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Sindacati a Ue: su pesca tutelare sia ambiente sia lavoratori

Sindacati a Ue: su pesca tutelare sia ambiente sia lavoratoriRoma, 13 mar. (askanews) – L’Unione Europea deve adottare nei confronti della pesca un approccio “che tuteli sia l’ambiente sia i lavoratori, garantendo un equilibrio tra sostenibilità e giustizia sociale. I lavoratori del settore vivono condizioni di lavoro massacranti, con turni estenuanti, fronteggiando continuamente l’incertezza di un domani che rischia di vedere cancellato ‘per decreto’ un mestiere al quale non viene nemmeno riconosciuto, da un punto di vista previdenziale, lo status di ‘lavoro usurante’”. Così Fai, Flai e Uila Pesca: oggi il segretario nazionale della Fai-Cisl Patrizio Giorni è intervenuto in rappresentanza dei sindacati all’incontro “Il settore della pesca in Italia e l’Unione Europea: sfide ed opportunità”, svoltosi a Roma e organizzato dal Masaf in occasione della prima visita in Italia del commissario Ue alla Pesca e agli Oceani, Costas Kadis.


Il ddl ‘Valorizzazione risorsa mare’, ha ricordato Giorni, ha esteso al comparto pesca l’applicazione dell’integrazione salariale prevista per i lavoratori agricoli sospesi temporaneamente dal lavoro, “ma ancora mancano i decreti attuativi, per questo motivo è urgente un confronto tra le parti”. “Non possiamo lasciare affondare diritti e tutele: la pesca in Italia non è solo un comparto produttivo, è un pezzo della nostra storia, della nostra cultura e della nostra identità, eppure i lavoratori del mare sono sempre più soli di fronte a difficoltà enormi, tra normative stringenti, costi insostenibili, concorrenza sleale e condizioni di lavoro sempre più dure”.


Per questo Fai, Flai e Uila Pesca chiedono “di rafforzare il coordinamento tra le parti sociali, promuovere un dialogo ancora più costruttivo con le istituzioni europee e sostenere iniziative che valorizzino il ruolo delle comunità locali nella gestione responsabile delle risorse”. Tra le rivendicazioni dei sindacati, sottolineate nell’incontro, e che saranno esaminate con attenzione dall’Unione Europea, come ha garantito il commissario Kadis, un sistema di tutele adeguato per i lavoratori della pesca, “con contratti dignitosi e un sistema di previdenza che tenga conto della durezza del mestiere; un maggiore coinvolgimento dei rappresentanti dei lavoratori nei tavoli decisionali, sia nazionali che europei; un fondo di sostegno strutturato per i pescatori penalizzati dalle riduzioni di attività dovute ai piani di gestione e da decisioni dell’Unione; politiche di contrasto alla concorrenza sleale, con un’etichettatura chiara sull’origine del pescato e controlli più rigidi sulle importazioni; investimenti in innovazione e sicurezza per ridurre i rischi sul lavoro e migliorare la qualità della vita a bordo”.

Asiago Dop e Jre per promuovere sostenibilità in cucina d’autore

Asiago Dop e Jre per promuovere sostenibilità in cucina d’autoreRoma, 13 mar. (askanews) – Promuovere la sostenibilità e l’importanza di fare scelte responsabili nella cucina d’autore. E’ l’obiettivo della partnership tra il Consorzio Tutela Formaggio Asiago e JRE-Italia, l’associazione che riunisce i più qualificati rappresentanti dell’alta ristorazione.


Il progetto vuole far conoscere l’importanza di una filiera corta e tracciabile mettendo in risalto la trasparenza e la qualità in cucina dell’Asiago DOP incoraggiandone un uso più consapevole e creativo. L’attività è iniziata nelle terre d’origine del formaggio Asiago, dove un gruppo di chef JRE-Italia, arrivati da tutta Italia, ha vissuto un’esperienza immersiva. Gli chef hanno partecipato alle varie fasi di produzione del formaggio, scoprendo da vicino il valore della manualità artigianale e di una produzione legata a una biodiversità unica, con più di 700 specie diverse di erbe e fiori. Durante l’evento è stata realizzata una selezione speciale di Asiago DOP Prodotto della Montagna, prodotto sopra i 600 metri nella zona della Denominazione d’Origine in poche migliaia di forme ogni anno. Ogni chef ha firmato personalmente le proprie forme che matureranno per 24 mesi e saranno successivamente marchiate a fuoco col logo dell’associazione JRE. Una volta giunte a perfetta maturazione, le forme verranno consegnate agli chef e saranno disponibili esclusivamente nei ristoranti JRE.


