Skip to main content
#sanremo #studionews #askanews #ciaousa #altrosanremo

Dal computer quantistico nuovi algoritmi per simulare polimeri

Dal computer quantistico nuovi algoritmi per simulare polimeriRoma, 27 ott. (askanews) – Lo sviluppo di computer quantistici sta aprendo prospettive di calcolo finora inimmaginabili, promettendo di risolvere problemi ritenuti insormontabili per i calcolatori convenzionali, che spaziano dalla crittografia, alla farmacologia, fino allo studio delle proprietà fisiche e chimiche delle molecole e dei materiali. Tuttavia, i computer quantistici esistenti hanno ancora capacità di calcolo relativamente limitate. In questa fase di trasformazione tecnologica, si inserisce lo studio appena pubblicato su “Science Advances”, che mostra la possibilità di un’alleanza inaspettata tra i metodi usati nel calcolo quantistico e in quello tradizionale.

Il gruppo di ricerca, formato da Cristian Micheletti e Francesco Slongo della Sissa di Trieste, Philip Hauke dell’Università di Trento e Pietro Faccioli dell’Università di Milano-Bicocca ha utilizzato un approccio matematico chiamato QUBO (da “Quadratic Unconstraint Binary Optimization”) che permette di sfruttare al massimo le caratteristiche di alcuni computer quantistici, chiamati “quantum annealers”. Il nuovo studio – informa la Sissa – ha sfruttato l’approccio QUBO per simulare in un modo radicalmente nuovo miscele dense di polimeri, sistemi fisici complessi che giocano un ruolo chiave sia in biologia che in scienze di materiali. Facendo ricorso ai computer quantistici si è riscontrato un aumento delle prestazioni di calcolo rispetto alle tecniche tradizionali, fornendo un importante esempio del grande potenziale futuro di queste nuove tecnologie. Tuttavia, l’approccio QUBO si è rivelato particolarmente efficace anche sui computer tradizionali, permettendo ai ricercatori di scoprire delle sorprendenti proprietà di queste miscele polimeriche. Le implicazioni possono essere di vasta portata visto che l’approccio utilizzato nello studio è naturalmente predisposto per essere trasferito a molti altri sistemi molecolari.

“Una tecnica di simulazione chiamata ‘Monte Carlo’ rappresenta da decenni un metodo di riferimento per lo studio di sistemi complessi, quali i polimeri sintetici o quelli biologici, come il DNA”, spiega Cristian Micheletti che ha coordinato lo studio. “Purtroppo, l’efficienza di queste simulazioni diminuisce rapidamente con l’aumento della densità e della taglia del sistema. Per questo, studiare sistemi realistici, come l’organizzazione dei cromosomi nel nucleo della cellula, richiede un enorme dispendio di risorse di calcolo”. Prosegue Francesco Slongo, dottorando della Sissa e primo autore dello studio: “I computer quantistici promettono di aumentare eccezionalmente le performance di calcolo, ma con tutti i limiti di una tecnologia in divenire. E qui interviene la nuova strategia di simulazione, che è applicabile ai pionieristici computer quantistici esistenti, ma può essere trasferita con successo perfino sui computer tradizionali”. Come osservano Philipp Hauke e Pietro Faccioli: “Attualmente già esistono macchine quantistiche dedicate alla soluzione di problemi formulati con l’approccio QUBO, e possono essere efficacissime. È stato proprio per avvantaggiarci di tali macchine che abbiamo riscritto i modelli di polimeri convenzionali nella formulazione QUBO. Con sorpresa abbiamo scoperto che la riscrittura QUBO si è rivelata vantaggiosa anche sui computer convenzionali, consentendo di simulare polimeri densi più velocemente che con i metodi consolidati. Grazie a questo abbiamo stabilito proprietà prima ignote per questi sistemi, e tutto ciò usando i calcolatori consueti”.

