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L’Eso rivela “Gallina in corsa” nella costellazione del Centauro

L’Eso rivela “Gallina in corsa” nella costellazione del CentauroRoma, 21 dic. (askanews) – In tema festivo l’Osservatorio australe europeo (Eso) diffonde l’immagine da 1,5 miliardi di pixel della nebulosa “Running Chicken” – tradotto “Gallina in corsa” anche se in Italia è nota come Nebulosa di Lambda Centauri – catturata dal VST (VLT Survey Telescope), telescopio dell’Inaf ospitato presso il sito dell’ESO al Paranal in Cile.

Questo ampio vivaio stellare si trova nella costellazione del Centauro, a circa 6.500 anni luce dalla Terra. Stelle giovani all’interno della nebulosa emettono intense radiazioni che fanno brillare l’idrogeno gassoso circostante con sfumature rosa. La Nebulosa “Running Chicken” in realtà è composta da diverse regioni, tutte visibili nell’immagine che si estende su un’area di cielo pari a circa 25 Lune piene. La regione più luminosa all’interno della nebulosa è chiamata IC 2948, che alcuni vedono come la testa del pollo, mentre altri la interpretano come la coda. I sottili contorni pastello sono eterei pennacchi di gas e polvere. Verso il centro dell’immagine, contrassegnato da una struttura luminosa, verticale, quasi a forma di pilastro, c’è IC 2944. Lo scintillio più luminoso in questa particolare regione indica Lambda Centauri, una stella visibile a occhio nudo, molto più vicina a noi della nebulosa.

Ci sono invece molte giovani stelle all’interno di IC 2948 e IC 2944 ma, sebbene siano luminose, sicuramente – osserva l’Eso – non sono felici: emettendo grandi quantità di radiazioni, distruggono il proprio ambiente rendendolo proprio a forma, … di pollo. Alcune regioni della nebulosa, conosciute come globuli di Bok, possono resistere al feroce bombardamento della radiazione ultravioletta che pervade tutta la regione. Ingrandendo l’immagine, le si possono vedere: piccole, scure e dense sacche di polvere e gas sparse sulla nebulosa. Oltre alle nebulose, si vedono innumerevoli stelle arancioni, bianche e blu, come fuochi d’artificio nel cielo. L’immagine è un grande mosaico composto da centinaia di fotogrammi separati, accuratamente ricuciti insieme. Le singole immagini sono state scattate attraverso filtri che lasciano passare luce di colori diversi e che sono poi state combinate nel risultato finale. Le osservazioni sono state condotte con la fotocamera a grande campo OmegaCAM installata sul VST, un telescopio di proprietà dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) in Italia e ospitato dall’ESO nel suo sito del Paranal nel deserto di Atacama in Cile, luogo ideale da cui mappare il cielo australe in luce visibile. I dati necessari per realizzare questo mosaico sono stati ottenuti nell’ambito della survey Vphas+, un progetto volto a comprendere meglio il ciclo di vita delle stelle.

(Crediti: ESO/VPHAS+ team)

Spazio, missione a ‘occhi di aragosta’ ai raggi X pronta al lancio

Spazio, missione a ‘occhi di aragosta’ ai raggi X pronta al lancioRoma, 21 dic. (askanews) – Il satellite Einstein Probe dell’Accademia Cinese delle Scienze (CAS) è pronta per il lancio nel gennaio 2024. Dotata di una nuova generazione di strumenti a raggi X ad alta sensibilità e con una visuale molto ampia, questa missione monitorerà il cielo e andrà a caccia di potenti esplosioni di luce a raggi X provenienti da misteriosi oggetti celesti come stelle di neutroni e buchi neri.

Einstein Probe è una collaborazione guidata da CAS con l’Agenzia Spaziale Europea (Esa) e il Max Planck Institute for Extraterrestrial Physics (MPE), Germania. In cambio del contributo allo sviluppo di questa missione e alla definizione dei suoi obiettivi scientifici, l’Esa avrà accesso al 10% dei dati generati dalle osservazioni di Einstein Probe. “Grazie al suo design innovativo, Einstein Probe è in grado di monitorare grandi aree del cielo in un colpo d’occhio. In questo modo possiamo scoprire molte nuove sorgenti, e allo stesso tempo studiare su lunghi periodi il comportamento della luce X proveniente da oggetti celesti conosciuti”, afferma Erik Kuulkers, Einstein Probe Project Scientist dell’Esa.

