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Chiara Bersani nuova artista associata di Triennale Milano Teatro

Chiara Bersani nuova artista associata di Triennale Milano TeatroMilano, 9 gen. (askanews) – Chiara Bersani è la nuova artista associata di Triennale Milano Teatro per il triennio 2025-2027. La nomina dell’artista lodigiana si aggiunge a quella del coreografo spagnolo Marcos Morau, fondatore e direttore de La Veronal, avvenuta a luglio di quest’anno.


Autrice e interprete tra le più intense della scena italiana ed europea, il rapporto di Chiara Bersani con Triennale si svilupperà in una relazione di confronto e collaborazione continua, attraverso il sostegno produttivo agli spettacoli e l’ospitalità, ma anche con il coinvolgimento in attività laboratoriali, progetti speciali aperti alle più ampie collaborazioni internazionali. Chiara Bersani è una performer e autrice attiva nell’ambito delle performing arts, del teatro di ricerca e della danza contemporanea. Presentati nei più importanti circuiti internazionali, i suoi lavori – tra i quali ricordiamo Goodnight, Peeping Tom (2016), The Olympic Games (2017) , Il canto delle balene (2020) e Sottobosco (2024) – nascono come creazioni in dialogo con spazi di diversa natura e sono rivolte prevalentemente a un pubblico “prossimo” alla scena.


La sua ricerca si basa sul concetto di Corpo Politico e sulla creazione di pratiche volte ad allenarne la presenza e l’azione. L’opera simbolo di questa ricerca è Gentle Unicorn (2017), performance inserita nel circuito Aerowaves che le è valsa il Premio UBU 2018 come miglior nuova attrice/performer under 35 e il prestigioso Total Theatre Awards al Festival di Edimburgo nel 2019. Emozionante e profondamente consapevole, Chiara Bersani impersona un modo di essere artista in maniera visceralmente contemporanea, multidisciplinare e viva, politica senza mai rinunciare alla tenerezza, che non fa sconti, ma crea un’empatia diversa e unica.

Ezio Bosso, esce “The Hidden Room” con gli ultimi inediti

Ezio Bosso, esce “The Hidden Room” con gli ultimi ineditiRoma, 8 gen. (askanews) – Nei cinque anni dalla scomparsa precoce di Ezio Bosso escono per Sony Classical i suoi ultimi inediti di musica da camera, registrati per la prima volta dopo accurata revisione delle partiture, nell’interpretazione magistrale di quattro grandi solisti in due diverse formazioni cameristiche: il pianista salentino Francesco Libetta, ormai capofila dell’eredità artistica del grande torinese; il violoncellista e direttore d’orchestra Luigi Piovano, già collaboratore di Bosso come primo violoncello dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia; la violinista Grazia Raimondi e la giovane star del violino Aylen Pritchin.


Si chiude nel primo quinquennale di Ezio Bosso il lungo percorso che ha impegnato gli eredi, guidati dal nipote Tommaso, nella revisione, pubblicazione e registrazione di tutti gli inediti della sua intensissima parentesi di compositore per un totale di dieci titoli e tre album. Un percorso complesso giacchè Ezio amava lasciare le sue musiche aperte e quindi declinabili all’occasione in formazioni diverse, sempre pensate solo per la magia effimera dell’esecuzione dal vivo e mai per i posteri, futuro a cui Bosso non ha mai dato importanza.


Dopo le prime pubblicazioni realizzate nella cerchia degli amici e collaboratori più stretti del Maestro, fra cui vale ricordare i fratelli David, Diego Romano e il Quartetto D’Archi di Torino, gli eredi di Bosso, oggi attivi con la neonata Associazione Ezio Bosso, hanno poi proseguito il lavoro per ampliare la cerchia dei musicisti italiani ed internazionali coinvolti nella sua musica, così da allargare la cerchia degli esecutori, oltre ai sodali di vecchia data come Sergej Krylov, Anna Tifu, Mario Brunello, Enrico Fagone fra i tanti. Francesco Libetta, principale collaboratore della famiglia negli ultimi due anni, racconta così il lavoro svolto sulle ultime partiture aperte di Ezio: “Bosso concepisce la musica come un evento reale, qualcosa che accade in quel momento e in quel luogo, evento unico per ogni esecuzione e per ogni ascoltatore. Le sue partiture non vogliono essere progetti astratti di strutture sonore, ma annotazioni che si riferiscono a un fatto sonoro concreto. Coerentemente, nelle sue partiture Bosso ha sempre lasciato qualche cosa di aperto, su cui agiva in corso d’opera, concerto dopo concerto, o durante le registrazioni. Anche nel caso del Trio: la sua sola esecuzione dal vivo che è rimasta registrata differisce dalla pagina scritta in moltissimi dettagli, e nel terzo tempo si discosta dalla partitura per intere pagine. Nella fedeltà allo spirito dal quale nascono queste musiche, valeva la pena di lavorare per recuperare le idee che erano state da Bosso aggiunte in occasione di quel concerto pubblico, e integrarle con quanto da lui già scritto nella partitura. Questa musica deve essere flessibile, deve essere ‘indossata’ da chi la suona, e muoversi dei suoi gesti”