“Crediamo fermamente nell’importanza di consolidare il legame tra il territorio e la cucina d’autore contribuendo a portare in tavola non solo un formaggio d’eccellenza, ma anche il racconto di un prodotto che valorizza l’autenticità e la sostenibilità”, ha detto Flavio Innocenzi, direttore del Consorzio Tutela Formaggio Asiago.

In 2024 52% produzione Grana Padano destinata all’estero, +9,15%

In 2024 52% produzione Grana Padano destinata all’estero, +9,15%Roma, 13 mar. (askanews) – Nel 2024 sono state esportate 2.685.541 forme di Grana Padano Dop, pari al 52% della produzione totale, con un incremento del 9,15% rispetto all’anno precedente. L’aumento delle esportazioni ha portato alla crescita di 225.161 forme in più, un dato che rappresenta il 4,3% della produzione marchiata del 2024, consolidando ulteriormente la presenza del Grana Padano sui mercati internazionali. Lo rende noto il Consorzio in una nota.


Sul podio delle esportazioni, la Germania si conferma il mercato principale con 634.000 forme, pari al 23,6% del totale esportato. Segue la Francia con 319.000 forme e gli Stati Uniti con 215.000 forme. A completare i primi dieci paesi destinatari ci sono la Spagna (163.000 forme), il Regno Unito (149.000 forme), la Svizzera (146.000 forme), il Belgio (107.000 forme), l’Olanda (98.000 forme), l’Austria (91.000 forme) e il Canada (77.000 forme). Fuori dalla Top Ten, la Svezia si posiziona all’undicesimo posto con 70.000 forme, seguita dalla Polonia con 64.000 forme, la Grecia con 53.000 forme, la Danimarca con 48.000 forme e la Romania con 43.000 forme.


“Il Grana Padano continua a confermare la sua leadership globale, con una crescita che non si arresta, nemmeno nei mercati internazionali più maturi – commenta Stefano Berni, direttore generale del Consorzio – siamo orgogliosi di vedere il nostro formaggio DOP così apprezzato in tutto il mondo. L’incremento delle esportazioni ci consentirà di rafforzare ulteriormente il nostro impegno nella tutela e nella valorizzazione del nostro prodotto”. Quanto ai dazi, sono “una sciagura e un atto incomprensibile – prosegue Berni – che andrebbe a danneggiare soprattutto i consumatori americani che hanno eletto Trump Presidente degli Stati Uniti”.

Cia: per vino salto nel buio dopo parole Trump sui dazi

Cia: per vino salto nel buio dopo parole Trump sui daziRoma, 13 mar. (askanews) – “Speriamo che questa di Trump sia solo una provocazione, una tassazione al 200% sui vini azzererebbe di fatto le vendite verso gli Stati Uniti, che sono il nostro primo mercato di sbocco italiano per il vino, con quasi 1,9 miliardi euro e un peso sulle esportazioni agroalimentari oltreoceano del 26%”. Questo il commento del presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, dopo le dichiarazioni rilasciate dal presidente Usa, Donald Trump.


Cia ricorda che la percentuale di export di vini verso gli Usa ha segnato un incremento del +7% sull’anno precedente (+7%), con un’impennata per i vini spumanti (+19%). Si tratta di un’incidenza di quasi il 24% sull’export totale di vini tricolore. A dipendere maggiormente dagli Stati Uniti per il proprio export sono i vini bianchi Dop del Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, con una quota del 48% e un valore esportato di 138 milioni di euro nel 2024; i vini rossi toscani Dop (40%, 290 milioni), i vini rossi piemontesi Dop (31%, 121 milioni) e il Prosecco Dop (27%, 491 milioni).


Cia ricorda anche che il rischio di dazi lascerebbe strada libera ai competitor che potranno aggredire una quota di mercato molto appetibile: dal Malbec argentino, allo Shiraz australiano, fino al Merlot cileno. Dalla parte dei produttori di vino italiani, Cia ricorda anche come sia difficile recuperare rapporti solidi con i buyer Usa, una volta che questi siano costretti a interrompere le relazioni con l’Europa per cercare altri mercati internazionali.