A differenza delle stelle che punteggiano il cielo notturno e segnano in modo affidabile le costellazioni, la maggior parte delle sorgenti ai raggi X è altamente variabile. L’intensità della luce di questi oggetti – spiega l’Esa – muta continuamente, e molte sorgenti X compaiono brevemente in cielo prima di scomparire per lunghi periodi (sorgenti transitorie) o per sempre. Alimentata dagli eventi cosmici più tumultuosi, la luce a raggi X proveniente da sorgenti astronomiche è spesso imprevedibile. Tuttavia, contiene informazioni fondamentali su alcuni degli oggetti e fenomeni più enigmatici del nostro Universo. I raggi X sono associati a collisioni tra stelle di neutroni, esplosioni di supernova, materia che cade su buchi neri o stelle iper-dense, o particelle ad alta energia che vengono espulse da dischi di materiale ardente che circondano tali oggetti esotici e misteriosi. La capacità di localizzare nuove sorgenti X è fondamentale per individuare l’origine delle onde gravitazionali. Quando due oggetti massicci iper-densi come due stelle di neutroni o buchi neri si schiantano, creano onde nel tessuto dello spazio-tempo che si propagano attraverso le distanze cosmiche arrivando fino a noi. Diversi rivelatori sulla Terra sono ora in grado di registrare questo segnale, ma spesso non riescono a localizzarne la sorgente. Se sono coinvolte stelle di neutroni, un tale ‘incidente cosmico’ è accompagnato da un’enorme esplosione di energia a tutte le lunghezze d’onda dello spettro della luce, e soprattutto nei raggi X. Consentendo agli scienziati di studiare rapidamente questi eventi di breve durata, Einstein Probe ci aiuterà a identificare l’origine di molti eventi di onde gravitazionali che vengono registrati dagli strumenti a terra.

Per raggiungere tutti questi obiettivi scientifici, la missione Einstein Probe è dotata di una nuova generazione di strumenti ad alta sensibilità e la capacità di osservare ampie aree del cielo: il Wide-field X-ray Telescope (WXT) – telescopio a raggi X ad ampio campo) – e il Follow-up X-ray Telescope (FXT) – telescopio a raggi X di follow-up. WXT ha un design ottico modulare che si ispira all’anatomia degli occhi di un’aragosta e utilizza l’innovativa tecnologia Micro Pore Optics. Questo permette allo strumento di osservare 3600 gradi-quadrati (quasi un decimo della sfera celeste) in un colpo solo. Grazie a questa capacità, Einstein Probe può tenere d’occhio quasi tutto il cielo notturno in tre orbite intorno alla Terra (ciascuna orbita impiega 96 minuti).

Nuove sorgenti X o altri eventi interessanti avvistati da WXT verranno poi seguiti e studiati in dettaglio con il più sensibile FXT. Il satellite trasmetterà anche un segnale di allerta a terra per attivare altri telescopi (a terra e nello spazio) che operano ad altre lunghezze d’onda (dal radio ai raggi gamma). Questi punteranno rapidamente verso la nuova sorgente per raccogliere preziosi dati su più lunghezze d’onda, consentendo così uno studio approfondito dell’evento. L’Esa ha svolto un ruolo importante nello sviluppo della strumentazione scientifica di Einstein Probe. Ha fornito supporto per testare e calibrare i rivelatori a raggi X e l’ottica di WXT. L’Agenzia spaziale europea ha sviluppato le ottiche di uno dei due telescopi FXT in collaborazione con MPE e Media Lario (Italia). Queste si basano sul design e sulla tecnologia della missione XMM-Newton dell’Esa e del telescopio X eRosita. MPE ha sviluppato le ottiche per l’altro elemento di FXT e i rivelatori delle due unità di FXT. Per FXT, l’Esa ha anche fornito il sistema per deviare elettroni indesiderati lontano dai rivelatori (il deviatore elettronico). Durante tutta la missione, le stazioni di terra dell’Esa saranno utilizzate per aiutare a scaricare i dati dal veicolo spaziale. L’Esa ha una lunga storia nel campo dell’astronomia ad alta energia. XMM-Newton e Integral osservano l’Universo nei raggi X e gamma da oltre due decenni e hanno portato a grandi progressi in questo campo. L’Esa inoltre partecipa alla X-Ray Imaging and Spectroscopy Mission (XRISM), guidata dalla Japan Aerospace Exploration Agency (JAXA) in collaborazione con la Nasa, lanciata nell’estate del 2023. “Le capacità di Einstein Probe sono altamente complementari agli studi approfonditi delle singole sorgenti cosmiche abilitate dalle altre missioni”, osserva Erik. “Questa missione a raggi X è anche il precursore ideale della missione New Athena dell’Esa, attualmente allo studio e destinata ad essere il più grande osservatorio a raggi X mai costruito”. (Crediti: Chinese Academy of Sciences)

Ricerca, trovate tracce di creme solari nelle nevi del Polo Nord

Ricerca, trovate tracce di creme solari nelle nevi del Polo NordRoma, 20 dic. (askanews) – Ritrovate tracce di creme solari al Polo Nord, sui ghiacciai dell’arcipelago delle Svalbard. Si depositano soprattutto in inverno, quando sull’Artico cala la notte. A misurarne la concentrazione e spiegarne l’origine è uno studio condotto da ricercatrici e ricercatori dell’Università Ca’ Foscari Venezia e dell’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp), in collaborazione con l’Università delle Svalbard.I risultati sono pubblicati sulla rivista scientifica “Science of the Total Environment”.