È già successo in passato che modelli fisici nati per sfruttare al massimo le innovazioni nelle tecnologie di calcolo si siano poi affermate al punto da essere trasferite in diversi ambiti. Il caso più noto è quello dei modelli di fluidi su reticolo pensati per i supercomputer degli anni ’90 ma oggi largamente usati per molti altri sistemi e tipi di computer. Lo studio su “Science Advances” – conclude la Sissa – ne è un ulteriore esempio, mostrando come metodologie ispirate dal calcolo quantistico possano aprire la strada allo studio di nuovi materiali e alla comprensione del funzionamento di sistemi molecolari di interesse biologico. (Crediti foto: Cristian Micheletti)

Una parola tira l’altra: una app per allenare il lessico giocando

Una parola tira l’altra: una app per allenare il lessico giocandoRoma, 20 ott. (askanews) – Trovare i termini giusti e le giuste associazioni per costruire vere e proprie “scale di parole”. Si può partire ad esempio da “mela” e risalire la scala con la parola “frutto” e poi “alimento” e, ancora più in alto, “oggetto”. E si può anche scendere la scala con un termine più specifico, ad esempio “renetta”.

Il gioco si chiama “Word Ladders”, è una app per Android e per Apple, e non è solo un gioco. A idearlo sono stati infatti i ricercatori di “Abstraction”, progetto di ricerca finanziato dallo European Research Council (Erc) e guidato da Marianna Marcella Bolognesi, professoressa al Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Moderne dell’Università di Bologna. “Per le giocatrici e i giocatori, la app è un modo divertente per fare stretching linguistico, cioè tenere allenato il lessico attivo, cercando parole che non usiamo quotidianamente perché molto specifiche o molto generiche”, spiega Bolognesi. “Al tempo stesso, il gioco ci permette di raccogliere preziosi dati linguistici, utili per il progetto Abstraction”.

Obiettivo di Abstraction – informa Unibo – è infatti indagare come la specificità e la concretezza delle parole influenzano il modo in cui comprendiamo il linguaggio scritto. Queste variabili – la concretezza e la specificità delle parole – hanno un ruolo importante nel determinare la chiarezza, la forza e l’efficacia di diversi tipi di testo, per diversi tipi di lettori, ad esempio per adulti o per bambini, oppure per esperti e non esperti di un determinato settore. L’obiettivo è quindi saper individuare i livelli ottimali di concretezza e di specificità dei termini in vari tipi di testo, per costruire messaggi massimamente efficaci, chiari ed informativi. Grazie all’aiuto dei giocatori di “Word Ladders”, gli studiosi di “Abstraction” vogliono capire in che modo i meccanismi alla base del significato delle parole interagiscono nel pensiero umano, nel linguaggio verbale e nelle espressioni creative.

“Vogliamo spiegare come la specificità e la concretezza delle parole ci permettono di costruire significato a partire dall’esperienza e raggiungere quelle generalizzazioni su cui si basa gran parte del nostro pensare e del nostro parlare”, dice ancora Bolognesi. “L’indagine su questi meccanismi di astrazione è uno dei temi caldi delle scienze cognitive ed è molto dibattuto anche nella ricerca sull’intelligenza artificiale, dove è ancora poco chiaro come una macchina o un algoritmo possa costruire e utilizzare concetti e significati in modo da rispecchiare il comportamento umano”.

Un lampo radio veloce da record, il più distante mai osservato

Un lampo radio veloce da record, il più distante mai osservatoRoma, 20 ott. (askanews) – Un’equipe internazionale ha individuato un’esplosione distante di onde radio cosmiche della durata di meno di un millisecondo. Questo “lampo radio veloce” (FRB dall’inglese fast radio burst) è il più distante mai rilevato. La sua origine è stata individuata dal VLT (Very Large Telescope) dell’Eso (Osservatorio Europeo Australe) in una galassia così lontana che la sua luce ha impiegato otto miliardi di anni per raggiungerci. Questo FRB – informa l’Eso – è anche uno dei più energetici mai osservati: in una minuta frazione di secondo ha rilasciato l’equivalente dell’intera emissione del nostro Sole in 30 anni.

La scoperta dell’esplosione, chiamata FRB 20220610A, è stata effettuata nel giugno dello scorso anno dal radiotelescopio Askap in Australia e ha superato del 50% il precedente record di distanza stabilito dallo stesso gruppo. “Utilizzando la serie di parabole di Askap, siamo stati in grado di determinare con precisione da dove proveniva l’esplosione”, afferma Stuart Ryder, astronomo della Macquarie University in Australia e co-autore principale dello studio pubblicato oggi su Science. “Poi abbiamo usato