Da Germania in panne a Teheran, due nuove collane per Paesi Edizioni

Da Germania in panne a Teheran, due nuove collane per Paesi EdizioniRoma, 7 gen. (askanews) – Paesi Edizioni, la casa editrice con sede a Roma specializzata nella saggistica d’attualità, lancia da gennaio 2025 due nuove collane di libri dedicate alla comprensione della nostra epoca: Hic Sunt Leones e Città Geopolitiche. Le due collane andranno ad arricchire l’offerta editoriale a vocazione internazionale di Paesi, grazie a un nutrito gruppo di grandi firme della geopolitica e delle relazioni internazionali.


“Hic sunt Leones” è una collana diretta da Frediano Finucci, giornalista a capo della redazione economia ed esteri del Tg La7. L’espressione latina Hic sunt Leones – utilizzata dai primi cartografi dell’antichità per indicare le zone ancora inesplorate del mondo e dunque l’incognito – è qui utilizzata per avvertire il lettore che gli argomenti trattati nella collana rappresentano le frontiere della cultura e della conoscenza contemporanea su argomenti dal respiro internazionale ancora poco o per niente investigati, e segnalano l’intenzione di andare oltre. I primi tre titoli saranno: fuori a metà febbraio 2025, in occasione delle elezioni politiche tedesche, “Achtung! – Germania in panne. Che ne sarà del modello tedesco?” di Alexander Privitera, volume che inaugura i grandi temi della politica estera e dell’economia. Privitera, ex giornalista italo-tedesco (all news N-TV e WeltTV) vive e lavora a Washington dove è non resident senior fellow all’AGI-Johns Hopkins University. Il volume analizza i motivi della crisi politica, economica e sociale della Germania con una disamina dell’operato dei suoi cancellieri; a marzo sarà la volta della pubblicazione di “Eurofrontiere – la sfida delle destre europee tra Mosca e Musk”, un attualissimo saggio di Vincenzo Sofo, ex europarlamentare di Fratelli d’Italia, sposato con Marion Marechal Le Pen, considerato una figura ponte tra la politica italiana e quella francese. Il tema del saggio sono le sfide che le destre europee dovranno affrontare per sopravvivere alle minacce globali. Una riflessione che mette in discussione due filosofie cardine di quest’area politica, il sovranismo e il conservatorismo; sempre nei primi mesi del 2025 è prevista l’uscita di “Processo alla guerra – Da Norimberga ai conflitti in Ucraina e Medio Oriente”, un volume dedicato allo scottante tema della giustizia penale internazionale scritto da Giovanni Chiarini, professore di diritto penale internazionale e vicepreside per la ricerca alla Alfaisal University College of Law & International Relations di Riad, Arabia Saudita. Oltre all’attività accademica, Chiarini è anche avvocato abilitato alle liste della Corte Penale Internazionale dell’Aia. “Città geopolitiche” è invece una collana di reportage letterari e saggi narrativi specificamente dedicati ai luoghi-simbolo del nostro tempo, la cui influenza e le cui connessioni internazionali sono cresciute tanto da diventare imprescindibile approfondirne la conoscenza.


La vocazione alla scoperta del Mondo è una caratteristica di Paesi Edizioni, che per questo dedica una nuova collana, curata in prima persona dall’editore Luciano Tirinnanzi, dedicata a una serie di appassionati “ritratti urbani”, opera di giornalisti, analisti, viaggiatori di ogni età e pensiero. Città geopolitiche non propone semplici “guide” o ricercati “diari di viaggio”, ma opere ragionate, dal taglio divulgativo (pensate per un pubblico da 14 a 99 anni) e dai contenuti originalissimi, che puntano a stimolare la curiosità verso l’estero e il ruolo di città selezionate per vocazione e rilevanza geopolitica: in quanto avanguardie dei meccanismi socio-culturali contemporanei; perché protagoniste di grandi tensioni e crisi politiche; in qualità di avamposti delle nuove relazioni economiche; o come laboratori di sviluppo globali. Obiettivo della collana: fornire a un vasto pubblico strumenti utili a definire contorni e confini dei centri che più ispirano e influenzano il mondo contemporaneo.


