Skip to main content
#sanremo #studionews #askanews #ciaousa #altrosanremo

Tag: askanews

Meloni: mai intimato a Salvini e Tajani abbassare i toni

Meloni: mai intimato a Salvini e Tajani abbassare i toniRoma, 26 mar. (askanews) – L’Ufficio Stampa della Presidenza del Consiglio smentisce “categoricamente le ricostruzioni giornalistiche relative alla riunione odierna a Palazzo Chigi con i Vicepresidenti del Consiglio. In particolare, si precisa che il Presidente Meloni non ha mai intimato ai Vicepresidenti Tajani e Salvini di ‘abbassare i toni’, come alcuni media hanno erroneamente riportato”.


“L’incontro, come da nota diffusa dopo la conclusione, ha al contrario confermato la salda convergenza dei leader sui temi trattati”, ribadisce la presidenza del Consiglio

Macron: altri 2 miliardi per Kiev

Macron: altri 2 miliardi per KievRoma, 26 mar. (askanews) – Il presidente francese Emmanuel Macron ha ribadito oggi il sostegno dell’Europa all’Ucraina e ha riconosciuto l’impegno per il cessate il fuoco del presidente Usa Donald Trump, incontrando il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.


“L’aggressività della Russia impatta molto direttamente sulla nostra sicurezza in Europa. Siamo in una fase decisiva per porre fine a questa guerra d’aggressione. Voglio riconoscere gli sforzi del presidente Trump” in favore di un cessate il fuoco, ha detto Macron. Macron ha annunciato altri due miliardi di euro a favore di Kiev: “Abbiamo predisposto un aiuto supplementare con missili terra-aria Mistral, carri AMX-10 RC e munizioni”.


Il presidente francese ha inoltre sostenuto la creazione di forze europee capaci di dissuadere qualsiasi nuova aggressione russa. “L’obiettivo è mantenere l’Ucraina sul suo terreno. La Francia proseguirà il suo impegno, in concerto con i partner europei e gli alleati”, ha detto. “C’è – ha aggiunto – un solo aggressore, la Russia, e un solo resistente: voi”.

Pd non segue rilancio M5s su riarmo Ue: abbiamo nostra linea

Pd non segue rilancio M5s su riarmo Ue: abbiamo nostra lineaRoma, 26 mar. (askanews) – Nel Pd, per ora, non si drammatizza la mossa di Giuseppe Conte. Quella scelta di presentare una nuova mozione contro il piano di riarmo Ue appena una settimana dopo il voto delle risoluzioni sul Consiglio europeo viene letto come una mossa “per lanciare la manifestazione M5s” del 5 aprile, ma nel Pd a nessuno sfugge che il testo dei 5 stelle suona anche come l’ennesimo tentativo di “metterci in difficoltà”. Ma se questa fosse davvero l’intenzione, ripetono un po tutti i parlamentari Pd, difficilmente produrrà gli effetti voluti. Il Pd si attesterà sulla risoluzione votata la scorsa settimana, un documento che contiene un po di tutto ma che, di fatto, ha ribadito la linea fissata dalla segretaria Elly Schlein: una forte contrarietà al piano von der Leyen così com’è, un progetto da “cambiare radicalmente”, sia pure aggiungendo che il Pd è invece favorevole alla difesa comune Ue e al ‘Libro bianco’ della Commissione.


