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Tag: askanews

CBS: cittadino Usa entrato in Nordcorea è un soldato

CBS: cittadino Usa entrato in Nordcorea è un soldatoRoma, 18 lug. (askanews) – Il cittadino statunitense arrestato dalla Corea del Nord per aver attraversato il confine è un soldato Usa, il caporale di seconda classe Travis King. L’ha affermato oggi la CBS News.

Secondo un ufficiale, che ha parlato con la CBS, il soldato americano era stato scortato fuori dal paese per motivi disciplinari, ma è riuscito a uscire dal terminal dell’aeroporto ma si è dato alla fuga unendosi a un tour che si recava verso la frontiera. Un’ulteriore fonte alla CBS ha detto che il soldato ha intenzionalmente attraversato il confine, per motivazioni che non sono affatto chiare. La sua identità non è stata ancora ufficialmente confermata.

Sono 28mila i soldati statunitensi in Corea del Sud, in una presenza ininterrotta delle forze americane in seguito alla guerra del 1950-1953. Non è la prima volta che soldati americani scappano in Corea del Nord. Negli anni ’60 almeno quattro soldati statunitensi fuggirono in Corea del Nord: James Josepf Dresnok, Jerry Parrish, Larry Allen Abshier e Charles Robert Jenkins. Furono utilizzati dal regime di Pyongyang nel cinema: sostanzialmente erano occupati per impersonare gli “invasori” americani. I quattro furono fatti poi sposare con donne rapite, tra le quali la pittrice rumena Doina Bumbea tratta in Corea del Nord dall’inganno mentre viveva a Roma e data in moglie a Dresnok.

In seguito solo a Jenkins – che fu fatto sposare con la rapita giapponese Hitomi Soga – fu consentito di espatriare con la famiglia in Giappone, dove si consegnò alla giustizia militare Usa che lo condannò a una pena lievissima. Morì in Giappone nel 2017, un anno dopo Dresnok invece che finì i suoi giorni in Corea del Nord. Abshier risulta morto nel 1983 in Nordcorea e anche Parrish è morto nel 1998 in Corea del Nord.

Roma, Giunta Gualtieri approva variazione di bilancio da 786 mln

Roma, Giunta Gualtieri approva variazione di bilancio da 786 mlnRoma, 18 lug. (askanews) – 786 milioni di euro in più nel triennio ’23-’25: 453 di spesa corrente e 233 di investimenti. Sono i numeri della variazione del bilancio di Roma Capitale approvato dalla Giunta Gualtieri e che punta a potenziare, nelle intenzioni del Campidoglio, “settori che hanno un impatto fondamentale sulla vita dei cittadini romani: dal verde e il decoro urbano, ai trasporti ma anche il sociale, dove viene ulteriormente potenziata l’assistenza domiciliare diretta e indiretta, e le pari opportunità”. La delibera arriverà a breve in Assemblea Capitolina chiamata ad approvarla entro la pausa estiva dei lavori d’Aula, prevista dopo la prima settimana di Agosto.

Con la Variazione di Bilancio appena approvata vengono stanziati, infatti, nel triennio 53 milioni di euro in più per il verde, cui i sommano 3,5 milioni circa per il verde scolastico e 2 milioni in più sul diserbo stradale per incrementare il servizio di decoro e pulizia della Capitale. 36 milioni di euro vanno al dipartimento Politiche Sociali per garantire nel triennio lo scorrimento delle liste di attesa realizzato nel 2022, assicurando strutturalmente l’aumento della platea degli assistiti di 1.300 posti. 90 milioni in più tra il ’24 e il ’25 portano a 622 milioni il nuovo contratto di servizio di Atac, far fronte all’aumento dei costi e migliorare il servizio, cui si sommano 5 milioni di euro per i Servizi per la Mobilità, che integrano le risorse stanziate per il Giubileo per la manutenzione dei tram e delle metropolitane, oltre ai 4 milioni circa nel triennio per migliorare l’offerta del servizio di trasporto disabili. 1 milione di euro circa in più viene destinato al dipartimento Cultura, cui si aggiungono 8 milioni sul triennio per i Grandi Eventi. 2,5 milioni di euro vengono stanziati per le Pari Opportunità e per i servizi a favore delle donne. Inoltre, grazie ai circa 97 milioni di maggiori finanziamenti nel triennio, viene garantita alle società partecipate (Zetema, Risorse per Roma, Aequaroma, Farmacap) la possibilità di migliorare l’offerta di servizi per la cultura, gli eventi, la gestione delle pratiche edilizie, i servizi sociali di prossimità, la digitalizzazione dei rapporti con i contribuenti.

