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Gruppo Veronesi: rinnovato contratto integrativo per lavoratori Aia

Gruppo Veronesi: rinnovato contratto integrativo per lavoratori AiaMilano, 28 feb. (askanews) – Il gruppo Veronesi ha rinnovato il contratto integrativo di secondo livello per il triennio 2023-2025, destinato a circa 5.500 lavoratori Aia, con il coordinamento avicolo rappresentato dalle segreterie sindacali Veneto Flai-Cgil, Fai-Cisl e Uila-Uil.
L’accordo, spiega una nota, affronta in particolare tre aree: la definizione del premio di risultato grazie a forme di coinvolgimento paritetico dei lavoratori, lo studio di percorsi per la stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato e la valorizzazione delle pari opportunità.
Per il prossimo triennio, l’importo massimo a disposizione per ciascun lavoratore è di 6.750 euro al raggiungimento del 100% degli obiettivi prefissati e condivisi con le parti sindacali (2.200 euro nel 2023, 2.250 euro nel 2024, 2.300 nel 2025). Grazie al piano welfare e alla piattaforma dedicata “Veroneasy life”, ogni lavoratore avrà la possibilità di convertire il valore detassato del premio – totale o una sua parte – nell’acquisto di beni o servizi che spaziano dall’assistenza sanitaria all’istruzione, lo sport e il tempo libero fino ai buoni spesa e benzina. L’azienda inoltre riconoscerà, a coloro che convertiranno una quota pari o superiore al 50% del premio maturato, un valore aggiuntivo netto pari al 10% dell’importo convertito spendibile esclusivamente in welfare. Saranno inoltre istituite forme di coinvolgimento paritetico dei lavoratori all’interno delle nove sedi coinvolte, con l’obiettivo di incentivare la ricerca di soluzioni innovative e proposte dai lavoratori nelle quattro aree che concorrono alla formulazione del premio: produttività, qualità del prodotto, salute e sicurezza sul lavoro e miglioramento delle performance di sostenibilità ambientale.
L’azienda e le parti sindacali hanno inoltre definito percorsi strutturati di stabilizzazione del personale impiegato a tempo determinato (stagionali ed avventizi, tipici del settore). L’accordo stabilisce in modo chiaro i requisiti per la stabilizzazione a tempo indeterminato, con particolare riferimento al numero di giornate effettive lavorate. Una misura innovativa e unica nel settore avicolo italiano, sottolinea l’azienda agroalimentare, che mette insieme le esigenze dei lavoratori con le necessità di flessibilità del business, con particolare attenzione alla tutela del periodo di maternità.
Infine è stato dato nuovo slancio alla Commissione pari opportunità. Obiettivo del gruppo di lavoro sarà quello di valutare, proporre e diffondere iniziative e attività capaci di valorizzare il valore della diversità all’interno dell’azienda e prevenire forme di discriminazione o comportamenti non in linea con i valori del gruppo.

Giappone, nel 2022 per la prima volta meno di 800mila nascite

Giappone, nel 2022 per la prima volta meno di 800mila nasciteRoma, 28 feb. (askanews) – La crisi demografica del Giappone è sempre più profonda. Il governo di Tokyo ha annunciato che il numero dei nuovi nati nel 2022 è sceso per la prima volta sotto quota 800mila dal 1899, anno in cui cominciarono a essere raccolti questi dati.
Le nascita in Giappone sono state lo scorso anno 799.728, con un calo del 5,1 per cento su base annua, secondo i dati preliminari del ministero della Sanità.
In precedenza il governo nipponico aveva previsto che il numero dei nuovi nati non sarebbe sceso sotto 800mila prima del 2033.
Secondo le valutazioni del governo, a spingere in basso il numero dei nuovi nati sono stati i cambiamenti nello stile di vita prodotti dalla pandemia Covid-19 e la tendenza dei giovani giapponesi a sposarsi sempre più tardi.
I dati del governo, inoltre, segnalano che, se si escludono i bambini nati da genitori stranieri residenti, il numero dei nuovi nati si ferma attorno a 770mila.
Il saldo a livello di popolazione è estrema,mente negativo. I morti nel 2022 sono stati 1.582.033 e sono cresciuti doi 129.744 unità. Questo vuol dire che la popolazione nipponica è scesa in un solo anno di quasi 800mila persone.