Coldiretti: 100 specie invasive all’assalto dei mari italiani

Coldiretti: 100 specie invasive all’assalto dei mari italianiRoma, 13 mar. (askanews) – Sono quasi un centinaio le specie aliene invasive che hanno preso d’assalto negli ultimi anni i mari italiani, dal pesce scorpione alla triglia tropicale, dal pesce palla maculato fino al granchio blu, con un grave impatto non solo sulla biodiversita ma anche sull’economia e la salute dell’uomo, aggravato peraltro da altri fattori come inquinamento marittimo, plastiche, pesca sportiva e infrastrutture industriali. E’ quanto emerge da una analisi Coldiretti diffusa in occasione dell’incontro a Roma, promosso dal Masaf, con il Commissario Ue alla Pesca Costas Kadis, al quel ha partecipato la responsabile di Coldiretti Pesca Daniela Borriello.


A causa dei cambiamenti climatici il numero di specie esotiche terrestri e marine introdotte ogni anno nel nostro Paese è infatti quintuplicato, passando da una media di 6 negli anni Settanta alle oltre 30 dell’ultimo decennio, secondo dati Ispra Un’invasione di cui il granchio blu è diventato il simbolo, con un danno stimato da Coldiretti Pesca in quasi 200 milioni di euro, mettendo a rischio l’attività di oltre 3000 aziende ittiche, con diverse realtà che sono state costrette a chiudere i battenti. La produzione di vongole sia nel Veneto che in Emilia è stata quasi del tutto cancellata dagli attacchi del granchio blu e la stessa sorte è stata riservata agli allevamenti di cozze, in particolare quelli della pregiata Scardovari Dop, gravemente danneggiati. Per difendere le produzioni le imprese ittiche sono state costrette a investire in attrezzature spesso molto costose, con reti a maglie adatte a proteggere gli impianti ma l’assedio dei predatori non si è fermato. Molti dipendenti di cooperative e consorzi sono stati posti in cassa integrazione, mentre i lavoratori delle ditte individuali non possono usufruire di alcun sostegno.

Salvi (Fruitimprese): in 10 anni -80% pere, -75% kiwi, -25% pesche

Salvi (Fruitimprese): in 10 anni -80% pere, -75% kiwi, -25% pescheRoma, 13 mar. (askanews) – Negli ultimi 10 anni l’Italia ha perso l’80% del raccolto di pere, il 75% del raccolto di kiwi e il 25% di quello delle pesche: il nostro paese sta assistendo quindi da anni “ad una inesorabile progressiva riduzione delle produzioni”, tanto che “ormai il nostro problema principale sui mercati internazionali non è collocare il prodotto ad un prezzo remunerativo, ma avere il prodotto da vendere”. Così in una nota Marco Salvi, presidente di Fruitimprese, l’associazione che riunisce le imprese ortofrutticole italiane.


E i timori per la produzione diventano tanto più significativi quando si pensa agli ultimi dati resi noti da Fruitimprese, che parlano per il 2024 di un nuovo record per l’export di ortofrutta fresca, arrivata a quota oltre 6 miliardi di euro di valore nonostante le crescenti difficoltà che stanno affliggendo gli operatori. La crisi produttiva è così grave, spiega Salvi, che “le aziende più strutturate stanno acquistando aziende agricole e creando joint venture all’estero per poter continuare a presidiare i mercati”.


Salvi sottolinea che la crisi produttiva progressiva è sì dovuta ai cambiamenti climatici, “ma soprattutto alle misure che l’Unione Europea mette in campo per limitare l’uso degli agrofarmaci, senza fornire soluzioni alternative percorribili. Sulle produzioni ortofrutticole è in atto una tempesta perfetta: aumentano le fitopatie e gli attacchi degli insetti e diminuiscono le armi per contrastarle, mentre il futuro della ricerca, rappresentata dalle TEA (Tecniche di Evoluzione Assistita) è bloccato da oltre un anno perché non ci si accorda sul testo del regolamento comunitario”. “Qualche speranza – conclude Salvi – arriva dal recente discorso di insediamento del Commissario Europeo Hansen, il quale ha dichiarato pubblicamente che la Commissione valuterà attentamente qualsiasi ulteriore divieto di pesticidi qualora non siano ancora disponibili alternative. Al nostro settore non resta che aspettare che alle parole corrispondano i fatti”.

Fruitimprese: in 2024 import ortofrutta oltre 4 mln tonn. +8,9%

Fruitimprese: in 2024 import ortofrutta oltre 4 mln tonn. +8,9%Roma, 13 mar. (askanews) – Aumentano nel 2024 le importazioni di ortofrutta in Italia, che sfondano il tetto dei 4 milioni di tonnellate (+8,9%) e che salgono del 12,9% in valore (5,692 mld di euro). A parte gli agrumi, le cui importazioni continuano a scendere (-9,7% in volume e -16,3% in valore), nel 2024 tutti i comparti presentano tassi di crescita per il prodotto proveniente dall’estero, spiega in una nota Fruitimprese, l’associazione che riunisce le imprese ortofrutticole italiane.


