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Oleificio Zucchi pubblica il XIX bilancio di sostenibilità

Oleificio Zucchi pubblica il XIX bilancio di sostenibilitàRoma, 3 dic. (askanews) – Oleificio Zucchi pubblica la XIX edizione del suo bilancio di sostenibilità: efficientamento energetico, emissioni ridotte, gestione sostenibile dell’acqua sono tra i punti cardine. L’azienda ha completato il secondo slot del parco fotovoltaico, consentendo di coprire il 96% del fabbisogno energetico dell’azienda con energia autoprodotta da fonti rinnovabili, tra fotovoltaico e cogenerazione. Inoltre, è proseguito il percorso di riduzione delle emissioni di gas serra grazie a interventi come la sostituzione di impianti tradizionali con tecnologie a basso impatto ambientale, incluso il completamento dell’installazione di compressori ad alta efficienza.


Sul fronte della gestione sostenibile dell’acqua: l’azienda ha avviato iniziative per ridurre il consumo idrico del 30% entro il 2027, attraverso interventi tecnologici per il riutilizzo industriale delle acque trattate dal depuratore. Ancora, l’azienda ha portato avanti progetti per valutare l’impatto ambientale lungo il ciclo di vita dei propri prodotti, come la transizione verso l’uso di imballaggi con PET riciclato (R-PET) entro il 2027, rafforzando il proprio impegno per la sostenibilità. Uno dei tasselli più importanti del percorso verso un futuro più sostenibile nel settore oleario è stata la presentazione ufficiale al ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida delle Linee Guida per la valutazione e la comunicazione della sostenibilità degli oli da olive italiani, un progetto innovativo che Oleificio Zucchi ha coordinato in collaborazione con istituti accademici di prestigio. Questo documento rappresenta un traguardo significativo per la definizione di parametri chiari e trasparenti sulla sostenibilità del comparto olivicolo, ponendo le basi per una filiera olivicola più responsabile e tracciata.

Granarolo consegue la certificazione per la parità di genere

Granarolo consegue la certificazione per la parità di genereRoma, 3 dic. (askanews) – Granarolo ha ottenuto la certificazione per la parità di genere UNI/PdR 125:2022 per tutte le sue sedi in Italia. “La certificazione per la parità di genere testimonia l’impegno e i risultati raggiunti dal nostro Gruppo per rimuovere ogni barriera, che pregiudichi l’accesso e la crescita professionale in azienda in base al genere, è un passaggio significativo per un’azienda che vuole essere un esempio virtuoso in tutti i territori italiani in cui opera, anche in termini di responsabilità sociale ed equità”, commenta in una nota il presidente Gianpiero Calzolari.


L’introduzione del sistema di gestione per la parità di genere, secondo la prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022, prevede la misurazione, rendicontazione e valutazione di un insieme di indicatori distribuiti in alcune aree, con l’obiettivo di colmare le aree scoperte eventualmente esistenti e produrre un cambiamento sostenibile e proiettato nel tempo, in virtù di un piano strategico dedicato. L’ottenimento della Certificazione per la parità di genere era uno dei 5 obiettivi strategici di sostenibilità del Piano Industriale 2024-2028 avviato a seguito dell’ingresso nel capitale del Gruppo Granarolo della Cassa di Depositi e Prestiti ed Enpaia.

Lollobrigida: minore protezione lupo è una grande notizia

Lollobrigida: minore protezione lupo è una grande notiziaRoma, 3 dic. (askanews) – “L’approvazione del declassamento dello stato di protezione del lupo da parte del Comitato permanente della Convenzione di Berna è una grande notizia, frutto di una posizione ampiamente condivisa dell’Unione Europea, che l’Italia, tra le prime Nazioni, ha sollecitato”. Così in una nota il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida commenta la notizia che il comitato permanente della convenzione di Berna ha votato a favore della proposta dell’UE di adeguare lo status di protezione del lupo da “strettamente protetto” a “protetto”. La modifica entrerà in vigore il 7 marzo 2025.


