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In Italia mille aziende biodinamiche, Demeter: “Viviamo con l’export”

In Italia mille aziende biodinamiche, Demeter: “Viviamo con l’export”Milano, 13 mar. (askanews) – L’anno prossimo l’agricoltura biodinamica compirà cento anni. Sarà infatti passato un secolo da quando Rudolf Steiner fornì in un ciclo di conferenze una serie di “impulsi scientifico-spirituali” e pratiche dettagliate per raggiungere “le giuste condizioni affinché l’agricoltura possa prosperare”, evitando “il degradarsi del terreno e permettere una sana alimentazione”, con l’obiettivo non indifferente di “rendere possibile la continuazione fisica della vita umana sulla Terra”. Correva appunto l’anno 1924 e il fondatore dell’antroposofia poneva, con la sua visione, le basi per contrastare la deriva dell’agricoltura industriale, con lo sfruttamento intensivo e l’utilizzo dei composti chimici. Cinque anni più tardi, gli agricoltori che avevano fatto loro queste pratiche, si erano uniti in un’associazione creando il marchio Demeter, ispirato alla dea greca della fertilità e della terra, Demetra.
Oggi Demeter Italia è un’associazione privata che riunisce non soltanto produttori ma anche allevatori, trasformatori e distributori di prodotti agricoli, alimentari e cosmetici biodinamici. In totale un migliaio di aziende sparse su tutto il territorio nazionale, tra cui circa 600 agricoltori e poco meno di 200 viticoltori. Per essere associate, le aziende devono prima essere certificate biologiche secondo il sistema europeo.
Fondata nel 1985 a Parma e affiliata alla Biodynamic Federation Demeter International (BFDI) con sede a Darmstadt, in Germania, Demeter Italia è oggi presieduta da Enrico Amico, titolare della “Amico Bio”, un’importante azienda ortufrutticola di Capua (Caserta) al cui interno, tra le tante cose, ha aperto anche un asilo steineriano. Askanews lo ha intervistato per fare il punto sul biodinamico e sull’associazione.
“L’agricoltore biodinamico ha innanzitutto un approccio attivo e responsabile, e un metodo di lavoro sostenibile in sintonia con l’ambiente, rispettoso della vitalità del terreno e della diversità delle specie vegetali e animali, con l’obiettivo di coltivare prodotti sani e genuini, in armonia con le stagioni e con la natura” esordisce Amico, sottolineando che “oggi Demeter Italia sente ancora di più la responsabilità di affermare questo metodo e di farlo conoscere perché in questo momento è ancor più forte lo strapotere dell’agricoltura industriale”.
Ricordando che questo tipo di agricoltura “è stata un po’ l’antesignana del movimento ecologista mondiale, che si è sviluppato qualche decennio dopo”, il presidente precisa che “alla base della biodinamica c’è un profondo desiderio di giustizia sociale, rispetto e responsabilità nei confronti del mondo e delle generazioni future”. “E’ un’agricoltura per certi versi tradizionale e per certi versi innovativa, oggi fortemente attuale” continua, aggiungendo che “attraverso Demeter e la conoscenza di questi principi, vorremmo far sì che le nostre aziende siano poi un esempio e un modello per tante altre, che possono così passare ad una agroecologia amica dell’ambiente”.
Le associazioni Demeter nel mondo sono 44, con la Germania che storicamente fa la parte del leone, con cinquemila aziende associate, e il Centro-Nord Europa che ha tradizionalmente il mercato più sensibile. “Il nostro è un marchio di qualità che certifica le produzioni attraverso una squadra interna di oltre 20 ispettori che effettuano controlli in campagna, così come nelle industrie di trasformazione e persino sui banchi di vendita” precisa Amico, ricordando che “si tratta di controlli aggiuntivi che si sommano a quelli fatti per legge nelle aziende certificate biologiche”.
“Le nostre aziende associate hanno una media di una cinquantina di ettari, quasi cinque volte la media nazionale” spiega l’imprenditore campano, evidenziando però come nel caso di “Cascine Orsine si superino i mille ettari, e in quello di Fattoria La Vialla i 1.400”. La prima, è stata fondata nel Parco del Ticino (Pavia) da Giulia Maria Crespi, ed è completamente biodinamica dal 1976, mentre la seconda, fondata nel 1978, è la più grande azienda agricola biodinamica in Europa e ha la sua sede centrale a Castiglion Fibocchi (Arezzo).
La caratteristica che però accumuna la maggior parte delle aziende Demeter è che buona parte del fatturato, se non addirittura tutto, viene principalmente dall’export così come succede per il biologico: l’Italia è il primo produttore d’Europa ma uno degli ultimi mercati. “E’ un cane che si morde la coda: il mercato italiano recepisce poco, i prezzi sono così sempre alti (+10-15% sul bio, +30-35% sul tradizionale) e quindi si cercano sbocchi all’estero, dove il mercato risponde bene e quindi si continua ad andare in quella direzione e non si crea un mercato interno” spiega il presidente, sottolineando che “è necessario far crescere nel consumatore la consapevolezza dei principi fondanti la biodinamica e da lì costruire la domanda, come è successo in Germania”. “Lì il prodotto Demeter è entrato nei supermercati non perché la Gdo avesse deciso di imporlo ai consumatori, ma perché i consumatori hanno chiesto quel tipo di prodotti – continua – tanto che inizialmente i supermercati si sono trovati spiazzati perché per i loro numeri e la loro logistica non sapevano dove andare a rifornirsi”. “Noi abbiamo bisogno di un consumatore consapevole – chiosa Amico – quello che non ti abbandona perché la sua scelta di acquisto non è dettata dalla moda”.