“Con questa variazione assicuriamo un aumento strutturale dei servizi ai cittadini, con più risorse nel triennio per il verde e il decoro, i trasporti, il sociale, la cultura”, afferma il Sindaco Roberto Gualtieri. “Abbiamo potuto farlo – prosegue – grazie al successo della nostra azione di accertamento e recupero dell’evasione, attività che era stata negli anni passati praticamente azzerata, e grazie all’andamento positivo dell’economia cittadina, quindi dell’Irpef”. “Ma la città – lamenta Gualtieri- ha bisogno di tanti investimenti e di andare ben oltre il mantenimento del livello dei servizi. Scontiamo il cronico sottofinanziamento della Capitale rispetto alle altre grandi città, a cui si sono aggiunti la sentenza della Corte Costituzionale sull’Imu e i costi seguiti alla fiammata dell’inflazione, che ci hanno privato in un colpo solo di centinaia di milioni. Su Roma stanno arrivando molte risorse per gli investimenti ma a questo deve accompagnarsi un incremento dei contributi per la spesa corrente”. Per quanto riguarda il lato investimenti, la Giunta Gualtieri rende disponibili 233 milioni aggiuntivi di risorse in conto capitale per assorbire con 64 milioni l’aumento dei prezzi e garantire la continuità dei lavori in corso, cofinanziare con 23 milioni i progetti Pnrr e assicurare il rispetto dei tempi, incrementare gli interventi per la sicurezza stradale (controllo velocità e black points), per il softare taxiweb per agevolare il doppio guidatore taxi, per il rifacimento facciata e tetto del Teatro dell’Opera, per la pedonalizzazione dell’Appia Antica, per il completamento del Grab, per isole ambientali e nuovi parchi, per la neo nata Fondazione per l’attrazione del  turismo. Vengono garantite inoltre risorse aggiuntive per i Dipartimenti e i Municipi che chiedono più risorse anche per i prossimi anni con l’obiettivo di realizzare più interventi per scuole, asili, marciapiedi, Metro C, Metro A e ville storiche.

Sul salario minimo muro contro muro maggioranza-opposizione. Voto slitta

Sul salario minimo muro contro muro maggioranza-opposizione. Voto slittaRoma, 18 lug. (askanews) – E’ muro contro muro tra maggioranza e opposizioni sul salario minimo ed è slittato il voto in commissione Lavoro della Camera, anche sull’emendamento firmato dall’intero centrodestra che punta a far scomparire dal tavolo la proposta che lo introduce per legge con una soppressione tout court del testo. La seduta riprenderà mercoledì, si annuncia infuocata e non è escluso che si affaccino i leader.

Sul salario minimo, i partiti di minoranza hanno trovato una certa convergenza, non così scontata di questi tempi, e tentano di tenere alta l’attenzione, facendo notare inoltre quanto la situazione stia mettendo sempre più in difficoltà le ‘tasche’ delle famiglie degli italiani. Durante la seduta sono intervenuti in massa i deputati di Pd, M5S, Azione e Avs. Il presidente della commissione, Walter Rizzetto (Fdi), ha tenuto a sottolineare che aveva “calendarizzato tra martedì e mercoledì sia il voto che le discussioni sul complesso degli emendamenti. Se legittimamente le opposizioni vogliono portare a domani la discussione sul complesso degli emendamenti, tranquillamente la presidenza lo concede”, ma ha chiarito che il voto non slitterà ulteriormente: “Dobbiamo istruire per andare in Aula entro il 28. Cercheremo, compatibilmente con gli spazi che ognuno vuole prendersi, di votare entro questa settimana”.