“I dimenticati”: il rapporto Save the Children sui Paesi da cui si fugge

“I dimenticati”: il rapporto Save the Children sui Paesi da cui si fuggeRoma, 28 feb. (askanews) – Afghanistan, Somalia e Siria – alcune delle principali nazionalità di provenienza delle persone che hanno perso la vita nel naufragio di Crotone, nel tentativo disperato di raggiungere l’Europa – sono tra i dieci Paesi peggiori in cui vivere per i bambini, secondo il Rapporto “The forgotten ones”, diffuso oggi in Italia da Save the Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro.
Il Rapporto riporta le evidenze di una ricerca condotta dall’Organizzazione nei Paesi colpiti da conflitti e viene lanciato nell’ambito della campagna Bambini sotto attacco, che denuncia il drammatico impatto fisico e psicologico della guerra sui bambini e le gravi conseguenze sulla loro crescita. L’Afghanistan, insieme ai territori palestinesi occupati (OPT), nel 2021 ha registrato il più alto numero di bambini uccisi o mutilati a causa dei conflitti: 633 bambini sono stati uccisi e 1.723 sono stati mutilati a causa di ordigni esplosivi improvvisati, di esplosioni o residuati bellici esplosivi. In Somalia sono stati 793 i bambini uccisi o mutilati: il Paese, da un decennio, è segnato da un numero drammaticamente alto di violazioni nei confronti dei più piccoli, con una media di 847 bambine e bambini uccisi e mutilati ogni anno. La Siria, registra il secondo più alto tasso di reclutamento e utilizzo di bambine e bambini, con 1.301 casi segnalati: il dato peggiore mai toccato nel Paese e drammaticamente in crescita rispetto al 2016, quando erano 961.
Save the Children ha diffuso oggi il video “Save the Survivors’, basato su storie vere che mostrano l’impatto sulla vita quotidiana dei bambini che vivono in zone di guerra e le conseguenze degli orrori del conflitto. Storie che non possono lasciare indifferenti, come quella di Ruba, dalla Siria, che aveva solo pochi giorni quando ha perso i genitori, uccisi dall’esplosione di un barile bomba. O di Dioura, 12 anni, costretta a fuggire e a costruirsi una nuova vita dopo l’attacco del suo villaggio, in Niger, ad opera di gruppi armati. E di Kibrom, 13 anni, che dopo aver viaggiato a piedi per un mese con la madre, riparandosi nelle grotte, è perseguitato dai ricordi delle violenze che ha visto durante il viaggio e terrorizzato all’idea di subirne altre.
La guerra in Ucraina ha riportato l’attenzione alla brutalità dei conflitti e al terribile impatto sui bambini, ma nel mondo ci sono tante altre guerre poco ricordate che hanno effetti devastanti su di loro. Sono circa 449 milioni le bambine e i bambini che nel 2021 hanno vissuto in aree di conflitto. Di questi, più della metà – circa 230 milioni – si trova nelle zone di conflitto più pericolose[1], con un aumento del 9% rispetto all’anno precedente. Sebbene la cifra globale dei bambini che vivono in paesi in conflitto nel 2021 registri un leggero calo rispetto all’anno precedente (450 milioni), la drammaticità del fenomeno è evidente, perché riguarda un bambino su 6 a livello globale nonostante la rilevazione non includa i milioni di minori della guerra in Ucraina, visto che il conflitto è scoppiato a febbraio del 2022.
Nel periodo di riferimento, l’Africa ha registrato il numero più alto di bambini colpiti da conflitti (180 milioni), seguita dall’Asia (152 milioni) e dalle Americhe (64 milioni). Il Medio Oriente ha ospitato la più alta percentuale di minori che vivono in aree di conflitto (1 bambino su 3) e, se l’Europa ha registrato il numero e la percentuale più bassi, si prevede che questi numeri saliranno drammaticamente a causa dell’escalation di violenza in Ucraina. L’Organizzazione sottolinea inoltre come gli episodi verificati di negazione dell’accesso umanitario sono aumentati significativamente negli ultimi tre anni, soprattutto a causa degli incidenti in Yemen e nel Territorio palestinese occupato (TPO).