Le prime 3 uscite: Teheran, Pietroburgo, Pyongyang. Teheran è scritto da Pegah Moshir Pour: attivista per i diritti umani e digitali, racconta l’Iran su La Repubblica ed è una delle più importanti voci nella battaglia per l’emancipazione delle donne iraniane e non solo, punto di riferimento a livello istituzionale e mediatico sul tema dei diritti umani. Pietroburgo è scritto da Anna Zafesova: giornalista, traduttrice dal russo e massima esperta in Italia di Russia e Putin, si occupa di politica post-sovietica e di questioni sociali e culturali, con particolare attenzione all’Ucraina. È autrice del libro rivelazione “Navalny contro Putin”, diventato già un classico di Paesi Edizioni.


Pyongyang è scritto da Federico Giuliani: giornalista esperto di vicende asiatiche, è stato uno degli ultimi occidentali ad aver visitato la Repubblica Popolare Democratica di Corea (Rpdc), meglio conosciuta come Corea del Nord, prima della sua chiusura ermetica al mondo esterno a causa dalla pandemia. I titoli a seguire: Istanbul (Marta Ottaviani), Damasco (Luca Steinmann), Aden (Laura Silvia Battaglia), Aleppo (Domenico Quirico), Tiblisi (Monica Perosino) e molti altri ancora.

Arriva “Dogs & Museum Road Show”, dal 12 gennaio 2025 al 5 aprile 2026

Arriva “Dogs & Museum Road Show”, dal 12 gennaio 2025 al 5 aprile 2026

Roma, 7 gen. (askanews) – I cani sono animali sociali e soffrono spesso l’ansia da separazione. Ci sono molti suggerimenti per scongiurarla, ma solitamente gli esseri umani che sono particolarmente legati evitano qualsiasi situazione che possa condurli lontano dal loro amore a 4 zampe, a meno che non siano costretti per motivi professionali o personali. È anche per questo che in molti alla fine decidono di non andare a visitare musei, assistere a spettacoli o proiezioni cinematografiche. Nell’ottica di sostenere la cultura nasce il servizio “Dogs & Museum”, ideato da bauadvisor.it (realtà unica in Italia) che già da tempo mette in campo il suo team di dog sitter per assistere i proprietari di cani che vogliano visitare musei, mostre, aree archeologiche e monumentali, teatri e cinema, in accordo con le principali realtà espositive nazionali, statali, private, fondazioni, enti locali, che dato il successo dell’iniziativa ha deciso di dare vita ad un tour.


Per il 2025/26, dal 12 gennaio 2025 al 5 aprile 2026, infatti per la prima volta in Italia il servizio “Dogs & Museum” di bauadvisor.it parte in tour riunendo ben 53 città, da Trento a Catania, e coinvolgendo 280 musei, monumenti e aree archeologiche grazie alla presenza di oltre 400 dog sitter, facilmente riconoscibili dal look brandizzato, che saranno posizionate direttamente davanti all’ingresso delle varie location e consentiranno al proprietario del cane di visitare tranquillamente la struttura o lo show mentre il loro cane sarà a passeggio nelle aree verdi, strade o piazze adiacente alla location individuata. Con ogni Museo sarà attiva una convenzione che permetterà di prenotare contestualmente il biglietto d’ingresso e la/il dog sitter. Un progetto speciale che pone al centro anche un importante percorso educazionale. Nel corso del servizio, infatti, l’operatore Dog Sitter provvederà a soddisfare tutte le esigenze dei cani affidati, gestendo innanzitutto la tensione e lo stress dell’animale, mettendo le necessità del cane al primo posto, per far sì che sia felice e sereno durante tutto il tempo che il proprietario trascorrerà in sua assenza. Lo farà giocare, passeggiare e rilassare e se ne prenderà cura per qualsiasi necessità. Ma soprattutto si occuperà di garantire l’idratazione del cane, la sua corretta alimentazione, la raccolta delle deiezioni solide e la pulizia immediata mediante lavaggio con acqua delle deiezioni liquide, offrendo così anche un esempio virtuoso circa il corretto modo di far convivere le necessità fisiologiche del cane con il rispetto del decoro e dell’igiene della città, nella consapevolezza che attenersi alle regole contribuisce a far superare ogni forma di intolleranza verso la presenza degli amici a quattro zampe nei centri urbani.