Giappone, ottiene nuovo processo dopo 45 anni nel braccio della morte

Giappone, ottiene nuovo processo dopo 45 anni nel braccio della morteRoma, 13 mar. (askanews) – Cosa vuol dire passare quasi 45 anni nel braccio della morte, in attesa ogni giorno di essere portati alla forca, e poi vedere riaprirsi, ormai da vecchi e malati, le porte della speranza con una ripetizione del processo? E’ quello che sta vivendo l’ex pugile professionista Iwao Hakamada, 87 anni: l’Alta Corte di Tokyo – secondo quanto riferiscono oggi i media nipponici – ha stabilito che il caso di questo uomo deve essere riesaminato da un tribunale.
E’ una vittoria per coloro che hanno condotto una campagna per Hakamada, ma una cocente sconfitta per la giustizia in generale e una nuova messa in discussione del sistema nipponico che prevede ancora la pena capitale: il Giappone è rimasto, con gli Stati uniti, l’unico paese del G7 che ancora la mantiene nel proprio ordinamento
Hakamada era stato incriminato nel 1966 per la strage perpetrata su una famiglia di quattro persone. Dapprima aveva confessato, ma poi aveva ritrattatto dichiarandosi innocente. La sua condanna a morte, infine, era stata emessa nel 1980. Da allora era entrato nel braccio della morte fino al 2014, quando una serie di nuove prove avevano portato un tribunale a chiedere un nuovo processo e a decidere una sua liberazione condizionale per motivi umanitari.
La pubblica accusa ha ancora cinque giorni per ricorrere alla Corte suprema, ma le prove portate dalla difesa e accettate ormai da due tribunali rendono improbabile che l’acquisizione di un processo possa essere messa in discussione.
Con quasi 45 anni di permanenza si ritiene che Hakamada sia stato l’uomo che per più tempo è stato ospitato nel braccio speciale in cui i condannati attendono l’esecuzione.
Nel sistema giapponese non viene fissata una data specifica per l’esecuzione dei condannati, i quali vengono a sapere al mattino dell’esecuzione che quel giorno saranno impiccati. Le organizzazioni contro la pena di morte considerano questa pratica una lunga e sistematica tortura. I familiari e l’opinione pubblica generale vengono avvertiti solo a cose fatte.
Nell’apprendere la decisione rarissima di svolgere un nuovo processo, i legali di Hakamada hanno espresso tutta la loro felicità esponendo striscioni fuori dal tribunale. Ne è seguito un fragoroso applauso.
La sorella maggiore di Hakamada, Hideko, è uscita dal tribunale sorridente e, secondo la tv pubblica NHK, ha detto: “Sono davvero felice che il nuovo processo sia stato concesso. Dopo aver combattuto per 56 anni, non vedevo l’ora che arrivasse questo giorno. Mi sento come se un peso fosse stato tolto dalle mie spalle”, ha detto.
L’avvocato Hideyo Ogawa, membro del team di difesa, ha detto in lacrime: “Penso che sia stata una decisione naturale, ma sono davvero felice. Chiederò al pubblico ministero di non presentare un ricorso speciale”.
In tv si sono viste anche Hideko e Ogawa che si sono abbracciate, mentre i sostenitori applaudivano a lungo. Successivamente, una ventina di sostenitori di Hakamada – alcuni dei quali appartenente al mondo della boxe che si è schierata a favore dell’ex pugile – si sono riuniti davanti all’Ufficio del Pubblico Ministero di Tokyo e hanno lanciato slogan per chiedere che non faccia ricorso.
Tuttavia, l’orientamento da parte dell’accusa sembra invece proprio quello di insistere. Il sostituto procuratore capo Hiroshi Yamamoto ha commentato: “È deplorevole che la richiesta del pubblico ministero non sia stata accettata. Esamineremo attentamente i dettagli della decisione e prenderemo azione appropriata”.
Iwao Hakamada non si è recato in tribunale. L’anziano ha invece visitato il tempio Gansuji della città di Hamamatsu, dove è cresciuto. Ha acceso l’incenso e ha unito le mani nella preghiera davanti a una grande statua di Buddha.
I gruppi contro la pena di morte hanno accolto con ottimismo la decisione di oggi. “Questa sentenza fornisce a Iwao Hakamada una chance di ottenere giustizia, dopo che ha passato mezzo secolo sotto la spada di Damocle di una sentenza di morte, nonostante l’evidente ingiustizia del processo in cui era stato condannato”, ha commentato Hideaki Nakagawa, direttore di Amnesty International Japan.
Hakamada lavorava in una bottega che produceva salsa di soia, miso, a Shizuoka quando fu arrestato nel 1966 con l’accusa di furto e strage. Il direttore della fabbrichetta, la moglie e i due figli di questi erano stati trovati morti nella loro casa incendiata. A “incastrare” l’ex pugile erano state delle macchie di sangue su alcuni abiti, secondo l’accusa. Ma questa prova è stata messa negli anni ridimensionata stto l’incalzare della difesa. Inoltre una confessione di Hakamada, avvenuta in una prima fase, era stata ritrattata dall’uomo, il quale aveva accusato la polizia di aver interrogato per 20 giorni, minacciandolo e picchiandolo.
Nel 2014 la Corte distrettuale di Shizuoka ha preso atto che il test del DNA non stabiliva che le famose macchie di sangue erano di Hakamada. Saltava così la prova principe. Ma questo non era bastato alla procura, che aveva presentato ricorso all’Alta Corte di Tokyo, la quale aveva dato ragione all’accusa nel 2018. Dové intervenire la Corte suprema per cancellare questa sentenza e imporre una nuova decisione all’Alta Corte di Tokyo, che oggi ha deciso per un nuovo processo. Sempre che la pubblica accusa non insista ancora.

