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Grana Padano: dazi Usa preoccupano molto anche prodotti premium

Grana Padano: dazi Usa preoccupano molto anche prodotti premiumRoma, 8 apr. (askanews) – “Sta girando una tesi bizzarra che noi prodotti premium, come il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano, non avremmo impatti troppo negativi dai dazi così come decisi da Trump. Questo, almeno per il Grana Padano, non è vero perché una fetta importante è venduta nel food service che risente molto di più rispetto alla famiglia medio alta spendente americana di rincari significativi dei prezzi dei prodotti inseriti nel loro paniere. Inoltre, essendo un prodotto molto stagionato, l’invenduto pesa sui magazzini penalizzando quindi il 100% del prodotto immagazzinato”. Con queste parole il direttore generale del Consorzio, Stefano berni, risponde alla teoria che tende a minimizzare l’impatto dei dazi sul Grana Padano.


Secondo la stima del Consorzio, questi dazi aggiuntivi del 20% potranno gravare sul sistema Grana Padano per circa 100 milioni di euro nei suoi primi 12 mesi di applicazione. “Ovviamente se non si trattasse di prodotto a lunga stagionatura il danno indotto sarebbe assai più lieve”, spiega Berni. Che i dazi danneggino anche i prodotti premium è già dimostrato: “noi del Grana Padano ne abbiamo avuto inconfutabile prova quando nel 2014 l’embargo russo post invasione in Crimea bloccò completamente le oltre 40.000 forme annuali che si stavano vendendo in Russia – ricorda Berni – Il danno allora venne quantificato a posteriori in quasi 100 milioni di euro, di cui 15 milioni circa per l’invenduto ma gli altri 70/80 per l’abbassamento delle quotazioni di mercato di tutto il formaggio”.


Nella sua analisi, Berni rileva che “di conseguenza il nostro calcolo è che potremmo perdere a causa di questi dazi 35-40.000 forme in USA con un danno diretto per l’invenduto di circa 25 milioni di euro ma con un più rilevante danno indotto sul magazzino in cui attualmente vi sono circa 6 milioni di forme per un valore medio di circa 2,3 miliardi di euro. Per cui sarebbe sufficiente che il formaggio perdesse appena un 3% del suo valore (solo circa 30 centesimi al kg) per arrivare ad un danno indotto di 75 milioni di euro”. Infine, il direttore generale sottolinea che “il sistema Grana Padano, indipendentemente dall’avvento dei nuovi dazi, sta intensamente e alacremente già impegnandosi fuori dall’Italia tant’è che nel 2024 il 51,2% della produzione è andata oltre confine e altrettanto si sta impegnando in paesi extra USA visto che gli stessi rappresentano neppur l’8% del totale esportato. Quindi non possiamo inventarci nulla di aggiuntivo all’estero”. Berni conclude con una nota di fiducia: “però come ce la siamo cavata post embargo russo e post dazi 2020 di Trump, ce la caveremo anche stavolta, ma è una grave penalizzazione di cui faremmo molto volentieri a meno”.

Masaf: sistema Italia sostiene con forza cucina italiana Unesco

Masaf: sistema Italia sostiene con forza cucina italiana UnescoRoma, 8 apr. (askanews) – La Cucina italiana protagonista oggi al Vinitaly allo stand Masaf con l’evento “La cucina italiana e il valore della candidatura a Patrimonio dell’Umanità: tra tradizione e futuro”. All’incontro hanno partecipato il sottosegretario all’Agricoltura Patrizio La Pietra, quello alla Cultura con delega Unesco Gianmarco Mazzi, la presidente del Comitato promotore Maddalena Fossati Dondero, e Pier Luigi Petrillo, direttore della Cattedra Unesco e autore del dossier. Accanto a loro, due eccellenze del panorama italiano: lo chef stellato e Maestro della cucina italiana, Massimo Bottura e Dominga Cotarella, presidente di Terranostra.


L’evento ha posto al centro del dibattito la candidatura della cucina italiana a Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità Unesco, fortemente voluta dal ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, sottolineandone il valore identitario, sociale e strategico. Lo stretto rapporto tra cucina, cultura e agricoltura, come hanno sottolineato i relatori intervenuti alla conferenza. Un intero patrimonio di saperi, tradizioni, convivialità e sostenibilità, in grado di raccontare l’Italia nel mondo. Il pronunciamento dell’UNESCO è atteso per dicembre 2025. Nel frattempo, il Sistema Italia si prepara a sostenere con forza questa candidatura.

