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Tennis, non si gioca di notte: rinviata Djokovic-Korda

Tennis, non si gioca di notte: rinviata Djokovic-KordaRoma, 27 mar. (askanews) – Il match di quarti di finale tra Novak Djokovic e Sebastian Korda è stato cancellato e posticipato a giovedì 27 marzo. Il motivo? E’ stata applicata la norma Atp che impedisce di cominciare una partita oltre le ore 23. Nole e l’americano avrebbero dovuto sfidarsi ‘non oltre’ le 20.30 locali, ma i quattro match precedenti sono andati per le lunghe. I due giocatori così hanno lasciato l’Hard Rock Stadium e vi torneranno giovedì, con il match previsto come terzo sul Centrale dalle ore 13 locali. Questa la nota dell’Atp sul proprio sito: Come ha comunicato ufficialmente l’Atp sul proprio sito “In conformità con le regole ATP che non consentono che una partita vada in campo dopo le 23:00, l’incontro tra Djokovic e Korda sarà ora il terzo incontro dalle 13:00 ora locale di Miami”. La regola era stata introdotta dopo il caso Sinner a Parigi Bercy 2023, con l’azzurro che aveva terminato il proprio match alle 2.25 di notte ed era stato costretto al ritiro il giorno dopo, non disputando così la partita con De Minaur di ottavi di finale.

Bce: poche fusioni transfrontaliere di banche Ue ma dinamiche attive

Bce: poche fusioni transfrontaliere di banche Ue ma dinamiche attiveRoma, 27 mar. (askanews) – La vigilanza bancaria della Bce rileva “dinamiche attive di consolidamento” tra le banche in Europa, ma nel suo rapporto annuale avverte che nel 2024 “il numero di operazioni di consolidamento transfrontaliero è rimasto esiguo”.


Questo, appunto, “nonostante siano emerse dinamiche attive di consolidamento e trasformazione”. Un possibile riferimento indiretto anche alle mosse di UniCredit sulla tedesca Commerzbank, operazione che nello studio non viene comunque menzionata. Sempre nel 2024 il numero di banche più piccole (Lsi o “enti meno significativi”) ha continuato a ridursi, dice ancora la Bce, principalmente a seguito di fusioni, sebbene siano state concesse alcune autorizzazioni all’esercizio dell’attività a nuove società fintech. Il 77 per cento del totale degli Lsi europei ha sede in Germania e Austria. La maggior parte delle variazioni strutturali in tale settore nel 2024 è connessa alle fusioni di 43 enti, prevalentemente con sede in Germania.

Meloni: governo tra più longevi, consenso e maggioranza coesa

Meloni: governo tra più longevi, consenso e maggioranza coesaParigi, 27 mar. (askanews) – “Il nostro governo entra nella lista dei cinque governi più duraturi della storia della repubblica italiana. In 79 anni di storia repubblicana l’Italia ha avuto ben 68 governi. Noi siamo al quinto posto per durata, significa in pratica che abbiamo risalito 63 posizioni in circa 127 settimane di governo. E’ un risultato che voglio condividere con voi innanzitutto per ringraziare i tanti cittadini che continuano a sostenerci e ci danno la forza per andare avanti con determinazione perché dopo due anni e mezzo abbiamo ancora il consenso della maggioranza dei cittadini, cosa non scontata, e la maggioranza è ancora coesa, cosa forse ancora meno scontata”. Lo dice la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, in un video postato sui social.

Bce, Buch: concentrati su solidità banche e stabilità finanziaria

Bce, Buch: concentrati su solidità banche e stabilità finanziariaRoma, 27 mar. (askanews) – Sicurezza e la solidità delle banche vigilate e stabilità del sistema finanziario. Sono i due elementi chiave di impegno istituzionale citati dalla presidente del ramo di vigilanza bancaria della Bce, Claudia Buch, nel suo editoriale al rapporto annuale. “Accanto agli sforzi di vigilanza, un solido quadro normativo, orientato alla resilienza, è fondamentale per preservare la stabilità”, aggiunge.