Sebbene dal 2018 il numero registrato di uccisioni e mutilazioni nei conflitti sia diminuito di circa un terzo, più di 8 mila bambini sono morti o sono stati mutilati nel 2021, con una media di 22 al giorno[2]. L’Organizzazione prevede che questo dato sarà tragicamente in crescita a causa dell’evolversi di vari contesti di conflitto tra cui anche la guerra in Ucraina, dove sono stati finora sono stati uccisi 438 bambini e 851 sono stati feriti dall’inizio del conflitto[3]. Secondo l’analisi di Save the Children, che si basa sul numero di gravi violazioni registrate dalle Nazioni Unite, sull’intensità del conflitto e sulla percentuale e il numero di bambini che crescono in condizioni di violenza a causa di esso, lo Yemen è in cima alla lista dei 10 peggiori Paesi colpiti da conflitti dove vivere per i bambini nel 2021.
La flessione nel numero complessivo di gravi violazioni contro i bambini dal 2020, sottolinea l’Organizzazione, è probabilmente dovuta alla diminuzione delle segnalazioni a causa delle crescenti restrizioni di accesso. Le gravi violazioni contro i bambini – che includono il reclutamento, il rapimento, la violenza sessuale, la negazione dell’accesso umanitario, gli attacchi a scuole e ospedali, le uccisioni e le menomazioni – possono avere un impatto profondo sulle loro vite, che va dal trauma fisico a quello psicologico, dalle ferite debilitanti o che alterano la vita alla morte. Zaid*, 9 anni, dello Yemen, ha perso una gamba a causa di un bombardamento mentre giocava con gli amici. ‘È difficile vivere senza una gamba’, ha detto Zaid. ‘Prima giocavo a calcio, correvo e stavo con i miei amici, ma poi una granata mi ha colpito. Ora resto a casa a giocare con i miei giocattoli”. I conflitti peggiori sono spesso quelli di cui si parla di meno. Il Rapporto “The forgotten ones” include anche un’analisi della copertura mediatica nei 10 Paesi più colpiti dai conflitti da quando la guerra in Ucraina si è intensificata all’inizio del 2022 effettuata grazie alla piattaforma di monitoraggio dei media Meltwater[4], tra l’1 gennaio e il 30 settembre 2022. In questi mesi, l’Ucraina ha ricevuto una copertura mediatica cinque volte superiore a quella di tutti e dieci i Paesi colpiti da conflitti peggiori per l’infanzia messi insieme. Nello stesso periodo, lo Yemen – il peggior Paese in conflitto per i bambini – ha avuto solo il 2,3% di copertura mediatica rispetto all’Ucraina.
Sebbene molteplici fattori possano influenzare le modalità di distribuzione dei fondi da parte dei donatori, al 4 novembre 2022 i finanziamenti dei Piani di risposta umanitaria (Piani HRP) per i Paesi colpiti da conflitti peggiori per l’infanzia del 2021 erano finanziati in media solo al 43%, lasciando milioni di bambini senza accesso a beni di prima necessità salvavita come l’assistenza sanitaria e il cibo, oltre che ai servizi di istruzione e protezione. Al 4 novembre, l’HRP della Siria era finanziato solo al 27,5%, mentre quello del Myanmar solo al 22,5%. L’appello aggiornato dell’Ucraina, invece, era finanziato al 68,1%. Roma, 28 feb. (askanews) – ‘I bambini non causano o iniziano le guerre, ma è innegabile che siano le vittime più grandi e più vulnerabili di ogni conflitto’, ha dichiarato Daniela Fatarella, Direttrice generale di Save the Children. “Sebbene le denunce di gravi violazioni siano leggermente diminuite nel 2021, una media di 22 bambini al giorno è stata ancora mutilata o, peggio, privata della vita. La situazione è destinata a peggiorare con il protrarsi dei conflitti in Ucraina e in altri Paesi, come lo Yemen, la Repubblica Democratica del Congo e la Siria, dove dopo 12 anni di conflitto e crisi economica i bambini ora subiscono anche gli impatti negativi del devastante terremoto. L’attenzione per la guerra in Ucraina ha ricordato a molti di noi la brutalità dei conflitti e il loro terribile impatto sui bambini, ma è anche una lezione su ciò che è possibile fare quando c’è una volontà politica e finanziaria collettiva sufficiente a garantire che i bambini ricevano l’aiuto salvavita di cui hanno bisogno. Il mondo deve continuare a proteggere i bambini dell’Ucraina, facendo al contempo molto di più per garantire che i bambini di altri Paesi colpiti da conflitti siano assistiti’, ha concluso. Save the Children chiede ai leader mondiali, ai donatori, ai membri delle Nazioni Unite e alle Ong di proteggere i bambini garantendo il perseguimento degli individui responsabili delle gravi violazioni contro i minori nei conflitti armati, assicurando la ratifica e l’attuazione di tutte le normative e le politiche pertinenti e dando priorità ai finanziamenti per il sostegno ai bambini colpiti dai conflitti.