La stessa minoranza, per ora, sembra tenere un profilo basso: “Abbiamo il nostro testo votato la scorsa settimana, ripresenteremo quello”. E di sicuro su questo punto si attesta Giuseppe Provenzano, responsabile esteri del partito e uno degli autori della mediazione della scorsa settimana: “Quella è la posizione del Pd. Noi abbiamo la nostra risoluzione e ri-voteremo quella”. Ma se i riformisti non sembrano intenzionati a rimettere in discussione quel testo, il problema potrebbe essere il comportamento da tenere sulla mozione M5s. Sa linea resta quella del “no al riarmo” tout court, senza rilanciare sulla difesa europea e con le accuse di “bellicismo” all’Ue, non è detto che tra i moderati Pd non emergano dei maldipancia. L’idea, spiega ancora Provenzano, sarebbe di fare come accaduto la scorsa settimana, “ognuno vota la propria mozione” e tendenzialmente ci si astiene sui tesi delle altre opposizioni, per evitare che i riformisti dicano no al documento M5s e la sinistra bocci invece quelle di Azione e Iv.


Ma, appunto, non è detto che questo basti, di fronte a un testo M5s tutto concentrato sul “no al riarmo”, senza se e senza ma. Senza contare che anche Avs ha annunciato la presentazione di una propria mozione: ½Aumentare le spese nazionali in Europa di 800 miliardi per armamenti è una follia”, affermano. “Significa sottrarre risorse decisive alla spesa sociale, alle politiche industriali della transizione ecologica, all’istruzione e alla ricerca scientifica”. In questo caso l’aggettivo-chiave è “nazionali”: questa precisazione è analoga a quella che fa la Schlein – “sì alla difesa europea, non al riarmo dei singoli stati” – e potrebbe rendere più semplice l’astensione del Pd, se non proprio una convergenza. Provenzano specifica che l’atteggiamento sugli altri documenti dipenderà anche dalle “dinamiche parlamentari”, bisognerà valutare anche il comportamento delle altre opposizioni sul testo Pd, per capire se si può attivare un approccio basato sulla reciprocità, dove ognuno si astiene sul testo dell’altro. La speranza, appunto, è che il confronto si semplifichi dopo la manifestazione M5s del 5 aprile e che, magari, il voto sulle mozioni venga calendarizzato non proprio a breve scadenza.


Adm

Tregua fragile Meloni-Salvini, la premier a Parigi con il “no” alle truppe senza Onu

Tregua fragile Meloni-Salvini, la premier a Parigi con il “no” alle truppe senza OnuParigi, 26 mar. (askanews) – L’Italia lavora per arrivare a “garanzie di sicurezza solide ed efficaci”, ma nel contesto della Nato e senza “alcuna partecipazione” a una eventuale forza militare sul terreno, almeno senza il cappello dell’Onu. E’ questa la linea che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ribadirà domani al vertice dei “volenterosi” convocato a Parigi da Emmanuel Macron che oggi pomeriggio ha già accolto all’Eliseo, per una cena di lavoro, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Una linea scaturita dopo un vertice “ibrido” (il ministro degli Esteri Antonio Tajani era fuori Roma) che ha visto riuniti oltre alla premier il vicepremier Matteo Salvini e il ministro della Difesa Guido Crosetto.


