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Nel 2022 export di vino bio italiano vale 626 mln: +18% sul 2021

Nel 2022 export di vino bio italiano vale 626 mln: +18% sul 2021Milano, 8 mag. (askanews) – Nel 2022 il valore dell’export di vino biologico italiano è stato di 626 milioni di euro (+18% rispetto al 2021), l’8% circa del peso totale dell’intero export vitivinicolo italiano. È quanto emerge da “Vinobio”, la piattaforma online di dati e informazioni per l’internazionalizzazione del vino biologico Made in Italy curata da Nomisma e promossa da Ice Agenzia e FederBio.

Con 126mila ettari, l’Italia detiene il primato per incidenza di superficie vitata biologica in Europa, che a sua volta rappresenta circa l’84% della quota mondiale. Nel decennio 2010-2020, le superfici bio nel nostro Paese sono cresciute del +141% (2020 vs 2010) contro il +148% della Spagna e il +218% della Francia. Il vino biologico Made in Italy attualmente rappresenta il 19% dell’esportazione globale di agroalimentare bio. Dall’ultima indagine su 110 imprese vitivinicole italiane, è emerso come la Germania sia in assoluto il mercato di destinazione principale per il nostro vino bio (67% delle aziende lo indica come primo mercato di riferimento), seguita dai Paesi Scandinavi (61%). Al di fuori dei confini comunitari la fanno da padrone Svizzera, Stati Uniti e Regno Unito, seguiti da Canada e Giappone.

Sulla base dei dati del Systembolaget, il monopolio svedese che gestisce le vendite di bevande alcoliche, ben un quarto delle vendite di vino è costituito proprio da quelli a marchio bio, per un valore di 600 milioni di euro nel 2021 e un tasso di crescita medio annuo del +15% dal 2014 al 2021. In tale scenario, l’Italia è leader assoluto con un peso sul totale delle vendite di vino bio del 42% sia a valore che a volume, grazie all’ottimo posizionamento di alcuni territori: Veneto (grazie al Prosecco in particolare, che rappresenta la denominazione a marchio bio più venduta in Svezia), Sicilia e Puglia, regioni che nel complesso intercettano ben il 24% delle vendite di vino a marchio biologico in Svezia. Dall’indagine condotta da Nomisma tra gennaio e febbraio 2023 su un campione rappresentativo di consumatori in Svezia e Danimarca (18-65 anni), è emerso come ben il 38% dei wine user scandinavi beva vino a marchio bio di origine italiana e più del 20% lo fa con cadenza settimanale. La propensione al consumo di vino bio Made in Italy cresce tra le famiglie benestanti (tra chi ha redditi medio-alti la quota di user di vino bio italiano cresce fino al 55%) e tra quelle in cui vi sono componenti con età compresa tra i 30 e i 44 anni. Il 46% dei consumatori è interessato a provare un nuovo vino italiano a marchio bio mentre il 35% sarebbe disposto a spendere un differenziale di prezzo superiore al 5% rispetto a un vino italiano non bio. Gli indecisi (34%) sarebbero attratti, oltre che da promozioni e prezzi bassi, anche da brand famosi, da informazioni sul basso impatto ambientale e dalla presenza di confezioni eco-sostenibili.

Il Giappone è il secondo mercato in Asia per consumo di vino (3,4 mln di ettolitri nel 2022) e rappresenta un mercato indubbiamente interessante per i produttori italiani visto che è il quinto importatore mondiale di vino (dopo Stati Uniti, UK, Germania e Canada) con un valore degli acquisti dall’estero pari a 1,7 miliardi di euro. Tra i vini stranieri i consumatori giapponesi mettono al primo posto quelli francesi, lasciando all’Italia la seconda posizione quando devono indicare i Paesi che producono vini di maggiore qualità. Dalla survey condotta da Nomisma tra febbraio e marzo scorsi sui consumatori giapponesi (18-65 anni), emerge comunque un forte potenziale per il nostro vino bio: se è vero, infatti, che ad oggi quasi un consumatore di vino su due (il 45% del totale, per la precisione) ha acquistato o ordinato un vino italiano almeno in un’occasione nell’ultimo anno, la quota di chi ha avuto modo di sperimentare il binomio biologico/Made in Italy per il vino è stata solo del 10%. Ampi spazi di crescita, dunque, per il vino bio italiano, che dal 1 ottobre 2022 può contare sulla certificazione biologica “Jas”, già conosciuta dal 41% dei consumatori giapponesi di vino. Complessivamente il settore del vino biologico in Giappone, pur essendo ancora di nicchia, presenta ampi margini di crescita e potenziali opportunità. Più di un terzo dei consumatori giapponesi sarebbe infatti disposto ad acquistare un nuovo vino bio made in Italy se lo trovasse nei punti vendita in cui effettua abitualmente la spesa alimentare mentre gli indecisi (41% del totale) sarebbero attratti oltre che da prezzi più accessibili, anche da una maggiore comunicazione sui canali tradizionali come radio/tv. Infatti, tra i principali fattori che oggi frenano l’acquisto di vino bio made in Italy vi sono la scarsa informazione sulle caratteristiche distintive dei prodotti biologici italiani ma anche la carenza di referenze sugli scaffali della grande distribuzione.