Ca’ Foscari: solo 7,2% delle aziende agricole produce energia green

Ca’ Foscari: solo 7,2% delle aziende agricole produce energia greenRoma, 13 mar. (askanews) – Il binomio agricoltura e rinnovabili può portare benefici economici concreti alle aziende agricole. Lo rivela uno studio pubblicato sul Journal of Productivity Analysis da due ricercatrici dell’Università Ca’ Foscari Venezia che hanno analizzato i dati di quasi 10mila aziende agricole italiane. Tuttavia, integrare l’attività zootecnica o agricola con la produzione di energia green è ad oggi un’opportunità sfruttata solo dal 7,2% delle imprese del settore. “Le rimanenti 9.216 aziende agricole, pari al 92,8% del nostro campione, non producono rinnovabili, evidenziando il grande potenziale del comparto agricolo per contribuire alla crescita sostenibile”, affermano le autrici Antonella Basso e Maria Bruna Zolin, professoresse di matematica applicata ed economia agraria all’Università Ca’ Foscari Venezia.
Le ricercatrici hanno analizzato i dati del database europeo Rete di Informazione Contabile Agricola (RICA). In particolare, i risultati di un questionario del 2018 che coinvolse 10.386 aziende italiane. Nello studio sono state prese in considerazione le aziende del settore agricolo italiano con una produzione tra un minimo di 8000 e un massimo di 10 milioni di euro e un’area utilizzata superiore ad un ettaro di terreno. In totale sono state prese in considerazione 9.927 aziende agricole.
Nello studio – spiega l’Ateneo – si mette a confronto la produttività della forza lavoro e della terra delle aziende produttrici di energie rinnovabili e di quelle non produttrici. Per produttività viene intesa la resa, misurata in euro, per ogni unità di lavoro o di terreno.
La produttività media del terreno ammonta a 11.672 euro per le aziende non produttrici di rinnovabili. Soltanto prendendo in considerazione le aziende produttrici di energie rinnovabili nel loro complesso la media è di 12.552 euro. Tuttavia, prendendo in considerazione solo le produttrici di biogas la produttività media sale a ben 30.676 (+162,81 %).
La produttività media della forza lavoro è di 56.279 euro nelle aziende prive di impianti a rinnovabili. Si tocca una produttività media di 83.092 euro per le aziende produttrici di energie rinnovabili e di 85.752 euro per quelle che producono energia solare. Per le autrici “i risultati economici dimostrano come, specialmente nel caso della produzione di biogas e di energia solare, questa attività aggiuntiva generi risultati economici superiori nelle aziende produttrici di energie rinnovabili rispetto a quelle che non lo sono”.
Tuttavia, spiegano, ci sono dei colli di bottiglia: “Ci sono molte barriere che ostacolano la produzione e il conseguente uso di energie rinnovabili nell’agricoltura. In primis questioni finanziarie, tecniche, sociali e regolatorie relative alle risorse naturali”. Risulta molto importante il possibile conflitto fra sicurezza alimentare e sicurezza energetica. Attualmente le normative italiane prevedono che la prima abbia precedenza sulla seconda, preferendo dunque la produzione alimentare a quella energetica. Una soluzione, suggeriscono le ricercatrici, è quella di utilizzare i terreni abbandonati, al fine di evitare un possibile conflitto tra i due tipi di produzione.

