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Fuori il 1 marzo il saggio “La Pedagogia dei Valori”

Fuori il 1 marzo il saggio “La Pedagogia dei Valori”Roma, 12 feb. (askanews) – “La pedagogia dei Valori”, opera prima dell’autrice Livia Matarazzo di Licosa – impegnata da più di trent’anni nell’educazione dell’infanzia – vuole essere una guida per genitori ed educatori, per potenziare la libera costruzione della personalità dei bambini attraverso valori etici e la libera espressione di sé. La pedagogia dei Valori traduce i valori in esperienze dirette, che i bambini vivono e interpretano ogni giorno, attraverso laboratori pra­tici, apprendendo dall’esperienza.


“La Pedagogia dei Valori” (Paesi Edizioni, collana Schopenauer) raccoglie princìpi metodologici e un codice etico per educare le nuove generazioni: “Per sostenerli in un percorso che li porterà a essere rispettosi, mentalmente aperti, sognatori, gentili, amorevoli, con una forte autostima, proattivi. In sintesi, forti e liberi”, così da sostenerli nel diventare protagonisti della propria vita. Il saggio è diviso in tre parti: la Parte Prima volta a raccontare la visione e i princìpi del metodo in questione; la Parte Seconda riguardante metodologie e applicazioni in cui sono raccolti alcuni esempi pratici adottati all’interno della Little Star International School; e una Parte Terza, l’ultima, in cui sono descritte nel dettaglio le Aree Educative.


Nel saggio, si illustra anche l’approccio all’educazione per l’infanzia utilizzato all’interno della Little Star International School, il Centro Infanzia 0-6 ideato dall’autrice stessa. La Pedagogia dei Valori è dunque il metodo di cui oggi la scuola e le sue educatrici si fanno promotrici e che rappresenta un momento di vera crescita e preparazione alla vita che ogni bambino intraprenderà proprio attraverso quei valori che rappresentano un motore e contemporane­amente un elemento protettivo. La “Pedagogia dei Valori” verrà presentato in anteprima, presso la Scuola Little Star International School (ideata nel 2010 dall’autrice), venerdì 16 febbraio, alle 17 in via Cassia 344, a Roma.

Lincei, a Roma mostra ricostruisce la storia di Villa Farnesina

Lincei, a Roma mostra ricostruisce la storia di Villa FarnesinaRoma, 5 feb. (askanews) – “La Villa Farnesina: una rilettura diacronica del palazzo e del suo comprensorio”, questo il titolo della mostra promossa dall’Accademia dei Lincei, a cura di Virginia Lapenta, che si inaugura il 7 febbraio alle 19 a Roma, a Via della Lungara 230 sede della Villa.


Le indagini diagnostiche e le ricerche effettuate in questi anni in Villa Farnesina a cura dell’Accademia Nazionale dei Lincei hanno offerto nuovi elementi per ricostruire le vicende della Villa Farnesina e una più dettagliata conoscenza degli interventi decorativi oggi scomparsi o occultati da scialbature o rivestimenti in stoffa che sta permettendo un recupero delle decorazioni non solo cinquecentesche, ma seicentesche ed ottocentesche permettendo così di offrire una nuova e più ampia fruizione della Villa unitamente allo studio dei pigmenti usati nei secoli. Il nuovo allestimento al primo piano della Villa Farnesina – informa l’Accademia – comprende quattro sezioni. Nella prima sezione, in collaborazione con la Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma, la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, l’École française di Roma e il Museo Nazionale Romano, dal titolo “Trastevere in età romana” si rileggerà il territorio dal Gianicolo fino al Tevere e cioè quell’area che fin dall’età repubblicana e per tutto l’impero è stata caratterizzata da una commistione di aspetti urbanistici. Dalla porta Septimiana, nel settore nord delle Mura Aureliane, il tratto cosiddetto “della Farnesina”, oggi visibile all’interno del giardino della Villa che costituisce uno dei pochi resti della cinta muraria ancora conservati sulla riva destra del Tevere, su un antico tracciato viario, la futura via Septimia, fino alla Villa romana della Farnesina, un complesso abitato dal tardo secolo I a.C., sulle sponde del Tevere e alle recenti strutture antiche ritrovate nel Giardino di Palazzo Corsini che erano utilizzate, molto probabilmente, per la cottura di materiali ceramici o per l’invetriatura di oggetti fittili, tutto questo anche in connessione con la funzione di irreggimentare le acque che provenivano dal Gianicolo.


