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A Tirreno C.T. la miglior colomba classica arriva da Foggia

A Tirreno C.T. la miglior colomba classica arriva da FoggiaRoma, 5 mar. (askanews) – Arriva dalla Puglia, da San Marco in Lamis, nel foggiano per l’esattezza, la miglior colomba classica italiana del 2024. A realizzarla e presentarla al campionato nazionale dedicato al dolce pasquale per eccellenza organizzato dalla Federazione Internazionale di Pasticceria, Gelateria e Cioccolateria (Fipgc) a Tirreno C.T, in corso di svolgimento a Carrarafiere, è stato Michele Pirro. Il maestro pasticcere di San Marco in Lamis si è piazzato al primo posto assoluto di categoria per il secondo anno consecutivo.


Premiato invece nella categoria Colomba innovativa Andrea Ceracchi, pasticciere di Cori (Lt) che ha trionfato con una colomba a base di frutta fresca. Al concorso sono stati presentati oltre 100 dolci. Secondo i dati raccolti da Unione Italiana Food, lo scorso anno la produzione complessiva della colomba è stata di 23.443 tonnellate pari a 96,1 milioni di euro, con un consumo di circa 29,1 milioni di pezzi. Un recente studio condotto da AstraRicerche per Unione Italiana Food mostra come a consumare la colomba siano più di 7 italiani su 10, in particolare le famiglie con bambini e adolescenti (76%), con una percentuale lievemente maggiore nel Centro-Sud.


La preferenza va alla tradizione, 65,3%, mentre il 9,7% sceglie colombe arricchite da farciture e glasse. Quasi la metà dei consumatori (49,9%) sceglie quelle dell’industria di marca mentre mentre uno su cinque (20,7%) preferisce la produzione artigianale.

Sistema agroalimentare Ue dipende da import per soia e derivati

Sistema agroalimentare Ue dipende da import per soia e derivatiRoma, 5 mar. (askanews) – Il sistema agroalimentare UE dipende dalle importazioni di fattori produttivi e materie prime e soprattutto per quanto riguarda la soia ed i suoi derivati, i fertilizzanti fosfatici ed i minerali ferrosi. L’84% dei semi di soia impiegati nell’UE sono importati infatti da paesi terzi: il 50% delle importazioni proviene dal Brasile, il 35% dagli USA. La dipendenza dalle importazioni raggiunge il 97% degli impieghi per le farine di soia, considerando anche quelle ottenute nell’UE da semi importati. Il 68% dei fertilizzanti fosfatici impiegati nell’UE deriva direttamente o indirettamente da importazioni provenienti in prevalenza dal Marocco, che pesa per il 28% sul totale delle importazioni, e dalla Russia, col 23%. Sono alcuni dei dati contenuti nello studio “The dependency of the EU’s food system on inputs and their sources” condotto da Areté, specialista nell’analisi di policy per l’agrifood, per il Parlamento Europeo.


Partnership strategiche con i Paesi terzi principali esportatori di materie prime, innovazione tecnologica per aumentare l’efficienza nell’uso dei fattori, l’attento “dosaggio” delle misure PAC, vengono indicate come le principali soluzioni al problema. Lo studio indaga il grado di dipendenza del sistema agroalimentare UE dall’importazione di fattori produttivi e materie prime, analizzando le principali vulnerabilità che derivano da un’elevata dipendenza dalle importazioni, specialmente se provenienti da un numero molto ridotto di Paesi terzi.


Lo studio individua anche i principali fattori esterni che possono ulteriormente aggravare queste vulnerabilità, come ad esempio le recenti difficoltà dei sistemi logistici globali a seguito della situazione nel Mar Rosso. Ma indaga anche gli strumenti più interessanti e percorribili per ovviare a queste vulnerabilità, formulando una serie di raccomandazioni per aumentare la resilienza del sistema agroalimentare UE e ridurre la sua dipendenza dalle importazioni di commodity da Paesi terzi. Queste includono lo sviluppo di partnership strategiche con i Paesi terzi principali fornitori di materie prime, la promozione di innovazioni tecnologiche che aumentino la produttività senza un maggiore impiego di mezzi di produzione, ed un sostegno rafforzato della PAC alla coltivazione di piante proteiche e a quanti scelgano di adottare pratiche agricole a basso impiego di inputs.