Pnrr,comuni Sud in difficoltà, scelgono sempre più consulenti esterni

Pnrr,comuni Sud in difficoltà, scelgono sempre più consulenti esterniRoma, 13 mar. (askanews) – “Il supporto alle amministrazioni locali del sud è necessario per la realizzazione del Pnrr. E’ quanto emerge dal recente studio Svimez ‘I Comuni alla prova del PNRR’, dedicato alle infrastrutture sociali, che mette in evidenza un alto tasso di partecipazione al Mezzogiorno, in particolare per i comuni al di sotto dei 30mila abitanti, mentre il livello di aggiudicazione risulta contenuto. L’esito opposto si registra per i comuni di maggiore dimensione: al sud la partecipazione è minore e il tasso di aggiudicazione più alto. La survey SVIMEZ-Datamining evidenzia anche un altro aspetto: l’eccessiva complessità delle procedure. Oltre il 40% dei comuni, infatti, ha avuto necessità di ricorrere a consulenze esterne per la partecipazione ai bandi, mentre cresce la collaborazione tra gli enti limitrofi”. Lo scrive, in una nota, Stefano Di Palma, direttore di Ecoter, Istituto di Ricerca e Progettazione Economica e Territoriale, attivo in Italia e all’estero, nella consulenza alle amministrazioni pubbliche e agli operatori privati.
“Al grande entusiasmo verso il Pnrr – spiega l’economista – fanno da controcanto difficoltà oggettive rispetto alle risorse umane e professionali disponibili nella PA, un gap grave se si considera che tra gli obiettivi del piano di ripresa e resilienza nazionale c’è proprio il riequilibrio delle opportunità tra i territori. Nella fase in cui il Governo ha dato il via alle stabilizzazioni e all’inserimento di nuovi dirigenti, resta il nodo del supporto ai Comuni, affidato ad esperti esterni in grandissima parte. Il ruolo dei consulenti è cresciuto enormemente, ed occorre far tesoro delle sfide che il Pnrr ha posto di fronte a tutti gli attori coinvolti. A tal proposito, sarebbe importante che gli attori istituzionali del PNRR ed i loro enti in house supportassero i Comuni nella scelta di consulenti privati che offrano servizi e prodotti di qualità, pensati insieme ai decisori comunali”.
“Ci chiediamo – conclude Di Palma – cosa rimarrà agli enti locali del bagaglio di esperienze maturate, per lo più al di fuori della macchina amministrativa, se non verrà reclutato nuovo personale pubblico e se non verranno varate azioni importanti e mirate di capacity building. Da parte degli advisor esterni, è cresciuta la consapevolezza della centralità del ruolo, che sarà tale sino a quanto i progetti non verranno ultimati. Resta il dilemma del dopo, della manutenzione del Pnrr, un tema che il decisore politico non ha ancora affrontato ma che, come consulenti, ci troverà pronti”.

Terremoti, un metodo innovativo per stimare danni agli edifici

Terremoti, un metodo innovativo per stimare danni agli edificiRoma, 13 mar. (askanews) – Stimare rapidamente il danno atteso sugli edifici è possibile e si può migliorare grazie alle registrazioni dei terremoti e a modelli semplificati degli edifici. Lo dimostra un nuovo metodo sviluppato dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS e dall’Università degli Studi di Trieste. Il metodo messo a punto e testato dalle ricercatrici e dai ricercatori si chiama “Damage Assessment for Rapid Response – DARR” e per applicarlo, è indispensabile registrare il terremoto vicino o all’interno dell’edificio attraverso accelerometri.
Nel mondo, una persona su tre vive in aree soggette a terremoti e stimare il danneggiamento causato dai terremoti sugli edifici è utile per migliorare sia la gestione dell’emergenza che la pianificazione del territorio, contribuendo a ridurre gli impatti dei terremoti sulla società.
“Il metodo DARR permette di calcolare lo spostamento relativo indotto dal terremoto, cioè quello tra la base e la parte alta dell’edificio e, in base a questo, valutare se il terremoto ha causato danni strutturali con potenziali conseguenze per gli occupanti” spiega Stefano Parolai, docente di geofisica della terra solida dell’Università degli studi di Trieste e ricercatore associato dell’OGS.
Nonostante la diffusione delle reti di monitoraggio sismico in tutto il mondo, – spiegano gli autori – testare questo approccio è complicato dal fatto che in Italia le registrazioni di terremoti negli edifici sono ancora relativamente poche, e ancora più rare sono quelle in edifici danneggiati. Il metodo è stato, quindi, testato usando le registrazioni di 8 terremoti registrati in Italia nordorientale e centrale dal 2012 al 2021, considerando un insieme di edifici con diverse caratteristiche (altezza, età e materiali di costruzione, forma, ecc) sotto diversi input sismici (diversa magnitudo, distanza dall’epicentro e frequenza sismica).
“In tutti i casi considerati, il nostro metodo ha correttamente identificato la condizione degli edifici dopo il sisma, sia in presenza sia in assenza di danno” spiega Bojana Petrovic, ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS. “In particolare, l’unica registrazione disponibile per un edificio danneggiato, tra quelle considerate, è quella della prima scossa della sequenza sismica dell’Italia centrale, avvenuta il 24 agosto 2016, che ha causato danni strutturali alla scuola di Visso (MC), identificati correttamente dal metodo DARR. Lo stesso vale per tutte le altre registrazioni che provengono da edifici non danneggiati per i quali l’assenza di danno è stata identificata con successo” chiarisce la ricercatrice.
“La rete di monitoraggio sismico nell’Italia nordorientale gestita dall’OGS, che oggi include, anche, più di 300 strumenti installati all’interno di edifici del Friuli Venezia Giulia e del Veneto, consente l’applicazione della metodologia DARR e potenzialmente una rapida stima del danno atteso sugli edifici in caso di terremoto utilizzando le registrazioni” spiega Chiara Scaini, ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS.
I risultati dello studio sono stati appena pubblicati sulla rivista Seismological Research Letters e dimostrano il potenziale del metodo, che potrebbe essere applicato in altre aree sismicamente attive oggetto di monitoraggio sismico e supportare una migliore gestione dell’emergenza in seguito a eventi sismici.