Un passo importante per una iniziativa unica in Italia a 2 e 4 zampe, che sarà possibile prenotare on line su www.bauadvisor.it o con app bauadvisor e nel giorno e all’ora desiderata davanti all’ingresso del Museo il proprietario del cane troverà ad attenderlo la dog sitter che ha prenotato. Per 15 mesi in tutte le tappe nelle 15 città in cui si svolgerà il tour di presentazione il servizio, grazie alla presenza di aziende leader come Wahl, Haqihana, Teknofarma, Editore Pizzardi – Amici Cucciolotti, sarà gratuito con 400 dog sitter impegnate sul campo. Inoltre nei 15 appuntamenti speciali i partner del progetto distribuiranno a tutti i visitatori dei musei prodotti, gadget e suggerimenti preziosi. Tutte le tappe del “Dogs & Museum Road Show” e tutti i siti dei 280 Musei coinvolti saranno ospitati nel portale www.bauadvisor.it e app bauadvisor e sui social di bauadvisor.

Maloberti al PAC, storie di una provincia intima e universale

Maloberti al PAC, storie di una provincia intima e universaleMilano, 4 gen. (askanews) – Marcello Maloberti è un artista che sa interpretare i luoghi, le città come soprattutto la provincia, con uno sguardo che è lucido, mai giudicante; tagliente e al tempo stesso affettuoso. Il PAC di Milano gli dedica una grande esposizione, “Metal Panic”, a cura di Diego Sileo, che attraversa tutta la sua carriera e ci racconta una pratica tra le più interessanti sulla scena. “Metal Panic – ha detto Maloberti ad askanews – mi suonava molto bene perché uno, all’interno della mostra c’è molto l’elemento del metallo e l’idea del panico mi piaceva, c’è anche questa idea di un cantiere, quindi di qualcosa che è in movimento, che può essere anche non finito. Quindi mi suonava bene questa parola panico. Poi panico perché, come vivo io questa mostra o i miei progetti, insomma io me li sudo parecchio, quindi sono opere anche abbastanza sofferte, anche se poi il lavoro è piuttosto pulito, chiaro, preciso”.


Intimo anche quando tratta di temi universali, capace di interpretare come pochi la dimensione “italiana” dell’essere artista, Maloberti porta qui le sue parole illuminanti, le sue strutture di periferia, anche il celebre cartello di Casalpusterlengo, questa volta divelto, ma sempre presente, come una storia che non è possibile lasciare andare. Una storia che è ovviamente sempre personale. “In questa piccola stanza, che è la più intima del PAC – ha aggiunto l’artista – c’è un po’ la mia famiglia e penso che le origini, come dice Pasolini, sono quelle che ti segnano. Tu puoi studiare, aggiungere, ma poi quello che ti segna sono le prime cose che vedi, le prime cose che studi, sono un po’ la tua base”. La sensazione è che ci sia una consapevolezza delle storture della società e del mondo, ma che, in qualche modo, i lavori aprano delle altre possibilità. “Questo è il mio modo un po’ di vedere – ha concluso Maloberti -: io praticamente concretizzo il mio occhio. Il mio occhio è così: cerco una pulizia perché poi esca chiaramente un respiro come Cielo che si apre al cielo di Milano, ma è capovolto come lo Zoccolo del mondo di Manzoni, c’è quindi, c’è uno sguardo. Io amo molti lavori che hanno respiro e non dei lavori che ti costringono a un significato. Sono un po’ alla Roland Barthes in cerca anche di senso, come diceva sui film di Antonioni”.


Un senso che potrebbe stare in una partitura per fucile, oppure nel tracciato dolente di un guardrail scultura, o ancora nella postura del ginnasta appeso al cartello di Milano, che è il manifesto della mostra, ma anche una vera e propria nuova opera.

Franz Kafka “scrive” e il pubblico lo legge in diretta

Franz Kafka “scrive” e il pubblico lo legge in direttaGerusalemme, 3 gen. (askanews) – E’ possibile immaginare uno degli autori più influenti del XX secolo scrivere proprio davanti a noi, e correggere in diretta, una delle sue intense pagine descrittive della realtà, appunto “kafkiana”, spesso inutile, della vita moderna? Accade, dal dicembre scorso, e fino a giugno 2025, alla Biblioteca Nazionale d’Israele, nel nuovo edificio a Gerusalemme di fronte alla Knesset che da solo vale la visita, senza calcolare l’immenso patrimonio storico e multiculturale che contiene.