Secondo Buch servono progressi legislativi sulla gestione delle crisi e sulla tutela dei depositi, per consentire gestire in modo più efficace i fallimenti bancari e proteggere i correntisti. In una sorta di lista di propositi l’eponente della Bce, che a breve si recherà ad una audizione, cita la necessità di “completare l’unione bancaria e fare ulteriori passi avanti verso un’unione dei mercati dei capitali: priorità fondamentali per rafforzare la resilienza e l’integrazione del sistema finanziario europeo”. (fonte immagine: European Central Bank).

Meloni: mai intimato a Salvini e Tajani abbassare i toni

Meloni: mai intimato a Salvini e Tajani abbassare i toniRoma, 26 mar. (askanews) – L’Ufficio Stampa della Presidenza del Consiglio smentisce “categoricamente le ricostruzioni giornalistiche relative alla riunione odierna a Palazzo Chigi con i Vicepresidenti del Consiglio. In particolare, si precisa che il Presidente Meloni non ha mai intimato ai Vicepresidenti Tajani e Salvini di ‘abbassare i toni’, come alcuni media hanno erroneamente riportato”.


“L’incontro, come da nota diffusa dopo la conclusione, ha al contrario confermato la salda convergenza dei leader sui temi trattati”, ribadisce la presidenza del Consiglio

Pd non segue rilancio M5s su riarmo Ue: abbiamo nostra linea

Pd non segue rilancio M5s su riarmo Ue: abbiamo nostra lineaRoma, 26 mar. (askanews) – Nel Pd, per ora, non si drammatizza la mossa di Giuseppe Conte. Quella scelta di presentare una nuova mozione contro il piano di riarmo Ue appena una settimana dopo il voto delle risoluzioni sul Consiglio europeo viene letto come una mossa “per lanciare la manifestazione M5s” del 5 aprile, ma nel Pd a nessuno sfugge che il testo dei 5 stelle suona anche come l’ennesimo tentativo di “metterci in difficoltà”. Ma se questa fosse davvero l’intenzione, ripetono un po tutti i parlamentari Pd, difficilmente produrrà gli effetti voluti. Il Pd si attesterà sulla risoluzione votata la scorsa settimana, un documento che contiene un po di tutto ma che, di fatto, ha ribadito la linea fissata dalla segretaria Elly Schlein: una forte contrarietà al piano von der Leyen così com’è, un progetto da “cambiare radicalmente”, sia pure aggiungendo che il Pd è invece favorevole alla difesa comune Ue e al ‘Libro bianco’ della Commissione.


La stessa minoranza, per ora, sembra tenere un profilo basso: “Abbiamo il nostro testo votato la scorsa settimana, ripresenteremo quello”. E di sicuro su questo punto si attesta Giuseppe Provenzano, responsabile esteri del partito e uno degli autori della mediazione della scorsa settimana: “Quella è la posizione del Pd. Noi abbiamo la nostra risoluzione e ri-voteremo quella”. Ma se i riformisti non sembrano intenzionati a rimettere in discussione quel testo, il problema potrebbe essere il comportamento da tenere sulla mozione M5s. Sa linea resta quella del “no al riarmo” tout court, senza rilanciare sulla difesa europea e con le accuse di “bellicismo” all’Ue, non è detto che tra i moderati Pd non emergano dei maldipancia. L’idea, spiega ancora Provenzano, sarebbe di fare come accaduto la scorsa settimana, “ognuno vota la propria mozione” e tendenzialmente ci si astiene sui tesi delle altre opposizioni, per evitare che i riformisti dicano no al documento M5s e la sinistra bocci invece quelle di Azione e Iv.


Ma, appunto, non è detto che questo basti, di fronte a un testo M5s tutto concentrato sul “no al riarmo”, senza se e senza ma. Senza contare che anche Avs ha annunciato la presentazione di una propria mozione: ½Aumentare le spese nazionali in Europa di 800 miliardi per armamenti è una follia”, affermano. “Significa sottrarre risorse decisive alla spesa sociale, alle politiche industriali della transizione ecologica, all’istruzione e alla ricerca scientifica”. In questo caso l’aggettivo-chiave è “nazionali”: questa precisazione è analoga a quella che fa la Schlein – “sì alla difesa europea, non al riarmo dei singoli stati” – e potrebbe rendere più semplice l’astensione del Pd, se non proprio una convergenza. Provenzano specifica che l’atteggiamento sugli altri documenti dipenderà anche dalle “dinamiche parlamentari”, bisognerà valutare anche il comportamento delle altre opposizioni sul testo Pd, per capire se si può attivare un approccio basato sulla reciprocità, dove ognuno si astiene sul testo dell’altro. La speranza, appunto, è che il confronto si semplifichi dopo la manifestazione M5s del 5 aprile e che, magari, il voto sulle mozioni venga calendarizzato non proprio a breve scadenza.