Oxfam lancia la campagna “dona acqua, salva una vita”

Oxfam lancia la campagna “dona acqua, salva una vita”Roma, 13 mar. (askanews) – _Ancora oggi nel mondo 1 persona su 4 non ha accesso a fonti d’acqua pulita per bere o lavarsi, mentre metà della popolazione mondiale – oltre 3,6 miliardi di persone – non può contare su servizi igienico sanitari adeguati. Nei paesi colpiti da conflitti, disastri naturali o crisi climatica, la mancanza di acqua moltiplica le vittime, esponendo le popolazioni a epidemie come colera, Covid o tifo.
L’acqua sporca o insicura può essere fino a 20 volte più letale della violenza diretta in contesti di conflitti prolungati come Siria, Yemen o Ucraina, colpendo particolarmente bambini e donne. In Etiopia, nelle regioni del Tigray o Amhara, sono milioni gli sfollati in fuga da conflitti locali e una siccità senza precedenti, che affligge tutta l’Africa orientale, dove non piove da cinque anni.
Per assicurare acqua pulita e servizi igienico-sanitari adeguati a quante più persone possibile, Oxfam Italia – organizzazione umanitaria che si batte contro l’ingiustizia di povertà e disuguaglianza – lancia la campagna di raccolta fondi DONA ACQUA, SALVA UNA VITA.
Dal 13 marzo al 5 aprile, periodo in cui si celebra la Giornata mondiale dell’acqua, si potrà offrire un piccolo, ma prezioso contributo con un SMS solidale o chiamata da telefono fisso al 45593.
COLERA NELLA SIRIA PIEGATA DAL TERREMOTO E 12 ANNI DI GUERRA A 12 anni dall’inizio di un conflitto che ha prodotto la più grave emergenza profughi al mondo e ucciso centinaia di migliaia di persone, la Siria si trova a dover fronteggiare l’ennesima crisi. Il devastante sisma dello scorso 6 febbraio ha causato oltre 4.500 vittime e più d 8.500 feriti. Nelle città più colpite, come Aleppo, Hama, Idleb, Latakia e Tartous, centinaia di migliaia di persone sono ora costrette a vivere in condizioni indicibili in centri temporanei come moschee, scuole, centri sportivi, parchi o cimiteri addirittura. Luoghi dove manca acqua pulita, cibo, coperte, medicine, aumentando esponenzialmente il rischio di nuove epidemie di colera, con già 50 mila casi registrati. Oggi 1 siriano su 2 dipende dagli aiuti umanitari per sopravvivere e oltre 11 milioni di persone non hanno accesso ad acqua pulita corrente. Già prima del terremoto il 90% della popolazione viveva sotto la soglia di povertà, perché colpita dalla crisi economica e dall’inflazione generata dalla guerra in Ucraina. Un’emergenza a cui Oxfam sta rispondendo nelle zone distrutte dal terremoto, come Aleppo, per portare beni di prima necessità, soprattutto acqua pulita e kit igienico sanitari a decine di migliaia di sfollati.
I team di Oxfam sono al lavoro anche per rispondere agli enormi bisogni della popolazione nelle zone più colpite in Turchia, per accelerare l’allestimento di campi e rifugi adeguati; portando beni di prima necessità, cibo, coperte, acqua pulita e kit igienici agli sfollati. Nel Paese il sisma ha colpito 13 milioni di persone – 1 abitante su 6 – oltre 12 mila edifici sono stati distrutti e molti altri rischiano di crollare. Anche qui centinaia di migliaia di famiglie si trovano in questo momento a dover arrangiarsi in piccoli rifugi improvvisati, privi di servizi igienici e senza acqua corrente.
Non vanno poi dimenticati gli oltre 5,6 milioni di rifugiati siriani che in gran parte hanno trovato salvezza in Paesi limitrofi come la Turchia – da dove drammaticamente tanti sono in fuga ancora una volta per via del sisma – o Giordania, che ospita a Za’atari, uno dei più grandi campi profughi al mondo, dove vivono oltre 80 mila siriani.