Pnrr e ricerca, Carrozza: ora è il momento di mettere in pratica

Pnrr e ricerca, Carrozza: ora è il momento di mettere in praticaRoma, 20 ott. (askanews) – “Il Cnr, grazie al piano di rilancio in corso e grazie al Pnrr e a tutti i progetti di ricerca fondamentale che abbiamo vinto in questo momento, ha la responsabilità di portarli avanti nel modo migliore possibile. Dico spesso che il Pnrr è uno strumento per la transizione all’economia della resilienza. Significa sviluppare capacità di calcolo, infrastrutture digitali per il monitoraggio ambientale, laboratori dove possiamo sviluppare i vaccini del futuro, significa sviluppare quegli asset che poi saranno fondamentali per il Paese del futuro. Adesso è il momento di dare, e quindi di mettere in pratica il Pnrr”. Lo ha detto la presidente del Cnr, Maria Chiara Carrozza, a margine della presentazione dell’installazione multimediale e multisensoriale “La scienza si fa in cento” che ripercorre la storia e le sfide scientifiche del Consiglio nazionale delle ricerche con uno sguardo verso il futuro.

“Io scherzosamente dico che nei prossimi cento anni devono esserci solo presidenti donne – ha aggiunto Carrozza -. Questo significa che credo molto nella pari opportunità. Simbolicamente il fatto che io sia la prima presidente donna è anche un senso di rinnovamento e futuro. Ovvio che noi dobbiamo pensare al Cnr come una parte fondamentale del futuro nostro paese, e come il Cnr avrà un ruolo di leadership scientifica, leadership industriale, di progresso e di diplomazia scientifica”. “Le mostre di questo genere che rappresentano la storia della scienza e la storia dell’intreccio fra il Cnr e il mondo universitario, l’industria e il Paese – ha spiegato in merito all’esposizione nella sede dell’Ente – sono mostre che avvicinano le persone e i cittadini a capire e a comprendere i fenomeni dell’innovazione tecnologica, l’intelligenza artificiale, il patrimonio culturale, l’eredità culturale che stiamo vivendo, cosa significa fare delgli archivi on line. Ci sono tanti aspetti che coinvolgono i cittadini, che sono una parte essenziale del nostro futuro, prima di tutto perché apprezzino la scienza e si avvicinino alla scienza ma anche perché il cambiamento climatico e la transizione ecologica pretendono nella cittadinanza un cambiamento nei comportamenti, un cambiamento importante e se si è parte di questo cambiamento si può veramente fare la transizione ecologica. Altrimenti – ha concluso – sarà solo un proclama”.

Carrozza (Cnr): sfida è progettare robot che rispettino il pianeta

Carrozza (Cnr): sfida è progettare robot che rispettino il pianetaRoma, 17 ott. (askanews) – “Oggi più che mai abbiamo delle domande scientifiche sull’universo, sulla materia, sulle scienze della vita che ci pongono degli orizzonti scientifici che dobbiamo affrontare con coraggio e rigore e grande collaborazione per provare a sviluppare soluzioni. A me piace molto il tema del futuro dell’umanità. In questo secolo siamo anche di fronte al dubbio se il rapporto tra la specie umana e il pianeta potrà rimanere quello che è stato nei secoli scorsi oppure dovrà essere rivisto. È indubbia la relazione tra la specie umana e il pianeta: il pianeta resisterà sicuramente, il problema è se la specie umana così com’è oggi potrà resistere”. Lo ha detto la presidente del Consiglio nazionale delle ricerche Maria Chiara Carrozza intervenendo in apertura del convegno organizzato dall’Accademia dei Lincei e dal Cnr per celebrare il centenario dell’ente di ricerca dal titolo “Cento anni di collaborazione per il progresso delle scienze”.

“Non è un dubbio di piccolo conto. Non solo per l’impatto etico ma anche per l’impatto scientifico. Nella mia vita da ricercatrice – ha proseguito la presidente del Cnr – mi sono occupata di progettazione di robot e forse il modo in cui ci avviciniamo alla progettazione delle macchine è un modo che non tiene conto dell’impatto della macchine sull’equilibrio del pianeta, di come ricevono e consumano energia, di come dissipano il calore. La domanda scientifica che mi porrò nell’ultima parte della mia carriera da ricercatrice che sto per affrontare è proprio come cambiare la progettazione delle macchine che tenga conto di questi vincoli e di questi impatti delle macchine sull’ambiente. Che vuol dire ripensare i materiali, ripensare la produzione di energia, ripensare a dove i materiali finiranno e a come recuperarli. Finora le macchine non sono state pensate per essere completamente circolari, sono pensate per essere poi smaltite o al massimo smontate intelligentemente. È necessario – ha concluso Maria Chiara Carrozza – ripensare al modo stesso di trasformare la scienza in tecnologia, che è una delle più belle sfide che la specie umana ha di fronte perché è la tecnologia che ci permette in questo momento di sopravvivere su questo pianeta”.

