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Confagricoltura: maricoltura eccellenza, comparto va valorizzato

Confagricoltura: maricoltura eccellenza, comparto va valorizzatoRoma, 20 mar. (askanews) – Garantire le produzioni dell’acquacoltura italiana con una regolamentazione quadro e regole chiare e uniformi per le concessioni, dando spazio adeguato all’allevamento ittico; promuovere lo sviluppo del comparto attraverso una corretta informazione e formazione; sostenere l’innovazione tecnologica e la ricerca finalizzate allo sviluppo sostenibile e alla mitigazione degli effetti del cambiamento climatico sull’acquacoltura.


E’ l’appello lanciato stamani dall’Api, l’Associazione dei Piscicoltori Italiani di Confagricoltura, agli Stati Generali della maricoltura che si sono tenuti stamani a Palazzo della Valle a Roma. “Garantire la competitività delle nostre imprese, tenuto conto che l’Italia ha perso quote rispetto ad altri Paesi – ha detto il vicepresidente esecutivo di Api Claudio Pedroni, allevatore in Toscana – è la nostra priorità. Con oltre 8mila chilometri di coste, sono solo 20 le concessioni off-shore di impianti di produzione di maricoltura. La situazione è ferma a trent’anni fa, mentre altri Stati hanno investito nel comparto, arrivando a produzioni di gran lunga superiori a quelle italiane, garantendo occupazione e solidità economica”. Oggi l’acquacoltura nazionale produce oltre 50mila tonnellate di animali acquatici, di cui quasi il 90% spigole, orate e trote. Sommando anche la produzione di molluschi, si arrivava nel 2022 a 130mila tonnellate complessive, praticamente la medesima quantità di quello che si ottiene con l’attività di pesca della nostra flotta nazionale. Anche se, in realtà, dopo l’estate del 2023, con gli effetti del cambiamento climatico, la produzione di molluschi si è drasticamente ridotta.


Di fronte ai mutamenti del clima, l’API, che rappresenta la quasi totalità delle aziende del comparto, occorre spingere sull’innovazione e sulla ricerca per trovare soluzioni atte a garantire un ambiente-mare più sano e un approccio ancora più sostenibile da parte delle imprese, spinto da un quadro normativo certo e strategico per il settore.

Farina grano tenero -12,2% in due anni, semola grano duro -20%

Farina grano tenero -12,2% in due anni, semola grano duro -20%Roma, 20 mar. (askanews) – In due anni, il prezzo della farina di grano tenero è diminuto del 12,2% e quello della semola di grano duro del 20%. Sono i dati resi noti da Bmti in occasione della Giornata Mondiale della Farina. L’analisi mostra un inizio 2025 caratterizzato da una tendenziale stabilità nei prezzi all’ingrosso della farina e dei segnali di rialzo per la semola, che si confermano lontani dai livelli elevati che si raggiunsero per la farina nel 2022 e nel 2023, anche a causa delle tensioni che avevano colpito la quotazione del grano tenero dopo lo scoppio del conflitto russo-ucraino e, per la semola, nel 2021 e 2022, per effetto degli aumenti del grano duro determinati soprattutto dalla flessione della produzione canadese.


In particolare, per la farina di grano tenero, il 2025 è iniziato con una tendenziale stabilità dei prezzi all’ingrosso, sulla scia della stabilità della quotazione della materia prima. Nonostante i recenti rialzi dei prezzi dei grani teneri e i diffusi rincari dei costi energetici, i prezzi attuali della farina di grano tenero (tipo 00) sono risultati, a febbraio, più bassi del -3,2% rispetto ad un anno fa e del -12,2% rispetto al 2023. Per quanto riguarda la semola di grano duro, invece, i primi mesi del 2025 hanno visto un lieve aumento (+1,7% a febbraio rispetto a gennaio) anche in conseguenza dei rialzi sui prezzi della materia prima. Tuttavia, i prezzi all’ingrosso rimangono ancora più bassi rispetto agli ultimi due anni: rispetto a febbraio 2024, infatti, si rileva una flessione del -9,3%; rispetto al 2023, invece, la riduzione sfiora il -20%.

