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D’Eramo (Masaf): settore apistico strategico per agroalimentare

D’Eramo (Masaf): settore apistico strategico per agroalimentareRoma, 6 mar. (askanews) – Il gruppo di Apidologia del Crea Agricoltura e Ambiente è ad Apimell, la più importante Mostra Mercato Internazionale specializzata nel settore apicoltura, in programma dal 7 a 9 marzo a Piacenza, con uno stand in cui si presentano e si illustrano le sue tante attività per l’apicoltura, le api, gli impollinatori, il miele, i prodotti dell’alveare. Inoltre, insieme a tanto altro materie informativo e formativo, si distribuirà un numero speciale di CREAfuturo dedicato alle api.


“Quello apistico – dichiara il Luigi D’Eramo, il sottosegretario Masaf con delega al comparto – è un settore strategico per l’agroalimentare italiano, per il ruolo che riveste per l’agricoltura, l’ambiente, la salvaguardia della biodiversità. E il Crea, con il suo lavoro di ricerca, darà un valido contributo per affrontare le sfide dei prossimi anni”. L’apicoltura nel nostro Paese (75.000 apicoltori e circa 1.700.000 alveari che collocano l’Italia rispettivamente al quinto e al terzo posto tra i Paesi dell’Unione Europea) ha potuto contare sulla varietà di climi, paesaggi, ambienti naturali, fiori e piante, caratteristici del nostro territorio, per prodotti unici. L’Italia è la zona di origine di Apis mellifera ligustica, nota in tutto il mondo come “ape italiana”, e vanta il primato nella produzione europea di api regine: fino a 700 mila api regine l’anno, pari a circa un terzo della produzione complessiva dell’Unione.


Ma è anche zona di origine di un’altra importante sottospecie: Apis mellifera siciliana, che ha caratteristiche di adattamento al clima caldo-arido della Sicilia, particolarmente interessanti oggi, al tempo del cambiamento climatico. Cruciali per la biodiversità, le api selvatiche, sono sempre più oggetto di studio e monitoraggio. Il Gruppo di Ricerca sulle Api del Centro Agricoltura Ambiente ha raccolto l’eredità quasi centenaria dell’Istituto Nazionale di Apicoltura, ampliando nel corso degli anni le tradizionali competenze apidologiche ad ambiti quali la patologia, la nutrizione, la genetica, il biomonitoraggio, l’ecotossicologia, fino ad includere gli apoidei selvatici e la valorizzazione del miele e dei prodotti dell’alveare.


Un team altamente specializzato di 25 persone, tra cui 13 ricercatori, impegnati in progetti nazionali ed internazionali, in grado di intercettare e sostenere la richiesta di innovazione e conoscenza della filiera; di gestire i tre Albi nazionali (istituiti dal Ministero dell’Agricoltura) che raccolgono i professionisti legati al mondo apistico (gli allevatori di api italiane, gli esperti in analisi sensoriale del miele, i melissopalinologi) e di supportare le attività produttive e commerciali, mediante il Laboratorio Api.

Masaf: riconosciuto Consorzio tutela cavolfiore Piana Sele Igp

Masaf: riconosciuto Consorzio tutela cavolfiore Piana Sele IgpRoma, 6 mar. (askanews) – Il ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste ha riconosciuto ufficialmente il Consorzio di Tutela del Cavolfiore della Piana del Sele IGP, a seguito dell’iscrizione dell’Indicazione Geografica Protetta nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il 2 luglio 2024. Lo comunica il Masaf in una nota.


Con questo nuovo riconoscimento, salgono a 185 i Consorzi di tutela incaricati di proteggere, valorizzare e promuovere le indicazioni geografiche agroalimentari italiane, rafforzando il primato della nostra Nazione nella certificazione dei prodotti di qualità. Il Consorzio di Tutela del Cavolfiore della Piana del Sele IGP rappresenta il 100% della produzione certificata, testimoniando l’importanza della coesione territoriale e della collaborazione tra i produttori. Grazie a questa aggregazione, il prodotto potrà distinguersi sui mercati nazionali e internazionali, valorizzando il forte legame tra tradizione, territorio ed eccellenza agroalimentare.