E accade per celebrare i 100 anni dalla scomparsa di Franz Kafka, essendo la Biblioteca una delle tre istituzioni al mondo che conserva oggetti dell’archivio personale e letterario di Kafka. La mostra “Kafka: la metamorfosi di un autore” riguarda la sua storia di vita, le sue opere, i suoi rapporti con la famiglia, gli amici e le persone care, e offre, nella volontà e nel lavoro dei curatori, un esame approfondito del suo atteggiamento nei confronti dell’ebraismo, dello yiddish e del sionismo.


La mostra ripercorre anche l’affascinante storia del patrimonio di Kafka e di come le sue opere letterarie furono infine pubblicate dal suo amico Max Brod. Una storia che inizia prima della morte di Kafka e giunge a una conclusione nel 2019, quando la Corte Suprema israeliana ha deciso che l’archivio di Kafka era un bene culturale che doveva essere depositato proprio presso la Biblioteca Nazionale di Israele. Un viaggio unico, vera esperienza, che come notano i curatori onora l’eredità di Kafka e invita i visitatori a farsi strada attraverso un autentico labirinto letterario. Tra gli oggetti esposti ci sono il famoso testamento di Kafka, in cui chiese a Brod di bruciare tutti i suoi scritti dopo la sua morte, la “Lettera al padre” di 100 pagine accusatorie, i manoscritti originali dei suoi famosi libri Il Processo, Amerika e Il Castello, così come i suoi racconti e novelle, tra cui La Metamorfosi, prime e rare edizioni, lettere personali, nonché i suoi disegni, fotografie ed esercizi di scrittura ebraica. La mostra comprende anche materiali che servono a mostrare l’enorme influenza che il lavoro di Kafka ha avuto in Israele e nel mondo, compresi gli adattamenti in teatro, cinema, danza e arti visive.


Tutto, o quasi tutto, si deve al grande lavoro del dottor Stefan Litt, archivista, curatore di Studi umanistici generali presso la Biblioteca nazionale e co-curatore della mostra “Kafka: Metamorphosis of an Author”. Perchè è anche grazie a lui se la storia processuale di questi preziosissimi materiali si è conclusa con l’assegnazione alla Biblioteca Nazionale d’Israele e perchè, tra nuova tecnologia, conoscenza del pensiero e filologica di Kafka, abbiamo, fosse solo come affascinante curiosità, la possibilità di leggere Kafka proprio mentre scrive.

Il Castello di Rivoli a 40 anni: il presente e una nuova Ouverture

Il Castello di Rivoli a 40 anni: il presente e una nuova OuvertureTorino, 3 gen. (askanews) – A quarant’anni dalla sua inaugurazione, come primo museo di arte contemporanea in Italia, il Castello di Rivoli a Torino ripensa ai propri inizi con una mostra che è un omaggio alla propria prima esposizione, ma anche una riflessione fattiva su cosa significa essere oggi un museo del presente. “Ouverture 2024” è un grande progetto di riallestimento della collezione che vuole parlare delle opere e degli artisti, ma anche della stessa istituzione. “Vuole raccontare parzialmente la storia recente del museo – ha detto ad askanews Francesco Manacorda, direttore del Castello di Rivoli e co-curatore della mostra – ma più che altro, non soltanto la storia recente, vuole anche proiettarsi verso futuro e raccontare attraverso le opere degli artisti quale tipo di museo noi immaginiamo per l’oggi, quali immaginiamo per gli domani e quali momenti e quali riflessioni che l’arte contemporanea ci regala vogliamo portare di fronte agli occhi dei nostri visitatori”.


Quattro decenni dopo l’effettiva “Ouverture” del museo nel 1984, il progetto attuale non vuole rifare quella mostra, ma ispirarsi alle sue modalità, per rendere ancora più vivo il luogo, lo spazio di narrazione museale, che attraverso le opere e le stanze ripensa anche se stesso. “Abbiamo lavorato con gli artisti e gli artisti – ha aggiunto Marcella Beccaria, co-curatrice della mostra – li abbiamo invitati esattamente come ha fatto negli anni 80 Rudi Fuchs a venire al Castello, a fare sopralluoghi, in modo da trovare per ciascuna delle opere in collezione anche le condizioni espositive migliori. Ed è chiaramente un racconto che parla del presente, parla delle tante urgenze che connotano il mondo contemporaneo. Non è una mostra tema, abbiamo pensato che non fosse corretto stringerci in un unico tema, ma ci sono delle grandi tematiche che attraversano questi lavori e li mettono in comune”. Alcuni artisti, come Michelangelo Pistoletto, Richard Long o Sol LeWitt, sono presenti oggi come nel 1984, ma il riallestimento, concepito per sale che sono a loro volta delle piccole mostre personali o bipersonali, guarda con forza al presente, con gli occhi di artisti imprescindibili come Pierre Huyghe, Anne Imhof, Ed Atkins e soprattutto Hito Steyerl, che scavano dentro il nostro tempo e la sua disumanizzazione digitale, cercando il presente estremo.