Per sostenere ingresso Ucraina in Ue servono 100 mld in più a Pac

Per sostenere ingresso Ucraina in Ue servono 100 mld in più a PacRoma, 5 mar. (askanews) – 100 miliardi per salvare la PAC. Ecco quanto servirebbe per sostenere la Politica Agricola Comune se l’Ucraina entrasse nell’Unione Europea. Perchè se l’Ucraina entrasse in UE oggi e alle condizioni attuali dovrebbe ricevere, in base agli ettari coltivati, fondi per oltre il 20% del budget annuale dell’intera Europa dedicato al sostegno agli agricoltori. E’ stato questo il tema al centro dell’evento, organizzato dalla piattaforma editoriale Withub, tenutosi oggi a Bruxelles, dal titolo “#AGRIFOOD24, nuove coordinate per la sostenibilità dell’agricoltura UE”. All’evento hanno partecipato le principali associazioni di categoria Cia, Coldiretti, Confagricotura, Eat Europe e Filiera Italia, nonchè il Commissario Europeo per l’Agricoltura, Janusz Wojciechowski.


La premessa è capire quali sarebbero gli effetti sulla PAC dell’ingresso in Europa di un gigante agricolo come l’Ucraina, visto che l’Europa assegna i finanziamenti ai paesi membri prevalentemente in base all’estensione in ettari della superficie agricola. Oggi, i 27 Stati dell’UE hanno una superficie agricola di 157 milioni di ettari, la sola superficie coltivabile dell’Ucraina è di 41 milioni di ettari. Secondo l’elaborazione del Centro Studi GEA su una simulazione a cura del professor Angelo Frascarelli dell’Università di Perugia, basata su un calcolo effettuato sui criteri della Pac attuale, se l’Ucraina entrasse in UE oggi, dovrebbe ricevere, in base agli ettari coltivati, fondi per oltre il 20% del budget annuale dell’intera Europa dedicato al sostegno agli agricoltori. Una proiezione fatta ipotizzando l’ingresso dell’Ucraina alle stesse condizioni degli attuali Paesi membri dell’Ue. Si tratta, quindi di un’importante, ma necessaria, semplificazione dello scenario secondo la quale, tuttavia, l’equilibrio degli altri Paesi UE sarebbe sconvolto. In un’Unione Europea a 28 Stati, infatti, gli ettari coltivati salirebbero a 198 milioni e mezzo rispetto ai 157 milioni e mezzo attuali. A parità di budget, stando alla simulazione, per ogni ettaro coltivato si riceverebbero 272,34 euro anziché gli attuali 343,52.

Lollobrigida: in Giappone per rafforzare made in Italy alimentare

Lollobrigida: in Giappone per rafforzare made in Italy alimentareRoma, 5 mar. (askanews) – “Il mercato giapponese non solo può garantirci maggiore forza e ospitalità per le nostre imprese, ma può permetterci di integrarci ancora meglio nel sistema dell’Asia e cercare di aprire nuove strade”. Così il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, inaugurando il Padiglione Italia a Foodex Japan in corso a Tokyo, la più importante manifestazione dell’agroalimentare in Giappone.