La responsabile lavoro Dem Maria Cecilia Guerra, che interverrà in commissione mercoledì, ha replicato a chi lancia l’accusa di ostruzionismo: “Ci stiamo avvalendo di tutte le possibilità offerte dal regolamento e interveniamo nel merito, da parte nostra non c’è alcun atteggiamento pretestuoso. Il problema è che loro rifiutano il dibattito. Abbiamo incardinato la Pdl a marzo, abbiamo fatto decine di audizioni, lavorato su un testo base su cui il centrodestra non ha avanzato alcuna proposta e ora vogliono cancellare il testo base con un emendamento. Quello che vogliamo è che resti aperta la discussione in commissione e in aula e che venga evitata una bocciatura liquidatoria sul salario minimo. La maggioranza ha paura di questo argomento”, rileva Guerra. Botta e risposta anche sulla copertura del provvedimento. A Rizzetto che paventa il ‘no’ della commissione Bilancio perché la pdl sarebbe carente sul fronte delle risorse, Guerra e il capogruppo Dem in commissione Arturo Scotto rispondono che il testo prevede che sia la legge di Bilancio a individuare le coperture.

Da Bruxelles, dove si sta tenendo il vertice Ue-Celac, la segretaria Dem Elly Schlein avverte che il Pd non mollerà: “Abbiamo parlato di salario minimo, di alzare i salari delle persone, di aumentare il potere d’acquisto rispetto a un’inflazione alzata anche per effetto della guerra” e “Giorgia Meloni non può voltare la faccia dall’altra parte. Noi continueremo a batterci, non molleremo di un centimetro su questa importante proposta”. “Tajani – sottolinea su twitter il presidente M5S Giuseppe Conte – dice che non serve un salario minimo, ma un ‘salario ricco’. Ricco per chi? Per politici, parlamentari ed ex parlamentari, a cui hanno ripristinato tutti i vitalizi? A Tajani e Forza Italia lasciamo le battaglie per i soliti privilegiati, noi continueremo a lottare per quasi 4 milioni di lavoratori che non arrivano a guadagnare neanche 9 euro l’ora. Meritano rispetto e dignità”.

Il leader di Azione Carlo Calenda taccia il ministro degli Esteri Antonio Tajani di “grave ignoranza” quando dice che il salario minimo ‘non serve, non siamo in unione sovietica’: “ha detto un’imbecillità e sorprende che un ministro degli Esteri non conosca fatti fondamentali tipo che il salario minimo c’è in tutti i Paesi del G7, europei e occidentali. Secondo quanto si apprende, la seduta di mercoledì, calendarizzata alle 12, potrebbe slittare al pomeriggio, all’ordine del giorno c’è anche un ufficio di presidenza sul timing dei lavori dove continuerà il braccio di ferro.

Roma, Fdi: Campidoglio aumenta tassa soggiorno, inaccettabile

Roma, Fdi: Campidoglio aumenta tassa soggiorno, inaccettabileRoma, 18 lug. (askanews) – “La Giunta Gualtieri continua a fare scelte scellerate. oggi è il turno dell’aumento della tassa di soggiorno che sale mediamente di 2 euro per ogni tipologia. Tutto ciò non tiene assolutamente conto del periodo che hanno attraversato gli operatori del mondo del turismo che ancora oggi stanno pagando le conseguenze del post Covid e che in un momento nel quale vedono timidi segnali di ripresa si ritrovano l’amministrazione comunale a mettere pesantemente le mani nelle loro tasche. Tutto questo è inaccettabile e immotivato sotto ogni punto di vista”. E’ quanto dichiara il consigliere capitolino di Fratelli d’Italia e membro della commissione Turismo, Federico Rocca.