“Il trinomio vino-biologico-italiano, rappresenta la combinazione vincente per la valorizzazione dell’agroalimentare del nostro Paese sui mercati internazionali” ha dichiarato Silvia Zucconi, responsabile Market intelligence di Nomisma, mentre Brunella Saccone, direttrice dell’Ufficio agroalimentare e vini di Ice Agenzia, ha evidenziato che “l’export italiano nel comparto del vino biologico è in costante crescita negli ultimi anni, e presenta ulteriori margini di sviluppo e nuove opportunità per le aziende italiane. Il vino Made in Italy a marchio biologico – ha concluso – gode infatti di un’ottima reputazione, e la domanda potenziale coinvolge tutti i principali mercati mondiali”.

Consorzio Vini Venezia: svincolo a stoccaggio Pinot Grigio Venezia Doc

Consorzio Vini Venezia: svincolo a stoccaggio Pinot Grigio Venezia DocMilano, 8 mag. (askanews) – Il Consorzio Vini Venezia, ente che promuove e tutela le denominazioni Doc Venezia, Doc Lison-Pramaggiore, Doc Piave e le Docg Lison e Malanotte del Piave, di comune accordo con la Regione Veneto e le associazioni di categoria, ha deliberato in assemblea dei soci lo svincolo del Pinot Grigio Venezia DOC 2022. La richiesta è stata approvata dalla Regione Veneto e il decreto è stato pubblicato nel BUR 60 il 2 maggio.

In una nota, il Consorzio ha spiegato che “a partire dall’estate 2022, i volumi di Pinot Grigio erano stati oggetto di stoccaggio con valenza al 31 dicembre di quest’anno per evitare di eccedere la domanda e, conseguentemente, di ricadere nella contrazione, come già accaduto in precedenza”. In questa sede, il Consorzio “si è ripromesso di verificare gli andamenti della domanda, in modo da poter eventualmente allentare il freno messo alla produzione: il momento non si è fatto attendere e, oggi, grazie all’andamento positivo dei trend di mercato, si è deciso di procedere allo svincolo”. “Siamo soddisfatti di questa delibera che dà sicuramente merito alla scelta lungimirante dello scorso anno attuata dal Consorzio per tutelare i suoi associati e le loro produzioni” ha dichiarato il direttore del Consorzio Vini Venezia, Stefano Quaggio, aggiungendo che “tale manovra, infatti, permetterà all’intera filiera di trarre beneficio dalla produzione del Pinot Grigio Venezia Doc”.

Da tre anni il Consorzio Vini Venezia registra un aumento degli imbottigliamenti rispetto all’anno precedente: nel 2022 è stato registrato un aumento del 9,8 % rispetto al 2021, e del 15,59% sul 2020. Gli imbottigliamenti registrati nel primo trimestre 2023 (gennaio-marzo) sono in linea con il trimestre 2022. La denominazione Venezia Doc è sicuramente quella trainante tra le cinque tutelate dal Consorzio Vini Venezia (Venezia, Lison Pramaggiore, Piave, Lison Docg e Malanotte), e la sua punta di diamante è proprio il Pinot grigio, destinato per il 90% all’export, soprattutto verso Regno Unito e Germania. Il Consorzio conta più di duemila produttori localizzati tra le province di Venezia e Treviso. Nel 2022, Venezia Doc ha totalizzato una produzione pari a 11 milioni di bottiglie (dati ValorItalia), la Doc Piave 1 milione e il Lison Pramaggiore 488 mila.