Mattarella inaugura 24 marzo alle 12 villaggio di Agricoltura E’

Mattarella inaugura 24 marzo alle 12 villaggio di Agricoltura E’Roma, 20 mar. (askanews) – Al via lunedì 24 marzo, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella “Agricoltura è”. L’iniziativa, voluta dal ministro dell’Agricoltura della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, sarà aperta al pubblico e ospiterà sessioni di lavoro tra ministri del Governo, istituzioni europee, esperti del settore, rappresentati della società civile e studenti.


“Sarà un modo per raccontare la poliedricità del sistema agricolo italiano. Lo facciamo in occasione dell’anniversario dei Trattati di Roma, per ricordare quanto sia importante l’agricoltura, non solo nella produzione di cibo, ma anche per la difesa del territorio, per la sicurezza di chi ci lavora, e del ruolo che svolge nel mondo della solidarietà sociale. L’agricoltura è un sistema poliedrico e l’Italia è pronta a metterlo in mostra”, ha detto il ministro Francesco Lollobrigida. Lunedì 24 marzo alle 12 ci sarà la cerimonia di inaugurazione alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Alle 15 un dialogo tra il vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Raffaele Fitto e il ministro Francesco Lollobrigida


Alle 19 la cCerimonia di inaugurazione del villaggio. Inoltre, il ministro per gli Affari Europei, Tommaso Foti e il Vice Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Edmondo Cirielli, dialogheranno con il direttore de Il Tempo, Tommaso Cerno Martedì 25 marzo alle 11 ci saraà la Conferenza Stampa ‘Agricoltura E” con il Commissario europeo all’agricoltura Christophe Hansen e gli imprenditori e i componenti del sistema agricoltura italiano. Alle 17 si terrà il convegno “L’agroalimentare pilastro dell’export italiano nel mondo”, presenti il ministro degli Esteri Antonio Tajani, il ministro Lollobrigida, il ministro dell’Industria e del made in Italy, Adolfo Urso e il presidente Ice Matteo Zoppas.


Infine, il 26 marzo durante “L’Agricoltura è ricerca, innovazione e futuro” il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, il ministro dell’università e della ricerca Annamaria Bernini, l’ingegnere Andrea Rinaldo, il presidente del Crea Andrea Rocchi, il presidente dell’Accademia dei Georgofili Massimo Vincenzini parleranno del futuro dell’agricoltura con gli studenti La cerimonia di chiusura del Villaggio si svolgerà alla presenza del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.

Italia terzo paese Ue per disponibilità acqua, 41% ad agricoltura

Italia terzo paese Ue per disponibilità acqua, 41% ad agricolturaRoma, 20 mar. (askanews) – L’Italia è il terzo paese europeo per disponibilità di acqua e, dei circa 30 miliardi di metri cubi che preleva ogni anno, destina il 41% all’agricoltura. Ma il trend è in crescita, considerato che negli ultimi anni piove meno in inverno e, dunque, sono molti di più i terreni bisognosi di acqua. Sono i dati contenuti in una infografica realizzata dal Crea per celebrare la Giornata Mondiale dell’Acqua, che documenta i frutti del lavoro della ricerca.


Il Crea, infatti, con il suo centro di Politiche e Bioeconomia, supporta le Istituzioni nazionali e regionali nella programmazione e gestione degli usi dell’acqua in agricoltura, attraverso le banche dati Sigrian (Sistema Informativo Nazionale per la Gestione delle Risorse Idriche in Agricoltura) e Dania (Database Nazionale degli investimenti per l’Irrigazione e l’Ambiente). Secondo Sigrian, la banca dati che monitora l’attività di 600 enti irrigui deputati a prelevare l’acqua dai corpi idrici e distribuirla alle aziende agricole associate, viene fornita acqua in forma collettiva, al 60% delle aree irrigate su tutto il territorio nazionale (circa 1,6 milioni di ettari), grazie ad una rete irrigua di 43.000 km.


Dania, invece, restituisce una potenzialità di intervento di oltre 450 progetti irrigui immediatamente attuabili (per un valore totale di 4,3 miliardi di euro), che hanno come obiettivo l’efficientamento e la digitalizzazione di quasi 8.000 km di rete esistente e la realizzazione di oltre 500 km di nuova rete, con 400 milioni di metri cubi risparmio idrico e almeno 1 milione di metri cubi di nuova capacità di accumulo in piccoli e medi invasi.