Per tuberi legumi e ortaggi l’import sale del 17,9% in quantità e del 14,6% in valore. Sale significativamente anche il valore della frutta fresca importata, con un +16% rispetto allo stesso periodo del 2023 a fronte di un +6,5 in volume. Nel 2024 riparte anche l’import di frutta secca rispetto al 2023 con un +11,1% in quantità e +21,3% in valore. Bene anche la frutta tropicale +3,4% in volume e +6,5% in valore. Nel dettaglio, sono costanti i dati per banane e ananas e va ancora molto bene l’import di avocado, ormai secondo prodotto tropicale per valore importato (oltre 161 milioni di euro, in crescita di un terzo rispetto al 2023).

Fruitimprese: record export ortofrutta, oltre 6 mld (+5,3%)

Fruitimprese: record export ortofrutta, oltre 6 mld (+5,3%)Roma, 13 mar. (askanews) – Nuovo record nel 2024 per le esportazioni italiane di ortofrutta fresca che superano per la prima volta i 6 miliardi di euro di valore, con un incremento del 5,3% rispetto al 2023. Un risultato confermato anche dai dati in volume con un export di 3.751.017 tonnellate, che segnano un aumento del 9% rispetto all’anno precedente. Lo annuncia in una nota Fruitimprese, l’associazione che riunisce le imprese ortofrutticole italiane.


E’ in controtendenza però il saldo della bilancia commerciale, che rimane in territorio negativo in volume e si dimezza in valore, attestandosi a poco più di 364 mln di euro, in discesa del 48,6% rispetto al 2023. Infatti, l’Italia nel 2024 ha importato 362.140 tonnellate in più di ortofrutta fresca rispetto all’export. Ad incidere sul dato della bilancia commerciale è quindi l’incremento, peraltro costante, delle importazioni che sfondano il tetto dei 4 milioni di tonnellate (+8,9%) e che salgono del 12,9% in valore (5,692 mld di euro). Passando all’esame dei singoli comparti i numeri dell’export sono tutti in territorio positivo: tuberi legumi e ortaggi vedono incrementare le esportazioni del 12,1% in volume e confermano il dato 2023 in valore, molto bene le esportazioni di agrumi che salgono del 18,8% in quantità e del 11,4% in valore. Positivo anche il comparto principale, quello della frutta fresca che, in controtendenza con gli altri cresce di più in valore (+8,7%) che in volume (+6,3%), a testimonianza di un calo delle produzioni che tuttavia non incide sul valore esportato.


Recupera, rispetto ai mesi precedenti, la frutta secca le cui esportazioni segnano un ottimo +13,7 in volume a cui non fa eco il dato in valore che aumenta solamente dello 0,3%, sicuramente uno spunto di riflessione per gli operatori del comparto, spiega Fruitimprese. Continua infine la crescita dell’export della frutta tropicale con un +9,5% in volume e + 8,8% in valore. Un dato che candida il nostro Paese a rappresentare un hub logistico a livello mondiale per l’ortofrutta.


Per quanto riguarda i prodotti campioni dell’export italiano, molto bene le esportazioni di mele che superano il miliardo di euro, in crescita del 12,18% rispetto al 2023. L’export di uva da tavola è un po’ la cartina di tornasole di come si sta evolvendo il nostro settore, spiega Fruitimprese: scendono i volumi (-4,31% sul 2023), ma salgono significativamente i valori. L’Italia ha esportato 912 milioni di euro di uva da tavola (+13,44% rispetto all’anno precedente), un dato che conferma come la scelta di privilegiare nuove varietà più appetibili e remunerative, porti dei risultati tangibili.


Male il kiwi, le cui esportazioni perdono quasi 1/4 delle quantità (-24,54% sullo stesso periodo del 2023) e scendono del 3,27% in valore. In questo caso le motivazioni sono due: il calo marcato delle produzioni dovuto alle fitopatie e all’attacco degli insetti e il contributo decisivo in termini di valore del kiwi giallo e rosso. Per quanto riguarda gli agrumi, i numeri dell’export di arance rimane costante rispetto al 2023 (-0,58% in quantità e -5,64% in valore), crescono invece in modo significativo quelli dei limoni con un incremento del 12,14% in volume e del 5,36% in valore. Molto bene l’export di pesche e nettarine, che supera le 100.000 tonnellate dopo alcuni anni di crisi; qui l’incremento attribuibile alle nuove varietà e a un innalzamento generale della qualità è piuttosto marcato, +37,1% in volume e +25,53% in valore rispetto al 2023. Sono ancora in discesa, infine, i dati dell’export di pere a causa delle problematiche produttive legate alle fitopatie e alle gelate. “I primi dati del 2025 segnano tuttavia una produzione il leggera ripresa – precisa Fruitimprese – attendiamo i prossimi mesi per un giudizio completo sulla campagna in corso”.

