Vino, Bindocci (Brunello): facciamo largo ai giovani di MontalcinoMontalcino (Siena), 22 nov. (askanews) – ‘Credo sia dal 1997 che abbiamo chiuso l’albo del Brunello e non l’abbiamo più aperto. Negli ultimi quindici anni siamo stati bravi a calare ogni anno la produzione da Disciplinare da ottomila a settemila kg, che poi, se guardiamo bene, non arriviamo neanche a seimila chili per ettaro di produzione. Abbiamo visto che i diradamenti, le vendemmie verdi, le raccolte come nell’annata 2024, tre raccolte differenziate proprio per puntare e mirare alla qualità, ci permettono di fare bene. E basta assaggiarlo il vino per capire che la qualità dentro le bottiglie di Brunello c’è. Dobbiamo però continuare su questa strada e gestire noi il mercato, producendo sempre di meno e alzando sempre di più la qualità. Se puntiamo sempre sull’altissima qualità sono convinto che i mercati continueranno ad acquistare i nostri vini. Ve detto che eravamo abituati male, perché vendevamo troppo bene e in maniera eccessivamente facile’. A dirlo ad askanews è il presidente del Consorzio del vino Brunello di Montalcino, Fabrizio Bindocci, a margine della presentazione dell’annata 2020 del Brunello e degli altri vini della Denominazione nell’ambito di ‘Benvenuto Brunello’ nel borgo senese.
Ha ragione Bindocci, la qualità nel calice si continua a sentire e quella passata tristemente alla storia come l”annata del Covid’ regala un’eleganza e una finezza ancora maggiore rispetto a quella certamente bella ma in tutti i sensi più opulenta che l’aveva preceduta. Merito forse degli sbalzi di temperatura che hanno sferzato il Sangiovese in vigna e di un lavoro di pulizia in cantina alla ricerca di leggerezza ed equilibrio mai a scapito della complessità e del valore. Insomma, in generale, un Brunello godibile e intelligente, che promette di invecchiare in salute, cui fa da contraltare una Riserva (la 2019) molto spesso troppo concentrata e carica, dunque concettualmente meno interessante e di prospettiva. Pur nelle ovvie differenze tra le diverse zone di produzione e tra le personali interpretazioni dei produttori, per il Brunello si è raggiunto uno stile comune piuttosto chiaro, cosa che invece si fatica a trovare nel Rosso di Montalcino che in teoria, almeno sotto il profilo commerciale, dovrebbe rappresentare l’esatto rovescio della medaglia del Brunello: un vino immediato, giovane, da bere a pasto e ribere all’aperitivo e alla cena, un prodotto ideale per ridare slancio al generale in calo del consumo di rossi. ‘E’ un prodotto che sta andando bene, tanto è vero che abbiamo approvato un ampliamento della superficie vitata da 500 a 860 ettari, consci del fatto che i mercati prediligono il Brunello ma apprezzano molto anche il Rosso, un vino 100% Sangiovese spesso più facile, che ha una sua identità e che porta nel nome Montalcino, una parola magica che fa la differenza con altri buonissimi vini toscani’ afferma Bindocci parlando con askanews, aggiungendo che ‘il mercato lo sta apprezzando, tanto è vero che in buona parte delle aziende non era mai sufficiente: il mercato chiedeva dieci e noi avevamo da offrire cinque’. ‘La volontà di ‘alleggerire’ il vino va incontro ad una precisa tendenza del mercato, è una filosofia che si sta vedendo anche nel Brunello ma non è stata immediata, ci stiamo arrivando per step: non puoi cambiare un’annata però puoi lavorare nella vigna e anche in cantina per fare vini con macerazioni più corte, con un colore non troppo carico, gestire i tannini in modo tale da ottenere un vino da lunga conservazione, però anche di primo impatto più facilmente bevibile’ prosegue il presidente, spiegando che per il Rosso ‘ci sono stili molto diversi: c’è chi fa affinamento in legno piccolo e chi in legno grande, chi esce dopo diciotto mesi e chi dopo due anni: sono stili e tendenze che ogni azienda sceglie e sono convinto che va bene così perché ognuno ha il suo mercato e i suoi estimatori, e questo caleidoscopio di stili riesce ad accontentare tutti’.