Se l’amministrazione, continua Rocca, “ha bisogno di fare cassa, inizi prima di tutto a spendere bene le tante risorse a disposizione invece di lasciarle ferme nei cassetti per mancanza di programmazione e, ancora più grave, per manifesta incapacità di impegnare i fondi”, conclude.

Zaki condannato, Meloni: ancora fiducia in soluzione. Schlein: Tajani riferisca

Zaki condannato, Meloni: ancora fiducia in soluzione. Schlein: Tajani riferiscaRoma, 18 lug. (askanews) – “Il nostro impegno per una soluzione positiva del caso di Patrick Zaki non è mai cessato, continua, abbiamo ancora fiducia”. Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

“Patrick Zaki è stato condannato a tre anni di reclusione in Egitto, vederlo portare via in tribunale pesa come un macigno, non ci sono parole per questa gravissima ingiustizia”. Lo ha affermato, dal canto suo, la segretaria del Pd Elly Schlein, in una nota. “Siamo di fronte a un verdetto scandaloso: ora serve la mobilitazione di tutte e tutti per riaffermare le ragioni del diritto e chiederne la liberazione. Il governo italiano batta ufficialmente un colpo: il ministro Tajani venga a riferire alle Camere”, chiede la leader dem.

Salario minimo, muro contro muro maggioranza-minoranza: il voto slitta

Salario minimo, muro contro muro maggioranza-minoranza: il voto slittaRoma, 18 lug. (askanews) – E’ muro contro muro tra maggioranza e opposizioni sul salario minimo ed è slittato il voto in commissione Lavoro della Camera, anche sull’emendamento firmato dall’intero centrodestra che punta a far scomparire dal tavolo la proposta che lo introduce per legge con una soppressione tout court del testo. La seduta riprenderà domani, si annuncia infuocata e non è escluso che si affaccino i leader.

Sul salario minimo, i partiti di minoranza hanno trovato una certa convergenza, non così scontata di questi tempi, e tentano di tenere alta l’attenzione, facendo notare inoltre quanto la situazione stia mettendo sempre più in difficoltà le ‘tasche’ delle famiglie degli italiani. Durante la seduta sono intervenuti in massa i deputati di Pd, M5S, Azione e Avs.Il presidente della commissione, Walter Rizzetto (Fdi), ha tenuto a sottolineare che aveva “calendarizzato tra martedì e mercoledì sia il voto che le discussioni sul complesso degli emendamenti. Se legittimamente le opposizioni vogliono portare a domani la discussione sul complesso degli emendamenti, tranquillamente la presidenza lo concede”, ma ha chiarito che il voto non slitterà ulteriormente: “Dobbiamo istruire per andare in Aula entro il 28. Cercheremo, compatibilmente con gli spazi che ognuno vuole prendersi, di votare entro questa settimana”.

La responsabile lavoro Dem Maria Cecilia Guerra, che interverrà in commissione domani, ha replicato a chi lancia l’accusa di ostruzionismo: “Ci stiamo avvalendo di tutte le possibilità offerte dal regolamento e interveniamo nel merito, da parte nostra non c’è alcun atteggiamento pretestuoso. Il problema è che loro rifiutano il dibattito. Abbiamo incardinato la Pdl a marzo, abbiamo fatto decine di audizioni, lavorato su un testo base su cui il centrodestra non ha avanzato alcuna proposta e ora vogliono cancellare il testo base con un emendamento. Quello che vogliamo è che resti aperta la discussione in commissione e in aula e che venga evitata una bocciatura liquidatoria sul salario minimo. La maggioranza ha paura di questo argomento”, rileva Guerra.Botta e risposta anche sulla copertura del provvedimento. A Rizzetto che paventa il ‘no’ della commissione Bilancio perché la pdl sarebbe carente sul fronte delle risorse, Guerra e il capogruppo Dem in commissione Arturo Scotto rispondono che il testo prevede che sia la legge di Bilancio a individuare le coperture.