Terzo Polo,Renzi: stop riformisti in Pd,per noi spazio fantastico

Terzo Polo,Renzi: stop riformisti in Pd,per noi spazio fantasticoRoma, 28 feb. (askanews) – “Per chi crede nel riformismo anziché massimalismo, nel creare lavoro anziché nei sussidi, nel firmare le leggi sui diritti civili anziché nel farci i convegni, nell’aumentare lo stipendio a operai e professori anziché organizzare le proteste, oggi lo spazio che si apre è fantastico”. Così il leader di Iv Matteo Renzi sulla sua e-news all’indomani della vittoria di Elly Schlein alle primarie del Pd.
Per Renzi, “vengono giù – all’improvviso, tutti insieme – gli alibi di chi ancora pensava di poter coltivare il riformismo dentro il Pd”. L’ex premier si dice “entusiasta. Perché si compie un passaggio fondamentale per la costruzione del nuovo progetto”.

Giappone scosso da scandalo nel mondo delle terme

Giappone scosso da scandalo nel mondo delle termeRoma, 28 feb. (askanews) – Uno scandalo sta turbando il clima in uno dei fiori all’occhiello del turismo giapponese: gli onsen, cioè le affascinanti terme. Uno dei più rinomati onsen nipponici, un tempo frequentato anche dall’imperatore, ha dovuto oggi presentare formali scuse per aver lesinato nei cambi di acqua delle vasche, tanto che analisi hanno rilevato una presenza del batterio della legionella a un livello di 3.700 volte superiore ai limiti previsti. Lo racconta oggi il Mainichi shimbun.
“La gestione dell’acqua è diventata inadeguata da dicembre 2019 e ancor più sciatta con la secca caduta dei clienti a causa della pandemia di coronavirus”, ha dovuto ammettere in una conferenza stampa Makoto Yamada, gestore del Daimaru Besso di Chikushino, nella prefettura di Fukuoka, sud del Giappone.
Il governo prefetturale ha scoperto in un’ispezione che agli operatori dell’onsen fu dato ordine di cambiare l’acqua solo due volte all’anno, mentre le ordinanze relative all’igiene negli onsen prevedono almeno un cambio a settimana.
Yamada ha assicurato, come se la sostanza della questione cambiasse, che la scelta di diradare i cambi di acqua non è stata fatta “per tagliare i costi”, bensì per “risparmiare tempo e lavoro”. In ogni caso, il gestore ha annunciato le sue dimissioni una volta che il problema verrà risolto.
Il manager inoltre ha ammesso di aver dato indicazioni allo staff di falsificare le registrazioni sul rilascio di cloro nell’acqua presentate all’ufficio di salute pubblica.
Lo scandalo è scoppiato a partire da novembre scorso, quando un’ispezione della prefettura rilevò una presenza batterica fuori scala nelle acque dell’onsen, che ha ripreso le attività dalla fine di dicembre, dopo aver riportato a livelli di norma le condizioni delle sue acque.
Secondo il governo giapponese, nel 2016 esistevano oltre 3mila resort incentrati sugli onsen, definiti sulla base dei parametri stabiliti in una specifica legge emanata nel 1948. Questo vuol dire che, in realtà, il numero di onsen singoli è di almeno 6mila unità, una media di tre per ogni municipalità giapponese. Attorno questo business ruotano oltre 15mila strutture ricettive, per un giro d’affari annuo che si aggira attorno ai 12 miliardi di dollari. Il Giappone al secondo posto al mondo per giro d’affari attorno alle terme, secondo solo alla Cina che però ha dieci volte gli abitanti del Sol levante.
Il Daimaru Besso di Chikushino è stato fondato nel 1865. Tra i suoi ospiti più celebri è in particolare ricordato l’imperatore Hirohito, conosciuto dopo la sua morte col nome postumo di Showa.