“Una decisione che – continua il ministro – sulla base di dati scientifici, permetterà di portare avanti un’attività di razionalizzazione per garantire la specie e le attività produttive che, in molte zone d’Italia, sono state messe in difficoltà”. “L’allevamento estensivo, il turismo e la stessa sicurezza di animali e persone – sottolinea ancora Lollobrigida – sono ormai da troppo tempo messe in pericolo da una presenza eccessiva di grandi carnivori. Finalmente si torna a ragionare con pragmatismo, superando posizioni ideologiche farneticanti, dannose per l’ambiente e per le attività umane”.


“Auspichiamo si possa ora lavorare rapidamente al fine di garantire la salvaguardia della specie in un quadro di garanzia più ampia per tutte le attività”, ha concluso il ministro.

Convenzione Berna adotta proposta Ue: da marzo lupo meno protetto

Convenzione Berna adotta proposta Ue: da marzo lupo meno protettoRoma, 3 dic. (askanews) – Oggi il comitato permanente della convenzione di Berna ha votato a favore della proposta dell’UE di adeguare lo status di protezione del lupo da “strettamente protetto” a “protetto”. La modifica entrerà in vigore il 7 marzo 2025. Dopo questa data l’Unione europea sarà in grado di adeguare i corrispondenti allegati della direttiva Habitat e la Commissione proporrà una modifica legislativa mirata, che dovrà essere adottata dal Parlamento europeo e dal Consiglio.


“Notizie importanti per le nostre comunità rurali e i nostri agricoltori – ha commentato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen – La convenzione di Berna ha deciso di adeguare lo status di protezione dei lupi. Perché abbiamo bisogno di un approccio equilibrato tra la conservazione della fauna selvatica e la protezione dei nostri mezzi di sussistenza”. La richiesta era stata avanzata nel dicembre 2023 dalla Commissione Europea sulla base di un’analisi approfondita dello status del lupo nell’Ue, con la richiesta di modificare lo status di protezione del lupo, che è stato poi adottato dal Consiglio nel settembre 2024. La proposta della Commissione corrispondeva anche alla posizione espressa dal Parlamento europeo nel novembre 2022.


Questo cambiamento darà maggiore flessibilità agli Stati membri nella gestione delle loro popolazioni locali di lupi. Allo stesso tempo, poiché il lupo rimarrà una specie protetta, le misure di conservazione e di gestione degli Stati membri dovranno ancora raggiungere e mantenere uno stato di conservazione soddisfacente. Gli investimenti in adeguate misure di prevenzione dei danni rimangono essenziali, spiega la Commissione Ue, per ridurre la predazione del bestiame e la Commissione “continuerà ad aiutare gli Stati membri e le parti interessate nell’elaborazione e nell’attuazione di tali misure attraverso finanziamenti e altre forme di sostegno”.

Con fotovoltaico persi 400 ettari di suolo agricolo nel 2023

Con fotovoltaico persi 400 ettari di suolo agricolo nel 2023Roma, 3 dic. (askanews) – Tra abbandoni, cementificazioni e cambi di destinazione sono stati persi, nel 2023, altri 4.000 ettari di suolo agricolo, secondo il Rapporto ISPRA 2024. Un fenomeno dovuto anche all’installazione di impianti fotovoltaici a terra che, in base a una stima Ismea ha coinvolto poco meno di 400 ettari, il 9,5% del suolo agricolo consumato nell’anno, seppure con una diversa intensità territoriale.


Il Focus Ismea, abbinato al Rapporto Ispra presentato oggi a Roma, rivela, a livello di macro-ripartizioni geografiche, una maggiore incidenza dei suoli agricoli convertiti a fotovoltaico al Nord, con il 46,5% dei circa 400 ettari, contro il 40% di Sud e Isole e il 13,5% del Centro Italia. Il Veneto, con poco più del 17% del totale, apre la classifica regionale, seguito da Piemonte e Sicilia, con circa il 14% ciascuno, e da Lazio e Sardegna con quote rispettivamente dell’11,5% e dell’11%. Marginale l’effetto “covering” da fotovoltaico in Puglia, con poco più del 2% dei 400 ettari nazionali, e soprattutto in Umbria, Marche, Toscana e Campania (ciascuna con 1% circa di quota), nessun contributo, invece, da Trentino-Alto Adige, Val d’Aosta, Liguria, Molise e Calabria.