A Montalcino gli ettari vitati sono 4.400, di cui più di 3.400 iscritti a Doc e Docg (tra cui più di 2.000 a Brunello, contingentati dal 1997, quasi 900 a Rosso di Montalcino, 50 a Moscadello e 500 Sant’Antimo) e la restante parte riservata ai vini Igt, su un comprensorio di 31mila ettari complessivi. Un vigneto che oggi sfiora il milione di euro a ettaro, per un totale di oltre due miliardi di euro: il 4.500% in più rispetto a più di cinquant’anni fa. ‘La fortuna di questa terra sono i giovani che stanno entrando nelle aziende, subentrando ai nonni e ai genitori. Rispetto alla mia generazione sono più fortunati, sono andati all’università, hanno un bagaglio culturale e scientifico che noi abbiamo sudato per avere, girano il mondo, si confrontano con il mercato, con altri giovani produttori e con il settore del vino e questo aiuta a capire le diverse sfaccettature e i possibili cambiamenti’ continua Bindocci, sottolineando che ‘che sarebbe certamente una follia stravolgere la tipicità del Brunello, che ci fatto vincere e continua a farci vincere le battaglie, ma questi giovani sono bravi, sono attenti al vigneto come alla cantina e i risultati si vedono nel bicchiere’. Insomma il futuro è dei giovani, tutti consci però che snaturare il Brunello, cambiargli identità, sarebbe certamente un grave errore, e lo dimostra proprio l”annata del Covid’ appena assaggiata, dove la bravura dei vignaioli a dosarne la struttura e il legno sono la garanzia più evidente della strada intrapresa. Va anche messo in luce che il Brunello si iscrive nella fascia premium e extra premium, quella che storicamente risente meno della crisi globale dei consumi. ‘E’ vero ma bisogna tener conto che il mercato statunitense assorbe il 30% della produzione, cioè 2,5-3 mln di bottiglie, un numero oltremodo importante’ replica il presidente, ricordando che ‘il Brunello negli Stati Uniti è super apprezzato e cresce: oggi ci può essere l’incognita dei dazi di Trump ma vedo che c’è un feeling tra il nuovo governo Usa e quello italiano, e dunque spero non ci siano problemi. Guardando agli altri mercati, Germania e Inghilterra stanno rallentando – continua – ma non c’è una contrazione significativa e le bottiglie di Brunello continuano ad uscire dalle nostre Cantine. Poi c’è il mercato dell’East-Asia che cresce, con Corea e Vietnam’. Se per gli Usa il canale di vendita per eccellenza è quello della ristorazione, in Italia il mercato è più variegato: non solo ristorazione ed enoteche ma anche Gdo, ‘un canale che sta tenendo e questo è importante’.
All’inizio del prossimo anno Fabrizio Bindocci compirà 70 anni. ‘Sono nato nel freddo gennaio del 1955 e Montalcino l’ho visto e vissuto: i miei genitori sono stati contadini e poi operai. Lavoravano per la famiglia Franceschi e quando io ho finito le medie, il Franceschi disse al mio babbo: ‘Non fargli fare il geometra o il ragioniere, il mondo agricolo sta cambiando, fagli fare agricoltura perché il mondo del vino a Montalcino sta andando avanti’. Aveva ragione, ho assistito a questo grande cambiamento ma ho anche visto che le aziende non si sono montate la testa, hanno lavorato bene e sono cresciute con i piedi per terra. Ed è cambiata una generazione ai nonni e ai genitori sono subentrati figli e nipoti e chi non aveva a chi lasciare purtroppo ha venduto l’azienda’ dice ad askanews, spiegando di non avere paura dell’arrivo di realtà estranee a questo territorio come il fondo sovrano del Qatar che ha recentemente acquisito la proprietà di Castiglion del Bosco. ‘Non dobbiamo preoccuparci, ben venga se arriva, per esempio il gruppo francese del lusso, è un bel biglietto da visita’ dice, rimarcando che ‘hanno le idee chiare e i loro canali di distribuzione e di vendita che ci aiuteranno a crescere e sarà un bel confronto. Un Montalcino aperto e disponibile purché quando vengono qui rispettino le regole’. Alle vigilia delle sue prime 50 vendemmie, Bindocci a maggio 2025, dopo sei anni, lascerà la carica di presidente dell’ente consortile nato nel 1967 all’indomani del riconoscimento della Doc e che oggi riunisce 219 soci che rappresentano il 98,2% della produzione di Brunello. L’attuale direttore è Andrea Machetti e il Cda è composto da 15 membri in rappresentanza di viticoltori, vinificatori e imbottigliatori, tra cui spicca la presenza di un’unica donna, Elisa Fanti. ‘Ho fatto quattro di mandati e alla mia età uno deve giustamente mettere il cappello al chiodo e dare spazio ai giovani. Sono convinto che oggi ci sia maturità, e ora dipende da noi trovare delle figure giovani che hanno voglia di fare, e ci sono, l’abbiamo visto in questi anni’ afferma, svelando che ‘io mi ricandiderò ma solo per fare il consigliere: visto che i momenti potrebbero essere non facili, voglio esserci, non voglio essere invadente ma se un domani c’è un problema voglio aver la possibilità di dire la mia e, se posso, di dare anche il mio aiuto’.
In questi anni il problema più grosso per le aziende di Montalcino, una comunità agricola che nei periodi di punta raggiunge i 4.000 addetti, ‘è il reperimento della manodopera: tutti ti chiedono un trattorista, un cantiniere, un potatore provetto. Otto anni fa siamo riusciti con il sindaco, la politica, il Consorzio e una serie di imprenditori a costituire un istituto professionale agrario: una scommessa vincente perché ogni anno escono una ventina di ragazzi e quelli che non vanno all’università già sei mesi prima di finire hanno già trovato un lavoro’. (Alessandro Pestalozza)