“Il fatto che in ogni fiera la nostra presenza sia così massiccia e quasi sempre la più numerosa, dimostra che per i prodotti italiani c’è più mercato. Ringrazio tutti i nostri imprenditori perché hanno tenuto alta la bandiera dell’Italia – ha aggiunto il ministro – Il Governo Meloni, insieme all’ICE, è costantemente impegnato per creare le condizioni ideali per far aumentare le esportazioni e la presenza strategica delle imprese italiane nel mondo. Oggi siamo a Tokyo per rafforzare il legame strategico con questa Nazione che apprezza sempre più il Made in Italy”. “Il nostro impegno – ha quindi ricordato Lollobrigida – è massimo anche per tutelare le eccellenze italiane dalle imitazioni, perché deve essere protetta l’originalità delle nostre produzioni e delle nostre trasformazioni. Per essere combattuto, il fenomeno dell’italian sounding va innanzitutto spiegato oltre i nostri confini, per il bene dell’economia italiana e di chi, in ogni angolo del mondo, chiede qualità. Da noi produrre costa di più, paghiamo più tasse, rispettiamo i lavoratori e l’ambiente. Questo assume un valore che va protetto e difeso”, ha concluso il ministro Lollobrigida.

Cuochi Alleanza Slow Food Emilia Romagna a sostegno allevatori

Cuochi Alleanza Slow Food Emilia Romagna a sostegno allevatoriRoma, 5 mar. (askanews) – Al via la nuova campagna Slow Food Italia a sostegno di allevatori e allevamenti virtuosi: 34 cuoche e cuochi dell’Alleanza Slow Food provenienti da tutta l’Emilia-Romagna si sono riuniti ieri, lunedì 4 marzo, a Casalecchio di Reno, nel bolognese, ospiti dell’IPSAR Veronelli, per il primo incontro annuale della rete organizzato da Slow Food Emilia-Romagna.


Una giornata per confrontarsi e progettare insieme le attività da svolgere nel corso del 2024. L’incontro è stato l’occasione per presentare “Allevare rispettando gli animali e la terra”, la nuova campagna di Slow Food Italia dedicata a un modello di allevamento rispettoso, che coinvolge i cuochi e le cuoche dell’Alleanza Slow Food di tutta la penisola. Per sostenere i buoni allevatori che preservano la fertilità della terra, custodiscono biodiversità, rispettano i loro animali e producono carne, latte e formaggi di qualità, Slow Food chiama in aiuto i cuochi e le cuoche dell’Alleanza che, aderendo alla campagna “Allevare rispettando gli animali e la terra”, parteciperanno in prima linea con una serie di iniziative e di eventi in tutta Italia.


Tra i partecipanti Massimiliano Mussoni, dell’Osteria la Sangiovesa di Santarcangelo di Romagna, che un allevatore lo è per davvero: l’osteria da sempre conta per le materie prime su un’azienda agricola collegata. Presto inizierà ad allevare direttamente i suoi polli Romagnoli, Presidio Slow Food. Secondo Massimo Spigaroli, cuoco stellato dell’Antica Corte Pallavicina di Polesine Parmense, uno dei primi protagonisti dell’Alleanza Slow Food dei cuochi “dobbiamo impegnarci affinché siano organizzati corsi specifici negli istituti scolastici a indirizzo alberghiero, dedicati a insegnare la cucina legata alla terra, alle pratiche tradizionali e rispettose dell’ambiente. I cuochi sono indispensabili per sostenere i produttori e indirizzarli alla qualità. Oggi dobbiamo pensare al futuro, anche a quello di chi questi prodotti li lavora e li valorizza in un piatto”.

Festa Bio Milano, focus su donne leader in transizione ecologica

Festa Bio Milano, focus su donne leader in transizione ecologicaRoma, 5 mar. (askanews) – Torna a Milano la Festa del BIO, l’evento di riferimento del biologico italiano. Palazzo Giureconsulti, in Piazza Mercanti, ospiterà sabato 9 marzo, dalle 10, la kermesse del biologico gratuita e dedicata a tutta la famiglia.


L’edizione 2024 della Festa del BIO milanese si focalizzerà, in particolare, sull’impegno delle donne verso sistemi agroalimentari sostenibili dal campo alla tavola dove, con ruoli diversi ma con un obiettivo comune, stanno guidando la svolta verso il biologico e l’agroecologia, essenziali per la salute delle persone e del Pianeta. All’indomani dell’8 marzo, la conferenza inaugurale della Festa del BIO sarà tutta al femminile con la presenza, tra gli altri, di Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio, Barbara Nappini, presidente di Slow Food, Nicoletta Maffini, P+presidente di AssoBio e Maria Letizia Gardoni, presidente di Coldiretti Bio.