Bakhmut vacilla, Kiev chiede aerei ma non crede ad armi cinesi ai russi

Bakhmut vacilla, Kiev chiede aerei ma non crede ad armi cinesi ai russi

Zelensky: cada tabù su caccia. Budanov: nessuna conferma su Pechino

Roma, 28 feb. (askanews) – La situazione nella città di Bakhmut, sulla linea del fronte orientale della guerra in Ucraina, sta diventando “sempre più difficile”: le forze russe cercano di conquistare la città da oltre sei mesi e stanno distruggendo “tutto ciò che può essere utilizzato per proteggere” le posizioni ucraine, ha avvertito il presidente Volodymyr Zelensky nel suo ultimo messaggio notturno alla nazione. Il capo dello Stato ha chiesto agli alleati, ancora una volta, la fornitura di aerei da combattimento “per proteggere completamente il cielo”. Bisogna rimuovere “il tabù dell’aviazione nei rapporti con i nostri partner”, ha insistito. “Abbiamo bisogno di una componente di difesa aerea: moderni aerei da combattimento, in modo che l’intero territorio del nostro stato possa essere protetto dal terrore russo”. Allo stesso tempo, Kiev non crede alla cessione di armi letali cinesi a Mosca: “non la vedo”, ha spiegato il capo dell’intelligence militare, Kyrylo Budanov.
A Bakhmut, nella regione ucraina di Donetsk, si stanno svolgendo alcuni dei combattimenti più feroci da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, un anno fa. Recentemente gli sforzi delle forze russe per catturare la città industriale si sono intensificati, con le sue truppe che stanno guadagnando terreno. Il leader separatista dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk, Denis Pushilin, ha affermato che “praticamente tutte le strade” della città sono ora “sotto il controllo del fuoco russo”. E il comandante delle forze di terra ucraine, il colonnello generale Oleksandr Syrskyi, ha riconosciuto che la situazione intorno a Bakhmut è “estremamente tesa”. “Nonostante le perdite significative, il nemico ha lanciato le unità d’assalto più preparate di Wagner, che stanno cercando di sfondare le difese delle nostre truppe e circondare la città”, ha detto l’ufficiale ucraino.
Zelensky ha confermato le difficoltà e si è detto “grato a ogni singola persona che difende eroicamente” l’area. Poi si è rivolto agli alleati, con un messaggio chiaro: Kiev ha necessità di ricevere moderni aerei da combattimento. Aiuti su cui la comunità internazionale sembra piuttosto tiepida. Durante la sua visita di ieri a Kiev, ad esempio, il segretario al Tesoro Usa, Janet Yellen, ha annunciato un ultimo trasferimento di 1,25 miliardi di dollari in aiuti economici e di bilancio all’Ucraina, ma non ha fatto alcun cenno all’assistenza militare. Eppure a Washington è c rescente la preoccupazione su potenziali aiuti letali della Cina alla Russia.
Ancora ieri, il portavoce del dipartimento di Stato americano, Ned Price, ha detto che la Cina si è “chiaramente” schierata dalla parte della Russia ed è stata “tutt’altro che un mediatore onesto” negli sforzi per portare la pace in Ucraina. Sebbene Pechino abbia “tentato di mantenere questa parvenza di neutralità”, ha fornito alla Russia “sostegno diplomatico, sostegno politico, sostegno economico, sostegno retorico”, ha detto Price ai giornalisti. Il portavoce americano ha quindi spiegato che gli Stati Uniti non ritengono ancora che la Cina abbia fornito assistenza letale alla Russia, ma non escludono che potrebbe farlo in futuro. D’altra parte, Pechino ha a sua disposizione tecnologie e risorse più sofisticate di quelle assicurate fino a Mosca dalla Repubblica islamica dIran, e un coinvolgimento diretto di Pechino – ha avvertito Price – avrebbe conseguenze “potenzialmente terribili e tragiche”.
Il capo dell’intelligence militare ucraina, Kyrylo Budanov, ha tuttavia messo in dubbio le affermazioni secondo cui la Cina starebbe valutando la possibilità di fornire armi alla Russia, dicendo ai media statunitensi di non avere visto “segni che tali cose siano state discusse”. “Al momento non credo che la Cina accetterà il trasferimento di armi alla Russia. Non vedo alcun segno che si stia discutendo di queste cose”, ha commentato.
A inizio febbraio, il segretario di stato americano Antony Blinken ha espresso le preoccupazioni di Washington su questo dossier e domenica scorsa il direttore della Cia ha detto di ritenere che Pechino stesse ancora valutando tale possibilità. A domanda specifica sulla valutazione degli Stati Uniti, Budanov ha però dichiarato: “Sono il capo dell’intelligence e mi affido, con tutto il rispetto, non alle opinioni delle singole persone, ma solo ai fatti. E non vedo tali fatti”.