Proprio la “diplomazia parallela” del leghista (tra la telefonata con J.D. Vance e dichiarazioni contro la difesa europea) nei giorni scorsi avevano infastidito tanto Palazzo Chigi quanto la Farnesina ed era ben difficile continuare a far finta di nulla. Per questo, secondo quanto riferito, nel corso della riunione di stamani Meloni avrebbe chiesto a Salvini di abbassare i toni e limitare le iniziative personali in politica estera – che, ha ribadito, è materia che compete a lei e al ministro degli Esteri – sia per non dare ai cittadini l’immagine di un esecutivo diviso, sia per non indebolire l’Italia ai tavoli internazionali, a partire da quello di domani. Alla fine, per restare a un gergo militare e diplomatico, quello che emerge dalla lettura tra le righe del comunicato finale e da indiscrezioni, è che al tavolo di Palazzo Chigi non è stata firmata una pace, al massimo un cessate il fuoco, più plausibilmente una tregua. Che potrebbe saltare già con la calendarizzazione, domani da parte della Conferenza dei Capigruppoo della Camera, delle mozioni sul ‘ReArm Europe’. Al momento ci sono quella di Azione (favorevole) e quelle contrarie di Avs e M5s, che mandano in frantumi l’opposizione e spiazzano il Pd. Ma he obbligano anche la maggioranza a prendere posizione. Che farà il centrodestra? Riuscirà a presentare un proprio documento unitarua con la Lega fortemente contraria al piano von der Leyen? O rinuncerà a presentare una propria posizione al voto del Parlamento? Dovendo comunque i gruppi prendere posizione su quelle altrui: Salvini voterà sì o no al no di Conte al piano von der Leyen? E Meloni Lupi e Tajani come voteranno sul sì’ di Calenda? Intanto la premier, dopo una breve visita ad ‘Agricoltura E”, parte già stasera per Parigi. Al centro dell’incontro dell’Eliseo ci sarà la costituzione, sotto la guida di Francia e Regno Unito, di una missione militare della cosiddetta “Coalizione dei volenterosi” (un gruppo di trenta Paesi, non solo europei) da inviare in Ucraina per garantire il rispetto di un’eventuale tregua. Un’ipotesi sul tavolo prevedrebbe un impianto a quattro linee: la prima di caschi blu dell’Onu di Paesi non europei in un’area smilitarizzata al confine con la Russia; la seconda di soldati ucraini; la terza di forze militari europee e di altri “volenterosi”; la quarta, come backstop fuori dai confini ucraini, coperta dagli Usa. Un impianto tutto da costruire e complicato dal necessario passaggio al Palazzo di Vetro (dove Russia e Cina siedono nel Consiglio di sicurezza) e dalle intenzioni di Donald Trump, che al momento sul progetto Macron-Starmer non si è pronunciato né tantomeno ha dato il via libera.


In questo piano si inserisce la posizione italiana. Meloni – che procede in difficile equilibrio tra la fedeltà all’Ue e la vicinanza a Trump – ha vissuto con fastidio il protagonismo di Macron e Starmer. Ai precedenti vertici di Londra e Parigi è andata controvoglia e per far mettere a verbale la contrarietà italiana alla forza dei volenterosi, una soluzione che ritiene “complessa e non efficace”. Cosa che ribadirà anche domani. Del resto anche al vertice di questa mattina è stato concordato che “non è prevista alcuna partecipazione nazionale ad una eventuale forza militare sul terreno”. Resta però aperta la porta – e difficilmente potrebbe essere altrimenti – in caso di una missione Onu per il monitoraggio del cessate il fuoco che “il Governo italiano sostiene da tempo”. Per il resto è stato “riaffermato l’impegno alla costruzione, insieme ai partner europei e occidentali e con gli Stati Uniti, di garanzie di sicurezza solide ed efficaci per l’Ucraina che trovino fondamento nel contesto euroatlantico”. Per la premier il modello è quello dell’estensione dell’articolo 5 del Trattato Nato, che permetta a Kiev una copertura pur senza l’adesione all’Alleanza. Una proposta che secondo Meloni – ma in tal senso non si hanno al momento conferme – “sta riscontrando sempre più interesse tra i partner internazionali”.

Tregua fragile Meloni-Salvini, la premier a Parigi con no a truppe senza Onu

Tregua fragile Meloni-Salvini, la premier a Parigi con no a truppe senza OnuParigi, 26 mar. (askanews) – L’Italia lavora per arrivare a “garanzie di sicurezza solide ed efficaci”, ma nel contesto della Nato e senza “alcuna partecipazione” a una eventuale forza militare sul terreno, almeno senza il cappello dell’Onu. E’ questa la linea che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ribadirà domani al vertice dei “volenterosi” convocato a Parigi da Emmanuel Macron che oggi pomeriggio ha già accolto all’Eliseo, per una cena di lavoro, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Una linea scaturita dopo un vertice “ibrido” (il ministro degli Esteri Antonio Tajani era fuori Roma) che ha visto riuniti oltre alla premier il vicepremier Matteo Salvini e il ministro della Difesa Guido Crosetto.


Proprio la “diplomazia parallela” del leghista (tra la telefonata con J.D. Vance e dichiarazioni contro la difesa europea) nei giorni scorsi avevano infastidito tanto Palazzo Chigi quanto la Farnesina ed era ben difficile continuare a far finta di nulla. Per questo, secondo quanto riferito, nel corso della riunione di stamani Meloni avrebbe chiesto a Salvini di abbassare i toni e limitare le iniziative personali in politica estera – che, ha ribadito, è materia che compete a lei e al ministro degli Esteri – sia per non dare ai cittadini l’immagine di un esecutivo diviso, sia per non indebolire l’Italia ai tavoli internazionali, a partire da quello di domani. Alla fine, per restare a un gergo militare e diplomatico, quello che emerge dalla lettura tra le righe del comunicato finale e da indiscrezioni, è che al tavolo di Palazzo Chigi non è stata firmata una pace, al massimo un cessate il fuoco, più plausibilmente una tregua. Che potrebbe saltare già con la calendarizzazione, domani da parte della Conferenza dei Capigruppoo della Camera, delle mozioni sul ‘ReArm Europe’. Al momento ci sono quella di Azione (favorevole) e quelle contrarie di Avs e M5s, che mandano in frantumi l’opposizione e spiazzano il Pd. Ma he obbligano anche la maggioranza a prendere posizione. Che farà il centrodestra? Riuscirà a presentare un proprio documento unitarua con la Lega fortemente contraria al piano von der Leyen? O rinuncerà a presentare una propria posizione al voto del Parlamento? Dovendo comunque i gruppi prendere posizione su quelle altrui: Salvini voterà sì o no al no di Conte al piano von der Leyen? E Meloni Lupi e Tajani come voteranno sul sì’ di Calenda? Intanto la premier, dopo una breve visita ad ‘Agricoltura E, parte già stasera per Parigi. Al centro dell’incontro dell’Eliseo ci sarà la costituzione, sotto la guida di Francia e Regno Unito, di una missione militare della cosiddetta “Coalizione dei volenterosi” (un gruppo di trenta Paesi, non solo europei) da inviare in Ucraina per garantire il rispetto di un’eventuale tregua. Un’ipotesi sul tavolo prevedrebbe un impianto a quattro linee: la prima di caschi blu dell’Onu di Paesi non europei in un’area smilitarizzata al confine con la Russia; la seconda di soldati ucraini; la terza di forze militari europee e di altri “volenterosi”; la quarta, come backstop fuori dai confini ucraini, coperta dagli Usa. Un impianto tutto da costruire e complicato dal necessario passaggio al Palazzo di Vetro (dove Russia e Cina siedono nel Consiglio di sicurezza) e dalle intenzioni di Donald Trump, che al momento sul progetto Macron-Starmer non si è pronunciato né tantomeno ha dato il via libera.


In questo piano si inserisce la posizione italiana. Meloni – che procede in difficile equilibrio tra la fedeltà all’Ue e la vicinanza a Trump – ha vissuto con fastidio il protagonismo di Macron e Starmer. Ai precedenti vertici di Londra e Parigi è andata controvoglia e per far mettere a verbale la contrarietà italiana alla forza dei volenterosi, una soluzione che ritiene “complessa e non efficace”. Cosa che ribadirà anche domani. Del resto anche al vertice di questa mattina è stato concordato che “non è prevista alcuna partecipazione nazionale ad una eventuale forza militare sul terreno”. Resta però aperta la porta – e difficilmente potrebbe essere altrimenti – in caso di una missione Onu per il monitoraggio del cessate il fuoco che “il Governo italiano sostiene da tempo”. Per il resto è stato “riaffermato l’impegno alla costruzione, insieme ai partner europei e occidentali e con gli Stati Uniti, di garanzie di sicurezza solide ed efficaci per l’Ucraina che trovino fondamento nel contesto euroatlantico”. Per la premier il modello è quello dell’estensione dell’articolo 5 del Trattato Nato, che permetta a Kiev una copertura pur senza l’adesione all’Alleanza. Una proposta che secondo Meloni – ma in tal senso non si hanno al momento conferme – “sta riscontrando sempre più interesse tra i partner internazionali”.

Ambiente, Favero(Pd): sugli Pfas controlli per tutti i cittadini

Ambiente, Favero(Pd): sugli Pfas controlli per tutti i cittadiniMilano, 26 mar. (askanews) – “Dal dibattito a Montecitorio emerge come non ci sia alcun dubbio sulla necessità di una normativa omogenea e nazionale per combattere l’inquinamento da Pfas e Pfao e che riduca drasticamente la presenza di queste sostanze nei materiali di maggior consumo. Il Governo italiano non ha infatti ancora adottato misure sufficientemente restrittive per limitare l’uso e la produzione di Pfas, né ha fissato limiti più severi rispetto a quelli fissati dalla legislazione europea con la Direttiva (UE) 2020/2184. Occorre inoltre essere capaci di prevenire e contrastare la diffusione di queste sostanze sostituendole nei cicli di produzione. Necessario infine attivare il monitoraggio sanitario in tutti il territorio nazionale e la bonifica di tutti i siti compromessi in Veneto e in altre regioni d’Italia, completando la bonifica al più presto del sito Miteni a Trissino, che aspetta una soluzione da oltre 6 anni”. Così commenta in una nota Matteo Favero Responsabile Ambiente del Pd Veneto, il voto alla Camera sulle mozioni concernenti iniziative a tutela dell’ambiente e della salute in relazione alle sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) votate oggi alla Camera.

Il Salone del Mobile scalda i motori: dall’8 aprile 2.100 espositori a Rho

Il Salone del Mobile scalda i motori: dall’8 aprile 2.100 espositori a RhoMilano, 26 mar. (askanews) – Il Salone del Mobile scalda i motori per l’avvio della nuova edizione nei padiglioni della fiera a Rho dall’8 al 13 aprile. Gli oltre 169.000 metri quadrati di questa 63esima edizione si confermano sold out, con più di 2.100 espositori, di cui il 38% da 37 Paesi, la maggior parte dei quali europei (73%). Certo l’ombra dei dazi e dell’incertezza geopolitica si allunga sempre più sul comparto, ma il Salone conferma il suo ruolo di “magnete” come ha detto la presidente Maria Porro. “Un raggio di sole in un momento complesso per il mercato” secondo il presidente di FederlegnoArredo, Claudio Feltrin.


Del resto è inutile nascondere la preoccupazione per la “spada di Damocle” dei dazi che pende sul comparto, già a fine 2024 in contrazione sul fronte dell’export. Ma l’appuntamento di aprile con le aziende del mondo dell’arredo resta un luogo di “diplomazia del design” in tempi incerti e un’occasione per fare “business ma anche di parlare di cultura di progetto”, come ha sottolineato Maria Porro presentando tra i volumi dell’imponente Biblioteca Braidense di Milano Library of light, l’opera dell’artista britannica Es Devlin, che quest’anno illuminerà il Cortile d’Onore della Pinacoteca di Brera. Un progetto che vuole essere un “faro di sapere” – una biblioteca a forma circolare (diametro di 18 metri), formata da scaffali luminosi contenenti oltre 2.000 volumi – proprio nell’anno di Euroluce, che ospiterà 306 espositori, il 45% dei quali dall’estero, e soprattutto la prima edizione di The Euroluce international lighting forum, un confronto a più voci sui grandi temi della progettazione della luce: due giornate di masterclass, tavole rotonde e workshop con 20 relatori da tutto il mondo, dalla solar designer Marjan van Aubel a Stefano Mancuso, neurologo delle piante, al grande antropologo britannico Tim Ingold.


Nella geografia complessiva degli espositori esteri il 73% quest’anno arriveranno da Paesi dell’Unione Europea. Nel dettaglio ai primi cinque posti ci sono Spagna, Portogallo, Belgio, Germania e Brasile. Seguono Francia, Romania, Turchia, Olanda e Thailandia. Un segnale letto con altrettanta positività è l’arrivo per la prima volta di 168 nuove aziende (68% dall’estero) e il ritorno di 91 espositori (55% dall’estero). Ma la positività degli organizzatori è alimentata anche dai “numeri della biglietteria in crescita”, come ha detto Maria Porro che però ha tenuto precisare: “L’obiettivo non è l’incremento anche perché più di 360 mila visitatori in 6 giorni le aziende non ce la fanno a gestirle. Noi quest’anno abbiamo lavorato tantissimo per raggiungere i mercati che sono oggi uno sviluppo importante per le aziende quindi siamo contenti di vedere che la biglietteria funziona”. I mercati su cui in questi mesi il Salone ha lavorato sono l’India, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi. “E’ chiaro che lì non si parla di grandi volumi ma di poche persone di grande qualità – ha spiegato – abbiamo lavorato tanto sugli Stati Uniti: lì c’è una grande incertezza che non dipende da noi evidentemente però su quello pensiamo di aver toccato gli interlocutori giusti. E non ci siamo dimenticati dell’Europa perché nonostante il rallentamento in prospettiva con il nuovo piano tedesco speriamo che possa ripartire. E poi c’è la Cina che è un altro Paese che ha avuto un fermo ma che adesso sta ripartendo soprattutto per quanto riguarda i grandi contract e i segnali ci dicono che anche il retail dovrebbe nel secondo semestre ripartire”.


E per l’inaugurazione chi ci sarà a tagliare il nastro tra le più alte cariche? “Noi mandiamo l’invito a tutte le più alte cariche istituzionali poi ovviamente dipende dallo scenario internazionale”, si è limitata a dire Porro.

D’Eramo: a Roma 3 giorni di agricoltura al centro della politica

D’Eramo: a Roma 3 giorni di agricoltura al centro della politicaRoma, 26 mar. (askanews) – “Tre giorni intensi che, in occasione dell’anniversario della firma dei Trattati di Roma, hanno portato nuovamente l’agricoltura al centro della Capitale e al centro della politica italiana ed europea, come era stato 68 anni fa”. Così in una nota il sottosegretario all’Agricoltura, sovranità alimentare e foreste, Luigi D’Eramo, nel giorno conclusivo della manifestazione che ha visto assoluto protagonista il settore Primario, fra dibattiti, incontri, stand delle Regioni e delle organizzazioni agricole nel villaggio di “Agricoltura È” di Piazza della Repubblica.


“Una kermesse che ha visto la partecipazione delle più alte cariche dello Stato, che si è aperta – ricorda il sottosegretario – con l’intervento del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è proseguita con la prima visita ufficiale in Italia del commissario europeo all’Agricoltura Cristophe Hansen, e che ha visto la partecipazione, fra gli altri, del presidente della Camera, Lorenzo Fontana, dei vice premier Matteo Salvini e Antonio Tajani, e si è chiusa con il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni”. “È stato rilanciato con forza un messaggio chiaro: l’agricoltura è, e sarà sempre di più, la base su cui si fondano il nostro Paese e l’Europa, il cuore della nostra civiltà. È storia, presente ed è soprattutto il futuro – prosegue D’Eramo -. Agricoltori, allevatori e pescatori sono i primi custodi dell’ambiente e del territorio, sono la soluzione e non un problema, come qualcuno ha cercato di far credere in un recente passato. Per questo le nostre imprese devono essere sostenute con adeguate risorse. Superata finalmente l’ideologia green si è tornati, anche grazie all’impegno e al lavoro del governo italiano, a parlare di competitività e redditività”.


“Anche il commissario Hansen – ricorda il sottosegretario – ha evidenziato il ruolo fondamentale delle aree rurali interne. Mantenerle vitali è essenziale: per garantire la produzione di cibo e preservare la bellezza delle nostre regioni, ma anche per la sicurezza, alimentare, e non solo. E l’Italia anche su questo vuole essere, e sarà, un punto di riferimento”, conclude D’Eramo.

Spirali di plasma nello spazio, Metis svela natura contorta vento solare

Spirali di plasma nello spazio, Metis svela natura contorta vento solareMilano, 26 mar. (askanews) – Il 12 ottobre 2022, durante un passaggio ravvicinato al Sole, le riprese ottenute dal coronografo italiano Metis a bordo della missione Solar Orbiter dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) hanno catturato un fenomeno spettacolare e inedito per livello di dettaglio: l’evoluzione, nella corona solare, di una lunga struttura radiale che si anima di un moto elicoidale persistente per diverse ore. Per la prima volta, con una risoluzione spaziale e temporale mai raggiunte prima, è stato possibile osservare direttamente l’espulsione di strutture a spirale dalla corona solare, compatibili con le torsioni magnetiche che i modelli teorici associano all’origine del vento solare.


Gazie alla combinazione di immagini in luce visibile e tecniche di elaborazione avanzate, Metis – progettato da Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), Università di Firenze, Università di Padova, CNR-Ifn, e realizzato dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) con la collaborazione dell’industria italiana – ha mostrato come il Sole possa trasferire energia e materia verso lo spazio in forma di onde e plasma intrecciati tra loro, rivelando un meccanismo fondamentale nella dinamica dell’eliosfera. Alla guida dello studio, pubblicato oggi sul sito web della rivista The Astrophysical Journal, c’è Paolo Romano, primo ricercatore dell’INAF di Catania. Romano, che ha coordinato il lavoro di un ampio team internazionale, afferma: “È la prima volta che osserviamo direttamente un fenomeno così esteso e duraturo, compatibile con la riconnessione magnetica in una struttura chiamata pseudostreamer. Questa osservazione offre una finestra inedita sulla fisica che sta alla base della formazione del vento solare. Questo risultato non solo conferma teorie elaborate da anni, ma fornisce finalmente un riscontro visivo diretto”.


Ma cos’è uno pseudostreamer? Si tratta di una configurazione del campo magnetico solare in cui due regioni chiuse di polarità opposta sono immerse in un ambiente di campo magnetico aperto. Nella corona, gli pseudostreamer sono le “canne del vento” del Sole: regioni da cui, in seguito a un’eruzione, possono aprirsi nuovi canali per il flusso del plasma verso lo spazio interplanetario. Nel caso dell’evento ripreso da Metis, tutto ha avuto inizio con l’eruzione di una protuberanza polare – un gigantesco arco di plasma “appeso” ai campi magnetici nella regione nord del Sole – che ha innescato una piccola espulsione di massa coronale (CME). Ma il vero spettacolo è arrivato dopo, nella lunga fase di rilassamento che ha seguito l’eruzione. È lì che Metis ha osservato il susseguirsi di strutture filamentose, luminose e scure, che si attorcigliano lungo la linea radiale della corona, a distanze comprese tra 1,5 e 3 raggi solari.


Il team ha interpretato questi segnali come la firma visibile di un processo previsto da tempo: la riconnessione magnetica, che trasferisce il plasma e la torsione magnetica dalle regioni chiuse del campo solare verso quelle aperte, innescando onde di tipo torsionale – le onde di Alfvén – e lanciandole nello spazio. Un tassello fondamentale è arrivato dal confronto con sofisticate simulazioni numeriche condotte da Peter Wyper, della Durham University, in collaborazione con Spiro Antiochos del NASA Goddard Space Flight Center. Le immagini sintetiche prodotte da queste simulazioni mostrano un’evoluzione sorprendentemente simile a quella ripresa da Metis: strutture elicoidali che si propagano lungo il campo aperto, con caratteristiche geometriche e dinamiche in forte accordo con i dati osservati.