Con “Cantine aperte” il Movimento turismo del vino festeggia 30 anni

Con “Cantine aperte” il Movimento turismo del vino festeggia 30 anniMilano, 8 mag. (askanews) – Il 27 al 28 maggio con “Cantine aperte”, il Movimento turismo del vino (Mtv) festeggia trenta anni da quando Donatella Cinelli Colombini ebbe l’intuizione in Toscana, di aprire le porte delle Cantine agli appassionati del vino. Nel 1993 le aziende vinicole accessibili erano 25, oggi sono oltre 25mila quelle che offrono accoglienza per un business che vale oltre 2,5 miliardi di euro.

“‘Cantine aperte’ è un evento che negli anni è stato anche uno stimolo di continua crescita per le nostre cantine e per un modello di accoglienza che si può dire unico al mondo” ha dichiarato la presidente del Movimento turismo del vino Toscana, Violante Gardini Cinelli Colombini, aggiungendo che in occasione del trentennale, “ripercorreremo in maniera ancor più particolare l’evoluzione dell’offerta in Cantina con attività originali proposte dalle aziende che prenderanno parte all’iniziativa in tutta la Toscana”. Da Bolgheri alla Maremma, dalle terre di Arezzo a quelle di Pisa, passando per le Docg storiche come San Gimignano, Montepulciano, Montalcino e il Chianti Classico, fino a Carmignano: in Toscana l’offerta per questa due giorni spazia dal trekking, ai pranzi e alle merende in vigna con i prodotti del territorio, degustazioni di vecchie annate, visita ai vigneti storici. Dalla passeggiata nelle fondamenta del tempio di Ercole, alla riscoperta dei vitigni autoctoni con degustazioni al tramonto, passando per il vino raccontato da stornellatori di un tempo, o il metodo classico fatto in una terra di rossi. Ancora visite a Cantine storiche, all’apiario aziendale, o mostre d’arte, senza dimenticare i magnifici paesaggi in cui sorgono e operano.

L’Associazione Movimento turismo del vino Toscana è un ente non profit che raccoglie oltre cento soci fra le più prestigiose Cantine del territorio.

Vino, il 9 maggio al via il Master della Falanghina del Sannio Doc

Vino, il 9 maggio al via il Master della Falanghina del Sannio DocMilano, 6 mag. (askanews) – Si terrà il prossimo 9 maggio alla Masseria Roseto di Benevento, la prima edizione del Master della Falanghina del Sannio Doc, il concorso organizzato dal Sannio Consorzio tutela vini in collaborazione con l’Associazione italiana sommelier (Ais). La manifestazione ha l’obiettivo di contribuire a valorizzare la conoscenza e la divulgazione del vitigno e delle eccellenze vitivinicole locali, insieme con la professione di sommelier.

I sedici candidati dovranno orientare la loro preparazione tecnica-teorica sui seguenti argomenti: storia e diffusione del vitigno falanghina tipo beneventano; peculiarità del vitigno falanghina tipo beneventano, terreno e clima; vini, tipologie e produttori del Falanghina del Sannio Doc ed infine analisi organolettica e abbinamento cibo-vino. La Giuria del Master è composta da Sandro Camilli (presidente Ais), Maurizio Zanolla (responsabile nazionale Area concorsi Ais), Tommaso Luongo (presidente Ais Campania), Luca Matarazzo (responsabile regionale Area concorsi Ais), Libero Rillo e Nicola Matarazzo, rispettivamente presidente e direttore del Sannio Consorzio Tutela Vini, e Pasquale Carlo (responsabile di Sannio Academy). Una giuria composta da produttori, scelti dall’organizzazione, assegnerà poi la targa di “Miglior Comunicatore – Falanghina del Sannio”.

Il Master si svilupperà in due fasi, alle 10 la semifinale a cui accedono tutti i concorrenti e non è aperta al pubblico, e alle 15 la prova finale aperta a tutti che sarà così articolata: proclamazione dei tre finalisti; degustazione alla cieca di un vino della denominazione Falanghina del Sannio DOC interrotta da tre domande da parte del presidente di giuria; accoglienza della clientela e servizio del vino al tavolo, con decantazione; prova di abbinamento su richiesta dei commensali ed infine prova di comunicazione. Al termine la proclamazione del vincitore.