Confagri Veneto: richieste di uova dagli Usa, ma non ce ne sono

Confagri Veneto: richieste di uova dagli Usa, ma non ce ne sonoRoma, 20 mar. (askanews) – Gli Usa chiedono aiuto all’Italia per sopperire alla mancanza di uova e la richiesta arriva anche in Veneto, regione che insieme alla Lombardia produce la metà del totale delle uova italiane. L’ultima epidemia di influenza aviaria negli Stati Uniti ha infatti portato all’abbattimento di 20 milioni di galline ovaiole solo nell’ultimo trimestre del 2024. Così anche la disponibilità di uova è diminuita drasticamente, facendole diventare un prodotto sempre più ricercato e raro: in marzo una dozzina di uova è arrivata a costare 8 dollari.


Purtroppo, sottolinea in una nota Confagricoltura Veneto, anche in Italia l’epidemia aviaria è stata pesante e, dall’autunno a oggi, sono state abbattute 4 milioni di galline ovaiole su 41 milioni, concentrate principalmente negli allevamenti in Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, pari al 10%. “E questo significa che abbiamo perso la stessa percentuale di uova: 1,4 miliardi su 14 miliardi. Quello che rimane – spiega la confederazione agricola – è quasi tutto destinato al consumo nazionale. Ovviamente, data la mancanza di prodotto, il prezzo continua a salire anche in Italia, anche se non ai livelli degli Usa. Gli altri Paesi europei non stanno meglio, dato che l’aviaria ha colpito ovunque”. “Gli americani sono grandi consumatori di uova e, di conseguenza, la carenza di prodotto li porta a cercarlo in altri Paesi – spiega Michele Barbetta, allevatore di Carceri e presidente del settore avicolo di Confagricoltura Veneto – Sono arrivate molte richieste agli imprenditori agricoli veneti, da Verona a Padova, ma anche noi siamo al limite con la produzione e non possiamo garantire un approvvigionamento”.


Ogni italiano, mediamente, tra prodotto fresco e alimenti trasformati, consuma circa 219 uova all’anno e in Veneto il settore avicolo rappresenta una punta di diamante sul territorio italiano, con una produzione media annua di 2 miliardi di uova. Sono oltre 250 in regione gli allevamenti di galline ovaiole con più di 250 capi. “Non sarà facile tornare alla produzione di prima – chiarisce Barbetta – L’ultima epidemia ha causato 56 focolai nel Nord Italia, di cui 17 riguardanti galline ovaiole. Le aziende stanno ripartendo, ma la ovaiola ha una programmazione lunga: intanto non c’è molta disponibilità di pulcini, dato che l’aviaria ha colpito anche questa produzione, e comunque per passare dal pulcino alla produzione di uova servono sei mesi. E, se in autunno ripartirà l’epidemia, saremo punto e a capo”.


Da un mese e mezzo non ci sono più focolai di aviaria, ma si sta già lavorando per trovare soluzioni per evitare nuove debacle in futuro. “L’Istituto zooprofilattico delle Venezie ha riunito tre giorni fa tutta la filiera italiana dell’avicolo e le organizzazioni agricole presentando uno studio sulla vaccinazione degli animali – riferisce Barbetta – Per ora farà partire una sperimentazione su 5.000 tacchini, ma sulle galline ovaiole ad oggi si prospetta più difficile farlo, soprattutto negli stabilimenti dove ci sono centinaia di migliaia di volatili”. Per quanto riguarda i risarcimenti, “ad oggi abbiamo ricevuto quelli per l’epidemia aviaria del 2021, ma non abbiamo ancora notizie di quelli dovuti per i danni diretti e indiretti delle epizoozie successive”.

Brondelli di Brondello: per maricoltura serve un piano produttivo

Brondelli di Brondello: per maricoltura serve un piano produttivoRoma, 20 mar. (askanews) – Il settore della maricoltura italiana può e deve essere “sviluppato e incentivato” visto che l’Italia ha “8300 chilometri di coste su cui sono autorizzati solo 22 impianti di acquacoltura in mare: queste concessioni vanno aumentate. Serve quindi un piano produttivo strategico per la maricoltura”. Lo ha detto Luca Brondelli di Brondello, vicepresidente di Confagricoltura, aprendo i lavori degli Stati generali della Maricoltura italiana, in corso oggi a Palazzo della Valle a Roma.