Olio di girasole, positive previsioni consumo e produzione

Olio di girasole, positive previsioni consumo e produzioneRoma, 6 mar. (askanews) – Accrescere la produzione di olio di girasole, puntando su qualità, sostenibilità e tracciabilità, in linea con la domanda dei consumatori. A suggerirlo sono i numeri del settore, che secondo Assitol, l’Associazione Italiana dell’Industria Olearia aderente a Federalimentare e Confindustria, sono molto promettenti, in Italia e sul mercato mondiale.


Secondo le ultime rilevazioni, la produzione mondiale di semi di girasole si è attestata sui 56 milioni di tonnellate e vede ai primi posti Russia e Ucraina. Quella italiana è pari a 293mila tonnellate di semi: le regioni più vocate sono le Marche, che rappresentano il 31,7% del territorio coltivato a girasole, seguite da Toscana (19%), Umbria (13,95%) ed Emilia-Romagna (13,71). A prevalere è il girasole altoleico, varietà della pianta con un contenuto di acido oleico più alto rispetto a quella convenzionale. Lo scorso anno, l’industria italiana ha prodotto 164mila tonnellate di olio di girasole, in aumento rispetto alla media nazionale, che di norma si aggira sulle 150mila tonnellate, ma ancora insufficienti rispetto alla domanda. Il mercato ne chiede sempre di più: per il 2025, le previsioni di consumo in Italia parlano di 791mila tonnellate, pari ad un incremento del 2,3%. E, per rispondere al fabbisogno attuale, l’industria deve ricorrere all’import, che in media raggiunge le 600mila tonnellate di olio.


“Non possiamo contare sui grandi quantitativi di semi dell’Europa dell’Est – spiega Carlo Tampieri, presidente del Gruppo Oli da semi dell’Associazione – le tensioni geopolitiche degli ultimi anni hanno inciso sul quadro economico generale, oltre che sulle aziende. Tuttavia, i dati di consumo confermano il momento positivo del comparto, che ha ancora grandi potenzialità di sviluppo”. Le aziende produttrici, inoltre, sono un esempio di economia circolare. “Il nostro è un modello di sostenibilità – aggiunge il presidente Tampieri – dagli scarti, si ottiene energia ‘verde’, sia per l’autoconsumo sia per la rete elettrica esterna mentre l’acqua viene utilizzata per il raffreddamento degli impianti, evitando di attingere ad una risorsa primaria”.


“L’IA può aprirci nuove strade – osserva il presidente del Gruppo oli da semi di ASSITOL – A nostro avviso diventa necessario l’impegno di tutta la filiera, dal campo alla fabbrica, con l’obiettivo di un utilizzo razionale delle risorse, di un minor impatto ambientale e migliori rese. In questo modo sapremo costruire un sistema capace di contrastare il cambiamento climatico, che già oggi pesa sul futuro del nostro agroalimentare”.

Cia: con dazi Usa a rischio l’11% dell’export italiano

Cia: con dazi Usa a rischio l’11% dell’export italianoRoma, 6 mar. (askanews) – I dazi imposti dagli Stati Uniti sull’agroalimentare europeo e quindi anche italiano metterebbero a rischio l’11% dell’export made in Italy in un momento d’oro per l’agroalimentare italiano negli Usa (+17%). Inoltre, ancora non ci sono dettagli, ma a spaventare il settore è sia la durata dei dazi, che furono solo di un anno nel 2019, sia la percentuale che potrebbe essere tra il 10% e il 15% e sia le tipologie di prodotto coinvolte, visto che si parla anche di vino, olio e pasta. Lo sottolinea in una nota Cia-Agricoltori italiani.


“L’imposizione di nuovi dazi doganali infliggerebbe danni alle imprese e ai produttori, mettendo a rischio un mercato florido per le nostre aziende”, spiega il presidente di Cia Cristiano Fini. I nuovi dazi minacciati da Trump rischierebbero di far saltare l’11% di tutto l’export agroalimentare italiano (69 miliardi), con un impatto economico devastante sulle eccellenze del Made in Italy. Il rischio è ben peggiore rispetto ai dazi del 2019 che ebbero effetto solo per un anno e furono imposti al 10%, mentre adesso si ipotizza un possibile 25%”. Cia ricorda che i dazi doganali maggiorati riguardarono formaggi, salumi e alcuni alcolici, mentre ora, ad essere minacciati, sono anche prodotti come vino, olio extravergine d’oliva e pasta e la durata potrebbe interessare tutto il mandato presidenziale di Trump. Tutto ciò avverrebbe in un momento in cui si può parlare un vero e proprio boom di vendite tricolori negli Usa per l’agroalimentare italiano, con 7,8 miliardi di euro e un +17% sul 2023, che ha visto gli Stati Uniti scalzare, seppur di poco, la Francia dal secondo gradino del podio dei paesi di destinazione del nostro export agroalimentare.