L’obiettivo del lavoro – spiegano Ca’ Foscari e Cnr in una nota – era fornire la prima panoramica della presenza ambientale dei prodotti per la cura personale in Artico, fornendo dati sulla loro distribuzione spaziale e stagionale nel manto nevoso. Grazie ad un progetto Arctic Field Grant finanziato dal Research Council of Norway, in collaborazione con il Cnr-Isp e la stazione di ricerca Italiana Dirigibile Italia a Ny Ålesund, è stato possibile condurre, tra aprile e maggio 2021, un campionamento da cinque ghiacciai, situati nella penisola di Brøggerhalvøya. La varietà dei siti selezionati sia in prossimità di insediamenti umani sia in luoghi più remoti, ha permesso di studiare la presenza e il comportamento dei contaminanti emergenti, composti tutt’ora in uso ma monitorati dalla comunità scientifica in quanto potenzialmente dannosi per l’ecosistema. I risultati hanno rivelato la presenza di diversi composti, come fragranze e filtri UV, che derivano dai prodotti per la cura personale di largo consumo, fino alle latitudini più estreme. “Questa è la prima volta che molti dei contaminanti analizzati, quali Benzofenone-3, Octocrilene, Etilesil Metossicinnamato e Etilesil Salicilato, vengono identificati nella neve artica”, afferma Marianna D’Amico, dottoranda in Scienze polari all’Università Ca’ Foscari Venezia e prima autrice dello studio.

“I risultati evidenziano come la presenza dei contaminanti emergenti nelle aree remote sia imputabile al ruolo del trasporto atmosferico a lungo raggio”, spiega Marco Vecchiato, ricercatore in Chimica analitica a Ca’ Foscari e co-autore del lavoro. “Infatti, le concentrazioni più alte sono state riscontrate nelle deposizioni invernali. Alla fine dell’inverno, le masse d’aria contaminate provenienti dall’Eurasia raggiungono più facilmente l’Artico”. “L’esempio più evidente riguarda proprio alcuni filtri UV normalmente presenti nelle creme solari. L’origine delle maggiori concentrazioni invernali di questi contaminanti non può che risiedere nelle regioni continentali abitate a latitudini più basse: alle Svalbard durante la notte artica il sole non sorge e non vengono utilizzate creme solari”, prosegue Vecchiato. La distribuzione di alcuni di questi contaminanti varia in base all’altitudine. La maggior parte dei composti ha concentrazioni maggiori a quote più basse, tranne l’Octocrilene e il Benzofenone-3, due filtri UV comunemente utilizzati nelle creme solari, che al contrario sono più abbondanti sulla cima dei ghiacciai, dove arrivano dalle basse latitudini trasportati dalla circolazione atmosferica.

Questi dati saranno utili per definire piani di monitoraggio nell’area, contribuendo anche alla protezione dell’ecosistema locale. I contaminanti selezionati hanno già dimostrato effetti negativi sugli organismi acquatici alterando le funzionalità del sistema endocrino e ormonale. Alcuni di questi composti sono normati a livello locale in diverse isole del Pacifico e sono attualmente sotto indagine da parte dell’Unione Europea. In questo contesto, quantificare i processi di re-immissione in ambiente dei contaminanti di interesse emergente durante la fase di fusione della neve diventa una priorità per la protezione dell’ambiente artico nel prossimo futuro. “Sarà fondamentale comprendere i fenomeni di trasporto e deposizione di tali contaminanti nelle aree polari, soprattutto in relazione alle variazioni delle condizioni stagionali locali”, conclude Andrea Spolaor, ricercatore presso il Cnr-Isp. “Condizioni che stanno mutando rapidamente in risposta al cambiamento climatico, che in Artico avviene quattro volte più velocemente rispetto al resto del mondo”.

(Crediti: F. Scoto, Cnr – Unive)

Giornata Spazio, natura al centro del calendario Love Planet Earth

Giornata Spazio, natura al centro del calendario Love Planet EarthRoma, 15 dic. (askanews) – In occasione della Giornata Nazionale dello Spazio Telespazio ed e-GEOS presentano, in collaborazione con IUCN-Italia e Federparchi, l’edizione 2024 del calendario “Love Planet Earth”, l’iniziativa dedicata ai temi della sostenibilità raccontati attraverso gli occhi dei satelliti italiani COSMO-SkyMed.