Il fenomeno, che implica un effettivo consumo di suolo agricolo ma che, a differenza della cementificazione, non assume carattere irreversibile, ha interessato per il 51% aree rurali con agricoltura di tipo intensivo, collocate in prevalenza in territori di pianura e collina, il cui impatto sul piano economico e produttivo è significativamente maggiore rispetto ad altri contesti. Un altro 28% ricade in ambiti classificati “intermedi”, il 13% in aree interne con problemi di sviluppo, soggette anche a fenomeni di spopolamento, e solo l’8% in aree urbane e periurbane. Non si tratta dunque di aree marginali; da rilevare, inoltre, una schiacciante prevalenza dei seminativi, per lo più in territori di pianura. Al Centro-Nord il 95% delle superfici agricole dirottate sul fotovoltaico riguarda questa tipologia colturale, contro il 77% del Mezzogiorno. Al Sud e nelle Isole si osserva un significativo coinvolgimento anche delle colture permanenti (20%), con un quinto dei terreni agricoli disimpegnati per fare posto ai pannelli solari situato in zone montane o pedemontane.


Complessivamente, la copertura di suolo nazionale con pannelli fotovoltaici ha cumulato negli anni un’estensione di circa 18.000 ettari, tra suoli agricoli ed extra-agricoli. Il Focus ISMEA fornisce anche una stima del valore fondiario dei terreni transitati al “solare” nel 2023, pari a 9,7 milioni di euro, effettuata a partire dagli indicatori agronomici-estimativi derivati dalle banche dati dell’Istituto. “Lo scopo – spiega il direttore generale Ismea Sergio Marchi – è monitorare in maniera continuativa i dati sul consumo e sull’uso del suolo in Italia, in ottica valutativa e anticipatrice rispetto alle possibili implicazioni agricole, rurali e di sovranità alimentare. Sono tematiche che contribuiranno a migliorare la comprensione dei fenomeni in atto a supporto della governance del sistema agroalimentare, con valutazioni d’impatto sulle relazioni tra diverse opzioni, anche sul trade-off tra la conservazione e il rafforzamento del potenziale produttivo agricolo del Paese e lo sviluppo di energie rinnovabili”.

Slow Food: stop speculazioni, ora legge per salvare suolo agricolo

Slow Food: stop speculazioni, ora legge per salvare suolo agricoloRoma, 3 dic. (askanews) – Stop alla speculazione sul suolo: si cominci recuperando i capannoni in disuso e installando il fotovoltaico su aree dismesse, infrastrutture e parcheggi Slow Food Italia chiede un censimento nazionale degli spazi oggi non sfruttati e una legge per salvare il suolo agricolo. Secondo il rapporto Ispra 2024 sul consumo di suolo, presentato oggi, si registrano venti ettari di suolo al giorno persi, al ritmo 2,3 metri quadrati ogni secondo: nel giro di dodici mesi appena, in Italia, le nuove coperture artificiali si sono mangiate altri 72,5 chilometri quadrati di suolo.


Il consumo di suolo avanza, rileva Slow Food, anche se non ve ne sarebbe affatto bisogno, visto che la popolazione che vive in Italia continua a diminuire. Nel rapporto si scopre che, tra il 2006 e il 2023, il 12,5% del consumo totale di suolo è imputabile agli impianti fotovoltaici a terra: il dato è estremamente rilevante, tanto più se si mette a confronto con le altre voci come la costruzione di edifici e fabbricati (16% del totale) o strade pavimentate (8%). Nel 2023, gli ettari consumati per far posto a impianti fotovoltaici a terra è aumentato del 60% rispetto all’anno precedente (421 ettari rispetto ai 265 ettari della rilevazione del 2022). Veneto, Piemonte e Sicilia guidano questa classifica tanto triste quanto assurda, se si pensa che (sempre dall’analisi di Ispra) installando pannelli fotovoltaici “sui tetti degli edifici e dei fabbricati esistenti, esclusi i centri storici dei principali comuni e tutti i centri e agglomerati urbani minori”, si raggiungerebbe la soglia di energia rinnovabile prevista dal Piano nazionale integrato energia e clima.