Per le vendite estere di vino, gli Stati Uniti sono il primo mercato di sbocco italiano, con quasi 1,7 miliardi euro e un peso sulle esportazioni agroalimentari oltreoceano del 26%. La percentuale è in crescita nel 2024 sull’anno precedente (+7%), con un’impennata per i vini spumanti (+19%). Si tratta di un’incidenza di quasi il 24% sull’export totale di vini tricolore, molto più del diretto competitor transalpino, la cui quota non arriva al 20%. Dopo il vino, troviamo i prodotti da forno e farinacei, al cui interno rientra la pasta (805 milioni di euro, pari al 12% del totale) e l’olio d’oliva (670 milioni di euro, pari al 10%). Per quanto riguarda il settore del vino, Cia ricorda che il rischio di dazi lascerebbe strada libera ai competitor che potranno aggredire una quota di mercato molto appetibile: dal Malbec argentino, allo Shiraz australiano, fino al Merlot cileno. Dalla parte dei produttori di vino italiani, Cia ricorda anche come sia difficile recuperare rapporti solidi con i buyer Usa, una volta che questi siano costretti a interrompere le relazioni con l’Europa per cercare altri mercati internazionali. Cia evidenzia che gli stessi produttori sarebbero preoccupati da una nuova ondata di dazi che causerebbe un danno anche alla loro filiera distributiva, che oltre ai vini locali commercia anche quelli esteri.

Confagri: bene indirizzo Agenzia Entrate su tassazione biogas

Confagri: bene indirizzo Agenzia Entrate su tassazione biogasRoma, 6 mar. (askanews) – L’indirizzo interpretativo fornito dall’Agenzia delle Entrate per dare soluzione al sistema di tassazione degli impianti di biogas “va nella giusta direzione auspicata da Confagricoltura. Esprimiamo, perciò, una valutazione positiva e un particolare apprezzamento per la chiarezza”. Lo sottolinea in una nota la confederazione agricola spiegando che con le direttive impartite dall’Agenzia “si conferma la correttezza del criterio di tassazione che la Confederazione aveva indicato sin dall’entrata in vigore, nel 2014, delle norme sulla determinazione forfetizzata dell’imponibile derivante dall’attività di produzione di energia da biogas, basata sui prezzi medi zonali indicati dallo stesso GSE, con esclusione della quota incentivante compresa nella tariffa omnicomprensiva”.


Il chiarimento ufficiale fornito oggi dall’Agenzia si fonda, spiega dettagliatamente Confagricoltura, sulle finalità che le norme intendevano perseguire, dirette a non discriminare con diversi sistemi di tassazione i produttori di agroenergie in base alle differenti fonti di produzione dell’energia da impianti fotovoltaici o da fonti di origine agroforestali (biogas). L’indirizzo “conferisce certezza ai comportamenti tenuti dagli imprenditori del settore, in conformità con la giusta interpretazione delle disposizioni di riferimento”. Si chiude, così, una lunga vicenda che ha visto coinvolte varie amministrazioni competenti (ministero dell’Economia e delle Finanze, ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, GSE) che hanno in questi anni dialogato con Confagricoltura fino alla giusta interpretazione emanata dall’Agenzia delle Entrate, che pone finalmente chiarezza ai dubbi sull’applicazione della normativa.

Carloni (Comagri): al lavoro per risolvere speculazione caffè

Carloni (Comagri): al lavoro per risolvere speculazione caffèRoma, 6 mar. (askanews) – “La Lega, al fianco del suo segretario, lavorerà per trovare una soluzione: bisogna creare misure di tutela per la filiera del caffè, che è in balia di pochi grandissimi operatori, in particolare per le piccole e medie imprese italiane, che rendono il caffè italiano uno dei prodotti più celebrati e consumati al mondo”. Lo ha detto il presidente della commissione Agricoltura, il deputato della Lega Mirco Carloni, che ieri con il segretario della Lega e ministro delle Infrastrutture Matto Salvini ha incontrato il presidente dell’associazione Altoga, che riunisce circa 800 torrefattori italiani. Nel corso dell’incontro è emersa la preoccupazione per la speculazione nel settore del caffè che negli ultimi anni ha portato a un aumento dei prezzi quasi del 300%.