Adm

Tregua fragile Meloni-Salvini, la premier a Parigi con il “no” alle truppe senza Onu

Tregua fragile Meloni-Salvini, la premier a Parigi con il “no” alle truppe senza OnuParigi, 26 mar. (askanews) – L’Italia lavora per arrivare a “garanzie di sicurezza solide ed efficaci”, ma nel contesto della Nato e senza “alcuna partecipazione” a una eventuale forza militare sul terreno, almeno senza il cappello dell’Onu. E’ questa la linea che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ribadirà domani al vertice dei “volenterosi” convocato a Parigi da Emmanuel Macron che oggi pomeriggio ha già accolto all’Eliseo, per una cena di lavoro, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Una linea scaturita dopo un vertice “ibrido” (il ministro degli Esteri Antonio Tajani era fuori Roma) che ha visto riuniti oltre alla premier il vicepremier Matteo Salvini e il ministro della Difesa Guido Crosetto.


Proprio la “diplomazia parallela” del leghista (tra la telefonata con J.D. Vance e dichiarazioni contro la difesa europea) nei giorni scorsi avevano infastidito tanto Palazzo Chigi quanto la Farnesina ed era ben difficile continuare a far finta di nulla. Per questo, secondo quanto riferito, nel corso della riunione di stamani Meloni avrebbe chiesto a Salvini di abbassare i toni e limitare le iniziative personali in politica estera – che, ha ribadito, è materia che compete a lei e al ministro degli Esteri – sia per non dare ai cittadini l’immagine di un esecutivo diviso, sia per non indebolire l’Italia ai tavoli internazionali, a partire da quello di domani. Alla fine, per restare a un gergo militare e diplomatico, quello che emerge dalla lettura tra le righe del comunicato finale e da indiscrezioni, è che al tavolo di Palazzo Chigi non è stata firmata una pace, al massimo un cessate il fuoco, più plausibilmente una tregua. Che potrebbe saltare già con la calendarizzazione, domani da parte della Conferenza dei Capigruppoo della Camera, delle mozioni sul ‘ReArm Europe’. Al momento ci sono quella di Azione (favorevole) e quelle contrarie di Avs e M5s, che mandano in frantumi l’opposizione e spiazzano il Pd. Ma he obbligano anche la maggioranza a prendere posizione. Che farà il centrodestra? Riuscirà a presentare un proprio documento unitarua con la Lega fortemente contraria al piano von der Leyen? O rinuncerà a presentare una propria posizione al voto del Parlamento? Dovendo comunque i gruppi prendere posizione su quelle altrui: Salvini voterà sì o no al no di Conte al piano von der Leyen? E Meloni Lupi e Tajani come voteranno sul sì’ di Calenda? Intanto la premier, dopo una breve visita ad ‘Agricoltura E”, parte già stasera per Parigi. Al centro dell’incontro dell’Eliseo ci sarà la costituzione, sotto la guida di Francia e Regno Unito, di una missione militare della cosiddetta “Coalizione dei volenterosi” (un gruppo di trenta Paesi, non solo europei) da inviare in Ucraina per garantire il rispetto di un’eventuale tregua. Un’ipotesi sul tavolo prevedrebbe un impianto a quattro linee: la prima di caschi blu dell’Onu di Paesi non europei in un’area smilitarizzata al confine con la Russia; la seconda di soldati ucraini; la terza di forze militari europee e di altri “volenterosi”; la quarta, come backstop fuori dai confini ucraini, coperta dagli Usa. Un impianto tutto da costruire e complicato dal necessario passaggio al Palazzo di Vetro (dove Russia e Cina siedono nel Consiglio di sicurezza) e dalle intenzioni di Donald Trump, che al momento sul progetto Macron-Starmer non si è pronunciato né tantomeno ha dato il via libera.