Coldiretti:donne nel vino, sono 14mila e puntano su sostenibilità

Coldiretti:donne nel vino, sono 14mila e puntano su sostenibilitàRoma, 8 apr. (askanews) – Sono 14mila le donne che lavorano nel settore del vino, quasi il 30% del totale. Spesso sono responsabili o titolari, con una netta propensione all’export e all’innovazione, a partire dalle pratiche enologiche. Molte imprenditrici agricole adottano, infatti, pratiche sostenibili come la vendemmia notturna, effettuata all’alba o al crepuscolo. Se ne è parlato a Casa Coldiretti nel corso di un incontro promosso da Donne Coldiretti, alla presenza della responsabile nazionale Mariafrancesca Serra.


Durante l’incontro sono state illustrati tre casi che vedono protagoniste altrettante imprenditrici del vino: José Rallo di Donnafugata in Sicilia, Sarah Dei Tos del Veneto e Monica Mariotti dell’Umbria. Proprio per sostenere l’impegno delle aziende al femminile Donne Coldiretti ha lanciato un progetto chiamato “Donne del vino”, con la promozione di eventi e degustazioni per promuovere i loro vini e la loro attività. Ma l’impegno guarda anche alla risoluzione dei problemi che continuano a gravare sulle imprese rosa, a partire dal gender gap in un settore percepito come tradizionalmente maschile.

Efsa: batteri produttori carbapenemasi anche in catena alimentare

Efsa: batteri produttori carbapenemasi anche in catena alimentareRoma, 8 apr. (askanews) – I batteri produttori di carbapenemasi, un tempo un problema principalmente ospedaliero, vengono ora rilevati negli animali da allevamento e nei prodotti alimentari in tutta Europa. Questa è una delle conclusioni dell’ultimo parere scientifico dell’Efsa sulla presenza e la diffusione di Enterobacterales produttori di carbapenemasi (CPE) nella catena alimentare nell’Ue/Efta.


“Sebbene non vi siano prove definitive che questi batteri si diffondano agli esseri umani attraverso il cibo, ceppi identici sono stati trovati sia negli animali che negli esseri umani, suggerendo una possibile trasmissione tra di loro”, spiega l’Efsa. I CPE sono batteri che producono enzimi (carbapenemasi) che inattivano gli antibiotici carbapenemi. Questi antibiotici sono usati per trattare gravi infezioni negli esseri umani. La resistenza a questi farmaci rappresenta un rischio significativo per la salute pubblica, lasciando potenzialmente poche opzioni di trattamento efficaci. L’ultimo parere dell’EFSA, che si basa sulla sua valutazione del 2013, esamina dati e letteratura fino alla fine di febbraio 2025.


I CPE sono stati rilevati nella filiera alimentare in 14 dei 30 paesi Ue/Efta dal 2011. Quelli segnalati più frequentemente sono E. coli, Enterobacter, Klebsiella e Salmonella, provenienti principalmente da animali terrestri destinati alla produzione alimentare: suini, bovini e, in misura minore, pollame, che sono le specie animali monitorate di routine per la resistenza antimicrobica nell’UE. Il numero di casi di CPE segnalati è aumentato, in particolare nei suini, nei bovini e nel pollame, con aumenti significativi nel 2021 e nel 2023 in diversi Stati membri. Dieci dei 30 paesi Ue/Efta hanno istituito piani di emergenza per il controllo e l’indagine di questi batteri. Tra le raccomandazione Efsa, quella di espandere le attività di monitoraggio ad altre fonti alimentari attualmente non monitorate e ad altre specie batteriche; migliorare i metodi di rilevamento, condurre indagini di tracciabilità e tipizzazione molecolare batterica per chiarire le vie di trasmissione, inclusa la potenziale diffusione tramite lavoratori e mangimi e infine incentrare la ricerca sulla progettazione di studi mirati per comprendere meglio come questi batteri si diffondono nella catena alimentare.