Non solo: nel 2023, altri 504 ettari di suolo consumato sono imputabili alla logistica e alla grande distribuzione. “Si tratta di un’altra assurdità – spiega Slow Food – se si pensa all’abbondanza di capannoni già costruiti e attualmente vuoti. È sufficiente spostarsi nelle periferie industriali di qualsiasi città italiana per rendersi conto dell’offerta di spazi oggi inutilizzati”. “Alla luce di questi dati, Slow Food Italia – dichiara Barbara Nappini, presidente dell’associazione – chiede alle istituzioni e agli organi di governo dei provvedimenti per frenare il consumo di terreno agricolo; l’installazione dei pannelli fotovoltaici sui tetti degli edifici e delle strutture già esistenti, salvaguardando il terreno fertile e la realizzazione di un censimento degli spazi commerciali di grande dimensione oggi inutilizzati, promuovendone il riutilizzo”.


Infine, Slow Food Italia rivolge un appello ai cittadini: “se si dispone di una porzione di terra, anche se di dimensioni esigue o in ambito urbano, la si destini a un piccolo orto o a una siepe fiorita con essenze amiche degli impollinatori, lasciando i pannelli sul tetto”.

Dop il formaggio greco Tsalafouti e succedaneo turco del caffè

Dop il formaggio greco Tsalafouti e succedaneo turco del caffèRoma, 3 dic. (askanews) – Il formaggio greco Tsalafouti e il succedaneo turco del caffè “Gaziantep Melengiç Kahvesi” sono diventati Dop, portando così a 3.639 il numero dei prodotti agricoli europei già protetti.


La “Tsalafouti”, un formaggio bianco spalmabile originario della Grecia, dalla consistenza morbida e cremosa e dall’aroma delicato che riflette le erbe locali consumate dagli animali che pascolano liberi nella regione. Il formaggio viene prodotto fin dal XVII secolo all’estremità centro-meridionale della catena montuosa del Pindo, principalmente con latte di pecora. La sua produzione riflette il clima, la flora e le pratiche agricole specifiche della regione, che contribuiscono al gusto unico e alla qualità eccezionale del formaggio. Il “Gaziantep Melengiç Kahvesi” è un succedaneo del caffè turco ottenuto tostando e macinando i semi del terebinto, un albero che cresce naturalmente nelle regioni montuose della provincia di Gaziantep, nel sud-est della Turchia. I semi di terebinto sono stati utilizzati nella regione per produrre un succedaneo del caffè fin dal XVI secolo. Il clima soleggiato e il terreno accidentato di Gaziantep esaltano il contenuto di olio e il sapore dei semi, mentre le tradizionali tecniche di tostatura perfezionate dai produttori locali garantiscono un prodotto di alta qualità.

Il Cappone di Racconigi diventa il 344esimo Pat del Piemonte

Il Cappone di Racconigi diventa il 344esimo Pat del PiemonteRoma, 3 dic. (askanews) – Il Cappone di Racconigi diventa da oggi il 344esimo Prodotto Agroalimentare Tradizionale (Pat) del Piemonte grazie a una delibera proposta dall’assessore al Commercio, Agricoltura e Cibo, Caccia e Pesca, Parchi della Regione Piemonte Paolo Bongioanni che aggiorna l’elenco dei Pat riconosciuti a livello nazionale dal ministero dell’Agricoltura.


Spiega l’assessore Bongioanni in una nota: “il Cappone di Racconigi, che si fregia dell’appellativo ‘Reale’ proprio della città sabauda, è un prodotto dalle qualità organolettiche eccezionali, conosciuto da secoli e attestato dalla storia e dalla tradizione agroalimentare di quell’area del Piemonte. Mi congratulo con il sindaco di Racconigi Valerio Oderda e con i suoi collaboratori di maggioranza per avere saputo aggregare attorno al progetto i produttori locali e costruire in questo modo la candidatura al prestigioso riconoscimento nazionale”. “Attendevamo da tempo questo momento – sottolinea il sindaco di Racconigi Valerio Oderda – È il coronamento della prima fase di valorizzazione dei nostri prodotti locali che ben si combinano sia con i Distretti del Cibo sia con le altre azioni del Ministero e dell’Assessorato regionale all’Agricoltura in cui ci riconosciamo pienamente”.