“Le donne hanno sempre giocato un ruolo importante nei sistemi agricoli e alimentari, dal campo alla tavola, ed oggi sono impegnate per il cambiamento dei sistemi di produzione e consumo verso la sostenibilità e il rispetto dell’ambiente anche per le future generazioni, per le quali il biologico svolge una funzione fondamentale. Ecco perché abbiamo scelto di metterle al centro della Festa del BIO”, sottolinea in una nota Maria Grazia Mammuccini, Presidente di FederBio. La Festa del BIO è un evento itinerante che ha l’obiettivo di far conoscere e riflettere sui valori del vero biologico come elemento in grado di rispondere alle esigenze di salute, tutela degli ecosistemi e contrasto ai cambiamenti climatici.


“Le donne svolgono una funzione fondamentale anche per il cambiamento nei consumi e in questo momento di grande criticità dei sistemi agricoli, è estremamente importante rimettere al centro l’educazione alimentare – continua Mammuccini – Serve una crescita di consapevolezza collettiva che permetta di scegliere la qualità del cibo che si consuma, facendo attenzione alla stagionalità, alla prossimità e al contenimento degli sprechi. La transizione agroecologica è la risposta al futuro dei sistemi agroalimentari. Vanno però incentivati i consumi di biologico anche con una fiscalità ambientale che possa contenere i prezzi e garantire la giusta remunerazione per i produttori”.

Eataly partner ufficiale di Ducati corse nel MotoGP 2024

Eataly partner ufficiale di Ducati corse nel MotoGP 2024Milano, 5 mar. (askanews) – Eataly ha stretto una partnership con Ducati Corse nel campionato mondiale MotoGP 2024. La collaborazione partirà già col primo GP della stagione che avrà luogo in Qatar dal 8 al 10 marzo.


“Eataly e Ducati rappresentano l’eccellenza italiana nel mondo e siamo orgogliosi di poter sostenere la squadra nella stagione 2024 ormai alle porte – commenta Andrea Cipolloni, group Ceo Eataly – Iniziamo questo nuovo percorso con un’azienda e con persone con cui condividiamo molti valori. Attraverso questa alleanza vogliamo valorizzare ancora di più la nostra vocazione internazionale che ci ha permesso di essere presenti con i nostri flagship store in 15 paesi del mondo”. “Eataly, come Ducati, è un marchio che si fa ambasciatore del made in Italy nel mondo e con il quale condividiamo valori come l’orientamento alla qualità e all’eccellenza – aggiunge Claudio Domenicali, Ceo di Ducati Motor Holding – Siamo orgogliosi di averli al nostro fianco in questa stagione MotoGP che sta per iniziare, partnership come questa ci motivano ulteriormente a dare il massimo sui circuiti di tutto il mondo”.


L’accordo con Ducati Corse prevede la presenza del marchio Eataly sulla spalla destra delle tute del campione del mondo Francesco Bagnaia ed Enea Bastianini, piloti ufficiali del Ducati Lenovo Team, all’interno del box e nell’area hospitality. Inoltre, Eataly sarà presente a eventi all’insegna del made in Italy che verranno organizzati all’interno dell’hospitality ufficiale in occasione di alcune gare.

Studio Crea: ecco come turismo rurale fa crescere territorio

Studio Crea: ecco come turismo rurale fa crescere territorioRoma, 5 mar. (askanews) – Il turismo rurale fa crescere il territorio, perchè rurale non vuol dire solo agricoltura, ma anche agriturismo. “Il panorama multiforme del turismo rurale. Politiche e interventi”, questo il titolo della pubblicazione curata dalle ricercatrici del CREA Politiche e Bioeconomia, Catia Zumpano e Annalisa Del Prete nell’ambito delle attività della Rete Rurale Nazionale e che tratta quelle forme di turismo con cui vivere appieno le aree rurali nelle loro molteplici dimensioni, in un’ottica di salvaguardia e valorizzazione delle risorse locali. Un turismo che si contraddistingue per la multifunzionalità e la diversificazione delle attrattività dei territori.