IN YEMEN 18 MILIONI DI PERSONE SONO SENZA ACQUA E ASSISTENZA SANITARIA, DOPO 8 ANNI DI GUERRA Sei mesi di tregua nel 2022, rotta lo scorso ottobre, e lo Yemen è di nuovo sull’orlo della catastrofe umanitaria. Messo in ginocchio dall’enorme aumento dei prezzi del cibo nel contesto della crisi alimentare globale. Il Paese entrerà infatti il prossimo 26 marzo nel nono anno di una delle guerre più sanguinose della storia recente: oltre 100 mila vittime di cui più di 19 mila civili; più di 4,3 milioni di sfollati interni nei campi profughi; metà delle strutture sanitarie distrutte e infrastrutture chiave come quelle idriche inservibili o danneggiate. L’inflazione di cibo e altri beni essenziali, seguita al conflitto ucraino, ha avuto conseguenze tragiche in un paese che per il 42% dipendeva dalle importazioni di grano proprio dall’Ucraina. Il risultato è che la maggior parte della popolazione non sa da dove arriverà il prossimo pasto o dove reperire acqua pulita: 23,4 milioni di persone – quasi tre quarti della popolazione – dipendono dagli aiuti internazionali, tra cui 17,4 milioni colpiti da malnutrizione e quasi 18 milioni senza accesso ad acqua pulita e assistenza sanitaria di base.
IN UCRAINA 18 MILIONI DI PERSONE DIPENDONO DAGLI AIUTI, OXFAM SUL CAMPO PER PORTARE ACQUA PULITA Ad oltre un anno dallo scoppio del conflitto in Ucraina sono oltre 44 milioni le persone la cui vita è stata stravolta o distrutta. I ripetuti attacchi aerei che negli ultimi mesi hanno preso di mira le infrastrutture civili in tutta l’Ucraina, hanno lasciato milioni di persone senza elettricità, acqua e riscaldamento, compromettendo la capacità di fornire questi servizi in tutto il Paese. Tantissimi durante l’inverno si sono trovati bloccati in aree dove non c’erano più ospedali, scuole e impianti idrici: in questo momento oltre 18 milioni di persone hanno urgente bisogno di aiuti umanitari e per 6 milioni di sfollati interni la situazione è sempre più disperata.
Per far fronte a quest’emergenza Oxfam sta intervenendo, insieme a partner locali, nelle aree di Odessa, Kiev, Mykolaiv, Chernihiv e Znytormyrska, per soccorrere la popolazione ricostruendo le infrastrutture idriche, fornendo beni di prima necessità e kit igienico-sanitari. In Italia Oxfam è al lavoro per dare assistenza legale, psicologica, abitativa, sanitaria a centinaia di rifugiati ucraini, tra gli oltre 170 mila arrivati nel nostro Paese.
‘Grazie ai fondi raccolti con la Campagna, oltre ad intervenire al fianco dei profughi ucraini, potremo soccorrere oltre 300 mila persone nelle più gravi emergenze in corso, con particolare attenzione alle donne. In Paesi come Yemen, Siria, Etiopia e Territori Occupati Palestinesi, potremo garantire l’accesso ad acqua e servizi igienico sanitari alle comunità più povere e migliorarne così la salute e la sicurezza alimentare. – spiega Emilia Romano, Presidente di Oxfam Italia – Potremo offrire opportunità di lavoro e formazione ai rifugiati siriani nel campo di Za’atari in Giordania o ai giovani nelle aree più depresse del Libano, dove ancora oggi si trovano 1,5 milioni di siriani. Allo stesso tempo rafforzeremo la capacità di adattamento all’impatto della crisi climatica degli abitanti di alcune delle città più colpite in Malawi, Mozambico, Isole Comore e Madagascar’.
Come fare la differenza al fianco di Oxfam Fino al 5 aprile sarà quindi possibile donare 2 euro con sms al 45593, 5 e 10 euro con una chiamata dal telefono fisso, sempre allo stesso numero.
Con un contributo di: ‘ 2 euro doni bustine potabilizzanti per purificare 200 litri di acqua, sufficienti al fabbisogno settimanale di una famiglia ‘in emergenza’, per bere, lavarsi e cucinare. ‘ 5 euro doni il recipiente per trasportare e conservare in modo pratico e sicuro l’acqua purificata, a riparo da germi e batteri; ‘ 10 euro doni un Kit di emergenza completo ad una famiglia, che oltre alle bustine e al recipiente, contiene sapone disinfettante e detergenti, asciugamani e oggetti per la pulizia personale.
Oxfam Italia ringrazia i testimonial della campagna: Ilaria D’Amico, Amaurys Pérez, Camila Raznovich, Pino Strabioli, Caterina Balivo, Filippo Magnini, Andrea Ranocchia, Fabio Quagliarella, Barbara Bonansea
Oxfam Italia ringrazia per la diffusione della Campagna: Rai Per la Sostenibilità – ESG, La7, Mediafriends, Sky, TV2000, Warner Bros Discovery.
Come donare Fino al 5 aprile sarà possibile donare tramite il numero 45593: · 2 euro per ciascun SMS inviato da cellulari WindTre, TIM, Vodafone,Iliad, PosteMobile, CoopVoce, Tiscali. · 5 o 10 euro per ciascuna chiamata fatta sempre al 45593 da rete fissa TIM, Vodafone, WindTre, Fastweb e Tiscali. · 5 euro anche per ciascuna chiamata fatta allo stesso numero da rete fissa TWT, Convergenze e PosteMobile;