In questo piano si inserisce la posizione italiana. Meloni – che procede in difficile equilibrio tra la fedeltà all’Ue e la vicinanza a Trump – ha vissuto con fastidio il protagonismo di Macron e Starmer. Ai precedenti vertici di Londra e Parigi è andata controvoglia e per far mettere a verbale la contrarietà italiana alla forza dei volenterosi, una soluzione che ritiene “complessa e non efficace”. Cosa che ribadirà anche domani. Del resto anche al vertice di questa mattina è stato concordato che “non è prevista alcuna partecipazione nazionale ad una eventuale forza militare sul terreno”. Resta però aperta la porta – e difficilmente potrebbe essere altrimenti – in caso di una missione Onu per il monitoraggio del cessate il fuoco che “il Governo italiano sostiene da tempo”. Per il resto è stato “riaffermato l’impegno alla costruzione, insieme ai partner europei e occidentali e con gli Stati Uniti, di garanzie di sicurezza solide ed efficaci per l’Ucraina che trovino fondamento nel contesto euroatlantico”. Per la premier il modello è quello dell’estensione dell’articolo 5 del Trattato Nato, che permetta a Kiev una copertura pur senza l’adesione all’Alleanza. Una proposta che secondo Meloni – ma in tal senso non si hanno al momento conferme – “sta riscontrando sempre più interesse tra i partner internazionali”.

Tregua fragile Meloni-Salvini, la premier a Parigi con no a truppe senza Onu

Tregua fragile Meloni-Salvini, la premier a Parigi con no a truppe senza OnuParigi, 26 mar. (askanews) – L’Italia lavora per arrivare a “garanzie di sicurezza solide ed efficaci”, ma nel contesto della Nato e senza “alcuna partecipazione” a una eventuale forza militare sul terreno, almeno senza il cappello dell’Onu. E’ questa la linea che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ribadirà domani al vertice dei “volenterosi” convocato a Parigi da Emmanuel Macron che oggi pomeriggio ha già accolto all’Eliseo, per una cena di lavoro, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Una linea scaturita dopo un vertice “ibrido” (il ministro degli Esteri Antonio Tajani era fuori Roma) che ha visto riuniti oltre alla premier il vicepremier Matteo Salvini e il ministro della Difesa Guido Crosetto.


Proprio la “diplomazia parallela” del leghista (tra la telefonata con J.D. Vance e dichiarazioni contro la difesa europea) nei giorni scorsi avevano infastidito tanto Palazzo Chigi quanto la Farnesina ed era ben difficile continuare a far finta di nulla. Per questo, secondo quanto riferito, nel corso della riunione di stamani Meloni avrebbe chiesto a Salvini di abbassare i toni e limitare le iniziative personali in politica estera – che, ha ribadito, è materia che compete a lei e al ministro degli Esteri – sia per non dare ai cittadini l’immagine di un esecutivo diviso, sia per non indebolire l’Italia ai tavoli internazionali, a partire da quello di domani. Alla fine, per restare a un gergo militare e diplomatico, quello che emerge dalla lettura tra le righe del comunicato finale e da indiscrezioni, è che al tavolo di Palazzo Chigi non è stata firmata una pace, al massimo un cessate il fuoco, più plausibilmente una tregua. Che potrebbe saltare già con la calendarizzazione, domani da parte della Conferenza dei Capigruppoo della Camera, delle mozioni sul ‘ReArm Europe’. Al momento ci sono quella di Azione (favorevole) e quelle contrarie di Avs e M5s, che mandano in frantumi l’opposizione e spiazzano il Pd. Ma he obbligano anche la maggioranza a prendere posizione. Che farà il centrodestra? Riuscirà a presentare un proprio documento unitarua con la Lega fortemente contraria al piano von der Leyen? O rinuncerà a presentare una propria posizione al voto del Parlamento? Dovendo comunque i gruppi prendere posizione su quelle altrui: Salvini voterà sì o no al no di Conte al piano von der Leyen? E Meloni Lupi e Tajani come voteranno sul sì’ di Calenda? Intanto la premier, dopo una breve visita ad ‘Agricoltura E, parte già stasera per Parigi. Al centro dell’incontro dell’Eliseo ci sarà la costituzione, sotto la guida di Francia e Regno Unito, di una missione militare della cosiddetta “Coalizione dei volenterosi” (un gruppo di trenta Paesi, non solo europei) da inviare in Ucraina per garantire il rispetto di un’eventuale tregua. Un’ipotesi sul tavolo prevedrebbe un impianto a quattro linee: la prima di caschi blu dell’Onu di Paesi non europei in un’area smilitarizzata al confine con la Russia; la seconda di soldati ucraini; la terza di forze militari europee e di altri “volenterosi”; la quarta, come backstop fuori dai confini ucraini, coperta dagli Usa. Un impianto tutto da costruire e complicato dal necessario passaggio al Palazzo di Vetro (dove Russia e Cina siedono nel Consiglio di sicurezza) e dalle intenzioni di Donald Trump, che al momento sul progetto Macron-Starmer non si è pronunciato né tantomeno ha dato il via libera.