Usa avviano grandi manovre “Cobra Gold” in Thailandia

Usa avviano grandi manovre “Cobra Gold” in ThailandiaRoma, 28 feb. (askanews) – Gli Stati uniti hanno avviato oggi in Thailandia l’esercitazione militare annuale congiunta “Cobra Gold” su vasta scala, con il più grande contingente statunitense in un decennio che si è addestrato con forze di 30 paesi per migliorare l’interoperabilità regionale. Lo riferisce Nikkei Asia.
“Cobra Gold” di quest’anno punterà a formare il personale sui rischi nello Spazio di compromissione dei sistemi di comunicazione satellitare.
Alle manovre parteciperanno più di 6mila membri del personale statunitense, inclusi 3.800 soldati di terra, e la Thailandia con 3mila soldati presenti.
L’esercitazione militare più lunga nel Sudest asiatico è un’opportunità per gli Stati uniti, la Thailandia e un gruppo di paesi partecipanti a rotazione per condividere manovre e tattiche sul campo di battaglia, nonché per addestrare nuove tecnologie e attrezzature dal 1982. La portata dell’esercitazione è stata limitata negli ultimi due anni a causa della pandemia di COVID-19.
Le manovre principali coinvolgono centinaia di militari provenienti da Indonesia, Giappone, Malaysia, Singapore e Corea del Sud. Altri dieci paesi – Bangladesh, Brunei, Canada, Fiji, Francia, Mongolia, Nepal, Nuova Zelanda, Filippine e Regno unito – parteciperanno a workshop per la pianificazione operativa multinazionale. Altri 10 osservatori includono Cambogia, Germania e Vietnam. Il Myanmar non partecipa dal golpe militare nel 2021.
“Attraverso Cobra Gold, dimostriamo la nostra determinazione a rispondere insieme per preservare un Indo-Pacifico libero e aperto in modo che tutte le nazioni possano mantenere la pace, la stabilità e la prosperità”, ha affermato l’ammiraglio John Aquilino, comandante del Comando Indo-Pacifico degli Stati Uniti allacerimonia di apertura.
“Ciò che rende Cobra Gold speciale è che esemplifica il tessuto della nostra amicizia, un’amicizia genuina che abbiamo tessuto insieme negli ultimi 200 anni”, ha dichiarato l’ambasciatore degli Stati Uniti in Thailandia Robert Godec in una conferenza stampa congiunta con il generale Thitichai Thienthong, capo del personale delle Royal Thai Armed Forces, all’inizio di questo mese.