Il volume, raccontando esperienze di successo, in cui il turismo si è posto come leva per lo sviluppo territoriale e la crescita economico-sociale delle aree rurali, ambisce ad essere uno spunto di riflessione per i policy maker, una panoramica di ambiti da approfondire per i ricercatori e uno stimolo alla collaborazione per gli stakeholder locali. Il rapporto si apre con l’introduzione del concetto di turismo rurale e del suo legame imprescindibile con lo sviluppo territoriale sostenibile e prende in considerazione le diverse dimensioni del turismo rurale: il legame tra turismo e attività agricola, con un approfondimento sul settore agrituristico, la sinergia fra turismo e cultura in un’ottica di sviluppo sostenibile, la connessione tra acqua, turismo e servizi ecosistemici con un approfondimento sulle potenzialità turistiche dell’acqua nelle aree rurali e l’analisi del valore socioculturale del bosco, caratterizzato da un’offerta sempre maggiore di servizi ricreativi, sportivi e hobbistici.


L’agriturismo in Italia continua a rappresentare l’attività di diversificazione più praticata dalle aziende agricole italiane (38%) con un valore di produzione di circa 1,5 miliardi di euro che, unito alle altre attività multifunzionali (fattorie didattiche, agricoltura sociale, ecc..), costituisce più di un quinto del valore della produzione del settore primario nazionale. In crescita del 40% rispetto al 2013 la presenza di turisti nelle aziende agrituristiche (di cui il 49% stranieri). Ma la crescita delle attività turistiche nelle aree rurali può contare su un panorama molto più ampio di possibilità di sviluppo, sia in termini di dimensioni che di risorse finanziarie. Secondo l’Istituto Nazionale di Ricerche Turistiche (ISNART) il 49,2% dei turisti ha scelto mete naturalistiche, alla riscoperta e rivitalizzazione di una parte rilevante delle cosiddette aree interne e marginali del Paese.


Nel nuovo Piano Strategico della PAC 2023-27, infatti, il turismo è concepito sia in termini di attrattività dei territori che di diversificazione: per il potenziamento delle attività turistiche sono state stanziate ad hoc risorse per 118 milioni di euro, di cui il 64% destinate agli agriturismi, il 21% per investimenti finalizzati ad aumentare l’attrattività delle aree rurali e il 18% per sostenere le attività di cooperazione per il turismo rurale nell’ambito del Leader. Il turismo rurale beneficerà anche degli investimenti della PAC per valorizzare e salvaguardare la risorsa acqua e le foreste.

Accordo Consiglio-PE: stop a prodotti fatti con lavoro forzato

Accordo Consiglio-PE: stop a prodotti fatti con lavoro forzatoRoma, 5 mar. (askanews) – Il Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio sul regolamento che vieta l’ingresso sul mercato comunitario i prodotti realizzati mediante lavoro forzato. L’accordo provvisorio raggiunto oggi tra i due colegislatori sostiene l’obiettivo principale della proposta di vietare l’immissione e la messa a disposizione sul mercato dell’UE, o l’esportazione dal mercato dell’UE, di qualsiasi prodotto realizzato utilizzando il lavoro forzato e introduce modifiche significative alla proposta originaria, chiarendo le responsabilità della Commissione e delle autorità nazionali competenti nel processo investigativo e decisionale.


Un accordo che avrà risvolti anche sul settore agroalimentare, visto che sono diversi i cibi che entrano nel nostro Paese su cui grava l’accusa di essere ottenuti dall’utilizzo del lavoro forzato “ed è per questo importante la decisione dell’Unione Europea di vietare l’accesso al mercato comunitario alle merci ottenute da una moderna forma di schiavitù che riguarda oltre 26 milioni di persone in tutto il mondo, tra cui minori”. E’ il commento di Ettore Prandini, presidente della Coldiretti. L’intesa introduce modifiche significative alla proposta originaria, chiarendo le responsabilità della Commissione e delle autorità nazionali competenti nel processo investigativo e decisionale. La decisione finale (cioè vietare, ritirare e smaltire un prodotto realizzato con lavoro forzato) sarà presa dall’autorità che ha condotto l’indagine. Nel caso in cui la decisione sia presa da un’autorità nazionale si applicherà in tutti gli altri Stati membri sulla base del principio del reciproco riconoscimento.