In questo piano si inserisce la posizione italiana. Meloni – che procede in difficile equilibrio tra la fedeltà all’Ue e la vicinanza a Trump – ha vissuto con fastidio il protagonismo di Macron e Starmer. Ai precedenti vertici di Londra e Parigi è andata controvoglia e per far mettere a verbale la contrarietà italiana alla forza dei volenterosi, una soluzione che ritiene “complessa e non efficace”. Cosa che ribadirà anche domani. Del resto anche al vertice di questa mattina è stato concordato che “non è prevista alcuna partecipazione nazionale ad una eventuale forza militare sul terreno”. Resta però aperta la porta – e difficilmente potrebbe essere altrimenti – in caso di una missione Onu per il monitoraggio del cessate il fuoco che “il Governo italiano sostiene da tempo”. Per il resto è stato “riaffermato l’impegno alla costruzione, insieme ai partner europei e occidentali e con gli Stati Uniti, di garanzie di sicurezza solide ed efficaci per l’Ucraina che trovino fondamento nel contesto euroatlantico”. Per la premier il modello è quello dell’estensione dell’articolo 5 del Trattato Nato, che permetta a Kiev una copertura pur senza l’adesione all’Alleanza. Una proposta che secondo Meloni – ma in tal senso non si hanno al momento conferme – “sta riscontrando sempre più interesse tra i partner internazionali”.

Ddl sicurezza, la partita sui contenuti si sposta al Senato

Ddl sicurezza, la partita sui contenuti si sposta al SenatoRoma, 26 mar. (askanews) – L’esame, nell’aula del Senato sul ddl sicurezza sarà il momento della verità sulle intenzioni di Palazzo Chigi. In particolare, sui rilievi sollevati dal Quirinale in merito ad alcune misure del provvedimento-bandiera, in salsa securitaria, del centrodestra. Oggi le commissioni Affari costituzionali e Giustizia del Senato hanno dato il via libera a un testo, rimasto invariato nella sostanza, ma con alcune modifiche necessarie per allineare le annualità delle coperture di un testo che la maggioranza non è riuscita ad approvare entro il 2024. Cosa che impone comunque la terza lettura alla Camera, che la Lega aveva respinto sinora come fumo negli occhi.


La partita sui contenuti del provvedimento si sposta dunque nell’assemblea di Palazzo Madama, con le opposizioni sul piede di guerra che hanno già annunciato centinaia di emendamenti in aula. E rischia di fare da detonatore al ‘nodo’ politico rimasto irrisolto nel corso del lunghissimo iter parlamentare (il provvedimento è stato approvato dal Consiglio dei ministri a novembre del 2023 e dalla Camera in prima lettura il 18 settembre del 2024). ‘Nodo’ che si era reso evidente quando prima di Natale il ministro per i Rapporti con il Parlamento Nicola Ciriani aveva aperto a ritocchi incontrando però l’immediato alt leghista. Una differenza di posizioni che per il momento non sembrano essere stati risolti. Oggi, mentre Ciriani ha ribadito che il governo si riserva “di fare qualche ultimo intervento in aula, piccoli interventi di natura chirurgica” tali da non mettere “in discussione l’impianto”, il sottosegretario all’Interno, il leghista Nicola Molteni, uscendo dalla riunione delle commissioni, ha risposto secco: occorre ora “accelerare e non frenare”, si tratta di un ddl che “non può essere ostaggio dell’ostruzionismo e dell’approccio ideologico delle opposizioni. La maggioranza è stra-compatta, il ddl nasce dalla volontà politica del presidente del Consiglio, dei quattro partiti di maggioranza, di dare una risposta importante al Paese sul tema della sicurezza e sulla tutela delle nostre forze di polizia”.