Drei (Fedagripesca): con dazi inevitabile il caos sui mercati

Drei (Fedagripesca): con dazi inevitabile il caos sui mercatiRoma, 8 apr. (askanews) – “I dazi imposti da Trump causeranno un inevitabile caos sui mercati e determineranno un contraccolpo nei risultati economici delle aziende del vino italiano che hanno raggiunto, negli ultimi anni, performance significative sui mercati esteri, con una crescita del 28,5% negli ultimi 4 anni superando gli 8 miliardi di euro, di questi vale circa 2 miliardi l’export delle nostre cantine”. Sono le preoccupazioni espresse dal presidente di Fedagripesca Confcooperative, Raffaele Drei, secondo il quale l’irrompere dei dazi potrebbe porre fine alla tendenza positiva dalla domanda estera degli ultimi anni.


Occorre, infatti, considerare l’andamento dei costi di produzione del settore, che risultano in lieve riduzione negli ultimi mesi nel complesso, mentre per alcune componenti si registra un forte aumento. Secondo il focus Censis-Confcooperative “L’Italia del vino: superfici, costi ed export” elaborato su dati Ismea e presentato oggi a Vinitaly, nei costi di produzione del vino si è assistito ad una progressiva discesa dei costi energetici nel corso degli ultimi mesi (con un -15,4%), a cui si è affiancata una decisa ascesa dei costi che riguardano i servizi agricoli, in particolare il lavoro conto terzi, con un aumento del 27,6% in un anno e gli altri beni e servizi legati a costi assicurativi e all’impiego di mezzi e materiali per la produzione. Per i salari erogati ai lavoratori fissi e avventizi si registra un incremento superiore al 2%.


“La maggiore rigidità dei costi di produzione nel settore del vino – commenta Drei – potrà rappresentare un fattore critico nel momento in cui verranno applicate le misure di restrizione alle esportazioni dei prodotti agroalimentari italiani da parte degli Stati Uniti, considerando che questo mercato per il vino italiano rappresenta la prima destinazione delle esportazioni”. Nel 2024 il valore complessivo delle esportazioni di vino all’estero è stato pari a 8.138 milioni di euro: di questi 4.152 milioni, pari al 51,0% del totale esportato, è riconducibile a vini di denominazione di origine protetta. Una quota pari al 22,4% del totale del valore esportato, pari a 1,8 miliardo di euro, si riferisce al prosecco, 740 milioni a vini DOP della Toscana (9,2%) e 614 milioni a vini DOP del Veneto. L’Asti spumante apporta un contributo di 166 milioni di euro e dalla regione Piemonte provengono altri 389 milioni, per un totale di 555 milioni di euro. Altre regioni, come il Trentino e il Friuli, contribuiscono per 287 milioni, mentre valori più contenuti per la domanda estera si riferiscono alla Sicilia e al Lazio.

Coldiretti: vini autoctoni guidano incremento vendite

Coldiretti: vini autoctoni guidano incremento venditeRoma, 8 apr. (askanews) – I vini autoctoni continuano a far registrare i maggiori incrementi delle vendite in volume, confermando che i gusti degli italiani sono sempre più orientati verso le specialità territoriali. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti che nel proprio stand al Vinitaly ha esposto la top ten delle bottiglie che in Italia sono cresciute maggiormente nei consumi nel 2024, sulla base dei dati Circana, con due degustazioni guidate dedicate proprio agli autoctoni e al fenomeno dei vini biologici.


In vetta si piazza l’Inzolia siciliano, con una crescita del 12,9% mentre al secondo e terzo posto si collocano rispettivamente il Primitivo pugliese (+11,8%) che precede di poco il Vermentino (+11,7%), patrimonio di Sardegna, Toscana e Campania. In quarta posizione la Ribolla friulana (+11,3%), e al quinto l’unico vitigno internazionale presente nella top ten, il Pinot nero (+9,8%), che precede Nebbiolo del Piemonte (8,9%), Cannonau sardo (8,6%) e Grillo siciliano (8,3%). Chiudono appaiati con +6,8% Falanghina campana e Lagrein trentino.


