assemblea della Confederazione europea dei vignaioli indipendenti (Cevi) che riunisce le rappresentanze nazionali dei vignaioli di Francia, Italia, Portogallo,Grecia, Lussemburgo, Belgio, Slovenia, Repubblica Ceca, Ungheria, Bulgaria e Svizzera. La presidente uscente, Matilde Poggi, ha lasciato il posto al collega francese Samuel Masse. Nel board sono stati eletti come vicepresidenti Ludovico Maria Botti, vignaiolo nel Lazio e consigliere nazionale Fivi, Josef Valihrach (Repubblica Ceca), Mateja Škrl Kocijancic (Slovenia), mentre Ivo Varbanov (Bulgaria) è stato nominato Segretario generale e Guy Krier (Lussemburgo) ha preso l’incarico di Tesoriere. “Sono estremamente orgoglioso di ricoprire questo ruolo – ha commentato Botti – il mio impegno sarà rivolto a creare sinergie ancora più solide tra i Vignaioli a livello europeo, perché oggi più che mai c’è bisogno di unità e coesione per costruire insieme il futuro del vino italiano ed europeo”.


Foto di Michele Purin

”Vinifera”: la comunità resiliente del vino e dei cibi alpini

”Vinifera”: la comunità resiliente del vino e dei cibi alpiniMilano, 25 mar. (askanews) – Si è chiusa a TrentoExpo la sesta edizione di ‘Vinifera’, fiera-mercato dedicata alle produzioni degli artigiani alpini, primi tra tutti i viticoltori. Centoventi i vignaioli provenienti da tutte le regioni alpine e transalpine italiane ma anche francesi, svizzere, austriache e slovene, a cui si è aggiunta quest’anno un’interessante selezione di produttori delle isole minori del Mediterraneo (Capraia, Ischia, Isola del Giglio, Ustica, Salina, e via dicendo) e diversi produttori di sidro, oltre che di birrifici agricoli sempre d’identità alpina.


‘Qui favoriamo l’incontro e il confronto diretto tra chi produce e chi consuma, che ha il diritto di sapere e il dovere di informarsi da chi, dove e come sono stati prodotti gli alimenti che sta acquistando’ afferma Manuela Barrasso, presidente dell’Associazione Centrifuga di Rovereto che organizza l’evento. Nata nel 2017 come strumento di ricerca, supporto e valorizzazione dello sviluppo sociale e culturale del territorio, Centrifuga è un’associazione di promozione sociale che si occupa in particolare di produzione sostenibile in campo agricolo e consumo responsabile. ‘Noi facciamo una selezione in base a tre criteri fondamentali: il perimetro geografico alpino, la dimensione piccola di tipo familiare la modalità produttiva sostenibile per tutti, fattori in qualche modo ‘validati’ dal controllo incrociato degli altri produttori. Quindi la nostra forza è una selezione coerente, che ha delle eccezioni, come ad esempio Foradori che ha 28 ettari ma lavora in stretto regime biodinamico, o come un territorio come la Slovenia che tecnicamente non rientra nella Suddivisione orografica internazionale unificata del sistema alpino (Soiusa), però completa una dinamica di confine che è molto interessante” spiega ad askanews Stefano Cimadon del direttivo dell’associazione, chiarendo che ‘questi criteri non ci mettono al riparo dal fatto che possano esserci dei vini ‘imperfetti’, questo per la scelta politica di dare visibilità e speranza anche a chi ancora non ha imparato a fare il vino e qui può confrontarsi con realtà simili, scoprendo magari che si possono fare scelte tecniche diverse. Per fare un esempio due cantine liguri provenienti dalla stessa area vitivinicola non avevano mai assaggiato le loro rispettive interpretazioni di Lumassina (vino che si produce nel Ponente ligure dall’omonimo vitigno autoctono, ndr): sono queste occasioni di scambio l’asset principale di ‘Vinifera’, oltre a quella di dare visibilità e un punto di partenza a produttori altrimenti senza palcoscenico’.