Le altre due sezioni della mostra – proseguono i Lincei – intendono offrire una nuova e più ampia lettura diacronica del palazzo tra Ottocento e Novecento. Il percorso espositivo racconterà la storia della Villa nell’Ottocento quando abitata dal Duca di Ripalda conobbe un cambiamento nel suo rapporto con la città a seguito della costruzione dei muraglioni del Tevere. La sezione evidenzierà l’aspetto ottocentesco delle sale di Villa Farnesina mettendo l’accento sui dettagli e i particolari degli apparati decorativi approfondendo soprattutto le ornamentazioni pittoriche a finti tendaggi e i sughi d’erba appositamente concepiti a complemento dell’esistente decorazione a fresco rinascimentale. Una sala multimediale racconterà l’evoluzione delle decorazioni tessili parietali che dal Cinquecento all’età contemporanea, dagli arazzi ai corami e alla carta da parati hanno caratterizzato anche la Villa Farnesina come formidabili indicatori del benessere del proprietario. Un accento sarà dato infine anche alla città “intorno a Villa Farnesina”, con un focus su Palazzo Farnese e su Palazzo Corsini. L’ultima sezione sarà dedicata ai lavori di restauro eseguiti negli Anni Trenta del Novecento quando la Villa Farnesina, ormai di proprietà dello Stato Italiano, fu scelta per farne sede della Reale Accademia d’Italia, istituzione voluta da Mussolini per la gestione della cultura italiana durante il suo governo in contrapposizione ai liberali Lincei. Nell’ambito del Secondo Convegno dei Soprintendenti all’Antichità e all’Arte del 1939 si programmò anche una “Mostra del Restauro” che si sarebbe tenuta successivamente nel 1940 di cui saranno esposti i pannelli che furono approntati. Il Secondo Convegno, l’istituzione dell’Istituto Centrale del Restauro e la Mostra del Restauro del 1940 costituiscono le basi di quella profonda riflessione teorica che unificò a livello nazionale le metodologie del restauro sulle opere d’arte e sui reperti archeologici superando il tradizionale concetto di restauro empirico fino ad allora condotto. La sezione si concluderà con i più recenti risultati delle analisi condotte di tipo diagnostico e non invasivo sui materiali pittorici della Logge “raffaellesche” per comprendere, nella convinzione che scienza ed arte sono indissolubilmente legate, la tecnica esecutiva di Raffaello e della sua bottega ed i pigmenti da lui scelti per la realizzazione degli affreschi.


Il percorso si conclude con la quarta sezione dedicata a “Il Trittico dell’ingegno italiano”, la serie di iniziative con le quali i Lincei hanno inteso celebrare in un percorso unitario i centenari di Leonardo (2019), Raffaello (2020) e Dante (2021). (Info: www.villafarnesina.it e www.lincei.it)

La Fondazione Musica per Roma certificata per parità di genere

La Fondazione Musica per Roma certificata per parità di genereMilano, 22 gen. (askanews) – La Fondazione Musica per Roma – che gestisce Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone e Casa del Jazz – ha ottenuto la Certificazione UNI/PdR 125:2022 per la parità di genere. Il riconoscimento attesta l’impegno efficace per la riduzione del divario di genere ed è coerente con le policy in ambito HR della Fondazione Musica per Roma degli ultimi anni.

“In un Paese che risulta al 79esimo posto su 146 Paesi per impegno a favore della parità di genere nella classifica ‘Global Gender Gap 2023’ del World Economic Forum – scrivono dalla Fondazione – e in cui il divario occupazionale tra uomini e donne è di circa 20 punti percentuali (Fonte: Eurostat 2023), la Certificazione rilasciata a Fondazione Musica per Roma riconosce un impegno che ne fa un modello per le imprese pubbliche, in particolare nel mondo della cultura in Italia”. La Certificazione riconosce l’uguaglianza di opportunità, diritti e responsabilità nell’organizzazione, con il 60% di donne in organico e la sostanziale parità nei ruoli manageriali (oltre il 40%donne, tra le quali Presidente e Vicepresidente). Vi è inoltre equità nella retribuzione, con le donne che hanno compensi mediamente superiori a quelli dei colleghi uomini.