“Per tornare al presente e per tornare secondo me anche al futuro – ha aggiunto Manacorda – bisogna veramente affidarsi alle mani e alle visioni degli artisti, quindi quello che il Castello ha sempre fatto e continua a fare è quello di seguire gli artisti in territori che sono ancora inesplorati. C’è un nucleo di opere per esempio che si occupa del digitale e di quello che vuol dire la rappresentazione del sé, sempre più complesso, frammentato tra il reale e il virtuale. In questo caso sono proprio gli artisti a darci degli strumenti critici per guardare a quelle che sono le macchine digitali, quello che è l’impatto che l’arte dell’intelligenza artificiale sta iniziando ad avere ma che nei prossimi anni sarà sempre più grande”. Quello che l’esposizione del Castello di Rivoli apre, insomma, è come una finestra polifonica su ciò che non sappiamo e su ciò che potremmo essere. Un viaggio incerto e interessante, come il percorso dentro la tela jeans mobile di una grande installazione di Paola Pivi. Ognuno arriverà all’uscita con il proprio passo. (Leonardo Merlini)

Peggy Guggenheim, nel 2024 oltre 388mila ingressi, 1240 al giorno

Peggy Guggenheim, nel 2024 oltre 388mila ingressi, 1240 al giornoMilano, 2 gen. (askanews) – Il 2024 della Collezione Peggy Guggenheim di Venezia si chiude con “un risultato eccellente”: oltre 388.000 ingressi durante i 313 giorni di apertura, con una media giornaliera di 1.240 ospiti. Nel complesso si registra un +2,5% rispetto al 2023. A questa cifra, composta da un pubblico per il 75% proveniente dall’estero e un 25% nazionale, si aggiungono oltre 6.000 persone che hanno visitato la collezione in occasione di inaugurazioni, eventi istituzionali, corporate e privati, e oltre 10.000 partecipanti a Public Programs, Kids Day, programmi di accessibilità quali Doppio Senso e Io vado al museo, visite legate al progetto A scuola di Guggenheim, che ha visto quest’anno l’adesione di 230 scuole di ogni ordine e grado su tutto il territorio del Veneto, con oltre 7.280 studenti e studentesse.


“Siamo decisamente soddisfatti dei risultati ottenuti in questo 2024 che si è appena concluso – ha affermato la direttrice Karole P. B. Vail -. In un anno che ha visto Venezia ospitare la Biennale Arte, nonché importanti rassegne d’arte organizzate dalle varie istituzioni cittadine, il nostro museo ha registrato un eccellente numero di visitatori, che è andato oltre le aspettative. Siamo entusiasti di come critica e pubblico abbiano accolto l’omaggio dedicato a Jean Cocteau, mostra ripresa più volte dal New York Times che l’ha inserita tra le esposizioni da non perdere a Venezia durante la Biennale, e ora il meritato tributo a Marina Apollonio. Siamo oggi già al lavoro sul programma espositivo dell’anno, che vedrà Maria Helena Vieira da Silva e Lucio Fontana al centro di due grandi monografiche in apertura rispettivamente ad aprile e ottobre. Non mancheranno naturalmente attività collaterali gratuite, Public Programs, progetti di accessibilità e inclusività, per ogni tipo di pubblico e per i nostri sostenitori”. E se la mostra Marina Apollonio. Oltre il cerchio, che rimarrà aperta fino al 3 marzo, ha già registrato dalla sua apertura il 12 ottobre oltre 75.000 presenze, c’è già grande attesa per la personale dedicata a Maria Helena Vieira da Silva, Maria Helena Vieira da Silva. Anatomia di uno spazio, in apertura il 12 aprile. Attraverso una selezione di circa settanta opere, provenienti da prestigiose realtà museali internazionali, tra cui Centre Georges Pompidou, Parigi, Solomon R. Guggenheim Museum, New York, Tate Modern, Londra, nonché importanti gallerie, tra cui Jeanne Bucher Jaeger, Parigi, e collezioni private, la mostra offre uno sguardo approfondito sull’evoluzione del linguaggio visivo di Vieira da Silva, artista portoghese naturalizzata francese, mettendo in luce la sua capacità di trasformare lo spazio pittorico in ambienti astratti e illusioni ottiche. Seguirà in autunno un prezioso omaggio a Lucio Fontana, Mani-fattura: le ceramiche di Lucio Fontana, prima mostra mai realizzata in un museo ad essere esclusivamente dedicata alle opere in ceramica di Fontana, testimonianza unica ed eccezionale della portata dell’immaginazione e della complessità dell’artista come scultore.