L’iniziativa si inserisce nell’ambito delle attività di valorizzazione e sviluppo della maricoltura quale settore strategico per la sicurezza alimentare, la sostenibilità delle produzioni e il rafforzamento della Blue Economy. Brondelli di Brondello ha spiegato che il piano strategico per la maricoltura deve puntare sulla ricerca “intesa come miglioramento genetico, sulla sostenibilità che si può fare con l’innovazione soprattutto nel settore della mangimistica e su una campagna informativa che spinga i consumi e spieghi al consumatore si tratta di prodotti di pregio”.


Del resto, che ci sia ampio spazio per fare crescere il comparto lo dicono i dati: l’Italia è primo consumatore al mondo di spigole e solo il 20% di quelle consumate sono di produzione italiana, con una bilancia commerciale in negativo per 6 miliardi di euro. “Quella dell’allevamento in mare è una filiera che si sta affermando sempre di più – ha detto il vicepresidente di Confagricoltura – Il settore ha produzioni sostenibili ed è un perfetto esempio di economia circolare che rafforza la Blue economy, che ha un fatturato medio annuo di 65 miliardi di euro, di cui 5,5 miliardi, pari al 9%, sono rappresentati dalla filiera ittica che crea un milione posti di lavoro e a livello mondiale è responsabile del 6% della produzione totale di proteine, cifra che sale al 15% se si considerano solo le proteine animali. Ma soprattutto – ha detto Brondelli di Brondello – è una filiera che genera un moltiplicatore di 1,8”.


Inoltre, mentre i volumi della pesca tradizionale in Italia sono “stabili se non in calo”, l’acquacoltura ha invece volumi in crescita.

24/03 in Agrifish dibattito pubblico su Visione Ue agricoltura

24/03 in Agrifish dibattito pubblico su Visione Ue agricolturaRoma, 20 mar. (askanews) – Si riunirà lunedì 24 marzo a Bruxelles il consiglio dei ministri europei dell’agricoltura e della pesca. All’ordine del giorno un secondo dibattito pubblico sulla Vision for agriculture and food pubblicata dalla Commissione europea il 19 febbraio 2025 e successivamente un pranzo informale, durante il quale i ministri della pesca discuteranno del futuro della politica comune della pesca (Pcp), alla luce della sua valutazione in corso e degli obiettivi di semplificazione della Commissione europea. Il regolamento sulla PCP è stato riformato l’ultima volta nel 2013 e il commissario europeo alla Pesca e agli Oceani, Costas Kadis dovrà seguito a una valutazione completa della PCP e preparare una visione per il settore della pesca con una prospettiva al 2040.


Nel dibattito pubblico di febbraio i ministri europei avevano accolto favorevolmente la nuova Visione europa per l’agricoltura, ma avevano anche sottolineato alcuni temi ritenuti fondamentali per il futuro del settore primario, primo tra tutti la necessità che la politica agricola comune abbia un bilancio appropriato e separato basato su due pilastri. Inoltre, erano stati sottolineati l’importanza di un continuo sostegno alle aree rurali e di tenere conto delle specificità regionali, il bisogno un più forte allineamento degli standard di produzione per i prodotti alimentari importati e parità di condizioni per gli agricoltori dell’UE, la necessità di azioni sulla gestione delle risorse idriche e quella di una semplificazione della Pac. Durante la mattinata e il pomeriggio saranno anche discussi gli esiti della conferenza di alto livello “Politica agricola comune per la sicurezza alimentare” organizzata dalla presidenza polacca e tematiche come l’acquisto di animali da riproduzione, l’attuazione delle disposizioni nel regolamento di controllo sul margine di tolleranza per gli sbarchi non selezionati di piccole attività di pesca pelagica, il futuro sostegno al settore della pesca, il lancio di una campagna di comunicazione a livello UE sull’acquacoltura e il problema dell’afta epizootica.

Fedagripesca: su cibo sintetico condivisibili richieste Coldiretti

Fedagripesca: su cibo sintetico condivisibili richieste ColdirettiRoma, 20 mar. (askanews) – La richiesta avanzata ieri da Coldiretti di prestare maggiore attenzione alle tecniche utilizzate per la produzione di cibi ottenuti con processi di laboratorio “è a nostro avviso legittima e condivisibile. Non si tratta di difesa corporativa o antiscientifica ma di richiesta di valutazione proporzionata all’ impatto di una simile innovazione sulla salute dei nostri figli”. Così il presidente di Fedagripesca Confcooperative Raffaele Drei commenta le istanze presentate ieri dalla manifestazione svolta da Coldiretti a Parma.