Nel 2024, la sedicesima edizione il calendario “Love Planet Earth” propone un viaggio attraverso dodici luoghi del pianeta dove la natura, grazie anche al sostegno delle tecnologie spaziali, sta dimostrando tutta la sua capacità di resilienza, recuperando habitat e spazi che solo qualche anno fa le erano preclusi. Grazie alla collaborazione con IUCN Italia, la rappresentanza italiana dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura – organizzazione internazionale dedicata alla conservazione della biodiversità e alla promozione di pratiche sostenibili per la gestione delle risorse naturali – e alla Federparchi, che rappresenta il sistema delle aree protette in Italia, Love Planet Earth – informa una nota – racconta ad esempio quanto accade nel Parco naturale lombardo della Valle del Ticino, tra le provincie di Milano, Pavia e Varese, dove lo storione cobice – specie in stato di conservazione critico – sta lentamente, ma costantemente, ripopolando le acque dei fiumi della zona grazie ai numerosi programmi di protezione creati dalle autorità.

Nel calendario ad ogni immagine di una specie, infatti, si alterna una foto satellitare delle più belle aree protette del mondo. Nell’area protetta dell’isola Macquarie, nell’Oceano Pacifico tra la Nuova Zelanda e l’Antartide, Love Planet Earth ci racconta, ad esempio, un’altra storia di resilienza, con la popolazione di pinguino reale dal ciuffo dorato ormai in costante crescita dopo decenni di minacce. Viaggiando tra i quattro angoli del pianeta, dal Vietnam alla Spagna, dalle Galapagos agli Stati Uniti, le storie di Love Planet Earth 2024 sono mostrate attraverso le immagini elaborate da e-GEOS della costellazione italiana di satelliti COSMO-SkyMed, frutto degli investimenti e dell’impegno dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e del Ministero della Difesa. Monitorando costantemente la Terra, i satelliti COSMO-SkyMed di prima e seconda generazione svolgono una missione fondamentale nella salvaguardia del pianeta, offrendo un punto di vista privilegiato dell’incredibile biodiversità che lo contraddistingue.

Le specie raffigurate sono tutte segnalate nella “Lista Rossa mondiale IUCN” delle specie minacciate o in pericolo di estinzione. La Lista Rossa, istituita nel 1964 dalla IUCN e aggiornata periodicamente, è l’elenco più completo al mondo sullo stato di rischio di estinzione globale di specie animali, fungine e vegetali. La Lista Rossa IUCN è un indicatore fondamentale dello stato di salute della biodiversità mondiale nonché un importante strumento per informare e catalizzare l’azione per la tutela degli ecosistemi. Nel calendario ogni immagine riporta il simbolo della categorie di rischio della Lista Rossa IUCN assegnato alla specie ritratta. Le principali sono: In Pericolo Critico (CR), In Pericolo (EN), Vulnerabile (VU). Love Planet Earth è un’iniziativa concretizzatasi negli anni con l’organizzazione di mostre, eventi e la realizzazione di un calendario che ha l’obiettivo di sensibilizzare il pubblico sui temi della sostenibilità ed è parte del più ampio impegno di Leonardo, Telespazio ed e-GEOS su questi argomenti. Si tratta di un un’attenzione che parte dalla consapevolezza dello stretto legame che unisce il settore spaziale alla salvaguardia del Pianeta e al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda ONU 2030.

Villadei: ecco cosa faremo sull’ISS con la missione Ax-3 Voluntas

Villadei: ecco cosa faremo sull’ISS con la missione Ax-3 VoluntasWashington, 14 dic. (askanews) – Nel corso dell’evento Italian Space Food Project, a Washington (Usa), l’astronauta italiano Walter Villadei, Colonnello dell’Aeronautica Militare che il 10 gennaio 2024 (la sera del 9 negli Usa) volerà sull’ISS per la missione commerciale Ax-3 – Voluntas della Difesa italiana, con la Axiom Space, ha illustrato alcuni dettagli degli esperimenti scientifici che condurrà, anche in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), a bordo della Stazione Spaziale Internazionale durante le due settimane di permanenza.

