Vino, nel 2024 bene l’export (+4%, oltre 8 mld), Gdo fa ancora faticaMilano, 3 dic. (askanews) – Dopo un 2023 in leggero calo sul fronte dell’export (a valori) e un mercato nazionale sotto effetto inflazione, che ha portato ad una riduzione delle vendite in quantità di vino in Gdo di quasi il 3%, il 2024 dovrebbe chiudersi secondo le stime di Nomisma Wine Monitor con un segno positivo nell’export superiore al 4%, arrivando così a superare, seppur di poco, la fatidica soglia degli 8 miliardi di euro. Diverso il caso delle vendite sul mercato nazionale nel canale moderno, dove nei primi 9 mesi di quest’anno, si evidenzia ancora un calo a volume del -1,5% che difficilmente si riuscirà a recuperare entro Capodanno.
Secondo l’ultimo Report Wine Monitor di Nomisma sulle importazioni di vino nei principali 12 mercati mondiali (che rappresentano oltre il 60% del valore degli acquisti globali di vino), alla fine del terzo trimestre 2024 veniva confermato un calo aggregato degli acquisti in valore dall’estero del -2,6%. Tra i top mercati analizzati, solo Cina e Brasile emergevano con incrementi sensibilmente positivi sia in termini di valore che di volume. In particolare, il risultato della Cina (+27%) era attribuibile principalmente al ritorno dei vini australiani sul mercato, reso possibile dall’eliminazione dei “super dazi2 imposti dal governo di Pechino dal 2021. Per quanto riguarda gli acquisti dall’Italia, trend positivi a valore si riscontravano, nel caso dei vini fermi imbottigliati, negli Stati Uniti e in Canada mentre si evidenziavano crescite più rilevanti per gli spumanti italiani in Australia, Francia, Stati Uniti, Canada e Regno Unito. Inutile sottolineare come, anche nel 2024, l’export di vino italiano sia sostenuto dagli spumanti e, in particolare dal Prosecco (ormai 2 bottiglie su 10 di vino italiano esportato riguardano questa Denominazione).
“Al di là dell’ennesima performance positiva degli spumanti – racconta Denis Pantini, responsabile Wine Monitor di Nomisma – l’export di vino italiano risulta influenzato da numerosi fattori, sia di carattere geopolitico che economico e che stanno portando le imprese ad una maggior diversificazione dei mercati presidiati”. Basti infatti pensare, in merito alle tante incognite che gravano sui mercati internazionali, alla minaccia non troppo velata dei dazi aggiuntivi paventati dal neo-eletto presidente Trump a partire dall’anno prossimo, ma anche all’incremento nelle accise su vini e bevande alcoliche già applicato in Russia e a quello programmato nel Regno Unito a partire dal 1 febbraio 2025. “Il rischio di dazi aggiuntivi sulle importazioni negli Stati Uniti – aggiunge Pantini – potrebbe generare impatti indiretti nell’export anche in altri mercati importanti per il vino italiano come quello tedesco, la cui economia già sotto pressione, potrebbe ulteriormente indebolirsi, alla luce dell’obiettivo di Trump di ridurre il deficit della bilancia commerciale americana e che nel caso del rapporto con la Germania è pari a circa 80 miliardi di euro”. I primi segnali di una maggior diversificazione dei mercati esteri da parte del vino italiano sono desumibili dalla dicotomia nelle performance del nostro export registrata durante l’anno in corso: mentre in diversi mercati consolidati si registrano variazioni negative (Germania in primis, ma anche Svizzera, Francia, Norvegia), in altri paesi, il cui peso individuale sul nostro export complessivo non supera l’1%, stanno emergendo crescite a doppia cifra percentuale. È il caso, ad esempio, dell’Austria, dell’Irlanda, del Brasile, della Romania, della Croazia, della Tailandia e di tanti altri ancora che, in questo 2024 denso di incognite, sembrano sostenere la crescita delle nostre vendite oltre frontiera.
Restando invece entro i confini nazionali, le vendite di vino nel canale retail – analizzate nel Report Wine Monitor, NIQ sul canale off-trade – danno conto di una timida ripresa nel terzo trimestre 2024, che però non è stata in grado di portare il cumulato dei primi nove mesi in territorio positivo, per quanto riguarda i volumi di vino venduto. Una riduzione che risulta comune a tutti i format distributivi, ma non alle diverse categorie. Se infatti i vini fermi e frizzanti denotano i cali maggiori nelle quantità vendute, sottolinea sempre il Report Wine Monitor di Nomism,a che si fanno più pesanti nell’e-commerce, continuano invece a spiccare positivamente le performance degli spumanti che, sulla scia di un trend iniziato nei mesi passati, vantano crescite a volume in tutti i canali di vendita, per quanto risulti ancora evidente l’impatto del carovita sulle tasche degli italiani che, nella scelta delle bollicine, stanno privilegiando gli spumanti generici, e più economici, ai danni di quelli Dop.