India, tempio sostituisce elefante con robot per i rituali

India, tempio sostituisce elefante con robot per i ritualiRoma, 28 feb. (askanews) – Un tempio nello stato indiano meridionale del Kerala ha sostituito per i suoi rituali un elefante in carne e ossa con un elefante meccanico. Lo racconta oggi la BBC.
L’iniziativa delle autorità del tempio Irinjadappilly Sree Krishna, nel distretto di Thrissur, s’inquadra in un impegno a smettere di usare animali vivi per qualsiasi festività.
Il robot è stato donato da People for Ethical Treatment of Animals (PETA) India e dall’attrice Parvathy Thiruvothu. L’obiettivo è che contribuisca a diffondere l’opportunità di organizzare eventi “in modalità cruelty-free”.
Incatenati, sellati e decorati, gli elefanti svolgono un ruolo importante nelle feste del tempio in Kerala: lo stato ospita circa un quinto dei circa 2.500 elefanti in cattività del paese.
Da anni gli attivisti per il benessere degli animali denunciano il maltrattamento dei pachidermi. Il Centro per la ricerca sui diritti degli animali la scorsa settimana ha scritto al primo ministro dello stato in merito all’aumento della mortalità del mammifero, affermando che 138 elefanti in cattività sono morti in Kerala tra il 2018 e il 2023.
In una dichiarazione rilasciata lunedì, la PETA India ha affermato che sottoporre gli elefanti vivi a rumori estremamente forti durante i festival è “crudele” e ha esortato tutti i templi dello stato a passare a elefanti meccanici realistici. “È giunto il momento di compiere passi più forti e di maggiore impatto per fermare tali abusi e consentire agli animali di vivere una vita rispettosa e dignitosa”, ha spiegato l’organizzazione.
Secondo il quotidiano Indian Express, il modello di elefante donato dalla PETA è alto 3,3 m, pesa 800 kg ed è sostenuto da un telaio di ferro.
Il sacerdote del tempio Rajkumar Namboothiri ha detto al quotidiano Indian Express di essere felice per aver ricevuto il robot e ha auspicato “che anche altri templi pensino di sostituire gli elefanti veri con elefanti robotici per i loro rituali”.

Gas, AIE: nel 2022 domanda in Europa mai così bassa (-13%)

Gas, AIE: nel 2022 domanda in Europa mai così bassa (-13%)Milano, 28 feb. (askanews) – Nel 2022 la domanda di gas in Europa ha registrato il calo più marcato della storia, mentre nel 2023 la domanda globale dovrebbe essere sostanzialmente stabile, ma le prospettive sono soggette a un elevato livello di incertezza, in particolare per quanto riguarda le azioni future della Russia e l’impatto economico della fluttuazione dei prezzi dell’energia. E’ quanto emerge dall’ultimo rapporto dell’AIE (Agenzia internazionale dell’energia) sul mercato del gas.
Il consumo globale di gas è diminuito, secondo le stime, dell’1,6% nel 2022. Ma l’aumento senza precedenti dei prezzi ha portato a una riduzione del 13% della domanda in Europa, poiché i governi hanno reagito rapidamente con politiche di emergenza, l’industria ha ridotto la produzione e i consumatori hanno abbassato i termostati. Le condizioni climatiche invernali più miti hanno inoltre contribuito a ridurre il fabbisogno di riscaldamento degli ambienti. La domanda di gas in Asia è diminuita del 2% a causa dei prezzi elevati del gas naturale liquefatto (GNL), delle interruzioni dovute al Covid in Cina e del clima costantemente mite nell’Asia nordorientale.
“L’anno scorso è stato straordinario per i mercati globali del gas. I prezzi stanno tornando a livelli gestibili, in particolare in Europa, dove un inverno mite e la distruzione della domanda hanno contribuito a raffreddare i mercati”, ha dichiarato Keisuke Sadamori, direttore dei mercati energetici e della sicurezza dell’AIE. “La Cina è la grande incognita del 2023. Se la domanda globale di GNL tornerà ai livelli pre-crisi, questo non farà altro che intensificare la concorrenza sui mercati globali e inevitabilmente farà salire nuovamente i prezzi.”