Da Bruxelles, dove si sta tenendo il vertice Ue-Celac, la segretaria Dem Elly Schlein avverte che il Pd non mollerà: “Abbiamo parlato questa mattina di salario minimo, di alzare i salari delle persone, di aumentare il potere d’acquisto rispetto a un’inflazione alzata anche per effetto della guerra” e “Giorgia Meloni non può voltare la faccia dall’altra parte. Noi continueremo a batterci, non molleremo di un centimetro su questa importante proposta”.“Tajani – sottolinea su twitter il presidente M5S Giuseppe Conte – dice che non serve un salario minimo, ma un ‘salario ricco’. Ricco per chi? Per politici, parlamentari ed ex parlamentari, a cui hanno ripristinato tutti i vitalizi? A Tajani e Forza Italia lasciamo le battaglie per i soliti privilegiati, noi continueremo a lottare per quasi 4 milioni di lavoratori che non arrivano a guadagnare neanche 9 euro l’ora. Meritano rispetto e dignità”.

Il leader di Azione Carlo Calenda taccia il ministro degli Esteri Antonio Tajani di “grave ignoranza” quando dice che il salario minimo ‘non serve, non siamo in unione sovietica’: “ha detto un’imbecillità e sorprende che un ministro degli Esteri non conosca fatti fondamentali tipo che il salario minimo c’è in tutti i Paesi del G7, europei e occidentali.Secondo quanto si apprende, la seduta di domani, calendarizzata alle 12, potrebbe slittare al pomeriggio, all’ordine del giorno c’è anche un ufficio di presidenza sul timing dei lavori dove continuerà il braccio di ferro. 

Vino, Cecchi ha 130 anni: dai vigneti in affitto ai 41 mln di fatturato

Vino, Cecchi ha 130 anni: dai vigneti in affitto ai 41 mln di fatturatoMilano, 18 lug. (askanews) – La Cantina toscana Cecchi festeggia 130 anni nel settore del vino: tutto ebbe inizio infatti nel 1893 con Luigi Cecchi, grande degustatore ed appassionato di vini. Oggi al timone dell’azienda e delle sue cinque Tenute c’è la quarta generazione, rappresentata da Andrea Cecchi, che guida una realtà che ha una produzione media di oltre 9 milioni di bottiglie, ed ha chiuso il 2022 con un fatturato complessivo di 41 milioni di euro, suddivisi a valore tra Italia (56%) ed estero (44%, con export in 65 Paesi).

“Parte significativa della nostra evoluzione sono certamente i vini di Tenuta: Villa Cerna, Villa Rosa, Val delle Rose e Tenuta Alzatura” ha spiegato Andrea Cecchi, aggiungendo che “l’acquisto di Villa Rosa in particolare ha rappresentato il nostro ritorno alle origini: dopo anni di dedizione, studio e progetti in altri territori, stimolati dalla eccellente opportunità della nascita del Chianti Classico Gran Selezione, siamo tornati a confrontarci con il nostro amato Sangiovese a Castellina in Chianti, la nostra casa”. La Cantina si trova oggi nel pieno del proprio percorso evolutivo, tra sperimentazioni sui cloni del Sangiovese, zonazione, conversione al biologico, ricerca in campo agronomico e tecnico “verso un approccio sempre più sostenibile e trasparente al vino”. Le Tenute Val delle Rose e Alzatura sono già certificate “100% organic”, mentre Villa Cerna e Villa Rosa, sono certificate dal marchio Agriqualità con un processo di conversione al biologico già in atto, e la recentissima certificazione Equalitas, che integra la sostenibilità ambientale economica a quella sociale.