Realtà ancora relativamente giovane, con poco più di 20 anni di attività, la Fondazione Musica per Roma evidenzia un approccio inclusivo nell’attuale modello di gestione del personale: la sostanziale alternanza tra generi, la promozione di una conciliazione tra lavoro e vita privata, la parità di retribuzione e opportunità di sviluppo professionale e l’assenza di discriminazioni sulla base del sesso, l’età, le esigenze personali o familiari, la gravidanza, la genitorialità e i relativi diritti. “In un’organizzazione che si occupa di Cultura come la Fondazione Musica per Roma, la vera differenza la fanno le persone, diverse delle quali restano per moltissimi anni. Investire su di loro, in termini di benessere, crescita e formazione, crea le condizioni per un clima lavorativo inclusivo e motivante che a sua volta influenza positivamente la gestione e la produzione della nostra offerta artistica e culturale, sempre di grandissima qualità. Si tratta di un circolo virtuoso che migliora i processi a tutti i livelli, apportando benefici evidenti per chi vi lavora e successivamente per tutti i fruitori” ha dichiarato Daniele Pitteri, amministratore delegato.

Barbara Cannizzaro vince il Premio Fotografico IgersItalia 2023

Barbara Cannizzaro vince il Premio Fotografico IgersItalia 2023Roma, 19 gen. (askanews) – È Barbara Cannizzaro la vincitrice dell’undicesima edizione del Premio Fotografico Nazionale IgersItalia, competizione nazionale fra le più prestigiose del settore, volta a valorizzare le migliori produzioni di fotografi amatori, fotografi professionisti e content creator.

Barbara Cannizzaro si aggiudicata così il titolo di “Igers dell’anno 2023” con il suo scatto, in gara nella categoria “Ritratto”, con la seguente motivazione: “Man mano che andiamo avanti nella nostra era si sente l’esigenza di estetizzare qualsivoglia contenuto. Nel caso di Barbara Cannizzaro, l’estetica fa i conti con questa foto. La delicatezza della luce, la composizione morbida, il soggetto etereo, dialogano tra di loro e invadono la sfera emotiva portandoci su un’altalena di sensazioni. La giuria è stata unanimemente concorde sul definire il lavoro di Cannizzaro strutturato e con un linguaggio autoriale consolidato”.

Cannizzaro ha studiato alle Officine fotografiche di Roma e il Centro di Fotografia Sperimentale Adams di Roma. Fotografa e educatrice “as.sociale”, ha vinto diversi premi nazionali ed esposto in gallerie nazionali ed internazionali (Paratissima Torino, T.A.G. Roma, Camera Torino, Praga photo, circuito off di Paris photo, Kromart Gallery Roma), ha partecipato al Ricarica foto festival di Sustinente nel 2022, fa parte anche dell’organizzazione della seconda edizione (2024) del Ricarica foto Festival. Si occupa di documentazione fotografica in ambito scolastico. Il Premio IgersItalia – sostenuto tra gli altri da Cosmico e Cinecittà – ha previsto, quest’anno, l’aggiunta di due nuove categorie di partecipazione: Work From Everywhere e Cinematic Photography.

La premiazione si terrà sabato 20 gennaio alle 17.30 presso La Sala Fellini degli studi di Cinecittà, dopo un IgersMeet alla scoperta dei set cinematografici storici come il set di Roma Antica, realizzato nel 2004 per la serie televisiva Rome, prodotta dall’HBO con partecipazione della BBC, e successivamente utilizzato per importanti produzioni nazionali e internazionali. Il Premio è promosso dall’Associazione IgersItalia, presieduta da Pietro Contaldo, che ha l’obiettivo di portare alla luce e valorizzare la creatività della community. Di anno in anno i partecipanti stanno affinando sempre più la tecnica e l’abilità fotografica e artistica e IgersItalia offre loro la possibilità di esprimersi e misurarsi con un progetto ambizioso ma in piena libertà di tema.