E allora eccoli qui, uno a fianco all’altro, vignaioli piccoli e piccolissimi, lupi di terra di vecchio corso e giovani di belle speranze, che hanno iniziato da poco con budget ed esperienza minimi, colmati da grande entusiasmo che talvolta si traduce in un bel vino e in altre in una presunzione acetica spacciata per naturale o in un tentativo tanto onesto quanto ossidato. Ma è un’umanità bella, non solo perché varia ma perché vera, costruita sulla curiosità e sulla fatica di una viticultura spesso eroica, tra il recupero di vigne centenarie e vitigni quasi scomparsi. Vigneron resilienti, baluardo contro lo spopolamento, pazienti come la terra impone. Nani al confronto delle aziende protagoniste del vino italiano, come Laste Rosse di Novella (Trento) che dal suo unico ettaro tira fuori 3.500 bottiglie, o come Nicola Dall’Agnol di Fastro di Arsiè (Belluno) che di ettari ne ha uno e mezzo ma di bottiglie ne fa appena 2.000. Sono quelli come loro, il 90% dei presenti, l’anima di questa manifestazione dove ‘piccolo è bello’ un po’ a prescindere, perché qui l’umanità e l’impegno contano per fortuna più dei punteggi, e pazienza se si non si trova sempre una qualità cristallina. Rispetto ad altre fiere, serve avere voglia di assaggiare perché tra naturali per forza, filosofi dei piwi e orange wine dipendenti, c’è un mondo di mezzo che offre chicche preziose, fuori dai radicalismi e dalle mode. Come, solo per citarne alcuni, il ‘Torrette Supérieur Domus Nostra 2023′ della valdostata Mai Domi, l”Arlevo Chardonnay dei Vigneti delle Dolomiti 2021’ di Eredi Cobelli Aldo o la ‘Nosiola Belle 2022′: un modernissimo e delizioso frizzante sui lieviti di Francesco Poli. Poi l”El Kerner 2022’ di Maso Caliari, o l’inedito e quindi finalmente inaspettato ‘Gewurztraminer Mitterberg 2022’ di In Der Eben. Ma anche il notevolissimo piwi in anfora ‘Amber 2023’ della Cantina bergamasca Pietramatta, fino ad ‘Ambra’ il prezioso Salina Bianco del non più ragazzo Salvatore d’Amico, o il ‘Kalimera’, deliziosa Biancolella in purezza dell’ischitana Cenatiempo. Tralasciando la realtà più conosciuta, Foradori, che con i suoi 28 ettari qui fa la parte del colosso, ma rimanendo sul terreno della biodinamica, va citato Gino Pedrotti, la cui Nosiola in particolare, dovrebbe essere un caso di scuola per quanto riguarda i macerati. Gli acini li fa logorare a contatto con le bucce in vasche Inox per circa 35 giorni, per poi affinare il vino per dieci mesi in acciaio e altri due in bottiglia. Il vino ha 12 gradi e un 1 g/lt di zucchero, ma sopratutto una trasparenza tale da riflettere tutta la pulizia, l’eleganza, l’equilibrio e la luce di quello che è il vitigno bianco più antico e tra i più preziosi del Trentino. Eccezionale anche in versione Trentino Vino Santo Doc, rivela tutta la capacità del vigneron che dà complessità senza coprire l’identità dell’uva e del territorio dove cresce. Anche il pubblico qui a Trento è diverso a quello che solitamente si incontra a questo tipo di appuntamenti. Un mondo rigorosamente under 40 (con una consistente fascia 25-35), attento, curioso e rispettoso, che ribalta l’assunto secondo cui ai giovani il vino non interessa. Come avviene qui il miracolo del sold-out? Grazie alla disponibilità al racconto e alla scarsa prosopopea da parte dei produttori, oltre alla grande accessibilità dei vini, dato che la maggioranza delle bottiglie è in vendita sotto i 15 euro.


Che differenze ci sono con manifestazione tipo la ‘Slow Wine Fair’ e il ‘Mercato dei vini dei vignaioli indipendenti’ della Fivi? ‘Sono realtà da cui noi prendiamo spunto, sono entrambe dei riferimenti” prosegue Cimadon parlando con askanews, evidenziando che ‘dalla nostra abbiamo il vantaggio di avere molta più libertà nella scelte. Qui siamo tutti volontari – continua – e questo ha un impatto importante sulla manifestazione: ci permette di tenere bassi i costi facendo sì che sia accessibile a tutti i produttori. Inoltre, la cosa bella è che il rapporto con i produttori è molto buono, c’è fiducia reciproca, sanno che nessuno di noi guadagna da ‘Vinifera’ e che nessuno lavora in questo settore e quindi non esistono nemmeno conflitti di interesse. Tutto questo – chiosa – si traduce nel fatto che tutti vogliono tornare l’edizione successiva e che abbiamo sempre più richieste da parte di nuove aziende’. Oggi ‘Vinifera’ è l’evento dedicato al vino più grande e importante del Trentino, una regione che ha una lunga tradizione di viticultura e Cantine sociali e private di rilievo nazionale. ‘E’ bellissimo ma è anche una pressione non gradita: fai fatica a non avere gli occhi di tutti addosso’ risponde con grande sincerità Cimadon, spiegando che se è facile escludere giganti da milioni di bottiglie, lo è meno con le realtà locali: per poter avere anche quelli del resto dell’arco alpino, qui ce ne erano solo 25, mentre avremmo potuti averne una sessantina’.


Non solo vino. Importante lo spazio che quest’anno è stato dedicato a chi coltiva la terra e al cibo, dai mieli ai formaggi, fino ai grani antichi e allo scambio di semi (in sinergia con Coltivare Condividendo e con Rete Semi Rurali), tra dedizione, rispetto e qualità sopraffina. Punti di partenza anche per progetti come la rete ‘Tempi di recupero’, una associazione che interviene sui temi dell’utilizzo integrale delle materie prime e la valorizzazione del recupero gastronomico. Un network di agricoltori, artigiani, cuochi, gelatieri, bartender, imprenditori che promuove ‘una visione consapevole del mondo, contribuendo al raggiungimento dell’obiettivo socio-economico del cibo buono e sostenibile, supportando le persone, i luoghi e le economie più fragili’. Tra loro i giovani e bravissimi Martina Francesconi (gelateria ‘Gelatina’ a Genova), Enrico Ponza (con Fabio Ferrua ‘Antagonisti Gipsy Brewer’ a Melle) e lo chef (già stellato) Juri Chiotti (baita-ristorante Reis a Valmala). (Alessandro Pestalozza)