Tra questi il programma ISOC (Italian Space Surveillance and Tracking Operation Center) per il monitoraggio e il tracciamento di detriti spaziali, allo scopo di evitare possibili collisioni ed esperimenti per capire quali sono i processi che innescano malattie come Alzheimer e Parkinson. “Una delle particolarità di questa missione – ha spiegato Villadei – è che abbiamo portato esperimenti che provengono dall’Aeronautica Militare, provengono dall’Asi e vengono dall’industria, quindi veramente è un’operazione di sistema che dimostra le opportunità che questo commercial space flight può offrire al Paese. Faremo circa 12 esperimenti e faremo altri esperimenti a terra, prima del volo, dopo il volo e continueremo a fare sperimentazione anche una volta rientrati dopo la missione. Quindi, prendendone alcuni da queste tre categorie, direi che, per quanto riguarda l’Aeronautica, facciamo due esperimenti molto importanti; il primo è collegato al fatto che questa nuova Space Economy richiede comunque anche una cornice di sicurezza. Quindi abbiamo un aumento della densità degli oggetti che popolano lo Spazio, dobbiamo conoscere dove voliamo altrimenti voleremo un po’ cechi. Questa capacità è una capacità che gli americani hanno sempre sviluppato e hanno messo a disposizione dei Paesi alleati, l’Europa la sta costruendo e l’Aeronautica Militare, l’Italia insieme ad altre istituzioni come l’Agenzia Spaziale Italiana e l’Istituto Nnazionale di Astrofisica (Inaf) sta contribuendo a questa capacità europea (l’Areonautica ha un centro operativo a Poggio Renatico) quindi, da bordo io simulerò, usando una piattaforma software, una manovra di collision avoidance, simuleremo un oggetto che sta mettendo a rischio la Stazione, tutto software based e verificheremo come la Stazione può reagire, facendo dei cambi orbitali. A terra oggi è tutto controllato dalla Space Force con la NASA, immaginate quando invece di 400 km saremo a 400.000 km o saremo verso Marte, queste capacità operative sono fondamentali. Quindi è una capacità che l’Aeronautica sta costruendo al servizio del Paese per garantire questa cornice di sicurezza”.

“Faremo anche altri esperimenti medici – ha continuato l’astronauta – per vedere come il fisico dell’astronauta si modifica quando è sottoposto a queste condizioni di accelerazione al decollo e al rientro, quindi l’Aeronautica guarda a questi aspetti nell’ottica di costruire le proprie capacità e incrementare le capacità operative”. . “Dal punto di vista dell’Asi, porta degli sperimenti molto interessanti che cercano di approfondire alcune dinamiche legate a malattie che con l’aging della società diventano più diffuse come l’Alzheimer e il Parkinson, quindi faremo degli esperimenti studiando i processi di aggregazione di alcune proteine che secondo gli esperti, sono dei processi che generano e innescano queste queste malattie”.

“Dal punto di vista industriale – ha concluso Villadei – abbiamo degli esperimenti interessanti che vengono dall’industria e puntano a mettere insieme competenze da settori differenti. Quindi, per esempio, dal settore fashion e dal settore dell’automotive, cercando di studiare e sviluppare nuovi tessuti. Quindi, porterò in volo due tute sperimentali; una tuta che monitora completamente l’astronauta quando va in volo, basata su tecnologie di tessuti ignifughi, resistenti e antimagnetici, quindi una classe di tute innovative che l’Aeronautica potrebbe utilizzare anche su piloti di futura generazione ma anche tute che consentono di controbilanciare gli effetti della microgravità, facendo un allenamento assistito. Quindi, queste tecnologie chiaramente possono avere un ritorno anche a terra molto utile, soprattutto su una società che, nel tempo, tendenzialmente aumenta come età media, quindi sono tecnologie di estrema utilità e studieremo poi anche tessuti che cercheranno di fornire capacità di protezione dalle radiazioni”.

La cucina italiana candidata a patrimonio Unesco vola in orbita

La cucina italiana candidata a patrimonio Unesco vola in orbitaWashington, 14 dic. (askanews) – La cucina italiana candidata a Patrimonio culturale immateriale dell’umanità Unesco vola nello Spazio con la missione commerciale Ax-3 – ribattezzata Voluntas dall’Aeronautica Militare – e affidata dalla Difesa italiana all’astronauta Walter Villadei, Colonnello dell’Arma azzurra.

Dopo il tiramisù di Parmitano, il risotto di Nespoli e il caffé espresso della Cristoforetti, sull’ISS è, dunque, la volta dei fusilli di Villadei. E non è uno scherzo perché, grazie alla collaborazione tra il Ministero dell’Agricoltura, l’Aeronautica Militare, Axiom.

Space e aziende italiane come Barilla e Pastificio Rana (i cui cuochi prepareranno i pasti durante la quarantena degli astronauti), sulla Stazione Spaziale si mangerà proprio la pastasciutta, come ha specificato il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, a Washington, all’evento Italian Space Food Project. “Questa missione – ha detto – ha lo scopo di valorizzare ancora questa candidatura, arriverà nello Spazio il nostro buon cibo. Il colonnello Villadei e gli altri 3 astronauti non vedono l’ora di farsi chiudere quarantena perché non vedono l’ora di assaggiare i piatti preparati dalla nostra cuoca. In tutto il mondo racconteremo, attraverso la cucina italiana, quello che l’Italia ha da offrire legandoci a tutte le nostre imprese, a tutte le nostre potenzialità e lavorando, come al solito, per il benessere complessivo degli altri ma anche dei nostri imprenditori e della nostra economia”.