“In Europa c’è un approccio ambivalente – spiega Drei – mentre da un lato fioriscono normative sempre più stringenti che potrebbero minacciare produzioni parte integrante della nostra alimentazione, dall’altra si aprono con troppa superficialità strade autorizzative per cibi prodotti attraverso una moltiplicazione cellulare di laboratorio e che con molta perplessità possiamo chiamare cibo. La scienza – prosegue – a nostro avviso si è espressa ancora con il supporto di poche evidenze rispetto a una questione che potenzialmente può cambiare il volto dell’alimentazione dell’umanità”. “Per questo chiediamo anche noi all’Europa – conclude Drei – maggiore cautela nell’autorizzazione dei cibi prodotti da laboratorio. Specie in una fase in cui sono invece messi sotto accusa una quantità di prodotti naturali, spesso demonizzati: si pensi al vino ad esempio, con l’etichettatura di tipo allarmistico, la scritta ‘nuoce alla salute’ su cibi che hanno accompagnato la storia dell’umanità o ancora all’ipotesi di mettere su alcuni prodotti come olio e formaggi il semaforo rosso nella proposta di etichettatura Nutriscore che pare sia stata finalmente accantonata”.

Coldiretti: sui mercati arrivano le primizie primaverili

Coldiretti: sui mercati arrivano le primizie primaveriliRoma, 20 mar. (askanews) – Arrivano le primizie primaverili sui mercati in un 2025 segnato da un caldo record, +1,65 gradi rispetto alla media storica. Le temperature insolitamente miti che hanno caratterizzato i primi due mesi dell’anno, risultati come i più caldi della storia d’Italia, spiega in una nota la Coldiretti, hanno accelerato la maturazione di frutta e verdura, dalle fave alle fragole, dagli asparagi ai carciofi romaneschi, fino ai piselli, agli agretti e alle zucchine col fiore, confermando una tendenza che già gennaio aveva visto mimose e mandorli fioriti.


Un fenomeno che rende più complicata, rileva Coldiretti, la programmazione colturale in campagna ma espone le piante anche al rischio di gelate nel caso di brusco abbassamento delle temperature con conseguente perdita delle produzioni e del lavoro di un intero anno. A ciò si aggiungono gli effetti sui mercati con l’arrivo sui banchi di una mole di prodotto che rende più ricca la disponibilità di frutta e verdura made in Italy ma presenta anche problemi a livello di accavallamento dell’offerta, imponendo anche di fare attenzione a ciò che si compra e non cadere nell’inganno dei prodotti importati spacciati per tricolori. Coldiretti consiglia dunque di verificare sempre l’origine nazionale in etichetta che è obbligatoria per la frutta e verdura e privilegiare gli acquisti direttamente dagli agricoltori nelle aziende o nei mercati di Campagna Amica dove i prodotti sono anche più freschi e durano di più.

Pastai italiani preoccupati da dazi: le aziende non potrebbero assorbirli

Pastai italiani preoccupati da dazi: le aziende non potrebbero assorbirliMilano, 19 mar. (askanews) – Sui dazi c’è “tanta preoccupazione, quanta incertezza” tra i pastai italiani, anche perchè non c’è alcun elemento “che ci possa far immaginare la percentuale che verrà o meno applicata”. Quantificarne oggi degli effetti economici è, dunque, “prematuro”, “ma esprimiamo preoccupazione così come tutti gli altri comparti del settore alimentare”. A parlare è Cristiano Laurenza, segretario dei pastai di Uniofood, che a proposito dell’arrivo di eventuali tariffe avverte: non sarebbero sostenibili dalle aziende e finirebbero col pesare, di fatto, sulle tasche dei consumatori.