Nei primi anni di attività, l’azienda basava la sua produzione sulla gestione di vigneti in affitto. Negli anni Trenta del Novecento, il marchio Cecchi iniziò a venire esportato all’estero e in questa fase si registra il passaggio della famiglia a imprenditori vitivinicoli. La terza generazione decise di spostare la sede operativa e produttiva dell’azienda a Castellina in Chianti, nel Chianti Classico, dove acquisì nel 1962 Villa Cerna, prima azienda familiare. Negli anni Sessanta, in Toscana nascono le prime denominazioni di origine controllata (tra cui il Chianti Classico) e in quegli anni i Cecchi hanno incarichi nelle attività consortili e associazionistiche, e Luigi Cecchi assume il ruolo di presidente di Unione Italiana Vini. L’arrivo di Andrea Cecchi a capo dell’azienda segna l’inizio di un percorso di investimenti in zone ad alta vocazione vitivinicola, e l’avvio del progetto delle Tenute della Famiglia Cecchi: quattro in Toscana e una in Umbria. Prima la valorizzazione della storica Villa Cerna a Castellina in Chianti (Siena), poi l’acquisto nel 1996 di Val delle Rose in Maremma (Grosseto), quindi di Tenuta Alzatura a Montefalco (Perugia). E infine l’acquisizione nel 2015 di Villa Rosa con vigneti a Castellina in Chianti, e nel 2018 dei sei ettari accanto all’abbazia di Sant’Antimo a Montalcino (Siena).

Schlein: Tajani riferisca alle Camere su Zaki

Schlein: Tajani riferisca alle Camere su ZakiRoma, 18 lug. (askanews) – “Patrick Zaki è stato condannato a tre anni di reclusione in Egitto, vederlo portare via in tribunale pesa come un macigno, non ci sono parole per questa gravissima ingiustizia”. Lo dice la segretaria del Pd Elly Schlein, in una nota.

“Siamo di fronte a un verdetto scandaloso: ora serve la mobilitazione di tutte e tutti per riaffermare le ragioni del diritto e chiederne la liberazione. Il governo italiano batta ufficialmente un colpo: il ministro Tajani venga a riferire alle Camere”, chiede la leader dem.

L’incredibile visita a sorpresa di Kissinger, 100 anni, a Pechino

L’incredibile visita a sorpresa di Kissinger, 100 anni, a PechinoRoma, 18 lug. (askanews) – In una visita a sorpresa, il centenario ex segretario di Stato Henry Kissinger ha incontrato a Pechino il ministro della Difesa cinese Li Shengfu. Lo ha riferito in un comunicato il ministero cinese.

“Sono qui come amico della Cina. Sfide e opportunità coesistono nel mondo di oggi: Stati Uniti e Cina dovrebbero eliminare le incomprensioni, coesistere pacificamente,ed evitare il confronto”, avrebbe detto Kissinger, secondo quanto riporta il comunicato del ministero della Difesa cinese. “La storia e la pratica – ha continuato il veterano diplomatico americano – hanno continuamente dimostrato che né gli Stati uniti né la Cina possono permettersi di trattare l’altro come un nemico”. Un messaggio, insomma, in linea con quella che è stata sempre la linea politica di Kissinger, che è stato il motore da capo della diplomazia americana della ripresa dei rappporti tra Pechino e Wasghington sotto la presidenza di Richard Nixon in America e la leadership di Mao Zedong in Cina. La sua storica visita del 1971 fece da apripista per la storica visita di Nixon che portò al riconoscimento della Cina popolare a scapito di Taipei.

Li Shangfu, dal canto suo, ha affermato che, di fronte alle “turbolenze” che stanno portando a “sfide senza precedenti” per l’umanità, in tutti i paesi si spera che “la Cina e gli Stati uniti si assumano responsabilità da grandi paesi, svolgendo un ruolo di primo piano e mantenendo insieme la prosperità e la stabilità mondiali”. E ha lamentato che alcuni “negli Stati Uniti non hanno voluto incontrare la Cina a metà strada, facendo sì che le relazioni sino-americane cadessero al punto più basso dall’instaurazione delle relazioni diplomatiche”. Kissinger è a Pechino per incontrare una serie di funzionari cinesi, in concomitanza con la visita di un altro ex segretario di Stato, John Kerry, che però è in Cina in visita ufficiale come inviato speciale del presidente Joe Biden per il clima.