Enel: partnership con Newcleo per il nucleare di quarta generazione

Enel: partnership con Newcleo per il nucleare di quarta generazioneMilano, 13 mar. (askanews) – Enel e la società di tecnologie nucleari pulite Newcleo hanno firmato un accordo di cooperazione in base al quale perseguiranno l’opportunità di lavorare insieme sui progetti di tecnologia nucleare di quarta generazione di Newcleo, che mirano a fornire una fonte di energia sicura e stabile, nonché ridurre significativamente gli esistenti volumi di scorie radioattive, attraverso il loro utilizzo come combustibile per reattori.
Enel collaborerà con Newcleo su progetti legati a questa avanzata tecnologia nucleare, fornendo competenze specialistiche attraverso la condivisione di personale qualificato dell’azienda. Newcleo si è impegnata ad assicurare ad Enel un’opzione come primo investitore nel primo impianto nucleare che newcleo costruirà fuori dall’Italia.
“L’innovazione è fondamentale per lo sviluppo di tecnologie in grado di garantire energia pulita, affidabile, accessibile e il più possibile indipendente da fattori geopolitici. Per questo motivo, continuiamo a esplorare qualsiasi area del mix energetico”, ha dichiarato Francesco Starace, amministratore delegato di Enel. “Questa collaborazione con newcleo è l’ultimo esempio dell’instancabile ricerca delle migliori aziende con cui intraprendere il nostro viaggio verso un futuro pulito e siamo impazienti di accompagnare newcleo nel suo sfidante e promettente percorso per fornire elettricità a emissioni zero in modo sicuro, economico e sostenibile”.
“Sono lieto che Enel abbia scelto di collaborare con newcleo”, ha dichiarato Stefano Buono, Ceo di Newcleo. “Enel sta dimostrando grande lungimiranza nell’essere una delle prime aziende energetiche ad apprezzare e supportare la nostra strategia sostenibile e il suo impatto sul nostro futuro collettivo. La tecnologia Fast Reactor di newcleo è il passo necessario nell’industria nucleare per consentire il riciclaggio multiplo dell’uranio già estratto e una massiccia riduzione delle scorie nucleari. Inoltre, l’uso del piombo apre la possibilità a un funzionamento più sicuro ed economico del reattore”.
Il primo passo della delivery roadmap di Newcleo sarà la progettazione e la costruzione di un Mini LFR (Lead Fast Reactor) da 30 MWe, primo nel suo genere, da realizzare in Francia entro il 2030, seguito rapidamente da un’unità commerciale da 200 MWe nel Regno Unito. Allo stesso tempo, newcleo investirà direttamente in un impianto di manifattura di MOX (Mixed uranium/plutonium Oxide, prodotto da scorie nucleari esistenti) per alimentare i suoi reattori.

Vino, tra giugno e luglio doppio appuntamento con “Enovitis in campo”

Vino, tra giugno e luglio doppio appuntamento con “Enovitis in campo”Milano, 13 mar. (askanews) – Doppio appuntamento, tra giugno e luglio, per “Enovitis in campo”, la manifestazione itinerante di Unione italiana vini (Uiv) dedicata alle tecnologie per la viticoltura, che torna dopo 5 anni nel 2023, anche nella sua veste “Extreme” riservata alle soluzioni per le zone impervie, con alte pendenze e ristretti spazi di manovra.
Si inizia il 7 e 8 giugno a Polpenazze del Garda (Brescia), dove l’azienda agricola Erian-Cantina Bottenago attrarrà enologi, agronomi, tecnici, viticoltori ed aziende vitivinicole per la 17esima edizione della rassegna dinamica, unica in Italia in quanto a rappresentatività di espositori e visitatori. Prove e dimostrazioni live in vigneto animeranno i filari con le proposte più innovative per le operazioni agronomiche sul fronte delle tecnologie e delle attrezzature più avanzate, segnalate anche dal consueto “Innovation challenge”, il contest volto a valorizzare le novità di prodotto presentate in fiera, a cui si affiancheranno il programma di workshop e le presentazioni tecniche.
Spazio alla viticoltura eroica, invece, per la seconda edizione di “Enovitis Extreme”, “clone” di “Enovitis in campo” dedicato ai vigneti di montagna e in elevata pendenza, che torna con cadenza biennale dopo l’arresto per la pandemia. In calendario per il 13 luglio, “Enovitis Extrême” si terrà in territorio alpino, nei vigneti della Cantina Valle Isarco-Eisacktal a Chiusa (Bolzano). Evento di riferimento per viticoltori “eroici”, si propone come un approfondimento specifico sull’utilizzo di macchine operatrici e attrezzature destinate all’impiego in condizioni orografiche impervie, dove la produzione è tradizionalmente associata ad elevatissimi costi di produzione.

Unipi, studenti su volo parabolico per testare progetto “DEPLOY!”