Al centro della missione di IgersItalia e delle sue Community locali, la promozione del territorio e le sue eccellenze attraverso Instagram – il Social Network visuale per eccellenza che conta oggi oltre 1 miliardo di utenti attivi nel mondo di cui 26 milioni in Italia – e gli altri media digitali.

L’Aperossa: a Roma attori recitano brani autori ebrei e palestinesi

L’Aperossa: a Roma attori recitano brani autori ebrei e palestinesiRoma, 18 gen. (askanews) – Domenica 21 gennaio 2024, nelle piazze Sauli e Sant’Eurosia a Garbatella (Roma), a partire dalle 10, un gruppo di attori e attrici, tra cui Laura Antonini, Eugenia Costantini, Simone Liberati, Alessio Moneta e Luca Di Giovanni, reciteranno brani tratti da opere di poeti e scrittori palestinesi ed ebrei.

La performance intitolata “L’Aperossa” – realizzata da AAMOD in collaborazione con Amnesty international e AOI – è pensata come un happening dove l’azione degli artisti irrompa nella routine quotidiana al fine di attrarre l’attenzione e portare tra la gente parole contro la guerra. L’evento sarà trasmesso in diretta streaming e si concluderà nella sede dell’AAMOD (via Ostiense 106) con la proiezione del cortometraggio “Bank of Targets” di Rashdi Sarraj, introduzione di Monica Maurer, regista, e videomessaggi da Gaza e dalla Cisgiordania.

Interverranno Alfio Nicotra, AOI – Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale, Riccardo Nouri, portavoce di Amnesty International Italia, e Vincenzo Vita, presidente dell’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico ETS. Link per seguire l’evento: https://www.facebook.com/events/769992258272049?ref=newsfeed

Tra le organizzazioni aderenti: Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico ETS, Amnesty International Italia, AOI, Rete Italiana Pace e Disarmo, ACS, ARCS, Ars (Associazione per il rinnovamento della sinistra), Assopace Palestina, CGIL Roma e Lazio, CISS, Cocis, CRIC, Cultura è Libertà: una campagna per la Palestina, Diritti in Comune Ciampino, FOCSIV, ForumSad, LEA – Laboratorio ebraico antirazzista, Perda Sondaora Ass. Cult., Piattaforma delle OSC italiane in Medio Oriente e Mediterraneo, Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese, SPI CGIL, Terre des Hommes, Un ponte per, UISP, ULAIA Arte sud, Vento di Terra.

L’arte e gli italiani anni Trenta nelle foto di “Hilde in Italia”

L’arte e gli italiani anni Trenta nelle foto di “Hilde in Italia”Roma, 16 gen. (askanews) – Una vera pioniera della fotografia di strada, o street photography, Hilde Lotz-Bauer ha fotografato l’Italia negli anni Trenta facendo arrivare fino a noi immagini uniche della vita della gente comune, dei luoghi e dei tesori artistici italiani.

Hilde Bauer (1907-1999), sposata prima Degenhart e poi Lotz, sviluppò un personale ed originale sguardo artistico durante il suo primo soggiorno in Italia tra il 1934 e il 1943. Come mise piede sulla penisola se ne innamorò follemente. Roma, in particolare, fu un luogo fondamentale per Hilde, vissuto e sentito fino alla fine come la sua vera casa; città che presso il Cimitero Acattolico ne conserva oggi le memorie. Sono circa un centinaio le fotografie che giungono in mostra dall’archivio Hilde Lotz-Bauer a Londra, dai due Istituti Max Planck per la Storia dell’arte – la Bibliotheca Hertziana di Roma e il Kunsthistorisches Institut a Firenze – e la collezione del fotografo Franz Schlechter a Heidelberg. Per la prima volta esposte insieme, le stampe create dal sapiente occhio di Hilde Lotz-Bauer, compongono l’esposizione fotografica che sarà ospitata al Museo di Roma in Trastevere dal 17 gennaio al 5 maggio 2024 con il titolo “Hilde in Italia. Arte e vita nelle fotografie di Hilde Lotz-Bauer”.