A chi gli ricorda che Palazzo Chigi aveva aperto su alcune norme come le madri detenute, Molteni difende lo stop all’automatismo del divieto del carcere per le madri incinte o con figli minori di un anno (“una norma sacrosanta che vogliamo tutelare”). Sull’articolo 31 che riguarda i servizi segreti e che le opposizioni hanno definito come “una schedatura in massa dei cittadini”, il sottosegretario ha preferito glissare. Nel caso di modifiche, ha replicato con un “si vedrà” sulla possibilità ventilata dalla Lega di presentare, allora, le sue contro-proposte. La sintesi del partito di Matteo Salvini la offre il capogruppo Massimiliano Romeo: fatte le modifiche sulle coperture, il testo deve passare “così com’è”, la “terza lettura” sia una “formalità, siamo per un’approvazione rapida”. Poi “vediamo il governo che intenzioni ha”. Il ddl deve ancora essere calendarizzato e nei corridoi del Senato si parla di un probabile approdo davanti all’assemblea nella secondo settimana di aprile. Poco dopo il congresso della Lega del 5 e 6 aprile, cosa che dovrebbe consentire un clima più stemperato nella ‘gara’ con Fdi sui temi della sicurezza. Tra le misure sotto il faro del Colle: l’articolo 15 sulle detenute madri, l’articolo 19 su violenze o resistenza al pubblico ufficiale che prevede aggravanti senza attenuanti in caso di violenze o resistenza a pubblico ufficiale se il fatto è commesso al fine di impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica, la richiesta che sia il Parlamento e non un organo amministrativo a stilare la lista delle opere strategiche, il nuovo reato di resistenza passiva in carcere e nei Cpr, il divieto di Sim per cittadini extracomunitari senza il permesso di soggiorno.


Le opposizioni chiedono intanto che si riapra la discussione. “Siamo di fronte ad una destra illiberale e superficiale. Per fortuna c’è il Parlamento. A questo punto il testo sarà modificato e nella discussione in aula riproporremo i nostri emendamenti. La maggioranza si fermi, riapra la discussione, ascolti i tanti rilievi critici emersi in commissione, stralci l’art 31 che potenzia in maniera del tutto irragionevole e preoccupante i poteri dei servizi di sicurezza; insomma abbandoni la prospettiva panpenalistica e demagogica, e provi ad affrontare una questione importante come è quella della sicurezza, in modo serio”, ha sottolineato Andrea Giorgis, capogruppo del Pd in commissione Affari costituzionali. “Quello del governo non è stato un errore di battitura ma di arroganza”, è il commento di Peppe de Cristofaro, presidente dei senatori di Avs. “Non hanno sbagliato a scrivere l’anno. Erano certi di chiudere entro il 2024, si sono trovati davanti il muro delle opposizioni e questo errore è la conseguenza di questa arroganza”, sottolinea.

Eurocommissario Sefcovic prevede dazi Usa al 20% su tutti i Paesi Ue

Eurocommissario Sefcovic prevede dazi Usa al 20% su tutti i Paesi UeRoma, 26 mar. (askanews) – Il commissario europeo al commercio internazionale, Maros Sefcovic si attende che i dazi degli Stati Uniti sulle importazioni dall’Unione Europea si attestino a un livello “nell’ordine del 20%” e che vengano applicati in maniera indifferenziata su tutti e 27 i Paesi membri. Lo riporta il Financial Times, citando quanto lo stesso Savic avrebbe detto a due fonti anonime al termine di alcune riunioni a Washington.


In questi incontri gli i negoziatori Usa non hanno fornito indicazioni su eventuali esenzioni rispetto ai dazi. Per parte sua Sefcovic ha avvertito che dazi di questa portata avrebbero effetti “devastanti” sull’economia Ue, hanno aggiunto le fonti citate dal quotidiano.