Parisi (Lincei): Cnr storia di successi, servono più fondi pubblici

Parisi (Lincei): Cnr storia di successi, servono più fondi pubbliciRoma, 17 ott. (askanews) – “Quella del Cnr è una storia di grandi successi e nonostante questi grandi successi il Cnr, come tutto il comparto della ricerca, è sottofinanziato”. Lo ha detto Giorgio Parisi, vicepresidente dell’Accademia dei Lincei intervenendo al convegno, organizzato dai Lincei e dal Consiglio nazionale delle ricerche per celebrare il centenario del Cnr dal titolo “Cento anni di collaborazione per il progresso delle scienze” in corso a Roma a Palazzo Corsini.

“Una situazione disdicevole – ha proseguito il Nobel per la Fisica aprendo i lavori che proseguiranno anche domani – perché i finanziamenti diretti dello stato coprono gli stipendi e poco più e la quasi totalità delle ricerche vengono fatte con i fondi ottenuti mediante grant, cioè i fondi competitivi, italiani ed europei, e anche con contratti con amministrazioni pubbliche e privati. Il fatto che il Cnr riesca ad avere grossi fondi dalle ricerche competitive è un indice della grande ricchezza e capacità del Cnr, che dobbiamo celebrare perché, nonostante questa situazione, ha avuto dei successi straordinari, ma questo – ha sottolineato Parisi – rende difficile al Cnr avere una direzione strategica delle ricerche perché molto spesso è al traino di decisioni altrui, delle agenzie che danno i fondi. Quindi non c’è un adeguato finanziamento di base per le persone che non riescono ad aggiudicarsi i fondi esterni che spesso sono una lotteria perché oggi il numero dei partecipanti è molto alto”. “Questa mancanza di fondi – ha proseguito il fisico – ha anche un riflesso diretto su un grande male che colpisce la ricerca italiana: l’incapacità di attirare, tranne rare e lodevoli eccezioni, ricercatori stranieri che a volte esitano a venire in un Paese, in un ente in cui non c’è una certezza, una garanzia di finanziamento. E questo, il fatto che noi abbiamo un’elevata emigrazione ad altissimo livello verso l’estero, è triste per tutta l’Italia ed è ancora più triste per un ente come il Cnr che è nato con una vocazione internazionale. L’Italia non è un paese per giovani e lo è ancor meno per giovani ricercatori. E allora è fondamentale che ci sia un rifinanziamento degli enti di ricerca e del Cnr in particolare, in modo da poter avere maggiori possibilità per i giovani. Le storie di successo del Cnr sono ancora di più sconvolgenti perché i risultati sono stati spesso ottenuti in una situazione di scarsità di fondi strutturali. Il messaggio da portare a casa non è tanto: grandissimi risultati, va tutto bene. Piuttosto: se abbiamo ottenuto tutto questo con finanziamenti scarsi per la ricerca, quali meraviglie saremmo in grado di ottenere con finanziamenti adeguati? Abbiamo necessità assoluta di avere finanziamenti adeguati, perché oggi – ha concluso Parisi – abbiamo una maggiore emorragia di giovani verso l’estero e questo mette in pericolo il futuro della ricerca italiana”.

Turismo spaziale, Parmitano: mi chiedo se ne valga la pena

Turismo spaziale, Parmitano: mi chiedo se ne valga la penaRoma, 16 ott. (askanews) – “Il turismo spaziale? Mi chiedo perché. È un’esperienza unica, che può davvero cambiare la visione non solo di se stessi ma anche del mondo. Ma al momento i costi sono ancora estremamente elevati. Ci sono voluti circa 70 anni, dal volo dei fratelli Wright per arrivare ai voli intercontinentali per tutti. Lo spazio inizia a circa 100 km, quindi è un salto di dimensione. Non so rispondere quanto tempo ci vorrà, ma mi chiedo se valga la pena di pensare allo spazio come destinazione turistica”. Lo ha detto l’astronauta italiano dell’Agenzia spaziale europea Luca Parmitano rispondendo alla domanda di uno studente al termine della Lectio magistralis tenuta all’Università di Messina in occasione della Laurea Magistrale Honoris Causa in Scienze e logistica del trasporto marittimo ed aereo conferitagli dall’ateneo “in riconoscimento delle abilità dimostrate in campo aerospaziale e per aver dedicato la sua attività allo studio e alla sperimentazione scientifica oltre i confini nazionali, esplorando lo spazio extra atmosferico e la sua affascinante realtà”.