Arte contemporanea ed entertaiment, l’Euphoria del possibile

Arte contemporanea ed entertaiment, l’Euphoria del possibileRoma, 31 dic. (askanews) – Una mostra che ha l’ambizione di unire l’arte contemporanea e il grande pubblico. “Euphoria – Art is in the Air” che il Balloon Museum ha portato a La Nuvola a Roma rappresenta un modo diverso, sicuramente giocoso e mainstream, ma colto e tutt’altro che semplicistico, di portare i lavori di grandi artisti a essere fruibili a tutti, oltre i tradizionali steccati, magari invisibili ma indiscutibili, che vengo frapposti, a volte pure da noi stessi come spettatori. Il tema della mostra sono opere legate al concetto di gonfiabile e, stanza dopo stanza, le scoperte sono divertenti, sorprendenti, profondamente legate alla natura del contemporaneo.


“Il gonfiabile – ha spiegato ad askanews il curatore Valentino Catricalà – è un qualcosa che noi associamo a bambini, ai ragazzi, a qualcosa di giocoso, quando in realtà è uno dei media più utilizzati dagli artisti dagli anni 2000 in poi, proprio perché rappresenta questa esplosione di un certa tipo di economia, e di economia anche dell’arte, legata a grandi installazioni: gli artisti hanno cercato di riflettere sulla nostra società e sullo sviluppo del nostro capitalismo attraverso il medium più rappresentativo, cioè il gonfiabile. E questa mostra cerca proprio di entrare nel vivo di questa relazione. E cioè una mostra che vede nel gonfiabile un punto di riflessione sulla nostra società, ma allo stesso tempo anche un qualcosa per il grande pubblico che può giocare e riflettere sulla complessità che noi stiamo vivendo oggi”. Le installazioni sono venti e ci sono sia artisti specializzati nella “Inflatable Art”, sia nomi cruciali della scena del contemporaneo, come Phlippe Parreno, che in due delle prime sale del percorso costruisce un sentimento poetico lieve, ma profondissimo, e ci riporta al nostro modo di stare dentro lo spazio come spazio di percezione e consapevolezza. Oppure come Martin Creed, che letteralmente chiama i visitatori a entrare in una casa satura di palloncini azzurri, con la conseguente perdita di riferimenti e una sorta di esplorazione di un ignoto monocromo e apparentemente familiare. O ancora Carsten Höller, che ha portato a Roma un grande muro di luci pulsanti. “Se stai davanti all’opera con gli occhi chiusi – ci ha detto l’artista – è incredibile: si visualizzano queste campiture di colore e anche a livello di suoni si crea una sorta di esperienza visionaria. Se si resta per un po’ di tempo, poi tutto cambia”.


Il cambiamento è un’altra delle parole chiave del progetto, ogni sala ha colori diversi e suscita sensazioni diverse. È chiaro che alcuni elementi essenziali della mostra sono presi dalla grammatica dell’entertainment di massa, ma è altrettanto evidente che le installazioni funzionano anche a un altro livello, che spesso ha a che fare con il confronto con sensazioni di incertezza e di disagio. E anche la grande piscina di palline rosse di Hyperstudio, dove i bambini nuotano e giocano, è un luogo dove le percezioni sono costrette a cambiare in modo non scontato, così come accade tra le lampadine di Rafael Lozano-Hemmer, che sono sì un meraviglioso panorama notturno o intergalattico, ma che vibrano del nostro stesso battito cardiaco, dall’interno. E’ una mostra spettacolo, ovvio, ci sono le bolle di sapone e i giochi coloratissimi, ma l’euforia che si genera è fatta anche di pensiero. “L’arte e l’intrattenimento – ci ha detto ancora Höller – hanno tra loro una relazione di amore-odio, un rapporto difficile, spesso non vanno insieme, ma quando lo fanno in un certo modo si svela un potenziale enorme”. Che è quello su cui hanno puntato i promotori del progetto itinerante di Balloon Museum. “Balloon Museum – ci ha spiegato Roberto Fantauzzi, presidente di Lux Entertainment SPA – è un progetto che è nato a Roma tre anni fa, ma che è esploso adesso in tutto il mondo, un vero fenomeno globale. Siamo in America, in Asia e in Europa. Siamo tornati a Roma dopo tre anni con una nuova mostra, perché adesso abbiamo quattro mostre, venti artisti diversi per ogni mostra, ma un unico comune denominatore: arte gonfiabile e interattiva per famiglie e bambini”.