Cucinare la pasta in orbita non è solo una questione di gusto ma anche tecnologica e lo ha sottolineato lo stesso Villadei. “L’ebollizione dell’acqua in microgravità, in quelle condizioni – ha spiegato – è un fenomeno completamente differente. Quindi riuscire a partire da quelle che sono le procedure attuali per la preparazione del cibo, ipotizzando che, un domani, volessimo avere una cucina un po’ più tradizionale per consentire agli astronauti di preparare una varietà di cibi più articolata, questo richiede uno sviluppo tecnologico innovativo e questo sviluppo tecnologico può indubbiamente avere un ritorno anche sulla Terra”.

Si chiamerà “Voluntas” la missione spaziale di Walter Villadei

Si chiamerà “Voluntas” la missione spaziale di Walter VilladeiWashington, 14 dic. (askanews) – Si chiamerà “Voluntas” la missione spaziale affidata dalla Difesa italiana dell’astronauta Walter Villadei, Colonnello dell’Aeronautica Militare che volerà sulla Iss nella notte del 10 gennaio 2024 (la sera del 9 gennaio in Florida), partendo con una navetta Crew Dragon di Space X, nell’ambito della missione spaziale commerciale Ax-3 della Axiom Space.

Lo ha annunciato il Generale di Squadra Aerea Antonio Conserva, Comandante del Comando Logistico dell’Aeronautica Militare, nel corso dell’evento Italian Space Food Project a Washington (Usa), per la candidatura della cucina italiana a patrimonio culturale immateriale dell’umanità Unesco. La lingua latina è stata scelta per rappresentare al meglio una civiltà che, con l’evoluzione, ha cercato di superare i propri confini, attività tipica dell’esplorazione, sia essa terrestre o spaziale. Volontà come aspirazione, proposito: concetti cardine del desiderio di andare oltre. Stesso concetto su cui si basa l’Aeronautica Militare, che da sempre considera il futuro come una naturale estensione del presente e lo Spazio una naturale proiezione del proprio ambiente operativo.

Voluntas, nel suo significato estensivo, richiama anche la componente di “ricerca”, che si sostanzia nella realizzazione di attività volte a rendere migliore il Sistema Paese mediante la collaborazione per lo sviluppo tecnologico, operativo e scientifico, quindi sociale. A rappresentare tutto questo, la patch include l’emblema della Repubblica Italiana, il tricolore, il nuovo pittogramma dell’Aeronautica Militare e un riferimento al lancio del satellite San Marco-1, di cui, proprio nel 2024, verrà celebrato il sessantesimo anniversario.

Tra lo Spazio e la Terra, infine, le costellazioni rappresentano le guide sicure utilizzate nel tempo, mentre la ISS è l’elemento che si intende raggiungere, collegando così il volo aeronautico (atmosferico) con quello spaziale (extra-atmosferico).

Inquinamento e arte: i licheni sentinelle della qualità dell’aria

Inquinamento e arte: i licheni sentinelle della qualità dell’ariaRoma, 7 dic. (askanews) – Un team di esperti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), dell’Accademia Nazionale dei Lincei, della Collezione Peggy Guggenheim di Venezia e dell’Università di Siena (UniSI) ha valutato l’impatto del particolato atmosferico metallico inquinante all’esterno e all’interno della straordinaria collezione di arte moderna e contemporanea esposta a Palazzo Venier dei Leoni, lungo il Canal Grande, a Venezia.

Poiché il patrimonio culturale è fortemente insidiato dalle cosiddette “polveri sottili”, il PM, che crea strati scuri, abrasione e deterioramento, con conseguente perdita artistica, i ricercatori hanno applicato sofisticate tecniche ambientali multidisciplinari per valutare lo stato della collezione conservata nella Serenissima. Lo studio (“Magnetic and chemical biomonitoring of particulate matter at cultural heritage sites: the Peggy Guggenheim Collection case study (Venice, Italy), appena pubblicato sulla rivista ‘Environmental Advances’, attraverso analisi chimiche e magnetiche operate su trapianti lichenici esposti per tre mesi in qualità di bioaccumulatori del PM, ha dimostrato una moderata impronta ambientale sui soli trapianti collocati all’esterno della Collezione. Nelle sale interne, dove i licheni sono stati posizionati – in qualità di sensori biologici – sopra le opere di Picasso, Marcoussis e Boccioni, non è stato riscontrato alcun accumulo significativo di elementi chimici potenzialmente tossici (PTE).