Kim Jong Un: necessario cambiamento radicale del settore agricolo

Kim Jong Un: necessario cambiamento radicale del settore agricoloRoma, 28 feb. (askanews) – Il leader supremo nordcoreano Kim Jong Un ha ordinato un “cambiamento radicale” nella produzione agricola entro pochi anni nel suo discorso nel secondo giorno di una riunione-chiave del partito-stato nordcoreano dedicata proprio all’agricoltura, mentre la Corea del Sud e osservatori internazionali sostengono che la lunga chiusura ermetica di Pyongyang per le misure anti-Covid ha portato la popolazione alla fame.
Kim – secondo il resoconto dato dall’agenzia di stampa ufficiale KCNA – ha sottolineato la necessità di trovare modi per uno “sviluppo stabile e sostenuto dell’agricoltura” durante il secondo giorno di lavori del Plenum allargato del Comitato centrale del Partito dei lavoratori della Corea.
Il raro incontro del partito è stato convocato in un momento in cui la situazione alimentare del Nord appare precaria a causa delle crescenti difficoltà economiche causate dai blocchi dei confini per combattere la pandemia di COVID-19 e dalle sanzioni globali sui suoi programmi nucleari e missilistici.
Il leader ha dettato la linea, chiedendo che vengano trovate modalità “perseguibili per raggiungere con successo l’obiettivo di produzione di grano di quest’anno e portare un cambiamento radicale nella produzione agricola entro pochi anni”.
La relazione del capo nordcoreano non si è addentrata, a quanto se ne sa, su quali siano le misure specifiche che dovrebbero essere assunte per realizzare il richiesto cambiamento radicale.
Un funzionario del ministero dell’unificazione della Corea del Sud ha detto all’agenzia di stampa sudcoreana Yonha che Pyongyang “sembra stia discutendo una vasta gamma di questioni, comprese le agende relative all’alimentazione e all’agricoltura e alle questioni economiche”.
Al Plenum stanno partecipando anche i principali esponenti del settore agricolo, che sono stati visti seduti in prima fila sul podio della riunione, ha aggiunto il funzionario sudcoreano. Tra loro Ri Chol Man, direttore del dipartimento dell’agricoltura del partito, e Ju Chol Gyu, presidente del comitato per l’agricoltura del governo.
L’Agenzia per l’alimentazione e l’agricoltura dell’Onu, la Fao, prima della pandemia aveva già rilevato che circa la metà della popolazione nordcoreana era malnutrita. Recentemente le autorità sudcoreane hanno accusato Pyongyang di lasciar morire “decine di persone” per fame ogni giorno.
Secondo l’Amministrazione per lo sviluppo rurale della Corea del Sud, il raccolto nordcoreano di cereali del 2022 è stato di 4,51 milioni di tonnellate, con un calo ulteriore rispetto al 2021 del 3,8 per cento. E, a peggiorare la situazione alimentare, il regime ha usato più decisione del solito nello schiacciare le transazioni nei mercati (illegali), il che ha creato ulteriori colli di bottiglia nella distribuzione.
Tra il 1994 e il 1998, durante la cosiddetta Ardua Marcia, una serie di disastri naturali (siccità, alluvioni) e soprattutto un’incapacità totale del regime di gestire il sistema della distribuzione alimentare, provocò in Corea del Nord un numero imprecisato di morti per fame, che secondo alcune stime superarono i 3 milioni.
Kim Jong Un è recentemente intervenuto sul tema della “rivoluzione rurale”, ponendo l’accento sul rispetto delle istruzioni che arrivano dal centro e sull’educazione ideologica dlele masse rurali. Ha anche promesso di fornire loro moderni strumenti di lavoro nei campi. Ma, secondo un’analisi del sito specializzato NK News, questo processo sta andando a rilento.