Vino, Oss. Uiv-Vinitaly: +60% la produzione dealcolati nel 2025

Vino, Oss. Uiv-Vinitaly: +60% la produzione dealcolati nel 2025Milano, 25 mar. (askanews) – La produzione dei vini dealcolati italiani salirà quest’anno di circa il 60% rispetto al 2024, con una quota maggioritaria per i zero alcol (83%) e gli spumanti. È il risultato del sondaggio del nuovo Osservatorio dealcolati di Uiv-Vinitaly relativo al panel sui principali produttori italiani del segmento. “La nicchia produttiva è nella sua fase embrionale ma già si registra l’effetto positivo generato dal decreto di dicembre che disciplina le disposizioni nazionali sulla produzione della categoria” ha commentato il segretario generale di Unione italiana vini (Uiv), Paolo Castelletti, aggiungendo che “prova ne sia che oltre all’aumento dell’offerta la gran parte delle imprese esprime l’intenzione di trasferire la produzione in Italia”.


Al Vinitaly, a fare il punto sul mercato potenziale sia in chiave prodotto che tecnologico, i due convegni organizzati da Uiv in collaborazione con Vinitaly, dedicati a “Zero alcol e le attese del mercato” (martedì 8 aprile alle 10.30, Sala Puccini – Centro Congressi Arena) e “Tecnologia 0.0: produzione e innovazione a confronto” (mercoledì 9 aprile alle 10.30, Sala Bellini – Centro Congressi Arena). Il primo appuntamento presenta una verticale sul mercato dei “NoLo” dalla vendita al consumo, a partire dall’analisi dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly fino agli “insight” dei player degli importatori, della distribuzione e dell’Horeca. Il focus dedicato alla tecnologia vedrà invece protagonisti, in una tavola rotonda, i principali produttori “NoLo” made in Italy e i fornitori di impianti e prodotti per l’enologia zero. Tra i principali mercati obiettivo dichiarati dalle imprese, Nord America, Germania, Paesi Nordici ed Est Europa.

Vino, Gianni Tessari nuovo presidente del Consorzio Lessini Durello

Vino, Gianni Tessari nuovo presidente del Consorzio Lessini DurelloMilano, 25 mar. (askanews) – Gianni Tessari, veronese, fondatore dell’omonima Cantina di Roncà, è il nuovo presidente del Consorzio di Tutela Vini Lessini Durello. Succede alla produttrice vicentina Diletta Tonello, che per tre anni ha presieduto l’ente consortile. Tessari sarà affiancato dai vicepresidenti Silvano Nicolato dell’azienda Vitevis e da Giulia Franchetto dell’omonima Cantina. La decisione è stata presa all’unanimità nel corso dell’ultimo consiglio di amministrazione, tra i primi in Italia per la presenza di produttrici, tenutosi il 24 marzo.


Gianni Tessari, la cui azienda produce sia Soave che Lessini Durello, è uno spumantista di lungo corso e per i prossimi tre anni si troverà a presiedere il Consorzio di Tutela Vini Lessini Durello, con aziende distribuite tra la provincia veronese e quella vicentina. Con la sua nomina il Consorzio tiene fede al principio dell’alternanza secondo cui, di presidente in presidente, Verona e Vicenza vengono parimenti rappresentate. “Quella del Lessini Durello è una Denominazione che da sempre porto nel cuore e sono onorato di poter rappresentare questa eccellente nicchia produttiva in un momento in cui il mondo sta guardando con interesse crescente a questa tipologia di vino” ha dichiarato Tessari, aggiungendo che “la nostra Denominazione ha moltissimo da raccontare sia per quanto riguarda la sua suggestiva zona di produzione, sia per quanto concerne le sue incredibili declinazioni produttive. Sarà un onore – ha concluso – lavorare assieme alle produttrici e ai produttori di questo comprensorio spumantistico per proseguire assieme lungo la via del costante miglioramento qualitativo. Proprio di questo ci ritroveremo a parlare a Vinitaly”.


Una nomina, dunque, che si pone sulla scia della continuità rispetto a quanto fino ad ora realizzato. “Sono orgogliosa che il Cda abbia fatto questa scelta – ha detto la presidente uscente Tonello – perché riconosco indubbie capacità e competenze a Gianni Tessari e perché sono certa che con lui la Denominazione potrà crescere ancora sul fronte della qualità e del prestigio”. Tante le sfide che il nuovo Presidente si troverà di fronte, quella di rendere effettive le modifiche al Disciplinare di produzione che entro l’anno porteranno ad un chiarimento a beneficio del consumatore, a partire dall’etichetta: la dicitura Monti Lessini sarà riferita unicamente al Metodo Classico, mentre con Lessini Durello si farà riferimento al solo metodo Charmat.