Olio d’oliva, Agrinsieme: Ue ritira modifiche su vendita dello sfuso

Olio d’oliva, Agrinsieme: Ue ritira modifiche su vendita dello sfusoMilano, 6 mag. (askanews) – Agrinsieme esprime grande soddisfazione per la decisione della Commissione Ue di ritirare la proposta di modifica delle norme di commercializzazione per consentire la vendita di olio di oliva sfuso. Agrinsieme aveva fortemente caldeggiato questo esito nei vari tavoli di confronto a livello nazionale ed europeo, sottolineando “la pericolosità dell’apertura alla vendita di olio sfuso per diversi motivi, in particolare per il rischio di peggioramento della qualità del prodotto e la difficoltà ad eseguire i controlli necessari per evitare frodi e garantire sicurezza del consumatore”.

“In caso di bottiglie aperte e riutilizzabili – spiega il Coordinamento – non ci sarebbe infatti alcuna garanzia né della qualità, né del rispetto delle norme igieniche. La vendita di olio sfuso comporterebbe sicuramente una conservazione inadeguata per errata esposizione alla luce e al calore, per l’ossidazione e la contaminazione da batteri”. “Inoltre, la vendita di olio sfuso avrebbe potuto vanificare gli sforzi compiuti dagli operatori e dagli Stati membri per garantire il rispetto delle norme di commercializzazione degli oli d’oliva” aggiunge Agrinsieme, evidenziando che “nel corso degli anni gli operatori si sono impegnati affinché la qualità del prodotto immesso sul mercato interno ed esportato fosse ottimale, sensibilizzando i consumatori anche sui valori nutrizionali e aumentandone la riconoscibilità. Con la vendita di olio sfuso – conclude – sarebbero stati annullati molti risultati fin qui ottenuti”. “lla decisione della Commissione nell’ultima riunione del Comitato di gestione ha contribuito l’azione congiunta dei Paesi dell’area del Mediterraneo. Agrinsieme ringrazia il Masaf, che ha compreso e sostenuto nelle sedi europee l’istanza della filiera produttiva nazionale per la valorizzazione del settore dell’olio di oliva.

Etichette irlandesi, Coldiretti: bene dubbi Usa e Cuba espressi a Omc

Etichette irlandesi, Coldiretti: bene dubbi Usa e Cuba espressi a OmcMilano, 5 mag. (askanews) – “Sono importanti i commenti espressi, entro la scadenza prevista del 7 maggio, da Cuba e Stati Uniti all’Organizzazione mondiale del commercio sul provvedimento irlandese ‘Public Health Alcohol Labeling Regulations’”. Lo dichiara Coldiretti, ribadendo che quello irlandese è “un provvedimento allarmistico che limita la libera circolazione delle merci e disinforma i consumatori”.

“Gli Stati Uniti – conclude la nota – oltre ad essere politicamente influenti, sono i maggiori consumatori mondiali di vino con circa 33 milioni di ettolitri”.

Da Usa e Cuba dubbi su etichette Irlanda, da 7-5 stop a pareri Paesi Omc

Da Usa e Cuba dubbi su etichette Irlanda, da 7-5 stop a pareri Paesi OmcMilano, 5 mag. (askanews) – Domenica 7 maggio scadono i novanta giorni concessi ai Paesi membri dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc) per trasmettere i propri commenti sulla notifica inviata dall’Irlanda sui cosiddetti “health warning” sulle etichette degli alcolici (“Public Health Alcohol Labeling Regulations”) vendute nel mercato interno. E ieri Stati Uniti e Cuba hanno avanzato dubbi e perplessità riprendendo, almeno in parte, le tesi contrarie espresse nei mesi scorsi nei circostanziati pareri presentati da oltre dieci Paesi, tra cui Italia, Francia e Spagna.