Il Cappone di Racconigi è il maschio castrato delle razze di gallina Bionda Piemontese e Bianca di Saluzzo. La scheda dei Pat disciplina con norme precise l’allevamento e l’alimentazione dell’animale, le sue caratteristiche fisiche e organolettiche e certifica una tradizione attestata ininterrottamente da almeno 25 anni nelle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura. La richiesta di inserimento del Cappone di Racconigi è stata presentata dal Consorzio di Valorizzazione del Real Cappone di Racconigi il 15 marzo 2024. L’allevamento del Cappone di Racconigi avviene ancora oggi nei Comuni in provincia di Cuneo in cui si è sviluppato storicamente: oltre che a Racconigi, principale centro di commercializzazione, anche nei vicini Comuni di Cavallermaggiore, Cavallerleone, Caramagna Piemonte, Monasterolo di Savigliano, Marene, Polonghera, Sommariva del Bosco, Murello, Savigliano, Ruffia, Fossano e altri.

Pesca, Spagna: difenderemo a Bruxelles vitalità flotta spagnola

Pesca, Spagna: difenderemo a Bruxelles vitalità flotta spagnolaRoma, 3 dic. (askanews) – La Spagna nel prossimo Agrifish in programma il 9 e 10 dicembre a Bruxelle “difenderà le quote di pesca che garantiscono la vitalità e la redditività della flotta spagnola e dalle quali dipende anche l’economia delle zone rurali costiere”. Ad assicurarlo è stato il ministro dell’Agricoltura, della Pesca e dell’Alimentazione, Luis Planas, che ieri ha presieduto, in videoconferenza, i Consigli consultivi per gli affari comunitari della Politica agricola e della Pesca, nei quali ha analizzato con i consiglieri delle comunità autonome le questioni che saranno discusse durante i negoziati la prossima settimana a Bruxelles.


Nel precedente Agrifish Spagna, Francia e Italia avevano firmato una dichiarazione congiunta per chiedere alla Commissione una moratoria sulle misure di gestione della pesca nel Mediterraneo per il 2025. Tra i temi che saranno discussi in Agrifish, dove si cercherà di trovare un accordo politico sulla pesca, spicca il dibattito sulle possibilità di pesca nell’Atlantico per il 2025 e il 2026, per gli stock ittici che sono di esclusiva responsabilità dell’UE, poiché i negoziati con Regno Unito e Norvegia sono ancora aperti. Planas ha sottolineato la complessità di questi negoziati, anche se la Spagna insisterà affinché si tenga conto dell’impatto sociale ed economico quando si stabiliscono i totali ammissibili di catture (TAC) e le quote.


Per quanto riguarda il Mediterraneo, Planas anticipa che i negoziati saranno complessi, dato che quest’anno termina il periodo transitorio di 5 anni del Piano pluriennale e che la proposta fatta dalla Commissione Europea è una “proposta deludente”, che non tiene conto degli sforzi compiuti dal il settore della pesca. Secondo il ministro, questa proposta “ostacola la vitalità della flotta da traino”. Planas ha sottolineato che le quote per l’Organizzazione della pesca del Nord Atlantico (NAFO) sono già state concordate, con buoni risultati per la flotta balacadera spagnola, in particolare quella galiziana, che, dopo 32 anni di moratoria, potrà tornare a pescare nelle acque internazionali dei grandi banchi di Terranova. Ha inoltre apprezzato i miglioramenti ottenuti durante la riunione della Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico (ICCAT).


In relazione alle questioni agricole, il ministro ha riferito che l’Agrifish affronterà anche lo stato della regolamentazione delle piante ottenute con le nuove tecniche genomiche (NGT). A questo proposito, ha affermato che la Spagna continuerà a lavorare per ottenere un accordo da parte del Consiglio che faciliti l’immissione sul mercato degli impianti NGT, soprattutto di quelli che possono essere considerati equivalenti a quelli ottenuti con il miglioramento convenzionale.

Vino, nel 2024 bene l’export (+4%, oltre 8 mld), Gdo fa ancora fatica

Vino, nel 2024 bene l’export (+4%, oltre 8 mld), Gdo fa ancora faticaMilano, 3 dic. (askanews) – Dopo un 2023 in leggero calo sul fronte dell’export (a valori) e un mercato nazionale sotto effetto inflazione, che ha portato ad una riduzione delle vendite in quantità di vino in Gdo di quasi il 3%, il 2024 dovrebbe chiudersi secondo le stime di Nomisma Wine Monitor con un segno positivo nell’export superiore al 4%, arrivando così a superare, seppur di poco, la fatidica soglia degli 8 miliardi di euro. Diverso il caso delle vendite sul mercato nazionale nel canale moderno, dove nei primi 9 mesi di quest’anno, si evidenzia ancora un calo a volume del -1,5% che difficilmente si riuscirà a recuperare entro Capodanno.