“Lo studio fa parte di un progetto di ricerca dal titolo evocativo, ispirato dai servizi ecosistemici forniti dagli alberi, CHIOMA (Cultural Heritage Investigations and Observations: a Multidisciplinary Approach)”, dichiara Aldo Winkler, Responsabile del Laboratorio di Paleomagnetismo dell’INGV e co-autore dello studio. “Tale progetto introduce le metodologie magnetiche applicate a foglie e licheni, fornendo risultati originali ai fini del controllo, della prevenzione e della mitigazione degli effetti dell’inquinamento atmosferico sui beni culturali, con una definizione difficilmente riscontrabile con altri metodi in termini di sensibilità e risoluzione spaziale”. “I licheni sono bioindicatori ben noti e straordinariamente efficienti, sia in ambienti interni che esterni: la possibilità di impiegarli come trapianti permette di confrontare le proprietà chimiche e fisiche prima della loro esposizione con quelle conseguenti al posizionamento nel luogo di cui si vuole delineare l’accumulo e la tipologia di particolato inquinante”, sottolinea Stefano Loppi, professore del Dipartimento di Scienze della Vita di UniSI, che ha curato l’esposizione lichenica e le indagini chimiche, insieme a Lisa Grifoni, dottoranda di ricerca UniSI e INGV, entrambi co-autori dell’articolo.

“Questo progetto si pone l’obiettivo di promuovere la collaborazione tra Enti di Ricerca e Istituzioni del settore dei Beni Culturali”, precisa Luciano Pensabene Buemi, conservatore della Collezione Peggy Guggenheim e co-autore della ricerca. “Utilizzando metodi biologici, senza alcun impatto negativo sull’estetica e sulla manutenzione ordinaria della Collezione, è stato infatti possibile valutare la qualità dell’aria, risultata peraltro ottima, a tutela dei visitatori e delle opere in esposizione”. “Il progetto prosegue gli studi originariamente intrapresi a Villa Farnesina, sede di rappresentanza dell’Accademia Nazionale di Lincei, espandendo l’utilizzo multidisciplinare di tecniche chimiche e geofisiche non invasive per determinare l’impatto urbano antropico sui beni culturali e sperimentando, per la prima volta, questi metodi in un ambiente acquatico, in cui le sorgenti inquinanti sono differenti dal consueto traffico automobilistico”, aggiunge Antonio Sgamellotti, Socio dell’Accademia Nazionale dei Lincei e co-autore dello studio.

Le applicazioni di queste metodologie multidisciplinari proseguiranno in ulteriori contesti urbani caratterizzati da importante impatto antropico: sono già in corso, infatti, studi sull’area Palatina del Parco Archeologico del Colosseo, in alcuni Musei di Buenos Aires, alla Cupola del Brunelleschi della Cattedrale di Santa Maria del Fiore di Firenze e presso il Metropolitan Museum of Art (Met) di New York, con l’ulteriore scopo di indagare i servizi ecosistemici forniti dal verde urbano per la mitigazione degli effetti nocivi dell’inquinamento atmosferico sui beni culturali.

IIT: assegnato il Premio Lagomarsino a Iacopo Hachen

IIT: assegnato il Premio Lagomarsino a Iacopo HachenMilano, 6 dic. (askanews) – Iacopo Hachen è stato insignito oggi del Premio “Pedro Lagomarsino de Leon Roig” per la miglior tesi di dottorato in neuroscienze. Il premio, alla sua prima edizione, è stato istituito dall’Istituto Italiano di Tecnologia – IIT per onorare la memoria del ricercatore argentino Pedro Lagomarsino de Leon Roig, brillante scienziato con un forte interesse nelle neuroscienze computazionali, deceduto prematuramente nel 2021.

Il ricercatore Iacopo Hachen ha ricevuto il Premio “Pedro Lagomarsino de Leon Roig” per la miglior tesi di dottorato in neuroscienze, che combina l’eccellenza dei risultati scientifici e dei metodi di analisi dei dati con l’open science. Il riconoscimento consiste in 1.500,00 euro e la sua consegna è avvenuta nell’Auditorium della sede IIT di Genova Morego, dove Iacopo Hachen ha illustrato i risultati della propria attività di ricerca. All’evento erano presenti Tommaso Fellin, coordinatore del team di ricerca di cui faceva parte Pedro Lagomarsino de Leon Roig, e le ricercatrici e i ricercatori IIT che conoscevano Pedro e avevano condiviso con lui il percorso lavorativo e personale.

Pedro Lagomarsino era un forte sostenitore della necessità di condurre la scienza in modo completamente documentato, condiviso, trasparente e riutilizzabile da e per tutti. “Con questo premio, vogliamo onorare la memoria di Pedro e promuovere i valori in cui credeva: la curiosità, la competenza, l’entusiasmo e la condivisione – ha detto Tommaso Fellin, responsabile del Dottorato di Pedro Lagomarsino de Leon Roig – il premio riconosce risultati eccellenti nella ricerca neuroscientifica e presta particolare attenzione all’interesse dei candidati nel condividere i risultati della ricerca con la comunità. In questo modo, coltiviamo l’atteggiamento positivo, aperto e attento alla comunità che caratterizzava Pedro come persona. Abbiamo in programma di istituire il premio Lagomarsino come un evento annuale, riconoscendo l’importanza e la qualità della ricerca in neuroscienze svolta da giovani scienziate e scienziati”. Iacopo Hachen, precedentemente dottorando in Neuroscienze Cognitive alla SISSA, ha brillantemente difeso la sua tesi a dicembre 2022 sotto la guida del professor Mathew Diamond. Attualmente, Iacopo svolge la sua attività di ricerca post-dottorato presso il Max Planck Institute of Animal Behavior a Konstanz, in Germania. Il suo lavoro di dottorato ha utilizzato una combinazione di esperimenti comportamentali, registrazioni neurofisiologiche e approcci computazionali per affrontare un quesito di lunga data in neuroscienze: come l’esperienza del presente è influenzata dal passato recente.