Ma ottimi segnali vengono anche dai vini biologici, con l’Italia che ospita oggi quasi un quarto dei vigneti bio globali, con 130mila ettari, quasi il doppio rispetto a dieci anni fa, secondo l’analisi Coldiretti su dati Sinab/Ifoam e una produzione annua di circa 3 milioni di ettolitri. E, “con i rischi legati ai dazi e alle guerre commerciali, per un settore fortemente vocato, e dunque più esposto, alle esportazioni – sottolinea in una nota Coldiretti Bio, l’associazione dei produttori biologici della Coldiretti – è importante lavorare per aumentare i consumi interni”.

Enpaia-Censis: con dazi 54 mln bottiglie vino da ricollocare

Enpaia-Censis: con dazi 54 mln bottiglie vino da ricollocareRoma, 8 apr. (askanews) – Con l’ntroduzione dei dazi americani circa 54 milioni di bottiglie di vino italiano non troveranno più spazio sul mercato Usa, un volume che dovrà essere ricollocato nei mercati alternativi, come Germania e Regno Unito, le due principali destinazioni del vino italiano. Tuttavia, la differenza nei prezzi tra gli Stati Uniti e questi Paesi renderebbe difficile compensare pienamente le perdite. Per recuperare il valore economico, gli operatori italiani dovrebbero quindi riuscire a vendere 92 milioni di bottiglie, un’impresa che richiederà un notevole sforzo per garantire la sostenibilità del settore vitivinicolo e tutelare la sua posizione nei mercati globali.


È quanto si legge nel primo Report Enpaia-Censis del 2025. Secondo il Report, la bolla di incertezze generata dai dazi commerciali, insieme alla logica conflittuale che permea il commercio internazionale, “richiederà un’azione tempestiva da parte degli operatori e delle istituzioni italiane per evitare danni a lungo termine e per ripensare le strategie di esportazione”. L’imposizione di dazi al 20% sui prodotti provenienti dall’Italia avrà infatti un impatto significativo sul settore vitivinicolo nazionale. “Le esportazioni italiane di vino negli Stati Uniti potrebbero mantenere una certa stabilità in termini di valore ma una parte consistente degli introiti finirà nelle casse dello Stato Usa – spiega il rapporto – In particolare, circa il 20% del valore dell’export, pari a 1,9 miliardi di euro, sarà assorbito dai dazi. Questo comporterà una significativa perdita economica per gli operatori italiani, che si troveranno a fronteggiare un’incertezza crescente”.

Ok Ue a modifiche disciplinare Parmigiano Reggiano su età bovine

Ok Ue a modifiche disciplinare Parmigiano Reggiano su età bovineRoma, 8 apr. (askanews) – Ok da parte dell’Unione Europea alle modifiche all’articolo 9 della sezione “Regolamento di alimentazione delle bovine” del Disciplinare di produzione della Dop, prevedendo un rafforzamento del legame tra il prodotto e la sua zona di origine. Pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’UE, il Regolamento di esecuzione (UE) 2025/661, che entrerà in vigore il 24 aprile 2025, fissa a dieci mesi l’età massima entro la quale le bovine possono essere introdotte nella filiera produttiva della Dop.


Questo cambiamento, sottolinea in una nota il Consorzio del Parmigiano Reggiano Dop, sostituisce la precedente disposizione che prevedeva un periodo di quarantena di quattro mesi per l’adattamento all’alimentazione specifica della filiera del Parmigiano Reggiano. La decisione della Commissione rappresenta una vittoria per il Consorzio, che vede riconosciuto il proprio impegno nella tutela della tracciabilità e della qualità della Dop, due aspetti fondamentali per la valorizzazione del Made in Italy agroalimentare e per il rispetto del consumatore evoluto di oggi. “Come Consorzio siamo molto soddisfatti per l’approvazione da parte dell’Unione Europea delle modifiche proposte al Disciplinare della Dop – ha dichiarato Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano – Questo risultato ne rafforzerà il valore, fornendoci ulteriori strumenti per preservare la tipicità del formaggio, semplificare i controlli e garantire che il latte utilizzato rispetti pienamente i requisiti qualitativi, in nome del rispetto e della trasparenza nei confronti del consumatore. Il nostro rammarico – conclude il Consorzio – è che siano stati necessari dieci anni per finalizzare questa modifica, ma siamo lieti che nella riforma delle Indicazioni geografiche siano già stati previsti tempi certi e più celeri per queste procedure. Anche questo è un risultato senza dubbio importante per tutto il sistema di Dop e Igp”.