“Come se non bastassero le criticità derivanti da certe normative Ue, i problemi si accumulano – ha detto Carloni – Scarsità del prodotto, difficoltà logistiche causate dall’impraticabilità del Canale di Suez, speculazione mondiale e, infine, l’entrata in vigore dell’EUDR al 31 dicembre, che complicherà ulteriormente la situazione, impedendoci di procurare caffè non certificati”. “Gli speculatori nel settore sono rappresentati da produttori che trattengono il prodotto per aumentare i prezzi, da trader multinazionali che, da semplici intermediari, sono diventati attori speculativi, e da operatori finanziari di vario tipo che traggono vantaggio dalla scarsità, amplificando il fenomeno”, ha concluso Carloni garantendo il sostegno del Governo alla filiera.

Al via campagna Naturasì:prezzo trasparente a sostegno agricoltori

Al via campagna Naturasì:prezzo trasparente a sostegno agricoltoriRoma, 6 mar. (askanews) – Conoscere di un prodotto non solo il prezzo pagato alla cassa, ma anche la percentuale di quel prezzo che va agli agricoltori e ai trasformatori. Un primo passo per fare una spesa consapevole e per dare trasparenza al giusto prezzo che deve essere pagato a chi produce ciò che mangiamo. Naturasì lancia la campagna “Sosteniamo l’agricoltura” e, come spesso accade, il mondo del biologico, che da sempre lavora affinché venga riconosciuto il “giusto prezzo” dei cibi, apre la strada a una collaborazione virtuosa tra chi produce, chi vende e chi acquista.


L’iniziativa nasce dalla constatazione che la corsa al ribasso dei prezzi del cibo ha conseguenze devastanti per l’agricoltura. Negli anni Settanta, in media, il 19% del prezzo del pane andava all’agricoltore; oggi è solo il 4%. Quasi cinque volte più basso. Lo stesso accade per molti altri alimenti mentre i costi di produzione continuano a salire. Per questo NaturaSì, una delle principali insegne del biologico in Europa, indicherà su alcuni prodotti accanto al prezzo finale anche il valore corrisposto agli agricoltori e ai trasformatori. Passata di pomodoro, pane, ma anche finocchi, arance da spremuta e kiwi: su alcune categorie il compenso per i produttori arriva a quasi il 50% del prezzo pagato alla cassa. A discutere sul come avviare un percorso virtuoso sul giusto prezzo del cibo a partire dal bio, sono stati oggi a Roma Fabio Brescacin, presidente e fondatore di NaturaSì; Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio; Silvia Schmidt, Policy Manager di IFOAM Organics Europe e Ueli Hurter, responsabile della sezione agricoltura biodinamica presso il Goetheanum di Dornach (CH).


Erano inoltre presenti rappresentanti di Confagricoltura, Coldiretti e Cia, oltre a gruppi cooperativi e rappresentanti del settore accademico per avviare un confronto aperto per costruire un sistema che riconosca il giusto valore al lavoro di tutti gli agricoltori e renda il consumatore più consapevole. “Occorre una rivoluzione del sistema – ha detto Fabio Brescacin – il mondo agricolo è in crisi: solo in Europa, negli ultimi 15 anni, sono sparite oltre 5 milioni di aziende agricole. Tra il 2005 e il 2020, quasi il 40% delle attività ha abbandonato i campi. Per invertire questa tendenza, l’agricoltura deve tornare attrattiva soprattutto per i giovani”.


“Il grano duro biologico di NaturaSì viene pagato all’agricoltore 45 centesimi al chilo, contro i 30 centesimi della filiera convenzionale”, ha aggiunto Brescacin. Per valorizzare il lavoro agricolo, NaturaSì ha scelto di rendere trasparente la composizione del prezzo di alcuni prodotti chiave. Ad esempio, su 3,98 euro pagati per un chilo di finocchi, circa la metà (1,80 euro) vanno direttamente all’azienda agricola e il resto per logistica e trasporto, costi del punto vendita, controllo qualità, anche con agronomi in campo. La stessa trasparenza viene applicata a passata di pomodoro e pane, alle arance da spremuta e ai kiwi, con una comunicazione chiara in negozio, e non solo, per informare consumatori, associazioni di categoria e istituzioni.