“Desidero esprimere la mia profonda gratitudine al Comitato Scientifico di valutazione del Premio per aver riconosciuto il valore della mia ricerca – ha commentato Iacopo Hachen – Questo premio è per me un grande onore, e voglio sottolineare il supporto fondamentale dei miei collaboratori e del mio supervisore, il Professor Mathew Diamond. Apprezzo inoltre la scelta del Comitato di sostenere pratiche di open science, essenziali per il progresso della ricerca e per la discussione pubblica dei risultati scientifici. La gestione efficace di set di dati e codici richiede competenze specifiche spesso sottovalutate, ma che saranno fondamentali nella formazione dei futuri dottorandi”. “Come Pedro, anche noi crediamo fortemente nella forza trasformativa di una scienza aperta e trasparente, atta a rendere la conoscenza scientifica disponibile e riutilizzabile per tutti a beneficio della scienza e della società. Speriamo che questo Premio ispirerà la prossima generazione di scienziati e scienziate contribuendo a realizzare ciò a cui lui teneva” ha dichiarato Valentina Pasquale, collega di Pedro Lagomarsino de Leon Roig durante il dottorato, ora esperta Open Science in IIT.

L’istituzione del Premio Lagomarsino fa parte degli sforzi dell’Istituto Italiano di Tecnologia volti a incoraggiare lo sviluppo di una scienza sempre più trasparente, riproducibile e inclusiva. (nella foto: Iacopo Hachen)

Servizi spaziali, Telespazio acquisisce la società britannica e2E

Servizi spaziali, Telespazio acquisisce la società britannica e2ERoma, 14 nov. (askanews) – Telespazio UK, società controllata di Telespazio (una joint venture tra Leonardo, 67%, e Thales, 33%) con sede a Luton, ha annunciato oggi di aver finalizzato l’acquisizione di e2E Group.

Basata a Welwyn Garden City, a Nord di Londra, e2E è una società indipendente britannica attiva dal 1999 nelle attività di consulenza e nell’ingegneria dei sistemi spaziali. In particolare, e2E fornisce servizi di ingegneria dei sistemi e di consulenza tecnica per lo sviluppo di software per le operazioni satellitari, l’integrazione e il collaudo di nuovi sistemi spaziali, i servizi di comunicazioni e lo sviluppo di architetture di sistema di nuova generazione. L’acquisizione di e2E – informa una nota – porterà a Telespazio UK maggiori capacità nella fornitura di servizi spaziali e rappresenta un passo avanti nel percorso della società di contribuire alla realizzazione della strategia spaziale britannica, sia nel settore civile che in quello della difesa. Inoltre, l’acquisizione accrescerà ulteriormente le competenze del gruppo Telespazio e del suo partner Thales Alenia Space all’interno della Space Alliance, nonché le capacità di Leonardo e Thales di offrire soluzioni integrate per difesa e spazio ai propri clienti nel Regno Unito.

“Il Regno Unito – ha dichiarato Luigi Pasquali, Amministratore delegato di Telespazio – è un importante punto di riferimento strategico per Telespazio e per i nostri azionisti Leonardo e Thales. Siamo quindi entusiasti di effettuare questo investimento che garantirà la crescita delle nostre capacità nel Paese con ricadute positive anche sul piano di sviluppo del gruppo Telespazio”. Con oltre 45 anni di presenza sul mercato britannico, Telespazio UK è attiva nella fornitura di sistemi, servizi e supporto ingegneristico all’Agenzia Spaziale Europea (ESA), al Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio raggio (ECMWF), ad aziende spaziali e clienti nazionali civili e della difesa. I settori in cui la società opera vanno dai servizi di geoinformazione all’esplorazione scientifica, dai servizi di navigazione e tempo allo Space Domain Awareness, fino alla realizzazione del segmento di terra di missioni spaziali e alle applicazioni downstream e al monitoraggio del cambiamento climatico.

Nel Regno Unito, Leonardo e Thales impiegano insieme circa 14.000 persone in 26 siti tra Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord. I due gruppi investono più di 250 milioni di sterline all’anno in ricerca e sviluppo nel Regno Unito.