Federvini, che tramite le associazioni europee Comité Vins e spiritsEUROPE, ha lavorato per sensibilizzare i principali partner non europei affinché potessero partecipare alla procedura avviata con la notifica a livello OMC, ha spiegato che “le autorità irlandesi avrebbero deciso di sospendere ulteriormente l’applicazione della normativa in attesa degli esiti della procedura dinanzi all’Omc”. La presidente di Federvini, Micaela Pallini ha spiegato che “i commenti espressi da Stati Uniti e Cuba rappresentano un segnale importante e significativo per stimolare l’attenzione internazionale su un tema di comune interesse quale quello della tutela della libera circolazione delle merci e della corretta informazione dei consumatori”. “Auspichiamo che i commenti di Paesi terzi possano condurre la Commissione europea a considerare con attenzione i profili critici legati alla normativa irlandese e le conseguenze non solo economiche ma anche reputazionali della stessa Unione europea che potrebbero derivare dalla sua applicazione” ha proseguito Pallini, augurandosi che “i contributi internazionali possano agevolare l’apertura quanto prima di un dialogo trasparente e costruttivo con l’Irlanda e con tutti i soggetti istituzionali per riportare il dibattito nella giusta direzione di un contrasto all’abuso attraverso l’educazione e l’informazione corretta dei consumatori”.

Vino, sindaco Pantelleria: Zibibbo è nostro, nessuno deve portarcelo via

Vino, sindaco Pantelleria: Zibibbo è nostro, nessuno deve portarcelo viaMilano, 4 mag. (askanews) – “Non è una battaglia per il solo vitigno e vino di Zibibbo ma la difesa di una produzione rinomata che identifica Pantelleria nel mondo. Delocalizzare lo Zibibbo vuol dire incentivare un lento declino produttivo, economico, vitale a vantaggio di pochi imprenditori non panteschi. Urge trovare una soluzione intelligente che blocchi la clonazione di un gioiello locale e impedisca la scomparsa di un paesaggio unico”. E’ quanto ha dichiarato Giampietro Comolli, esperto di enologia, agronomia e Distretti, in merito all’allarme lanciato dai viticoltori panteschi sul rischio di clonazione dello Zibibbo nella Doc Sicilia e Igt Terre Siciliane.

Comolli è stato coinvolto dal sindaco di Pantelleria, Vincenzo Campo, nell’organizzazione di una tre giorni di incontri sul futuro vitivinicolo e agricolo dell’isola che si terrà dal 5 al 7 maggio con l’inequivocabile titolo “Zibibbo è Pantelleria”. “Occorre condivisione e voglia di crederci da parte dei panteschi: il valore e la risorsa economica si concretizza se c’è difesa delle qualità d’origine, dello sviluppo coordinato del turismo, più legame terra e mare, più legame fra panteschi e residenti” ha affermato il sindaco Campo, sottolineando che il Comune lancia questo evento alla luce “dello status precario, difficile e vulnerabile del nostro Zibibbo, che è il vino principe di Pantelleria da secoli: nessuno può e deve portarcelo via”. Secondo Comolli, negli anni ’60-’70 del secolo scorso su questa magnifica isola vulcanica in provincia di Trapani c’erano 5.000 ettari vitati quasi totalmente a Zibibbo, e circa 6.000 famiglie di viticoltori che vivevano del loro lavoro, con una produzione che si attestava intorno ai 200mila quintali di uva fresca. Oggi i vignaioli puri rimasti sono solo 357, e coltivano appena 400 ettari di Zibibbo, producendo 18mila quintali di uva Doc destinata alla vinificazione dei vari vini. Una produzione media di 45 q/ha (da 20 a 60 a seconda delle zone ed esposizione) con un potenziale di 1,1 milione di bottiglie a Denominazione, di cui circa il 90% per due delle nove tipologie previste: il “Pantelleria DOC passito liquoroso” e il “Pantelleria DOC Moscato liquoroso”.

Dai dati del Consorzio di Tutela emerge che la produzione di bottiglie di “Pantelleria Doc Zibibbo dolce” risulta oggi limitatissima: tre grandi cantine su 22 imbottigliano 7.300 ettolitri degli 8.400 complessivi. Per Comolli, si tratta di “uva d’oro pagata solo 1,3 euro al chilo, quando potrebbe avere un valore potenziale riconosciuto di 5-7 euro al chilo, e un prezzo medio della mezza bottiglia di 7-8 euro, quando potrebbe avere un valore sul mercato tra i 20-25 euro”. “Un ricavo oggi per tutti i viticoltori di 2,5 mln di euro a vendemmia, quando potrebbe invece sfiorare i 9” insiste, sottolineando che “lo stesso vale per le bottiglie: ad un valore all’origine di 3,3 milioni di euro e sul mercato di circa 5,9 milioni, si potrebbe realizzare un fatturato per tutte le 22 cantine (ovviamente riducendo la quantità di bottiglie) almeno di 15-18 milioni di euro”. Il sindaco Campo va oltre, spiegando che “l’allarme vero è dato da tre numeri: i 3.000 ettari di Moscato d’Alessandria ma chiamato Zibibbo, ufficialmente impiantati dal 2015 ad oggi a Trapani, Agrigento, Siracusa su terreni non vulcanici; un prezzo dell’uva al viticoltore pantesco che è 1/5 del suo vero valore reale se paragonato ad altre uve simili; il 70-80% di commercializzazione di ‘vino liquoroso’ e ‘moscato passito’ alla faccia di poche migliaia di bottiglie di Zibibbo Pantelleria Doc Passito Naturale che non esiste più…”.