E forse l’immagine giusta per chiudere questo racconto sono i palloncini vorticanti di “Invisible Ballet” di Hyperstudio: un ambiente dove l’euforia sembra manifestarsi fisicamente, ma nel quale, al tempo stesso, abbiamo perso il controllo della situazione e siamo in balia dell’arte. (Leonardo Merlini)

Chiude a Montesacro la libreria Bookish, ma lavoro prosegue

Chiude a Montesacro la libreria Bookish, ma lavoro prosegueRoma, 31 dic. (askanews) – Giorgia Sallusti, punto di riferimento per gli appassionati letterari del Giappone e non solo, chiude la sua libreria Bookish, a Montesacro. Ma le attività della libreria in qualche modo proseguono. La stessa Sallusti lo spiega in una lettera aperta.


È dunque arrivato quel momento, scrive: Bookish libreria chiude, Bookish si trasforma. Sono passati dieci anni da quando la vostra affezionata libraia ha montato gli scaffali, dipinto l’insegna e finalmente ha aperto le sue porte: in tutto questo tempo, voi lettrici e lettori siete stati la spinta vitale che ha fatto di Bookish la libreria accogliente che è stata.


Adesso però è il momento di cambiare: io stessa ho scritto, tradotto, raccontato libri in giro per l’Italia nei mesi e negli anni passati, e lo farò ancora in futuro. E siccome Bookish ha bisogno di una cura e delle attenzioni che io non riesco più a dare, e siccome ancora ahimè non ho il potere della duplicazione come Naruto, allora trovo necessario chiudere queste piccole porte di legno che ho attraversato ogni mattina. In questi dieci anni Bookish è stata un salotto accogliente per chiunque volesse chiacchierare di libri e non solo; è stata parte di una rete culturale e solidale sul territorio, che certamente non muore qui; si è fatta portavoce di lotte femministe, di inclusione, di amore per le diversità e le voci del mondo.


Ha portato avanti un gruppo di lettura, ha portato i libri in giro per tutto il municipio, ha fatto incominciare a leggere chi nemmeno ci pensava. Soprattutto, per me, è stata un modo per conoscervi, per accogliere i vostri consigli e le vostre impressioni, per crescere come libraia e come lettrice, e di questo vi sono grata.


Grazie a tutte le persone che sono passate almeno una volta, ma qui voglio ringraziare in special modo e con tutto il cuore le persone che ci son state fin dall’inizio e che non hanno mai smesso di considerare Bookish la propria casa. È stato faticoso, ma di grande soddisfazione. Sono stata una libraia solitaria, qui da Bookish, ma circondata da tanto affetto, il vostro. Ma non disperate! Bookish non muore mica qui, e continua in altri progetti, eccoveli: The bookish bookclub: il gruppo di lettura di Bookish, coordinato da Carla Gambale, resta saldo al suo posto una volta al mese, e nei suoi canali discord e telegram. La selezione di Bookish sulla letteratura orientale sarà ospitata in un piccolo spazio dedicato in un’altra libreria amica, Sinestetica, a viale tirreno 70. Questo perché puoi togliere una libraia da una libreria, ma non puoi togliere la libreria da una libraia. O qualcosa del genere. La libraia stessa la trovate di tanto in tanto da Sinestetica a far cose o a chiacchierare col libraio. Le pagine social resteranno attive per continuare a consigliarvi tutti i libri belli che arrivano sugli scaffali delle librerie. Nei Japan Days del Mercatino giapponese troverete sempre lo stand con la selezione di Bookish sulla letteratura giapponese. E quindi: Bookish resta aperta dal 7 gennaio al 7 febbraio, periodo in cui potrete venire a comprare tutti i libri che sono qui sugli scaffali, molti in sconto.