“Credo – ha proseguito l’astronauta – che per chi ha utilizzato lo spazio come destinazione turistica sia quasi una medaglia, per dire: ho fatto anche questo. Lo spazio non è un luogo confortevole, la Stazione spaziale internazionale non è un luogo confortevole, non da tutti i punti di vista. Bisogna adattarsi a dormire, non abbiamo comodi letti, abbiano un menu variegato ma è sempre cibo precotto. Quindi in che senso fare turismo nello spazio?”. “Abbiamo un pianeta bellissimo – ha aggiunto Parmitano – e senza doverci spostare molto lontano, quanti di voi conoscono bene la Sicilia? Io sicuramente no, ho ancora tantissimo da visitare. Per cui se dovessi fare turismo andrei a cercare destinazioni dove posso apprendere cultura, interfacciarmi con modi di vivere diversi, con arte, storia, culinaria diversi. Abbiamo ancora tanto da scoprire sul nostro pianeta. Non perché non voglia spingervi verso lo spazio ma perché lo spazio è ancora al momento una terra di frontiera, non siamo ancora in grado di colonizzarlo. È vero che i nostri ingegneri sono bravissimi, che voi sarete ingegneri bravissimi ma lo spazio è ancora, e lo sarà a lungo, terra di frontiera”.

Nella sua Lectio magistralis dal titolo “Human Space Transportation and Logistics: present and future”, Parmitano ha offerto una panoramica dei risultati raggiunti nell’esplorazione spaziale sottolineando anche i limiti che ancora l’uomo si trova ad affrontare in vista della prossima esplorazione lunare e di quella marziana. Limiti sul piano dell’approvvigionamento ad esempio di energia e cibo, sul piano della sicurezza, dell’esposizione alle radiazioni da cui oggi gli astronauti sono al riparo sulla Stazione spaziale internazionale ma che rappresentano un grosso problema spingendosi più in là, senza la protezione dell’atmosfera terrestre. Il ritorno sulla Luna, che dista poco meno di 400.000 km dalla Terra, rappresenta già una sfida ingegneristica. Sfida che si moltiplica per complessità se si guarda a Marte che dalla Terra di chilometri ne dista 400 milioni. “Si tratta di sfide ingegneristiche a cui – ha detto Parmitano rivolto agli studenti – anche voi siete chiamati a partecipare”. Colonnello dell’Aeronautica Militare Italiana e pilota collaudatore, Parmitano è il primo italiano – e terzo europeo – ad aver ricoperto il ruolo di Comandante sulla Stazione Spaziale Internazionale, durante la “Spedizione 61”. Nel corso della sua attività – rileva Unime – ha dedicato particolare attenzione all’innovazione tecnologica, dando un impulso significativo al progresso scientifico e all’esplorazione spaziale, sensibilizzando le nuove generazioni sui temi dei cambiamenti climatici e dello sviluppo sostenibile.

Laureato in Scienze Politiche e diplomato all’Accademia Aeronautica Italiana di Pozzuoli, è la dimostrazione vivente di come una formazione multidisciplinare, unita al continuo studio, alla determinazione e alla capacità di adattamento, possa consentire di raggiungere obiettivi eccellenti, motivo di orgoglio per tutti noi. L’attività e le sperimentazioni condotte da Parmitano, in condizioni operative e ambientali estreme, attestano come le sue competenze tecnico/scientifiche negli ambiti aeronautico, giuridico, geologico e dell’ingegneria siano di altissimo profilo e riconosciute a livello mondiale.

Infn, nuovo passo verso sorgente di neutroni più potente al mondo

Infn, nuovo passo verso sorgente di neutroni più potente al mondoRoma, 13 ott. (askanews) – In Svezia, al centro di ricerca ESS European Spallation Source, che ospiterà a Lund la più potente sorgente di neutroni al mondo, è appena stata completata l’installazione della prima parte dell’acceleratore lineare, cuore pulsante della facility, ossia il linac normal-conduttivo, chiamato DTL (Drift Tube Linac).

Il Drift Tube Linac di ESS – informa l’Istituto nazionale di fisica nucleare – è di fatto composto da cinque cavità, per un totale di circa 40 metri, che accelerano i protoni da 3,6 a 90 MeV, energia cui i protoni viaggiano a circa metà della velocità della luce. Il Drift Tube Linac di ESS sarà più potente al mondo, ed è stato progettato da ricercatori e tecnologi dell’Infn, in particolare dei Laboratori Nazionali di Legnaro (LNL) e della Sezione di Torino, che hanno anche coordinato tutte le fasi relative alla produzione, all’assemblaggio, ai test e all’installazione dei DTL. ESS, infatti, è un grande progetto in Europa, frutto di una vasta collaborazione internazionale, in cui l’Italia e l’Infn svolgono un ruolo centrale. “Con il completamento dei DTL, il contributo Infn all’acceleratore di ESS è molto vicino al compimento”, spiega Andrea Pisent, ricercatore dei LNL Laboratori Nazionali di Legnaro dell’Infn e coordinatore nazionale di ESS. “La sorgente di ioni, sviluppata ai Laboratori Nazionali del Sud, è da tempo in funzione con ottime prestazioni, mentre la fornitura delle cavità superconduttive, costruite in Italia sotto la responsabilità dalla Sezione Infn di Milano, è quasi completa, con 28 elementi su 36 già pronti per l’installazione nei moduli criogenici. I risultati raggiunti nel progetto ESS dimostrano nuovamente la capacità dell’Infn di realizzare strutture di altissima tecnologia con pieno controllo di tempi e costi, il lavoro di squadra fra le strutture dell’Istituto e i partner industriali, e il saper operare con grande efficacia nel contesto di una vasta collaborazione internazionale”, conclude Pisent.

“Sono stati progettati, costruiti e installati 40 metri di Linac, per complessive 70 tonnellate di componenti ad alta tecnologia, con processi produttivi innovativi e tolleranze di fabbricazione e assemblaggio estremamente ridotte, stiamo parlando di 170 elementi per quanto riguarda i drift tube, ciascuno con la propria specifica geometria e funzione, e interamente realizzati presso le officine meccaniche dell’Infn. Abbiamo realizzato e verificato la chiusura di circa 500 porte da vuoto con l’impiego di circa 10 mila viti”, descrivono i ricercatori Francesco Grespan dei LNL e Paolo Mereu della Sezione di Torino, che hanno guidato la realizzazione del DTL a Lund. “Ma il contributo va molto oltre l’hardware: sono state impiegate migliaia di simulazioni e misure di radiofrequenza, allineamenti al centesimo di millimetro, specifici processi di pulizia di superfici e test da vuoto e processi di Quality Assurance e Quality Control molto rigorosi. Tutto questo è ora installato e funzionante nel tunnel del Linac di ESS”, concludono Grespan e Mereu.

Il centro di ricerca multidisciplinare ESS, attualmente in costruzione in Svezia, sarà la sorgente di neutroni più potente al mondo quando entrerà in funzione nel 2025. ESS fornirà opportunità di ricerca uniche per migliaia di scienziati e scienziate in una vasta gamma di settori, dalla scienza dei materiali all’energia, dalle scienze della vita alle applicazioni per i beni culturali.

TAS realizzerà sistema di telecomunicazioni satellitari in Mongolia

TAS realizzerà sistema di telecomunicazioni satellitari in MongoliaRoma, 13 ott. (askanews) – È stato raggiunto un importante accordo per la costruzione di un sistema nazionale di telecomunicazioni satellitari in Mongolia, che rafforzerà la partnership strategica tra Mongolia e Francia e aumenterà la connettività per tutti i mongoli.

L’accordo di partnership tra Thales Alenia Space – JV tra Thales 67% e Leonardo 33%, una delle principali aziende europee specializzate nella realizzazione di satelliti – e il Ministero dello Sviluppo Digitale e delle Comunicazioni della Mongolia è stato firmato oggi alla presenza del Presidente della Mongolia, S.E. Ukhnaagiin Khürelsükh, e del Presidente della Francia, Emmanuel Macron, durante la visita di Stato del Presidente mongolo in Francia. A darne notizia Thales Alenia Space in una nota. Thales Alenia Space, sarà responsabile della costruzione di un satellite ad alte prestazioni in banda Ku che porterà il nome di “Chinggis Sat” in onore dell’eroe nazionale mongolo Chinggis Khan. Una volta lanciato, il satellite permetterà l’uso di Internet ad alta velocità in tutta la Mongolia, anche nelle aree rurali e nelle comunità nomadi poco servite, consentendo un accesso più facile e più ampio a servizi come la telemedicina, l’e-learning, i servizi di e-government e sostenendo la crescita di settori economici ad alto valore aggiunto.

“Questo progetto è un importante passo avanti verso la trasformazione digitale della Mongolia e lo sviluppo di un’economia spaziale nazionale – ha dichiarato il Ministro per lo Sviluppo Digitale e delle Comunicazioni Uchral Nyam-Osor – Trasformerà il modo in cui gli abitanti del nostro vasto Paese accedono a Internet e favorirà l’accesso ai servizi vitali di cui hanno bisogno. Siamo lieti di avere un partner con l’esperienza e le capacità di Thales Alena Space e non vediamo l’ora di lavorare con loro su un progetto che porterà benefici significativi a tutti i mongoli”. “È un privilegio per Thales Alenia Space essere stata scelta dal Ministero dello Sviluppo Digitale e delle Comunicazioni della Mongolia per la fornitura del satellite nazionale – ha dichiarato Hervé Derrey, CEO di Thales Alenia Space – Crediamo che il progetto sarà una risorsa fondamentale per colmare il divario digitale, un forte vettore di crescita economica e un prezioso strumento di sovranità. Siamo inoltre entusiasti di intraprendere questa cooperazione a lungo termine con la Mongolia e di sostenere il Paese nello sviluppo delle sue capacità e dei suoi servizi spaziali a beneficio di tutti i suoi cittadini”.

Spazio, Cristoforetti: l’Europa cambi passo, più ambizione

Spazio, Cristoforetti: l’Europa cambi passo, più ambizioneRoma, 10 ott. (askanews) – “Qualche settimana fa si è posato sulla Luna un lander indiano, Chandrayaan-3, che ha rilasciato un piccolo rover sulla superficie. L’India è diventata così la quarta nazione al mondo a effettuare con successo un allunaggio, dopo essere stata diversi anni fa la quarta nazione a raggiungere l’orbita del pianeta Marte. Ecco che adesso qui devo sottolineare, con rammarico, che tra coloro che hanno raggiunto la Luna prima dell’India non ci sono né l’Esa né tantomeno una singola nazione europea. Il nostro veicolo ‘Argonaut’, che porterà circa una tonnellata e mezza di cargo sulla Luna, ha passato da poco le fasi di studio iniziali e sarà pronto per un allunaggio forse soltanto alla fine di questo decennio”. Lo ha detto l’astronauta italiana dell’Esa Samantha Cristoforetti nella Lectio magistralis “L’esplorazione dello Spazio è un’opportunità di crescita e sviluppo per l’Italia e per l’Europa” tenuta alla Sapienza di Roma, in occasione del dottorato honoris causa in Ingegneria aeronautica e spaziale conferitole durante la cerimonia di inaugurazione dell’Anno accademico.

Nella sua lectio Samantha Cristoforetti ha ricordato le decisioni lungimiranti prese negli anni’90 del secolo scorso che hanno consentito all’Italia di acquisire una posizione di prestigio in ambito europeo. “Poi, però, abbiamo smesso di darci obiettivi ambiziosi, di voler crescere nelle nostre capacità di esplorazione spaziale. Nel momento in cui il mondo attorno a noi si metteva a correre, – ha detto – noi ci siamo fermati. Una decina di anni fa in Europa, e quindi anche in Italia, abbiamo considerato di realizzare una versione del cargo ATV che fosse capace non solo di raggiungere la ISS ma anche di rientrare in sicurezza sulla Terra. Poi abbiamo abbandonato l’idea”. Guardando all’esplorazione dello spazio con esseri umani, “oggi – ha rilevato l’astronauta italiana – solo tre nazioni possiedono astronavi in grado di portare donne e uomini nello spazio: gli Stati Uniti, dove la Nasa resta la più importate agenzia spaziale del mondo; la Russia, che continua a utilizzare e progressivamente migliorare la buona vecchia Soyuz; e la Cina che ha ormai pienamente dimostrato di possedere tutte le capacità, dispone di una propria stazione spaziale abitata in orbita terrestre e ha piani credibili di esplorazione lunare robotica e umana. Ma c’è qualcosa in più. Negli Stati Uniti attualmente i servizi di trasporto astronauti sono forniti alla Nasa da un’azienda privata, SpaceX, a cui dovrebbe affiancarsene a breve una seconda. I privati realizzano astronavi e razzi vettori in proprio e operano persino da rampe di lancio di loro proprietà esclusiva. Inoltre, nel giro di pochi anni, a questa lista si aggiungerà l’India, che con il programma Gaganyaan ambisce a lanciare astronauti prima in orbita terrestre e poi in quella lunare. La domanda che ci si deve porre con urgenza è dunque: che cosa fa l’Europa? Che cosa fa l’Italia che è una delle tre potenze spaziali del continente? Cosa fanno gli altri grandi Paesi europei, Francia e Germania?”.

Quanto alle risorse, Cristoforetti ha evidenziato che “nel 2023 l’investimento pubblico europeo annuo, strettamente in attività di esplorazione spaziale, è di circa 1 miliardo, contro circa 14 miliardi degli Stati Uniti”. Investimenti che permettono di fare molte cose “assolutamente dignitose e importanti, ma che non ci permettono di sviluppare capacità di trasporto autonome e riflettono gap di capacità dell’industria spaziale europea che non si possono ignorare, soprattutto in un contesto internazionale in fermento”. La mancanza di trasporto autonomo fa sì che “industrie ed enti istituzionali europei si stanno configurando come futuri clienti di aziende private statunitensi”. Guardando al futuro sulla base dell’oggi si può immaginare nel 2040 “un pugno di Big Tech americane e asiatiche dominano il mondo digitale, l’AI, il cloud computing e oltre a ciò vanno nello spazio, trasportano donne e uomini e fanno business, mentre mentre l’Europa continua a fornire dignitosi contributi di nicchia e ottenere ogni tanto ‘un passaggio’ per i propri astronauti – dagli americani certo, presumibilmente non più dai russi, ma forse dagli indiani. Magari tornando a pagare il biglietto, come facevamo in passato, vuoi perché non abbiamo capacità tecnologiche interessanti da ‘scambiare’, vuoi perché i service provider privati sono interessati a meri pagamenti in denaro. Immaginatevi voli regolari americani e cinesi, come minimo, sulla superficie della Luna, mentre in Europa continuiamo a essere junior partner e fornitori di elementi limitati, che ci permetteranno, è probabile, di includere un paio di astronauti europei per decennio in una missione sulla Luna, ma non certo di essere protagonisti dell’esplorazione dello spazio, né di essere a nostra volta aggregatori di nuove partnership con Paesi amici, rinunciando così a quello che è da sempre uno strumento efficace di soft power”.

“Abbiamo ancora una finestra di opportunità – ha detto ancora Cristoforetti – per assicurarci un settore spaziale europeo forte e solidamente in mano europee. Facciamo in modo che, nel 2040, non dobbiamo guardare indietro e rimpiangere un’opportunità persa. Un progetto ambizioso di esplorazione spaziale, ove trovasse il sostegno politico da parte dei decisori europei, può e deve essere un catalizzatore di competitività per tutto il settore spaziale. Non si tratta, insomma, l’avrete ormai capito, di far volare un’astronauta in più o in meno, ma di far ‘volare’ l’Italia e l’Europa, di essere competitivi e il più possibile autonomi in un settore di grande importanza economica e industriale”. “Spero – ha concluso l’astronauta rivolta agli studenti – di aver saputo oggi convincervi di come un cambio di passo per l’Europa nell’esplorazione spaziale possa contribuire in maniera efficace a incamminarci su quella strada virtuosa. Vorrei che nel 2040 l’Italia e l’Europa abbiano avuto l’ambizione e il coraggio di crescere, realizzando un’autonoma capacità di volo umano spaziale e mettendo in moto gli effetti positivi, e così necessari, che ho provato oggi a delineare”.