R. Lombardia finanzia progetto di birra artigianale in Valchiavenna

R. Lombardia finanzia progetto di birra artigianale in ValchiavennaMilano, 4 mag. (askanews) – Regione Lombardia promuove il progetto di ‘Filiera brassicola Retica”, finanziando con 200mila euro il Comune di Piuro (Sondrio) per consentire l’acquisto di un impianto per la produzione professionale di birra. Lo ha comunicato in una nota l’assessore all’Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste, Alessandro Beduschi, annunciando il provvedimento assunto su sua proposta dalla Giunta regionale.

Lo stanziamento rientra nell’ambito degli interventi previsti dalla legge regionale 9/2020, che ha istituito un fondo per la ripresa economica a seguito dell’emergenza Covid 19. La delibera darà seguito alla Convenzione sottoscritta tra Regione Lombardia e Comune di Piuro, permettendo l’acquisto di tutta la strumentazione necessaria e la realizzazione dei lavori per la messa in funzione dell’impianto, prevista entro marzo del 2024. “Questo progetto crea l’occasione per dare slancio a un’attività storica per il territorio” ha commentato Beduschi, aggiungendo che “allo stesso tempo rafforza la filiera della produzione di birra artigianale di qualità, che in Lombardia è una realtà in grandissima crescita e vede l’Italia al quarto posto in Europa”. “I microbirrifici lombardi sono triplicati negli ultimi dieci anni tanto che oggi possiamo parlare di oltre trecento aziende con oltre 1500 addetti e un fatturato di circa 70 milioni di euro, pari al 30% di quello nazionale” ha proseguito l’assessore, precisando che “l’avvio della produzione di birra in Valchiavenna è coerente con la nostra intenzione di valorizzare l’economia agricola dei territori, favorendo la coltivazione di materie prime locali, la tutela di ambiente e paesaggio e anche aumentando la ricettività turistica, dato che l’impianto sarà aperto e visitabile”.

“In questo contesto – ha concluso – la birra potrà rappresentare un fattore attrattivo, che vogliamo alimentare anche grazie alla legge approvata nel 2020, che oltre a istituire un marchio regionale prevede l’istituzione del registro dei microbirrifici, l’avvio di corsi per gli operatori e la collaborazione tra impese agricole e imprenditori del settore”. Soddisfatto anche l’assessore regionale a Enti locali e Montagna, Massimo Sertori, che ha commentato come “ancora una volta la Valchiavenna, e in particolare il comune di Piuro, hanno dimostrato proattività e forte interesse per lo sviluppo economico del proprio territorio. Proprio a Piuro è stato realizzato uno degli otto campi di luppolo sperimentali lombardi” ha ricordato Sertori, concludendo “un progetto fortemente voluto da Regione (Ersaf), con l’obiettivo di sviluppare il settore della birra sul territorio”.

Vino, 13 e 14 maggio a Castagnole Monferrato c’è la Festa del Ruchè

Vino, 13 e 14 maggio a Castagnole Monferrato c’è la Festa del RuchèMilano, 4 mag. (askanews) – Il 13 e 14 maggio, l’Associazione Produttori Ruchè di Castagnole Monferrato (Asti) ripropone il consolidato appuntamento che fa incontrare i vignaioli della Docg Ruchè, vino rosso prodotto da un vitigno autoctono dei più rari tra quelli coltivati nel Monferrato astigiano, a professionisti ed appassionati nella Tenuta La Mercantile, un complesso della fine del XVII secolo circondato da uno splendido giardino all’italiana.

L’evento, che prevede degustazioni, incontri con i produttori, vendita di bottiglie, stand gastronomici e musica, è organizzato in collaborazione con Go Wine e il Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato.