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Fosse ardeatine, La Russa: atto Salvo D’Acquisto ben più glorioso

Fosse ardeatine, La Russa: atto Salvo D’Acquisto ben più glorioso



Fosse ardeatine, La Russa: atto Salvo D’Acquisto ben più glorioso – askanews.it


Fosse ardeatine, La Russa: atto Salvo D’Acquisto ben più glorioso – askanews.it



















Roma, 1 apr. (askanews) – “Basta, mi sono stancato. D’ora in poi non parlerò più di fatti storici, solo di attualità, e mi aspetto che mi si giudichi su quello che faccio e dico su temi di attualità, non sul passato del quale, semmai, parlerò con gli storici e non con i giornalisti. Quindi non fatemi più domande su queste cose perché non rispondo”. Lo dice il presidente del Senato Ignazio La Russa, in un colloquio con il ‘Corriere della Sera’.

La Russa dice di essere sorpreso per le polemiche sulle sue parole su via Rasella nell’intervista al podcast di Libero Quotidiano, durante la quale aveva parlato un pò di tutto, anche “aprendo in qualche modo alle adozioni gay, e non è scontato da un esponente della destra come me”. “E invece – aggiunge – tutti si attaccano a una parola, la mistificano, fanno gli indignati, parte uno e tutti pronti con il trenino di dichiarazioni dietro, come i bambini alle elementari… Io non ho mai detto ‘atto ignobile’ su via Rasella. Ci furono anche processi, ci sono studi su quell’azione, ma appunto basta, non mi va di parlare più di queste cose. Perché la verità è che le opposizioni montano casi sul nulla”.

“Mi dispiace – prosegue – se Ruth Dureghello, che io stimo e apprezzo, ci è rimasta male. Forse avrei potuto specificare meglio che si trattava effettivamente di nazisti, quello sì, ma mi pareva una cosa ovvia. Però in effetti potevo essere più preciso su quello. Ma la mia intenzione era proprio spegnere la polemica assurda che si era creata sulle parole della Meloni, non attizzarla. Perché se avessi voluto su via Rasella avrei detto ben altro…”. Per La Russa “ce ne sono stati di ben più gloriosi di atti della Resistenza, come il sacrificio di Salvo D’Acquisto” mentre a via Rasella non ci fu “uno scontro a fuoco faccia a faccia con i nazisti: si trattava di un battaglione che tornava in caserma colpito con una bomba, e morirono anche due passanti innocenti, italiani… Eppure mica le ho dette queste cose, proprio perchè non volevo si creassero problemi, volevo chiuderli”. Per il 25 aprile, conclude, “quello che farò lo saprete il 22, 23 aprile, non prima. Sarà una sorpresa”.

Il Cammino dei briganti tra Lazio e Abruzzo percorribile in bici

Il Cammino dei briganti tra Lazio e Abruzzo percorribile in bici



Il Cammino dei briganti tra Lazio e Abruzzo percorribile in bici – askanews.it


Il Cammino dei briganti tra Lazio e Abruzzo percorribile in bici – askanews.it




















Roma, 1 apr. (askanews) – Il Cammino dei Briganti raddoppia il suo itinerario e diventa percorribile in mountain bike e affiancherà l’itinerario classico del Cammino dei Briganti aperto nel 2016 tra Lazio e Abruzzo ma sarà ancora più esteso: 216 chilometri da fare sulle due ruote, in pratica il doppio del percorso a piedi.

Per compierlo tutto sarà necessario pedalare 4-5 giorni in mountain bike, in parte rimanendo sul cammino classico, in parte esplorando territori limitrofi, come i monti Simbruini, i tratti del Cicolano e la parte di Massa d’Albe sotto il Velino. Un percorso sfidante, rivolto a bikers allenati e con una discreta esperienza dati i tratti impervi, tipici dell’ambiente montano. Il territorio attraversato da questo cammino è un territorio di confine, oggi tra Abruzzo e Lazio tra la Val de Varri, la Valle del Salto e le pendici del Monte Velino, ieri tra Stato Pontificio e Regno Borbonico in cui i briganti vivevano sul confine per passare da una parte all’altra a seconda della minaccia. I briganti non erano malviventi, lottavano contro l’invasione dei Sabaudi, che avevano costretto il popolo a entrare nell’esercito. Erano spiriti liberi, che non volevano assoggettarsi ai nuovi padroni, e per questo erano entrati in clandestinità. Una storia di 150 anni fa, fatta anche di rapimenti, riscatti, e tanta violenza. Oggi l’esperienza dei viaggiatori antichi viene riproposta basata sul viaggiare a piedi e ora in mountain bike da paese a paese con posti tappa attrezzati.

“Dopo il grande successo del Cammino dei Briganti e i tanti camminatori arrivati qui dal 2016 ad oggi, abbiamo deciso di dare inizio ad una nuova esperienza per far conoscere i nostri borghi nascosti anche al mondo dei bikers – dichiara Luca Gianotti, ideatore del Cammino dei Briganti -. Con questo intento, insieme a tanti volontari locali che ringrazio per l’aiuto, abbiamo lavorato duramente all’apertura di questo nuovo tratto, alla sua segnaletica e alla creazione di una rete di ricettività e assistenza utile per il cicloturismo”. Il percorso ad anello partirà da tre punti del tracciato: Magliano de’ Marsi (uscita casello autostradale Magliano sull’A25), Sante Marie (uscita casello autostradale Tagliacozzo sull’A24), Sant’Elpidio di Pescorocchiano (uscita casello autostradale Valle del Salto sull’A24). In ogni punto di partenza ci sarà un ufficio comunale che effettuerà la registrazione dei bikers e consegnerà loro il salvacondotto da timbrare lungo il percorso nelle strutture ricettive della rete, fino alla consegna dell’attestato finale. Alla conclusione del circuito, infatti, tornati al punto di partenza, i ciclisti potranno ricevere gratuitamente un attestato ricordo mostrando il salvacondotto che dovrà contenere almeno un timbro ogni 40 km.

Il cammino realizzato grazie ai volontari locali e alla grande collaborazione con i Comuni di Sante Marie, Magliano de’ Marsi, Pescorocchiano, Scurcola Marsicana e Massa d’Albe sarà segnalato, da aprile 2023, con piccole tabelle di colore azzurro, utili soprattutto ai bivi: i sentieri sono spesso segnati, sia perché in certi tratti si è sul Cammino dei Briganti percorribile a piedi, sia perché ci sono sentieri CAI, ciclovie locali ma in ogni caso la traccia gps è, per ora, quasi indispensabile. Tra i servizi per i bikers lungo il percorso ci saranno ciclo officine per l’assistenza, trasporto bagagli per portare gli zaini da una tappa all’altra, mentre nei punti di partenza ci saranno info point con vendita di gadget, noleggio e-bike, punti assistenza e lavaggio bici che sono in corso di attivazione.

A Pompei la mostra “Maradona, il genio ribelle”

A Pompei la mostra “Maradona, il genio ribelle”



A Pompei la mostra “Maradona, il genio ribelle” – askanews.it


A Pompei la mostra “Maradona, il genio ribelle” – askanews.it




















Roma, 1 apr. (askanews) – Comincia il viaggio che tra immagini e memorabilia racconterà ciò che Maradona è stato per il Napoli, per Napoli ed anche per Pompei: 140 tra i più suggestivi scatti firmati dal fotogiornalista Sergio Siano e circa 100 cimeli originali del campione argentino (tra magliette, scarpe, tute e molto altro) prestati dal Museo Vignati sono l’incredibile ed esclusiva dotazione della mostra “Maradona, il genio ribelle” a da domani a Pompei, presso il Museo Temporaneo di Palazzo De Fusco, in piazza Bartolo Longo.

Le fotografie di Sergio Siano hanno immortalato le più decisive gesta atletiche di Diego per le vittorie del Napoli, ma anche i suoi momenti più “intimi” in cui El Pibe de Oro rimaneva ad allenarsi da solo al Centro Paradiso, lontano dai riflettori e dall’entusiasmo, talvolta straripante (per usare un eufemismo), dei tifosi napoletani. Ma anche quegli stessi tifosi e le loro incontrollabili manifestazioni di gioia, in occasione dei trionfi azzurri dell’epoca, sono rimasti impressi nelle immagini del fotoreporter partenopeo. A guardare oggi quelle foto, si capisce che non si limitano a raccontare i successi di una squadra di calcio e del suo leader. Sono, piuttosto, una finestra che si affaccia su un’epoca che non c’è più, scandita dai successi di Maradona, del Napoli e di Napoli.

Ci sono, poi, i cimeli originali del Museo Vignati che fanno della mostra una “stanza delle meraviglie”: si va dalla camicia che Diego indossava il giorno stesso in cui ha messo piede a Napoli al pallone del Mundial ’86; dal giubbotto usato nel riscaldamento prima della semifinale di Coppa Uefa 1989 a Monaco di Baviera al pallone della partita vinta a Torino contro la Juventus nell’anno del primo Scudetto (1987). Un’attenzione particolare, nel corso della mostra, sarà infine dedicata al rapporto speciale che il campione argentino aveva con la città di Pompei, che raggiungeva spesso per regalare un sorriso ai bambini delle Opere di carità del Santuario mariano.

Museo Temporaneo di Palazzo De Fusco, Piazza Bartolo Longo – Pompei (Na). Dal 2 aprile al 9 giugno 2023 – Apertura al pubblico – Ingresso gratuito. Da martedì a domenica, dalle 11 alle 19.

Alla Iuc il Gesualdo Project con La Compagnia del Madrigale

Alla Iuc il Gesualdo Project con La Compagnia del Madrigale



Alla Iuc il Gesualdo Project con La Compagnia del Madrigale – askanews.it


Alla Iuc il Gesualdo Project con La Compagnia del Madrigale – askanews.it




















Roma, 31 mar. (askanews) – Dopo l’eccezionale successo riscontrato dall’esecuzione integrale dei Madrigali di Carlo Gesualdo proposta negli anni scorsi, il Gesualdo Project prosegue il viaggio nell’opera polifonica del più moderno dei polifonisti rinascimentali, soffermandosi sulla produzione sacra. Nella settimana precedente quella di Pasqua, sabato 1° aprile alle ore 17.30 in Aula Magna alla Sapienza, l’Istituzione Universitaria dei Concerti (Iuc) coglie l’occasione e propone al suo pubblico i Tenebrae Responsoria, la raccolta per l’Ufficio delle Tenebre della Settimana Santa, di cui si ascolterà la parte relativa al Giovedì Santo nell’esecuzione de La Compagnia del Madrigale, il più accreditato gruppo italiano in questo particolare repertorio, le cui registrazioni discografiche hanno più volte ottenuto i maggiori riconoscimenti della critica specializzata (Diapason d’Or, Choc de la Musique, Editor’s Choise di Gramophone, Record Academy Award).

Nell’Italia del primo Seicento processioni, sacre rappresentazioni, celebrazioni dedicate ai santi e alla beata Vergine occupano una posizione centrale nei riti religiosi. Per il cristianesimo la Pasqua è la festa delle feste e la Settimana Santa che la precede occupa nella sequenza dei tempi liturgici un posto di primo piano per numero, importanza e antichità dei riti. Dobbiamo tenere in considerazione questo – ci spiegano i membri de La Compagnia del Madrigale – per valutare il significato della pubblicazione dei Responsoria (1611) di Carlo Gesualdo, principe di Venosa. Un’opera straordinaria in cui i segni di un modernissimo soggettivismo dei procedimenti musicali s’innesta in una cornice liturgica di veneranda antichità. Questa infatti è una raccolta di musica sacra diversa da tutte le altre. Infatti lo stile del compositore, caratterizzato da ricerche armoniche e contrappuntistiche dense di artifici non trova riscontri in nessun’altra raccolta analoga. In quest’opera Gesualdo realizza una sintesi di tutte le abilità acquisite nel madrigale, per dare vita ad una rappresentazione di stupefacente intensità della Passione, dimostrando una profonda partecipazione emotiva alle sofferenze di Cristo fino all’immedesimazione.

Fonte di ispirazione sono certamente la sua travagliata vicenda umana e la sua religiosità, accresciuta negli ultimi anni della sua esistenza. Se nell’ambito della musica sacra di Gesualdo i Responsoria rappresentano un vertice assoluto di sperimentalismo madrigalesco, tale da trascendere le più radicate tradizioni proprie del repertorio liturgico, ciò si deve, almeno in parte, alla natura stessa dei testi dei responsori, carichi di immagini forti e spesso articolati come discorsi in prima persona, formati dalle parole del Redentore o anche di un salmista o di un profeta intesi quali ‘figure’ del Cristo. Nei Responsoria di Gesualdo ritroviamo così la dimensione ‘arcaica’ della festa, la dimensione ‘moderna’ dell’interpretazione personale e soggettiva, ma anche quell’intima tensione verso la speranza che è propria di ogni epoca della storia umana. La Compagnia del Madrigale, fondata nel 2008 da Rossana Bertini, Giuseppe Maletto, e Daniele Carnovich, è attualmente il più accreditato gruppo madrigalistico a livello internazionale e si esibisce in importanti festival tra cui: MiTo, Ravenna Festival, Schwetzinger SWR Festspiele, Musikfest Bremen, Festival Oude Muziek Utrecht, Muziekgebouw Amsterdam, la Wigmore Hall di Londra, la Philharmonie di Colonia ed Essen, la Victoria Hall di Ginevra, il Musée d’Orsay di Parigi, Sala Accademica del Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma, e ha al suo attivo prestigiose collaborazioni con Skip Sempé, Diego Fasolis e con il Pomo dOro.

La madre di Leonardo da Vinci non era una schiava o una profuga straniera

La madre di Leonardo da Vinci non era una schiava o una profuga straniera



La madre di Leonardo da Vinci non era una schiava o una profuga straniera – askanews.it


La madre di Leonardo da Vinci non era una schiava o una profuga straniera – askanews.it



















Roma, 31 mar. (askanews) – Era una schiava araba o cinese? Oppure era una profuga straniera? L’identità della madre di Leonardo Da Vinci fa sempre più discutere e le ipotesi sulle sue origini, in questi giorni, la portano agli onori delle cronache. L’ultima scoperta o rivelazione è del professor Carlo Vecce dell’Università di Napoli che la identifica come “una profuga straniera, che fu venduta ai veneziani e il suo sorriso potrebbe essere quello della Gioconda”. Nel suo ultimo libro edito dalla Giunti “Il sorriso di Caterina. La madre di Leonardo”, l’autore sostiene che la genitrice del genio fiorentino in realtà non fosse italiana ma straniera “è una straniera ed è anzi una straniera al più basso gradino della società, perché era una schiava. Una schiava che veniva dal Caucaso, una donna circassa”. Il romanzo racconta tutto questo e lo fa traendo spunto da un atto di liberazione di una schiava, ritrovato presso l’Archivio Storico di Firenze che cita il nome di Caterina, firmato dal notaio Ser Piero da Vinci, e siglato in via Sant’Egidio il 2 novembre 1452.

Ma era realmente così? L’opinione di Riccardo Magnani, autore di pubblicazioni che mettono in dubbio e in luce la vita di Leonardo. Molto seguito sui social, da diversi anni si dedica allo studio e alla divulgazione di Leonardo da Vinci, il Rinascimento e la cartografia relativa ai primi viaggi nelle Americhe, scrivendo libri e tenendo conferenze in diversi Paesi. Magnani, qual è la sua opinione sulle ultime rivelazioni relative alla madre del genio fiorentino? “La madre di Leonardo non era una profuga straniera. Il rischio è che nell’opinione pubblica passi una notizia infondata seppur suggestiva, un rischio già corso con il ‘Codice da Vinci’ di Dan Brown. Apprezzo Carlo Vecce e riconosco il valore di Paolo Galluzzi e della stessa Giunti che edita il romanzo, ma è appunto di un romanzo che si tratta. Anzi un docu-romanzo senza note, come specificato dall’autore. Non è neppure la prima volta che si fanno simili supposizioni”. Ci spieghi meglio… “Non è la prima schiava dalle origini circasse a gratificare gli appetiti dei nobili fiorentini. Lo stesso Cosimo Il Vecchio avrebbe avuto, a sua volta, un figlio con una schiava circassa. La questione di fondo non è la rivelazione in sé, quanto il modo presuntivo con cui la notizia viene pubblicata senza nessun criterio scientifico ma basandosi su una presunzione di fondo, ovvero che Leonardo fosse il figliuolo di Ser Piero Da Vinci. In base a questa suggestiva presunzione che vede la mamma di Leonardo arrivare da Oriente su un barcone, si vuole sfruttare un tema politico contingente per fare pubblicità a un docu-romanzo che rivela un aspetto biografico di uno dei personaggi più celebri della nostra storia ma che rischia di diventare assertivo nell’opinione pubblica”.

Eppure, tutto si poggerebbe su un postulato secondo il quale Leonardo sarebbe figlio di Ser Piero. “Ma Vasari, su questo aspetto, è molto chiaro e lo è più di una volta. Non a caso, nella prima edizione delle ‘Vite del 1550’, scrive: ‘Adunque mirabile et celeste fu Lionardo, nipote di Ser Piero da Vinci, che veramente bonissimo zio e parente egli fu nell’aiutarlo in giovanezza’. Ma non solo, in un altro passaggio aggiunge: ‘Quantunque non funse legittimo figliuolo di Ser Piero da Vinci, era per madre nato di buon sangue’. Basterebbe questo a mettere in crisi tutta la storia. Quindi, il rapporto tra Leonardo e il notaio Ser Piero è sì di parentela, ma non padre/figlio, bensì zio/nipote”. Quindi, secondo lei, prendendo per buone queste affermazioni, viene meno l’elemento presuntivo per il quale Leonardo fosse figlio del notaio di Vinci? “A maggior ragione viene meno l’ipotesi, seppur romanzata, avanzata da Vecce in base alla quale la schiava liberata da Ser Piero sia la mamma di Leonardo. Il rischio, ci tengo a ribadirlo è che passi una notizia che fa clamore ma che è infondata. La suggestione lasciamola confinata solamente nei libri o nei film, come già accaduto con il ‘Codice da Vinci’”.

Vino, il “Schulthauser” di San Michele Appiano compie 40 anni

Vino, il “Schulthauser” di San Michele Appiano compie 40 anni



Vino, il “Schulthauser” di San Michele Appiano compie 40 anni – askanews.it


Vino, il “Schulthauser” di San Michele Appiano compie 40 anni – askanews.it




















Milano, 31 mar. (askanews) – Compie 40 anni il celebre Schulthauser della Cantina San Michele Appiano. Era infatti il 1982 quando Hans Terzer ebbe l’dea di dar vita ad un Pinot Bianco più strutturato e longevo, contribuendo alla rinascita qualitativa del vino altoatesino. Nel periodo in cui la viticultura di qualità cominciava a farsi strada nella terra dei rossi dolomitici, tra i pochi vitigni a bacca bianca dominava il Pinot Bianco: Terzer scelse una zona di altura, nella contrada Appiano Monte, ai piedi del massiccio della Mendola, intorno al Castello Moos-Schulthaus. Con questo vino il winemaker inaugurò un nuovo, personale, modello di vinificazione per valorizzare le uve migliori dei conferitori, vinificando circa il 70% in acciaio e il rimanente 30% in legno grande e introducendo una nuova tecnica fino ad allora sconosciuta in Alto Adige, la fermentazione malolattica per una parte del Pinot Bianco per aumentare morbidezza ed eleganza.

In breve tempo lo Schulthauser divenne il primo vino bianco altoatesino a conquistare il mercato, prima locale e poi internazionale, e ancora oggi, esibendo l’etichetta originaria sulla classica bottiglia renana, questo bianco mantiene un ruolo identitario per l’azienda nata nel 1907. Del vigneto Schulthaus, ben 26 ettari sono dedicati al Pinot Bianco. La vendemmia, che un tempo cominciava a fine settembre, oggi è anticipata al 15 del mese, con rese intorno ai 60 hl/ha e una produzione massima tra gli 80 e i 90 quintali, per un totale di circa 200mila bottiglie prodotte ogni anno.

A Vinitaly Famiglia Cotarella mostra vini e Cantina con il Metaverso

A Vinitaly Famiglia Cotarella mostra vini e Cantina con il Metaverso



A Vinitaly Famiglia Cotarella mostra vini e Cantina con il Metaverso – askanews.it


A Vinitaly Famiglia Cotarella mostra vini e Cantina con il Metaverso – askanews.it



















Milano, 31 mar. (askanews) – Entrare in cantina, assistere alla produzione del vino, ammirare gli stupendi paesaggi della campagna umbra costellati di vigneti e oliveti: imparare come si fa il vino, conoscere il territorio, le persone e il loro lavoro. Esperienze che oggi sbarcano nel Metaverso e approdano al Vinitaly (a Veronafiere dal 2 al 5 aprile) grazie alla collaborazione tra Famiglia Cotarella e Engineering. Una partnership che offrirà un’esperienza immersiva tra le vigne e le botti della Cantina di Montecchio (Terni) e la natura circostante, in un viaggio virtuale che rappresenta un’ulteriore opportunità di conoscenza, oltre che di miglioramento del servizio offerto, agli appassionati di vino.

“Il nostro ingresso nel Metaverso, grazie alla collaborazione con Engineering, è ispirato al concetto di ‘umanesimo digitale’ e alla volontà di tenere sempre la persona al centro” ha spiegato la Ceo della Cantina, Dominga Cotarella, sottolineando che “usiamo le più moderne e sofisticate tecnologie con l’idea di mettere a disposizione un altro strumento per farci conoscere, far scoprire un territorio, una natura, che amiamo molto e a cui dobbiamo molto, per dare valore al lavoro e alla passione di chi opera nel settore, non tanto per vendere il vino”. “Vogliamo che l’esperienza virtuale in cantina sia un invito per quella reale, che diventa così più attesa e consapevole” ha precisato, concludendo “a nostro avviso essere nel Metaverso è anche un modo per diffondere la cultura del vino, soprattutto tra i più giovani, suscitando in loro interesse, curiosità, ma soprattutto quella conoscenza e quel rispetto che li inducano a bere in maniera responsabile”. “Oggi le nuove tecnologie sono uno strumento determinante per valorizzare l’eccellenza dei prodotti dei nostri territori” ha precisato Gianluca Polegri, Direttore Digital Solutions di Engineering, aggiungendo che “il Metaverso è un insieme di spazi digitali interconnessi e accessibili attraverso una molteplicità di dispositivi, capace di mettere la persona al centro di un’esperienza immersiva, che non vuole sostituirsi a quella reale, ma promuoverla e incentivarla”. “Il progetto realizzato dal Metaverse Lab di Engineering insieme con la Famiglia Cotarella offre una customer journey totalmente innovativa e coinvolgente, in grado di raccontare in modo inedito l’azienda, facendone conoscere la qualità dei vini e la bellezza delle sue tenute”. Un viaggio virtuale, che grazie all’utilizzo di tecnologie all’avanguardia come Realtà Virtuale, Digital Twin e Intelligenza artificiale, può coinvolgere sia l’appassionato di vino che un pubblico più giovane, trasmettendo tutti i valori di un mondo fatto di passione e grandi competenze”.

Durante il Vinitaly, presso lo stand di Famiglia Cotarella (Pad. 7 Stand D3), sarà possibile per il pubblico visitare virtualmente la cantina, passeggiare tra i vigneti, immergersi nella natura della fattoria didattica Tellus, e conoscere più da vicino i vini Famiglia Cotarella grazie all’apposita postazione allestita da Engineering. L’azienda ha infine annunciato che a breve sarà possibile effettuare il viaggio virtuale nel mondo della Famiglia Cotarella anche attraverso una App.

Verisure ancora partner ufficiale di Cucine da incubo

Verisure ancora partner ufficiale di Cucine da incubo



Verisure ancora partner ufficiale di Cucine da incubo – askanews.it


Verisure ancora partner ufficiale di Cucine da incubo – askanews.it




















Roma, 31 mar. (askanews) – Verisure, sistema di allarme numero uno in Italia e Europa, grazie a Sky Brand Solutions, dipartimento di Sky Media, e a Endemol Shine Italy, torna a far parte della nuova edizione di Cucine da Incubo, in partenza domenica 2 aprile su Sky e in streaming su NOW.

L’Allarme Verisure sarà fondamentale per rendere più sicuri i locali ristrutturati grazie a PreSense, la nuova tecnologia Verisure basata su Intelligenza Artificiale e comunicazioni anti-inibizione ultra-veloci per prevenire meglio i pericoli, al collegamento con la Centrale Operativa 24h/24 e al controllo totale da qualsiasi parte del mondo, attraverso uno smartphone. Per i ristoratori protagonisti del programma – show Sky Original prodotto da Endemol Shine Italy, in regalo ci saranno un kit d’Allarme ad Alta Sicurezza con tecnologia PreSense e un anno di servizi Verisure gratuiti quali il collegamento alla Centrale Operativa Verisure Italia h24, l’installazione, la manutenzione e il Servizio Clienti, così che il loro locale sia sempre protetto, giorno e notte. È possibile seguire Cucine da Incubo, show Sky Original prodotto da Endemol Shine Italy, con l’hashtag ufficiale #CucineDaIncubo sui profili Facebook, Twitter, Instagram, Youtube e TikTok del programma e di Sky Italia. Cucine da Incubo è ogni domenica dal 2 aprile 2023 su Sky Uno e in streaming su NOW, sempre disponibile on demand e visibile su Sky Go.

Vino, Masi porta a Vinitaly la bottiglia sostenibile disegnata da Lissoni

Vino, Masi porta a Vinitaly la bottiglia sostenibile disegnata da Lissoni



Vino, Masi porta a Vinitaly la bottiglia sostenibile disegnata da Lissoni – askanews.it


Vino, Masi porta a Vinitaly la bottiglia sostenibile disegnata da Lissoni – askanews.it




















Milano, 31 mar. (askanews) – Sarà Vinitaly (a Veronafiere dal 2 al 5 aprile) la prima vetrina del progetto sostenibile “Bottiglia Masi”, disegnata dal celebre architetto e designer Piero Lissoni per la storica Cantina veronese Masi. Molto caratterizzata e facilmente riconoscibile, questa bottiglia pesa 370 grammi, “il 33% in meno rispetto alla media delle bottiglie dei vini di analogo posizionamento”.

Realizzata dal gigante Verallia, punto di riferimento mondiale nella progettazione e fornitura di contenitori in vetro, “Bottiglia Masi” punta a generare un “circolo virtuoso”: diminuire la quantità di vetro, significa infatti ridurre la materia prima occorrente per la produzione e diminuire la quantità di energia necessaria in fase di lavorazione, trasporto e movimentazione. Una bottiglia sottile, elegante ma anche robusta che dà forma a “Fresco di Masi”, la linea di vini biologici prodotti da uve vendemmiate nelle ore più fresche e vinificate immediatamente, senza appassimento, senza passaggio in legno, solo con i lieviti naturali, decantati e non filtrati. Il “Fresco di Masi Rosso Verona IGT 2022” si è aggiudicato nei giorni scorsi il premio “Etichetta dell’anno 2023” dalla giuria della 27esima edizione della Vinitaly Design International Packaging Competition, il concorso organizzato da Veronafiere-Vinitaly. “Alla vigilia di Vinitaly, dove saremo presenteremo le nostre ultime iniziative ai mercati internazionali, siamo orgogliosi di ricevere questo importante riconoscimento da parte di Veronafiere-Vinitaly” ha dichiarato il direttore marketing di Masi, Raffaele Boscaini, aggiungendo che “con ‘Fresco’, Masi propone al mercato un prodotto che interpreta le mutate abitudini dei consumatori contemporanei e di domani e la sua etichetta e la confezione sono decisamente coerenti con questo nuovo messaggio”. “Un’immagine fortemente identitaria per Masi rivista in versione ‘pop’ – ha concluso – che veste una bottiglia più sostenibile perché leggera, di grande impatto grazie alle sue forme e trasparenze realizzate dal designer internazionale Piero Lissoni”.

Lagarde: il rialzo dei tassi inizia a funzionare sull’inflazione

Lagarde: il rialzo dei tassi inizia a funzionare sull’inflazione



Lagarde: il rialzo dei tassi inizia a funzionare sull’inflazione – askanews.it


Lagarde: il rialzo dei tassi inizia a funzionare sull’inflazione – askanews.it




















Roma, 31 mar. (askanews) – Alla Bce “abbiamo alzato i tassi di 350 punti base in un tempo molto breve, semplicemente perché dovevamo coprire molto terreno per ridurre l’inflazione. Sta iniziando a funzionare, abbiamo appena ricevuto nuovi numeri” e sia nell’area euro che in l’Italia “l’inflazione totale è calata”. Lo ha affermato la presidente della Bce, Christine Lagarde durante un dibattito all’Osservatorio permanente giovani editori, a Firenze.

“Ovviamente dobbiamo fare un’analisi molto sofisticata di questi numeri e cerchiamo di suddividere quanto sia durevoli e quanto soggetto a variazioni e volatilità. Per capire davvero quali siano le forze alla base degli aumenti dei prezzi e cercare di misurare quanto terreno dobbiamo coprire”, ha proseguito. L’inflazione di fondo, depurata da energia e alimentari “è ancora significativamente troppo alta. Quindi abbiamo ancora del terreno da fare ma sappiamo anche che ci sta molta incertezza. Le tensioni finanziarie che abbiamo osservato creano una sorta di nube e dobbiamo usare tutte le nostre capacità di analisi per capire che impatto tutto questo possa avere, naturalmente per calibrare (i tassi-ndr) in modo da far abbassare i prezzi. I baseremo sugli sviluppi dei dati ma l’obiettivo è chiaro – ha detto – vogliamo un calo durevole” dell’inflazione verso “l’obiettivo del 2%: questo è quello che dobbiamo fare e lo faremo qualunque cosa sia necessario”, ha concluso.

Sulle recenti tensioni che hanno investito Borse e banche a seguito del fallimento di Silicon Valley Bank e del caso Credit Suisse, la presidente ha ribadito di escludere “compromessi tra stabilità dei prezzi, che è il nostro obiettivo primario, e la stabilità finanziaria che è una condizione fondamentale per la stabilità dei prezzi. Sono separate e al tempo stesso si supportano a vicenda”. “Alla Bce abbiamo un armamentario, abbiamo degli strumenti per intervenire sulla stabilità dei prezzi, al momento prevalentemente i tassi, ma non solo perché vogliamo assicurare che la nostra politica monetaria venga trasmessa a tutto il sistema in maniera morbida, e useremo questi strumenti se questo non si verificasse – ha spiegato -. E nell’altro caso abbiamo abbondanti liquidità e accesso a liquidità molto ampie, anche molto più ampie rispetto alla Fed in termini di collaterale”.

Più in generale nell’Unione europea “è molto improbabile” che si verifichi un caso simile a quello della Silicon Valley Bank, perché le banche sono sottoposte a una vigilanza più ampia e stringente. E sono molte di più le banche vigilate. “Negli Stati Uniti ci stanno 14 banche controllate e verificate e che dovevano attuare i requisiti patrimoniali e di liquidità: 14 – ha ripetuto -. In Europa sono molte di più, se dovessi dirvi sono 200 le banche e verifichiamo che abbiano i requisiti patrimoniali e di liquidità. C’è una è una grossa differenza”. Le regole di Basilea III su questi requisiti prudenziali “sono state inventate dopo la grande crisi per assicurare che non si sarebbe verificata di nuovo. E qui in Europa le applichiamo con molto rigore. Negli Stati Uniti hanno deciso nel 2018 che il requisito di liquidità non sarebbe stato obbligatorio”, ha rilevato Lagarde.

“Il sistema qui è robusto e le banche hanno forti requisiti di capitale, hanno forti livelli di copertura di liquidità. Sono molto vigilate e qualcosa come quello che è accaduto a Svb è molto improbabile, per le ragioni che vi ho appena detto. E perché non abbiamo lo stessa concentrazione che Svb aveva in un settore mosto esclusivo di Venture Capital e di tanti depositi non garantiti e che hanno deciso in tempi molto brevi di portare via. Quindi – ha concluso – direi che il nostro sistema è robusto e molto diverso da quello che avevamo nel 2008, quando c’è stata la grande crisi, e lo monitoriamo molto da vicino”.