Formatasi come fotografa alla scuola di Monaco dopo aver già conseguito un Dottorato in Storia dell’Arte, arrivò a Roma alla fine del 1934 grazie ad una borsa di viaggio presso la Bibliotheca Hertziana lasciando la sua terra natale proprio mentre il nazionalsocialismo prendeva il potere. La sua carriera è iniziata fotografando disegni per il suo primo marito Bernhard Degenhart, celebre studioso di disegno italiano. Successivamente con la sua fotografia accompagnò le ricerche di numerosi storici dell’arte; in mostra saranno esposte immagini dal progetto sui Castelli di Federico II nell’Italia meridionale diretto dallo storico dell’arte Leo Bruhns insieme a una selezione delle fotografie per il progetto sull’urbanistica fiorentina voluto dal direttore dell’istituto fiorentino Friedrich Kriegbaum. Hilde fu l’unica fotografa professionista operante presso gli Istituti Storici di Roma e Firenze, producendo immagini impeccabili di scultura, disegno, architettura e urbanistica.

Contemporaneamente, sia in occasione di progetti su commissione sia per il puro piacere della scoperta, la fotografa percorse quasi tutta l’Italia, da nord a sud, muovendosi tra la gente con la sua piccola Leica portatile catturando la vita delle città così come delle zone rurali più isolate, cogliendo quasi senza farsi notare l’umanità tutta che abitava questi territori negli anni del Ventennio fascista. Molto del lavoro artistico della Lotz-Bauer ad oggi conosciuto è fortemente incentrato sulle occasioni quotidiane e festive, soprattutto in Abruzzo. Le donne ritratte nella serie su Scanno, immortalate nei loro costumi realizzati a mano, appaiono come opere d’arte viventi. Hilde curava con attenzione la composizione estetica e i dettagli trasformando i reportage in un’opera artistica unica, ricca di spunti personali e documentaristica anche a livello critico e sociale.

Alla fine degli anni Settanta, le fotografie di Hilde furono presentate per la prima volta in mostre a Firenze, Bonn e Londra, con buon successo da parte della critica. Nel 1993 collaborò con il fotografo Franz Schlechter, il quale restaurò e stampò 80 immagini scattate con la Leica raffiguranti persone, paesaggi e città italiane per una personale al Museo Reiss di Mannheim. La mostra presenta così l’opera complessiva di Hilde Lotz-Bauer realizzata nel decennio 1934-1943 e che mette in luce e in dialogo, per la prima volta, i due maggiori aspetti della sua produzione: le commissioni per gli storici dell’arte e la fotografia di reportage, lo sguardo di storica dell’arte e quello di fotografa. L’esposizione è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Organizzazione Archivio Hilde Lotz-Bauer. A cura di Federica Kappler e Corinna Lotz, figlia di Hilde Lotz-Bauer. Servizi museali di Zètema Progetto Cultura. In collaborazione con Officine fotografiche Roma e Goethe-Institut. Media Partner Panzoo, Viviroma.it, Terza Pagina Magazine. Con il sostegno dell’Ambasciata delle Repubblica Federale di Germania, di Firecom automotive srl, Fredriksson arkitektkontor AB, di Marie-Thérèse Ficnar-Usteri e di Frances Aviva Blane

Thomas Clement Salomon nuovo direttore Gallerie Nazionali Arte Antica

Thomas Clement Salomon nuovo direttore Gallerie Nazionali Arte AnticaRoma, 15 gen. (askanews) – Thomas Clement Salomon si è insediato come nuovo direttore delle Gallerie Nazionali di Arte Antica, che comprendono Palazzo Barberini e Galleria Corsini a Roma.

“Sono onorato e felice di iniziare ufficialmente a lavorare per le Gallerie Nazionali di Arte Antica. Abbiamo in animo di realizzare progetti estremamente ambiziosi. Sarà una sfida esaltante”, ha dichiarato in un comunicato. Thomas Clement Salomon è storico dell’arte, giurista, museologo, responsabile scientifico di progetti espositivi in Italia e all’estero, manager di eventi culturali, precedentemente consulente Progetti Direzione alla Galleria Borghese di Roma e direttore scientifico del Gruppo MoMo-Skira.