“Le prestazioni uniche di Metis in termini di risoluzione spaziale e temporale aprono una nuova finestra sulla comprensione dell’origine del vento solare”, commenta Marco Romoli, dell’Università di Firenze e responsabile scientifico dello strumento Metis. “Per la prima volta vediamo l’intera evoluzione di un processo di rilascio di energia magnetica, dalle sue radici nel Sole fino all’apertura nello spazio interplanetario”. “Le onde di Alfvén torsionali e in generale i meccanismi fisici che innescano fluttuazioni magnetiche di questo tipo – dichiara Marco Stangalini responsabile del programma Solar Orbiter per l’Agenzia Spaziale Italiana – sono da tempo ritenuti tra i principali meccanismi alla base dell’accelerazione del vento solare. Metis, grazie alla elevata cadenza temporale delle sue immagini, ci offre la possibilità di osservare direttamente questi processi fisici, consentendo anche un miglioramento della modellistica fisica ad essi associata”. Le osservazioni di Metis non solo confermano i modelli teorici più avanzati, ma suggeriscono che lo stesso meccanismo – la riconnessione magnetica a piccola scala – possa avvenire continuamente sulla superficie del Sole, generando quei “microgetti” che alimentano il vento solare Alfvénico rivelato anche dalla sonda Parker Solar Probe. In altre parole, quella spirale luminosa che Metis ha visto danzare nella corona potrebbe essere solo la versione gigante di un processo che avviene ovunque, continuamente, e che rende possibile l’esistenza stessa del vento solare.

La filiale russa torna in possesso di Ariston: Putin revoca la nazionalizzazione

La filiale russa torna in possesso di Ariston: Putin revoca la nazionalizzazioneMilano, 26 mar. (askanews) – Torna nelle disponibilità di Ariston la filiale russa nazionalizzata da Putin poco meno di un anno fa, nell’aprile del 2024. Ariston group, infatti, in una nota, annuncia che il 26 marzo 2025, il decreto presidenziale n. 176 della Federazione Russa ha restituito ad Ariston Holding la proprietà e la piena gestione delle quote della propria controllata russa, Ariston Thermo Rus. La decisione segna la fine della gestione temporanea affidata a Gazprom Bytovie Sistemy (società del gruppo Gazprom), introdotta dal decreto presidenziale n. 294 del 26 aprile 2024.


“Accogliamo con grande favore la decisione delle autorità russe, che ci consente di tornare a gestire direttamente la nostra controllata – afferma nella nota Paolo Merloni, presidente esecutivo di Ariston group – un segnale di riconoscimento per i decenni di investimenti e gestione responsabile nel Paese, per il nostro impegno verso oltre 300 collaboratori russi e per la continuità del business locale. Riprenderemo le attività insieme alla nostra leadership locale, nel pieno rispetto delle normative e delle sanzioni vigenti, con l’obiettivo di proseguire il nostro percorso in Russia”. Il nuovo decreto annulla infatti il punto “a” del paragrafo 1 del decreto precedente, permettendo ad Ariston group di riacquisire totalmente la proprietà e il controllo operativo della società russa. Ariston Thermo Rus, con sede a Mosca, è attiva nel Paese da quasi cinquant’anni, gestisce uno stabilimento produttivo alle porte di San Pietroburgo ed è guidata da un affermato team manageriale locale.


Alla luce di questo cambiamento, il Consiglio di Amministrazione di Ariston group riesaminerà la decisione presa il primo agosto 2024 di deconsolidare Ariston Thermo Rus e contabilizzare le relative perdite.