Tanto più che sulla pasta ci sono già dei dazi. “C’è una quota antidumping e una countervailing duty (il cosiddetto dazio compensativo comminato dall’Organizzazione mondiale del commercio per controbilanciare le sovvenzioni di un Paese a sostegno delle esportazioni). Ovviamente sono dazi che noi contestiamo – spiega – perché di sussidi non ne riceviamo così come non facciamo dumping. Però, ora, aggiungere a questi altri dazi sarebbe problematico soprattutto per un settore che ha una marginalità veramente ridotta, quindi non c’è proprio possibilità di assorbirli”. Oggi l’Italia produce 4 milioni di tonnellate di pasta, pari a 8 miliardi di euro di fatturato. All’estero finiscono 2,3 milioni di tonnellate, di cui il 65% in Europa e il restante 35% fuori. In questo 35%, in particolare, ci sono quasi 250mila tonnellate destinate alle tavole statunitensi, che potrebbero essere penalizzate proprio dai dazi. Ma le potenziali ricadute non riguardano solo l’export. Perchè l’altro lato della medaglia della guerra commerciale scatenata dagli Usa sono le contromisure dell’Unione Europea.


“Nel momento in cui l’Unione Europea dovesse stabilire dazi all’importazione di materie prime – fa notare – noi potremmo trovarci in difficoltà e non solo per motivi quantitativi”. Per l’Italia il mercato statunitense, in particolare l’Arizona, è importante per l’approvvigionamento di grano duro anche perchè la produzione nazionale non è sufficiente. “Ogni anno noi importiamo il 40% del grano duro dall’estero mediamente. E dagli Stati Uniti arriva un 10-15%. Ma a preoccuparci non è solo questo quanto anche le ricadute sui prezzi delle nostre materie prime perché la formazione dei prezzi delle commodities ha una logica globale e se aumenta il grano duro americano, tendenzialmente aumenta anche quello canadese e nazionale”. Sulle ricadute dei dazi sui prezzi della materia prima e del prodotto finito anche Riccardo Felicetti, amministratore delegato dell’omonimo pastificio in Val di Fiemme, esprime preoccupazione. “Se gli americani dovessero bloccare le importazioni di grano canadese, questo potrebbe essere riversato su altri mercati e potrebbe essere un rischio” per i prezzi della materia prima nazionale che calerebbero. “Se, invece, come io stimo, il grano canadese, malgrado i dazi, dovesse continuare a fluire verso i pastifici americani, che comunque sono il secondo produttore di pasta al mondo e non sono per nulla autosufficienti, la quotazione della materia prima daziata aumenterà e di conseguenza potrebbero aumentare anche i prezzi della pasta negli Stati Uniti. A quel punto, col nostro prodotto gravato dai dazi, si avrebbe un aggiustamento al rialzo dei prezzi di tutti gli scaffali nordamericani. Il problema è che il nostro cliente non è il cliente del vino da mille dollari a bottiglia. Quindi l’aumento della pressione inflattiva su una fascia sociale particolarmente debole potrebbe essere particolarmente importante e avere ricadute sui consumi”. “Di base – conclude Felicetti – capiamo poco quello che è il ragionamento alla base di tutto ciò”.


L’altra variabile che negli ultimi anni ha inciso molto sul prezzo della materia prima è stata il clima, ma al momento non ci sono previsioni sul raccolto 2025 “E’ veramente presto per fare delle previsioni. Io credo che prima di aprile sarà difficile avere informazioni certe”. Tuttavia, quello che potrebbe aiutare a calmierare i mercati è la diversificazione dell’approvvigionamento, con un ruolo rafforzato della Turchia. “L’anno scorso l’arrivo sui nostri mercati del grano duro turco è stato un fenomeno che ha sorpreso anche noi – confessa – Se guardiamo all’anno prima la geopolitica delle importazioni del grano è cambiata completamente. Noi eravamo abituati a importare molto grano da Stati Uniti, Canada, Australia e Messico, e improvvisamente c’è stata una grande importazione da Russia e Turchia. In realtà la Turchia ha investito e seminato tantissimo grano duro, e quindi l’ha immesso sul mercato”. Alla fine, ammette, “non c’è stata una speculazione, ma semplicemente un fenomeno normale di riequilibrio delle geografie e sarà interessante capire quest’anno come cambierà ulteriormente lo scenario”. Del resto l’aumento della produzione di grano duro turco ha dietro anche una crescita dei pastifici locali. Ankara, infatti, è terza sul podio dei Paesi produttori di pasta, dopo Italia e Stati Uniti.