Unipi, studenti su volo parabolico per testare progetto “DEPLOY!”Roma, 13 mar. (askanews) – Nel prossimo mese di novembre un innovativo dispositivo tecnologico sviluppato dal Dipartimento di Ingegneria dell’energia, dei sistemi, del territorio e delle costruzioni (DESTEC) dell’Università di Pisa sarà sottoposto a una sperimentazione ideata da sei studenti delle università di Pisa, Parma e Brighton su un volo parabolico dell’azienda Novespace a Bordeaux in Francia. Si chiama DEPLOY! ed è un progetto internazionale di ricerca scientifica e tecnologica selezionato dall’ESA – l’Agenzia Spaziale Europea – nell’ambito del PETRI Programme. Il DEPLOY! Project è l’ultimo di una lunga lista di vincitori provenienti dalle università coinvolte, come Phos, U-Phos e Hympact dall’Università di Pisa e PHP3 da Brighton.
Il soggetto della ricerca – spiega Unipi – è un nuovissimo dispositivo di trasporto di calore chiamato Deployable Pulsating Heat Pipe flessibile. La PHP “flessibile” è un dispositivo a primaria applicazione spaziale e ha necessità di essere testato in microgravità. Le sue applicazioni possono essere variabili, ad esempio può essere utilizzata per ripiegare automaticamente i radiatori per ridurre il rischio di collisioni con detriti. Le PHP sono una soluzione altamente promettente per le applicazioni spaziali e terrestri e la loro flessibilità è il prossimo passo evolutivo necessario al loro progresso.
“Nell’aeroporto di Bordeaux il nostro esperimento salirà a bordo di un Boeing dell’Airbus A310 Zero G di Novespace che, dopo essere salito a quota 7500 metri, andrà in caduta libera per circa 20 secondi nei quali si sperimenterà l’assenza di peso; questo accadrà per 30 volte in ognuno dei tre voli previsti – spiega Alessandro Billi, team leader del progetto – È in quel momento che il nostro esperimento potrà essere testato con maggiore efficacia. L’aspetto più emozionante è che noi del team saremo a bordo dell’aereo per condurre il test e verificare che gli strumenti utilizzati funzionino senza intoppi. Per noi è un’opportunità unica per arricchire la ricerca nel campo delle PHP e, personalmente, provare almeno per un po’ ciò che provano solo gli astronauti sulla stazione spaziale”.
“La creatività dei nostri studenti e delle nostre studentesse, le competenze acquisite nei corsi di studio, la capacità di lavorare in team, innescano energie che generano a loro volta un entusiasmo contagioso che rigenera tutta la comunità universitaria”, commenta la professoressa Enza Pellecchia, prorettrice per la coesione della comunità universitaria e il diritto allo studio, che ha incontrato il team DEPLOY! insieme ai professori Corrado Priami e Alessio Cavicchi, delegati per la valorizzazione e la promozione della ricerca e per le nuove iniziative imprenditoriali, per complimentarsi con loro. “Avverto una atmosfera di crescita, di fioritura di talenti, sento che stiamo andando nella direzione indicata dal Rettore nel discorso di inaugurazione dell’anno accademico”.
Il DEPLOY! Project è stato ideato con lo scopo di favorire una collaborazione multinazionale fra studenti, con l’obiettivo di dare loro la possibilità di interagire con i colleghi di altre università e paesi per confrontare le loro conoscenze e rafforzare i loro pregi. La squadra di ragazzi è composta da quattro studenti dell’Università di Pisa – il team leader Alessandro Billi (Ingegneria aerospaziale), Silvia Picchi (Ingegneria energetica), Vittorio Rossellini (Ingegneria robotica), Nicola Ricci (Ingegneria energetica) -, Erin Saltmarsh dell’Università di Brighton e Michele Bocelli, dottorando dell’Università di Parma. Il team pisano fa riferimento al Dipartimento di Ingegneria dell’energia, dei sistemi, del territorio e delle costruzioni (DESTEC) ed è coordinato dal professor Sauro Filippeschi.

Arriva Batweels, prima serie DC dell’universo Batman per più piccoli

Arriva Batweels, prima serie DC dell’universo Batman per più piccoliRoma, 13 mar. (askanews) – Su Boomerang (canale 609 di Sky) arriva in esclusiva prima tv l’attesa nuova serie Batwheels. L’appuntamento è dal 18 marzo tutti i giorni alle 19.20. Batweels, prodotto da Warner Bros. Animation, è il nuovo e primo show targato DC con protagonisti Batman, Robin e Batgirl dedicato al pubblico prescolare.
La serie, all’insegna dell’action e dell’avventura, combina due degli elementi più amati dai bambini: i supereroi e le macchine. Lo show, infatti, ruota attorno ad una squadra di giovani veicoli superpotenti che difendono Gotham City dal crime insieme ad una schiera di iconici eroi DC. Le Batwheels vivono nella Batcaverna, direttamente sotto la residenza di Bruce Wayne. Il quartier generale di Batman per la lotta al crimine è un paradiso automatizzato per i veicoli, dotato di tutto ciò di cui il team ha bisogno per la manutenzione e il supporto, comprese le stazioni di rifornimento, le baie di riparazione e i computer che la squadra utilizza per monitorare le emergenze intorno a Gotham City.
Il team di super-veicoli è composto da: Bam, la Batmobile leader del team che, proprio come Batman, ha un forte senso della giustizia; Redbird, la macchina sportiva di Robin dal caratteristico colore rosso fuoco, è il “fratello minore” del gruppo, entusiasta, curioso e desideroso di mostrarsi degno aiutante di Bam; Bibi, la coraggiosa moto di Batgirl è la più veloce del gruppo ma anche la più impulsiva e spesso si tuffa nelle missioni senza aver prima definito una strategia; Buff, il Bat monster truck è il “forzuto” della squadra, capace di travolgere qualsiasi ostacolo ma è anche di gran cuore, un “gigante gentile” che deve ancora imparare a gestire la sua forza; infine, c’è Batwing, il supersonico jet di Batman, il più intelligente e sicuro membro del gruppo. Non mancheranno avvincenti sfide con i veicoli dei malvagi di Gotham City.
A supportare il team, ci saranno Batman che, come una figura paterna, motiva le giovani Batwheels; Robin, che nel corso della serie diventerà sempre più sicuro delle proprie capacità; e Batgirl, l’esperta di tecnologia, sempre pronta all’azione. Nelle loro avventure, le Batwheels impareranno a conoscere ed affrontare gli imprevisti della vita. I piccoli spettatori potranno osservare il mondo attraverso “i fari” dei protagonisti e riconoscersi in loro perché i veicoli di Batwheels sono proprio come dei bambini. Batwheels vedrà al centro tante storie, misteri e avventure sempre all’insegna della comedy e dell’azione. Lo show mostrerà ai bambini l’importanza dell’amicizia, del lavoro di squadra e della fiducia in sé stessi e verso la propria unicità.