La Pietra (Masaf): per Governo Meloni settore pesca è centrale

La Pietra (Masaf): per Governo Meloni settore pesca è centraleRoma, 13 mar. (askanews) – “Come ribadito a Siracusa nel G7 Agricoltura e Pesca a guida italiana, il Governo Meloni ha riconosciuto la centralità strategica del settore della pesca. Un valore ribadito in ogni sede europea che ha determinato importanti risultati per il comparto”. Lo ha detto il sottosegretario al Masaf Patrizio La Pietra intervenendo al convegno “Il settore della pesca in Italia e l’Unione Europea: sfide ed opportunità”, organizzato dal Masaf a Roma in concomitanza con la prima visita di Kadis in Italia.


La Pietra ha ribadito l’attenzione del governo verso il comparto, illustrando le recenti misure adottate per coniugare sostenibilità e competitività in un comparto ritenuto strategico, come nel caso del decreto sul fermo pesca 2024, “che nasce come risposta alle richieste del settore ittico, volto a conciliare le esigenze economiche con la necessità di proteggere le risorse marine”. “La principale novità del decreto consiste nel passaggio da un sistema rigidamente imposto a uno che offre più autonomia alle imprese di pesca. I pescatori avranno una maggiore libertà di scegliere i periodi di fermo, in base alle loro esigenze e alle condizioni del mercato”, ha concluso La Pietra.

Comm. Ue Pesca Kadis a Roma per dialogo strategico sul settore

Comm. Ue Pesca Kadis a Roma per dialogo strategico sul settoreRoma, 13 mar. (askanews) – Una occasione di confronto sul settore della pesca tra istituzioni italiane ed europee, con la partecipazione degli assessori regionali alla pesca e dei principali rappresentanti del settore ittico nazionale, per discutere le prospettive e le sfide del comparto nel contesto delle politiche europee, con particolare attenzione alla sostenibilità, alla tutela delle marinerie italiane e alla competitività delle imprese coinvolte.


Si è svolto oggi a Roma, all’hotel Excelsior in via Veneto, il convegno “Il settore della pesca in Italia e l’Unione Europea: sfide ed opportunità”, organizzato dal Masaf, su iniziativa del ministro Francesco Lollobrigida, in occasione della prima visita ufficiale in Italia del Commissario europeo per la Pesca e gli Oceani, Costas Kadis. Durante i lavori, il ministro ha evidenziato la necessità di un dialogo costante tra Italia e Unione Europea per garantire il sostegno e lo sviluppo del settore ittico. “Oggi abbiamo riflettuto sui pescatori italiani e sulla difesa delle imprese italiane – ha detto Lollobrigida – che sono spesso schiacciate da prodotti importati pescati senza rispetto delle regole, soprattutto da Paesi nordafricani. Questo avviene perché devono competere con chi non ha costi di produzione, non rispetta le regole del lavoro e dell’ambiente e immette nei nostri mercati prodotti a prezzi evidentemente più bassi e non sostenibili per i nostri pescatori”.


“È stata una delle ragioni – ha proseguito Lollobrigida – che ci ha permesso di superare le proposte insostenibili degli euroburocrati che avevano presentato, qualche giorno prima del suo insediamento, un piano che avrebbe distrutto il modello di pesca anche nazionale. Insieme a Francia e Spagna abbiamo ragionato con lui arrivando al nostro obiettivo: avere davanti la sostenibilità ambientale, che si raggiunge però con ricette che le singole nazioni possono modulare rispetto al proprio modello di pesca”. Il Commissario Kadis ha riconosciuto il ruolo strategico dell’Italia nel Mediterraneo, evidenziando il suo contributo chiave nella definizione delle politiche europee sulla pesca. “Il ruolo fondamentale dell’Italia nel Mediterraneo è essenziale per portare avanti i nostri obiettivi comuni per l’oceano”, ha detto Kadis elogiando la capacità dell’Italia di integrare sistemi avanzati per il monitoraggio delle acque e ha ribadito il sostegno della Commissione nel processo di digitalizzazione della pesca.