Non solo bresaola: Rigamonti investe sul San Daniele e accelera su estero

Non solo bresaola: Rigamonti investe sul San Daniele e accelera su esteroMilano, 5 mar. (askanews) – “Le cose belle si fanno nei momenti difficili, quindi è proprio questo il momento in cui riteniamo ci siano delle cose da fare”. Claudio Palladi, amministratore delegato di Rigamonti, nome storico della bresaola valtellinese di proprietà della multinazionale brasiliana Jbs, traccia un bilancio per il gruppo che ormai da tre anni è proprietario anche dei marchi King’s e Principe, e annuncia un ambizioso piano di crescita, soprattutto all’estero, per il prosciutto San Daniele Dop.


Il punto di partenza è proprio il bilancio 2024 che ha mostrato “una buona performance a livello complessivo” con 256 milioni di euro di fatturato e più di 17mila tonnellate prodotte (+3,9% a valore e +5,1% a volume), ma sul fronte della redditività si è rivelato “insoddisfacente”. Anticipando l’andamento complessivo – il cda del gruppo per l’approvazione dei conti è il 28 marzo – Palladi ha detto che a fronte di “un Ebitda positivo del gruppo Rigamonti, comprensivo anche dei risultati di Brianza salumi, l’area di King’s ha un Ebitda negativo determinato dall’area dei prosciutti crudi”. Di qui la decisione di un piano di investimenti sul quadriennio 2025-2028 “da 24 milioni di euro che riguarderà gli asset industriali e produttivi” con l’ambizione “di far diventare Principe un marchio globale della salumeria italiana”, già oggi primo gruppo all’interno del Consorzio San Daniele con una quota dell’11%. E questo avverrà proprio grazie alle esportazioni. Per Rigamonti, che oggi è leader nel mercato delle bresaole con il 40% del totale Igp, il target è arrivare in un quinquennio ad avere “il 50% della produzione di crudo San Daniele venduta fuori dall’Europa, che noi consideriamo mercato domestico, dal 10-11% di oggi” ha spiegato Palladi. L’attuazione di questo piano ha reso necessario anche un potenziamento della squadra di governance con la nomina di Amedeo Vida e Dario Nucci come amministratori delegati rispettivamente di King’s e Principe di San Daniele, due marchi, acquisiti nel 2022 per 84 milioni di euro, che hanno allargato il presidio del gruppo valtellinese su altre Dop e Igp della salumeria italiana con il San Daniele appunto, il Prosciutto di Parma e la Mortadella di Bologna Igp.


“La bresaola – ha spiegato l’Ad di Rigamonti – è molto più consolidata, per i prosciutti, dopo un triennio un pochino più difficile, nel 2024 ci aspettavamo che le cose andassero meglio. Di qui il cambio della squadra. Ora l’obiettivo sempre più cogente, mantenendo le tre ragioni sociali dei marchi, è fare più sinergie di gruppo sul fronte commerciale. La nuova squadra, qualche esperienza che insegna sempre qualcosa, i nuovi investimenti e un gruppo che dimostra di crederci” faranno il resto. E infatti, la controllante, Jbs, a fronte di un dato negativo a livello di Ebitda il 16 dicembre scorso ha varato un aumento di capitale da oltre 21 milioni di euro su Rigamonti che “supera ampiamente il valore della perdita di esercizio – ha raccontato Palladi – Ci presenteremo con un disavanzo nella gestione di Kings ma con una copertura che arriva dall’aumento di capitale che è superiore al disavanzo”. E questa avverte Palladi non è “generosità” dell’azionista perchè per Jbs “la salumeria italiana è l’eccellenza del food”.