Secondo l’analisi della Coldiretti sui dati del Dipartimento del lavoro Usa, tra i prodotti agroalimentari coltivati o trasformati grazie al lavoro forzato di adulti e bambini ci sono anche peperoncini dal Messico, riso dal Mali, castagne dal Perù, pesce dalla Thailandia, dall’Indonesia e dalla Cina, canna da zucchero dal Brasile. Cibi che finiscono sugli scaffali dei supermercati italiani o europei invasi dalle importazioni di prodotti extracomunitari che fanno concorrenza sleale ai produttori agricoli e mettono a rischio la salute dei consumatori. “Abbiamo più volte sollecitato l’Unione Europea a bloccare le importazioni di prodotti alimentari ottenuti dallo sfruttamento”, ricorda Prandini sottolineando anche la necessità che “dietro tutti i cibi che arrivano sulle tavole ci sia un percorso di qualità che riguarda la tutela dei minori, oltre che del lavoro, dell’ambiente e della salute. Facendo valere il principio di reciprocità su tutti gli accordi commerciali”.

Il mercato giapponese apre le porte all’agnello di Sardegna Igp

Il mercato giapponese apre le porte all’agnello di Sardegna IgpRoma, 5 mar. (askanews) – Il mercato giapponese apre le porte all’agnello di Sardegna Igp. Il Consorzio di tutela dell’Agnello Igp sta partecipando al Foodex Giappone, giunto alla 49esima edizione, che si tiene a Tokyo da oggi 5 fino all’8 marzo. La partecipazione del Consorzio fa parte delle azioni di promozione che il Contas sta portando avanti da diversi anni. Per questo motivo è stato premiato dal ministero dell’Agricoltura con il premio Ambasciatori del Cibo Italiano nel Mondo dal ministro Francesco Lollobrigida, presente alla manifestazione fieristica.


La presenza del Consorzio a Tokyo era stata annunciata già durante la partecipazione alla fiera di Dubai lo scorso novembre e arriva grazie a Ice, agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. L’occasione apre le porte di un mercato ricco di opportunità per le carni. “È il terzo più grande al mondo dopo Stati Uniti e Cina, con un valore stimato di 33 miliardi di euro nel 2023 – spiega Alessandro Mazzette, direttore del Contas – in crescita del 3,5% rispetto all’anno precedente. I consumatori giapponesi mangiano quasi il 20% in più di carne pro capite rispetto a 20 anni fa, ma – in linea con le tendenze del mondo Asiatico – soprattutto carne di maiale e pollame, che costituiscono l’81% del mercato, continuano ad essere sempre più popolari il manzo e l’agnello, che rappresentano il 19% del mercato.


Il Giappone importa circa 22 mila tonnellate di carne di pecora e agnello all’anno per una valore di circa 233 milioni di euro nel 2022. E poiché il valore delle importazioni è aumentato del 7,1% dal 2019 al 2022 è facile ritenere che possa ancora crescere nel futuro immediato. Anche perché si tratta di un paese che non produce carne d’agnello ma la importa per oltre il 90% da Australia o Nuova Zelanda, paesi che hanno ridotto le loro esportazioni a favore della Cina, mercato in crescita anche questo. “La grande consapevolezza nel popolo giapponese dell’importanza dei sistemi di allevamento praticati al pascolo (hanno una grande tradizione di allevamento bovino) portano la carne d’agnello sarda ad essere considerata sicura, di alta qualità e apprezzata per i benefici nutrizionali – spiega il presidente Contas Battista Cualbu – Siamo convinti che il mercato Giapponese sia quello ideale per le nostre carni”.