Secondo l’ultimo Report Wine Monitor di Nomisma sulle importazioni di vino nei principali 12 mercati mondiali (che rappresentano oltre il 60% del valore degli acquisti globali di vino), alla fine del terzo trimestre 2024 veniva confermato un calo aggregato degli acquisti in valore dall’estero del -2,6%. Tra i top mercati analizzati, solo Cina e Brasile emergevano con incrementi sensibilmente positivi sia in termini di valore che di volume. In particolare, il risultato della Cina (+27%) era attribuibile principalmente al ritorno dei vini australiani sul mercato, reso possibile dall’eliminazione dei “super dazi2 imposti dal governo di Pechino dal 2021. Per quanto riguarda gli acquisti dall’Italia, trend positivi a valore si riscontravano, nel caso dei vini fermi imbottigliati, negli Stati Uniti e in Canada mentre si evidenziavano crescite più rilevanti per gli spumanti italiani in Australia, Francia, Stati Uniti, Canada e Regno Unito. Inutile sottolineare come, anche nel 2024, l’export di vino italiano sia sostenuto dagli spumanti e, in particolare dal Prosecco (ormai 2 bottiglie su 10 di vino italiano esportato riguardano questa Denominazione).


“Al di là dell’ennesima performance positiva degli spumanti – racconta Denis Pantini, responsabile Wine Monitor di Nomisma – l’export di vino italiano risulta influenzato da numerosi fattori, sia di carattere geopolitico che economico e che stanno portando le imprese ad una maggior diversificazione dei mercati presidiati”. Basti infatti pensare, in merito alle tante incognite che gravano sui mercati internazionali, alla minaccia non troppo velata dei dazi aggiuntivi paventati dal neo-eletto presidente Trump a partire dall’anno prossimo, ma anche all’incremento nelle accise su vini e bevande alcoliche già applicato in Russia e a quello programmato nel Regno Unito a partire dal 1 febbraio 2025. “Il rischio di dazi aggiuntivi sulle importazioni negli Stati Uniti – aggiunge Pantini – potrebbe generare impatti indiretti nell’export anche in altri mercati importanti per il vino italiano come quello tedesco, la cui economia già sotto pressione, potrebbe ulteriormente indebolirsi, alla luce dell’obiettivo di Trump di ridurre il deficit della bilancia commerciale americana e che nel caso del rapporto con la Germania è pari a circa 80 miliardi di euro”. I primi segnali di una maggior diversificazione dei mercati esteri da parte del vino italiano sono desumibili dalla dicotomia nelle performance del nostro export registrata durante l’anno in corso: mentre in diversi mercati consolidati si registrano variazioni negative (Germania in primis, ma anche Svizzera, Francia, Norvegia), in altri paesi, il cui peso individuale sul nostro export complessivo non supera l’1%, stanno emergendo crescite a doppia cifra percentuale. È il caso, ad esempio, dell’Austria, dell’Irlanda, del Brasile, della Romania, della Croazia, della Tailandia e di tanti altri ancora che, in questo 2024 denso di incognite, sembrano sostenere la crescita delle nostre vendite oltre frontiera.


Restando invece entro i confini nazionali, le vendite di vino nel canale retail – analizzate nel Report Wine Monitor, NIQ sul canale off-trade – danno conto di una timida ripresa nel terzo trimestre 2024, che però non è stata in grado di portare il cumulato dei primi nove mesi in territorio positivo, per quanto riguarda i volumi di vino venduto. Una riduzione che risulta comune a tutti i format distributivi, ma non alle diverse categorie. Se infatti i vini fermi e frizzanti denotano i cali maggiori nelle quantità vendute, sottolinea sempre il Report Wine Monitor di Nomism,a che si fanno più pesanti nell’e-commerce, continuano invece a spiccare positivamente le performance degli spumanti che, sulla scia di un trend iniziato nei mesi passati, vantano crescite a volume in tutti i canali di vendita, per quanto risulti ancora evidente l’impatto del carovita sulle tasche degli italiani che, nella scelta delle bollicine, stanno privilegiando gli spumanti generici, e più economici, ai danni di quelli Dop.