Li è sottoposto a sanzioni statunitensi dal 2018, per l’acqusito di aerei di combattimento dalla Russia. Proprio per questo motivo, ha rifiutato d’incontrare il segretario alla Difesa statuitense Lloyd Austin recentemente a Singapore, segnando un ulteriore stop al dialogo militare tra Washington e Pechino, che sarebbe invece necessario anche per evitare possibili incidenti in particolare attorno a Taiwan.

Odessa, Poletti: attacchi russi minacciosi ma segno di impotenza

Odessa, Poletti: attacchi russi minacciosi ma segno di impotenzaMilano, 18 lug. (askanews) – Chi vive a Odessa, soprattutto nella zona del porto, ha assistito la scorsa notte a uno dei più pesanti bombardamenti dall’inizio della guerra. E’ la rappresaglia russa per l’attacco al ponte di Crimea, che ha provocato il crollo di una parte della struttura. E che segnala però un “segno di impotenza” dei russi nel controllo del Mar Nero. E’ questa l’analisi di Ugo Poletti, il direttore dell’Odessa Journal, che ha vissuto ieri notte nella città ucraina “uno degli attacchi più impressionanti” dall’inizio della guerra. “Siamo stati bombardati dalle prime ore del mattino, sono iniziati alle 2. Sulla città stati contati 21 droni e sei missili Kalibr, che hanno preso di mira la zona del porto – racconta ad Askanews – I muri di casa tremavano”.

Secondo Poletti, gli attacchi di ieri notte costituiscono “una minaccia ma sono in qualche modo anche un segno di impotenza: se all’inizio del conflitto i russi erano i padroni del mare, ora non lo sono più”, cioè “non sono più quella componente che un anno fa minacciava e a cui bisognava chiedere il permesso di attraversamento del Mar Nero. Oggi per attraversare il Mar Nero non bisogna più chiedere il permesso ai russi”. Sarebbe questo per il giornalista italiano – che è anche autore del saggio “Nel cuore di Odessa”, edizioni Rizzoli – il vero motivo per cui i russi hanno disconosciuto l’accordo sul grano, cioè la protezione del corridoio per esportare frumento, mais e girasole nei Paesi che li richiedono. L’accusa di Mosca, che ha parlato di “attacco di ritorsione” è che l’Ucraina avrebbe utilizzato il corridoio del grano per scopi militari. Una motivazione, secondo Poletti, che serve a giustificare “i missili di stanotte sul porto e che si traduce in minaccioso messaggio: ‘Non siete più sotto la nostra protezione, adesso possiamo minacciarvi perché avete violato il patto’”. In altre parole, i russi “escono da un patto in cui non sono ormai più una controparte essenziale, perché mentre all’inizio della guerra navi russe affondavano navi mercantili e alcune le hanno catturate, ora non sono più in grado di minacciare. Oggi per attraversare il mar nero non bisogna più chiedere il permesso ai russi”. E’ il “cattivo che non fa più paura e che allora cerca di farti un dispetto”.

Oggi l’interrogativo è su che cosa decideranno di fare gli armatori e le compagnie di spedizione e cioè se riprenderanno il mare con carichi diretti verso Paesi esteri. Di sicuro, afferma Poletti, “non verranno toccate le navi che esportano verso la Cina. E probabilmente in altri Paesi di paesi diplomaticamente imporanti per i russi, come l’Egitto, il Sudafrica e lo stesso Israele, così come fondamentali per l’export di mais e girasole sono l’India e la stessa Cina. “Nei prossimi giorni vedremo quanto il fallimento dell’accordo inciderà sul fatto che il commercio continuerà lo stesso”, conclude Poletti.