Non a caso alla diversificazione di prodotto il gruppo aveva già iniziato a lavorare quando il core business era solo la bresaola. E’ del 2021, infatti la Carta delle Bresaole, il primo vademecum per scoprire le caratteristiche delle diverse bresaole, a seconda delle razze bovine utilizzate e della loro provenienza. Uno strumento che ha portato Rigamonti a registrare una crescita del 22% in 4 anni a volume e un +10% sull’anno precedente, con la crescita record del 106% a volume dell’ultima nata, la bresaola da Fassona Piemontese. In questo quadro di sviluppo sull’estero, che ha un focus sul Nord America – “Oltreoceano la redditività c’è da sempre ma ora iniziano ad esserci anche i volumi” – le minacce di dazi per ora non spaventano particolarmente il gruppo. “Quello che sarà non lo sappiamo – ha commentato Nucci – l’aspetto positivo è che ci siamo già passati con la prima amministrazione Trump che mise i dazi per esempio sulla mortadella. Ora non dico che siamo positivi ma stiamo alla finestra”. Nè tantomeno spaventa il regolamento europeo contro la deforestazione, il cosiddetto Eudr, sebbene la materia prima della bresaola Igp arrivi prevalentemente dal Sudamerica. “Noi dal 2016 iniziato la certificazione con Csqa per vedere le singole fazende per mappare la qualità della carne e la provenienza, e per noi non è solo un fatto organolettico – ha spiegato Palladi – Considerate che gli allevamenti in Brasile sono 1,3 milioni, quelli certificati per l’Europa sono il 6-7% del totale. Noi stiamo selezionando i migliori e siamo stati gli unici a farlo dal 2026. Oggi il regolamento sulla deforestazione sembra fatto per noi perchè ci dà l’opportunità di far vedere quello che abbiamo fatto in 10 anni. Come gruppo siamo pronti all’applicazione del regolamento europeo al 30 dicembre 2025”.

Leclerc diventa Global brand ambassador di Chivas Regal

Leclerc diventa Global brand ambassador di Chivas RegalRoma, 5 mar. (askanews) – Il pilota di formula 1 Charles Leclerc diventa Global Brand Ambassador dello scotch whisky Chivas Regal, di proprietà di Pernod Ricard, nato dalla tradizione scozzese e prodotto nella storica Strathisla Distillery. Obiettivo della collaborazione, spiega il brand, è quello di incoraggiare i fan a trovare la propria strada verso il successo. La partnership celebra il raggiungimento degli obiettivi personali e della creatività nel tempo, esplorando le passioni di Leclerc fuori dalla pista, prima su tutte la musica.


Oltre a essere un campione di Formula 1, Leclerc è infatti anche un appassionato pianista e compositore autodidatta. Per celebrare questa fusione di successo, Charles e Chivas Regal hanno dato vita a un evento esclusivo in un temporary piano bar che avvicina il mondo della musica e quello del whisky. Il bar, denominato Leclerc’s, aprirà l’11 marzo a Melbourne, prima dell’apertura della stagione di Formula 1 2025 prevista per la fine della settimana.

A via dall’Umbria le selezioni regionali dell’Ercole Olivario

A via dall’Umbria le selezioni regionali dell’Ercole OlivarioRoma, 5 mar. (askanews) – È partita dall’Umbria la “Stagione delle selezioni regionali” del concorso nazionale Ercole Olivario. I prossimi appuntamenti per le regioni d’Italia di questa XXXIII edizione dell’Ercole Olivario in Italia si terranno in Toscana, venerdì 21 marzo; in Basilicata, lunedì 24 marzo; in Abruzzo, martedì 25 marzo; mentre nel mese di aprile si terranno in Sicilia, Sardegna, Puglia e nel Lazio. Il tour per i territori italiani porterà allo svelamento degli oli finalisti selezionati, che si contenderanno il podio di questa edizione dell’”Oscar dell’Olio Italiano”.


A rappresentare l’Umbria alle finali nazionali dell’Ercole Olivario, 17 oli selezionati. Gli oli vincitori d’Italia della 33esima edizione dell’Ercole Olivario verranno proclamati e premiati il 19 e 20 maggio durante la cerimonia che si terrà a Perugia. L’appuntamento umbro di selezione regionale, è stato anche una occasione promozionale delle eccellenze olearie regionali, visto che alla alla cerimonia di svelamento dei finalisti c’era anche un gruppo di buyers stranieri, provenienti da Colombia, Cina, New York, Shanghai, Brasile, Giappone, che hanno potuto assaggiare gli oli in gara e incontrare i produttori.