A Roma la retrospettiva su Antonio Donghi “La Magia del Silenzio”

A Roma la retrospettiva su Antonio Donghi “La Magia del Silenzio”Roma, 13 gen. (askanews) – Antonio Donghi fu uno dei maggiori interpreti del Realismo magico in Italia. A questo straordinario artista dal 9 febbraio al 26 maggio 2024 Palazzo Merulana a Roma dedica la retrospettiva “Antonio Donghi. La magia del silenzio”, che permetterà ai visitatori di conoscere e ammirare una serie di autentici capolavori, alcuni esposti al pubblico per la prima volta.

La mostra è stata realizzata grazie al sostegno del Main Sponsor UniCredit, che ha anche contribuito con sedici importanti prestiti delle opere di Donghi, provenienti dalla straordinaria collezione esposta a Palazzo De Carolis, sede di rappresentanza del gruppo bancario a Roma, ed è prodotta da CoopCulture. Sono raccolte trentaquattro opere, prevalentemente acquistate direttamente alle maggiori mostre del tempo (Biennali di Venezia, Quadriennali di Roma, ecc.) o altrimenti reperite sul mercato. Il progetto espositivo intende presentare i nuclei più significativi provenienti dalla Galleria Comunale d’Arte Moderna di Roma, dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, dalla Banca d’Italia, dalla UniCredit Art Collection e dalla Fondazione Elena e Claudio Cerasi, che nel loro insieme rappresentano l’intero percorso dell’artista, toccandone tutti i temi principali: paesaggi, nature morte, ritratti, figure in interni ed esterni, personaggi del circo e dell’avanspettacolo. In particolare, la mostra si pone come approfondimento di uno dei principali nuclei pittorici rappresentati nella Fondazione Elena e Claudio Cerasi, che possiede ed espone in permanenza tre fondamentali capolavori donghiani: Le lavandaie (1922-23), primo vertice in assoluto del maestro; Gita in barca (1934); Piccoli saltimbanchi (1938). Solo tre dipinti particolarmente iconici (La Pollarola, Ritratto di Lauro De Bosis, Annunciata), legati in diverso modo alla collezione Cerasi, sono inseriti al di fuori del nucleo delle collezioni pubbliche.

Sulla trama delle opere di Donghi in queste collezioni è possibile ricostruire interamente il suo percorso artistico. Rimeditare il ruolo, il metodo, le aspirazioni di questo artista chiuso e difficile, ma al tempo stesso creatore di opere uniche e impressionanti per il loro clima sospeso, per la densità di interrogativi che pone allo spettatore, pur nell’apparentemente nuda realtà in cui sono presentati gli anonimi protagonisti dei quadri, appare oggi un doveroso passo in avanti per la sua conoscenza. La curatela della retrospettiva è affidata al prof. Fabio Benzi, che proprio per lo stesso museo aveva curato nel 2019 la mostra-studio “Giacomo Balla, dal Futurismo astratto al Futurismo iconico”.

Antonio Donghi, nato a Roma nel 1897, appartiene alla generazione appena troppo giovane per aver vissuto e condiviso le istanze moderniste delle Secessioni romane come della prima fase del Futurismo, che si colloca con la sua maturità negli anni del primissimo dopoguerra: cioè a contatto con le istanze del “ritorno all’ordine”. Contribuì allo sviluppo di quell’ottica di riscoperta di radici tradizionali, piuttosto che percorrere una strada di decostruzione formale avanguardistica. Nonostante ciò, la sua tecnica particolare riuscì a enucleare una visione largamente condivisa in ambito romano e italiano, portandola a risultati di grande altezza ed espressività, pur non essendo tra i fondatori o i teorici di tale ottica. La mostra – che ha il sostegno della Regione Lazio e il patrocinio gratuito di Roma Capitale – è inclusa nel biglietto di ingresso di Palazzo Merulana, che comprende la visita alla Collezione Cerasi. Aperta al pubblico dal mercoledì alla domenica dalle 12 alle 20.