Illycaffè alla Design week lancia il nuovo sistema di capsule X-Caps

Illycaffè alla Design week lancia il nuovo sistema di capsule X-CapsMilano, 8 apr. (askanews) – C’è fermento nel mondo del caffè. Mentre le tensioni sui prezzi della materia prima insieme alla guerra dei dazi generano preoccupazione, le aziende continuano a innovare. Per illycaffè l’occasione per presentare la propria novità in fatto di capsule, è data dalla Design week milanese. All’interno del suo flagship store di Monte Napoleone a Milano, infatti, con una installazione ispirata allo spazio, è stato presentato il nuovo sistema X-Caps.


Le nuove capsule X-Caps, in alluminio riciclato all’85%, conservano freschezza e aroma del caffè, garantendo un’estrazione progressiva e uniforme della bevanda grazie al loro design. La forma simmetrica delle capsule, disponibili nelle varianti tostato classico, intenso, forte, decaffeinato e classico lungo, consente, poi, un utilizzo bidirezionale. Il sistema X-Caps si avvale anche di due nuove macchine firmate dall’architetto e designer Luca Trazzi che utilizzano una nuova tecnologia a Iperinfusione. In questo modo l’acqua incontra il caffè alla pressione ottimale, garantendo un’estrazione aromatica e un espresso corposo dalla crema ricca e persistente.


“Con il lancio di X-Caps, siamo orgogliosi di unire oltre 90 anni di esperienza nel caffè di qualità con un impegno concreto verso l’innovazione – commenta Cristina Scocchia, amministratore delegato di illycaffè – X-Caps rappresenta un’eccellenza nel gusto, grazie alla nostra nuova tecnologia Hyperinfusion, e segna un’evoluzione importante nel modo in cui intendiamo offrire ai consumatori un’esperienza di caffè unica e sostenibile, anche a casa”.

Cia a comm. Ue Hansen: per vino semplificazione e promozione

Cia a comm. Ue Hansen: per vino semplificazione e promozioneRoma, 8 apr. (askanews) – Le prospettive future della vitivinicoltura europea al centro degli incontri del presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, con i commissari Ue all’Agricoltura Christophe Hansen e alla Salute Olivér Várhelyi, entrambi ospiti allo stand dell’organizzazione al Vinitaly 2025. Nel meeting con il commissario Hansen, è stata ribadita la posizione Cia in merito al nuovo pacchetto vino: positivo, per Cia, che l’intervento della Commissione arrivi proprio nel momento in cui sono stati annunciati i dazi Usa, che hanno messo in difficoltà il commercio globale su entrambe le sponde dell’Atlantico.


“Sono importanti i cambiamenti relativi alla semplificazione per il settore: le regole nuove sul reimpianto e la flessibilità che riguarda la distillazione – ha detto Fini a Hansen – Allo stesso tempo, con la definizione delle nuove etichette, sarà più facile la comprensione per i consumatori, compresi i nuovi prodotti dealcolati o low alcol. Importante anche lavorare sulla comunicazione e la promozione del vino, attraverso campagne dedicate, per aprirsi a nuovi mercati”. Cia ha anche apprezzato le novità sul fronte dell’enoturismo, che contribuirà a incentivare lo sviluppo delle aree rurali. Fini ha, quindi, auspicato una veloce approvazione del pacchetto da parte di Consiglio e Parlamento, augurandosi che la maggiore flessibilità contenuta in alcuni interventi del pacchetto sia applicata anche alla gestione finanziaria per un migliore utilizzo delle risorse.


L’incontro organizzato nello spazio Cia con il commissario Várhelyi è stato, invece, l’occasione per fare il punto sulle cosiddette etichette allarmistiche, che rischiano di non fare alcuna distinzione tra consumo consapevole e abuso. “Riteniamo priva di fondamento scientifico l’imposizione sulle etichette del vino della dicitura ‘nuoce gravemente alla salute’ – ha ribadito Fini al commissario – come pure l’aumento delle elevate imposte sul consumo”. _________________