Goya e Caravaggio per la prima volta assieme ai Musei Capitolini

Goya e Caravaggio per la prima volta assieme ai Musei CapitoliniRoma, 12 gen. (askanews) – Torna a Roma, ai Musei Capitolini, dopo ventitré anni dalla sua unica apparizione nella capitale (Galleria Nazionale d’Arte Antica, 18 marzo – 18 giugno 2000) il “Parasole” di Francisco Goya, capolavoro giovanile del maestro spagnolo (1777), che sarà esposto dal 12 gennaio al 25 febbraio 2024 nella Pinacoteca Capitolina.

L’arrivo della tela è frutto della politica culturale di scambi di opere d’arte avviata già da tempo dalla Sovrintendenza Capitolina con importanti istituzioni museali italiane e internazionali. Il museo prestatore è il Museo Nazionale del Prado che ha concesso il dipinto di Goya come controprestito de “L’Anima Beata” di Guido Reni, in occasione della mostra “Guido Reni” (Museo Nazionale del Prado, 28 marzo – 9 luglio 2023). Il “Parasole” di Goya (cm 104×152) sarà ospitato nella Sala Santa Petronilla della Pinacoteca Capitolina e posizionato a fianco alla “Buona Ventura” di Caravaggio (1597), con l’intento di arricchire il percorso di visita e offrire al pubblico nuovi spunti di riflessione sui grandi temi della storia dell’arte.

Il progetto espositivo, dal titolo “Goya e Caravaggio: verità e ribellione”, intende mettere in risalto come i due grandi artisti si fecero magistrali interpreti della società del loro tempo e come l’abbiano descritta, introducendo nel loro linguaggio figurativo rivoluzionarie novità iconografiche e stilistiche. Tante le analogie: entrambe le tele appartengono alla loro attività giovanile, in entrambe i protagonisti sono una donna e un uomo, entrambe descrivono con “verità” una scena di vita quotidiana della società contemporanea e, infine, entrambe rivelano quei sintomi di “ribellione” nei confronti dei condizionamenti iconografici e stilistici imposti dalle consuetudini e regole accademiche del loro tempo.

Un confronto ardito tra due opere tanto lontane nello stile e nel tempo – sono distanti circa 180 anni – ma che annunciano ciascuna il passaggio verso una nuova epoca: se Caravaggio può essere considerato il primo pittore moderno, Goya fu invece il primo dei “romantici” e colui che aprì la strada verso l’arte contemporanea. L’iniziativa “Goya e Caravaggio: verità e ribellione” è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e gli apparati didattici sono a cura di Federica Papi e Chiara Smeraldi. Organizzazione di Zètema Progetto Cultura.

“El Quitasol”, titolo spagnolo del dipinto, è uno dei cartoni preparatori realizzati da Goya per il ciclo di arazzi destinati a decorare la sala da pranzo del Palazzo del Pardo a Madrid, la residenza di caccia dei principi delle Asturie: il futuro re Carlo IV e sua moglie Maria Luisa di Parma. Il bozzetto fu consegnato da Goya alla Real Fábrica de Santa Bárbara il 12 agosto 1777 ed è così descritto dallo stesso artista nella ricevuta di consegna: “rappresenta una ragazza seduta su una riva, con un cagnolino e con un ragazzo al suo fianco che le fa ombra con un parasole”. Alla semplicità del soggetto fa riscontro l’assoluta libertà dell’invenzione, non più temi di caccia o composizioni allegoriche come voleva la tradizione nordica fiamminga, ma scene e figure ispirate al mondo reale e alla società contemporanea spagnola. La giovane donna protetta dall’ombrellino, oggetto di gran moda nel XVIII secolo, è infatti una maja, cioè una donna del popolo, che indossa un elegante e sfarzoso abito di foggia francese come avveniva in Spagna nei giorni di festa. La donna si mostra in tutta la sua bellezza al giovane majo vestito con il tipico abbigliamento madrileno e al pubblico a cui sembra rivolgere un civettuolo sguardo. Tutto contribuisce a rendere la scena un gioco di seduzione: i colori sgargianti delle vesti di lei, il cagnolino accucciato sul suo grembo, il sottile gioco di luci e ombre che il parasole crea sul volto della fanciulla. Luci e colori sono senza dubbio i principali protagonisti del dipinto e rivelano la conoscenza di Goya della pittura antica, in particolare di quella rinascimentale veneziana, ma non solo. Se l’influenza di Tiepolo e della pittura francese appare evidente nell’ariosità del dipinto, l’interpretazione profondamente realistica, il tema della seduzione, la tecnica pittorica con il colore steso direttamente sulla tela con la preparazione lasciata a tratti a vista, così come gli effetti di luce ottenuti con il bianco di piombo e il vivace gioco degli sguardi farebbero quasi pensare che l’occhio del maestro spagnolo si sia poggiato per un attimo anche sulla Buona Ventura di Caravaggio quando circa sei anni prima (1770-1771) venne in Italia e risiedette a Roma, dove frequentò la Scuola del Nudo in Campidoglio nella cui celebre Galleria la Buona Ventura già vi era conservata.

”Una risata allunga la vita?”, lezioni di Cabaret tedesco a Roma

”Una risata allunga la vita?”, lezioni di Cabaret tedesco a RomaRoma, 9 gen. (askanews) – Il sodalizio dell’attore e regista Bruno Maccallini, attivo soprattutto in Germania dove gode di una vasta popolarità, con la studiosa Antonella Ottai esperta di Cabaret tedesco degli anni ’20-’30, si consolida nel laboratorio teatrale “Una risata allunga la vita?”, articolato progetto didattico-performativo che trae spunto dalla scena comica di Weimar, a partire dai tempi prosperi a quelli più critici, fino al punto di non ritorno, quando molti artisti dello spettacolo leggero vanno incontro alla deportazione e allo sterminio, o per ragioni razziali (erano in gran parte ebrei) o per motivi politici, senza per questo smettere di esibirsi nei lager in cui erano confinati.

A margine del laboratorio teatrale, il 22 Febbraio 2024 presso il Goethe-Institut-Rom di Via Savoia con lo spettacolo “Stasera ho deciso a venirmi a trovare” di Bruno Maccallini e Antonella Ottai, prenderà il via anche il Ciclo Kabarett Weimar, dedicato appunto al Cabaret tedesco degli anni Trenta. Agli allievi del Laboratorio verrà offerta la possibilità di seguire non solo le prove e l’allestimento di questo spettacolo ma anche quelle di altri due lavori di Maccallini e Ottai: “Grotesk! Ridere rende liberi” e la novità assoluta “Diva – una sinfonia per Weimar”, quest’ultimo in scena, sempre all’Auditorium di Via Savoia, il 29 Febbraio.

L’intero Ciclo sarà successivamente riproposto al Teatro Vascello nei giorni 22-23-24 Aprile 2024 Il laboratorio è aperto a tutti e senza limiti d’età, con attestato utile per crediti fomativi universitari per gli studenti interessati.

Partecipano alle lezioni gli artisti Pietro De Silva, Patrizia Loreti, Dodo Gagliarde, Chiara Bonome, Pino Cangialosi, Roberto Della Casa, Pierpaolo Palladino e docenti di Spettacolo delle Università romane. La risata, un’arma spuntata, una colpevole elusione, una risorsa per salvarsi la pelle a costo di degradare la propria dignità artistica? È questa la domanda che investe il laboratorio, a cui prenderanno parte numerosi docenti e artisti, prima di trovare il suo racconto, o meglio la sua parabola, in un saggio finale che lo concluderà insieme a due Master Class affidate a Massimo Wertmüller ed Elena Bucci. Il corso complessivo prevede 36 ore di lavoro con gli insegnanti nel periodo da Febbraio ad Aprile 2024 presso la Sede del Goethe-Institut-Rom; 25 ore tra esercitazioni e prove in gruppi di non più di 10-15 allievi; 2 ingressi liberi per due Master Class al Teatro Vascello e ingressi liberi a tutti gli spettacoli in programma (maggiori info su www.unarisatalab.com).