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Dalla Iss mappate 24.000 meteore con telescopio italiano Mini-EUSO

Dalla Iss mappate 24.000 meteore con telescopio italiano Mini-EUSORoma, 31 lug. (askanews) – L’atmosfera terrestre è continuamente bombardata da corpi celesti che, per effetto dell’attrito con l’atmosfera stessa, aumentano la propria temperatura e bruciano, emettendo radiazione. Questi oggetti, detti comunemente “meteore”, sono tipicamente osservati da telescopi terrestri per ricostruirne massa, direzione e flusso attraverso la rivelazione della luce emessa nello spettro visibile. L’opportunità di analizzare questi oggetti celesti dallo spazio presenta notevoli vantaggi, tra cui la possibilità di effettuare una campagna osservativa con ampio campo di vista e di lunga durata, indipendente dalle condizioni atmosferiche a Terra.


La collaborazione JEM-EUSO ha recentemente confermato le potenzialità di questo approccio, con la pubblicazione sulla rivista “Astronomy&Astrophysics” della mappatura di 24.000 meteore osservate sistematicamente per la prima volta dallo spazio nella banda ultravioletta con il rivelatore Mini-EUSO (Multiwavelength Imaging New Instrument for the Extreme Universe Space Observatory). Il telescopio Mini-EUSO – si legge sul sito dell’Agenzia spaziale italiana – è stato installato nel 2019 sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) dove, da ormai 5 anni, sta registrando l’emissione ultravioletta di origine cosmica, atmosferica e terrestre da una finestra collocata all’interno del modulo Zvezda, orientata verso la Terra, e che consente a Mini-EUSO di misurare tale radiazione.


Mini-EUSO è un telescopio dell’Agenzia Spaziale Italiana, sviluppato grazie a una collaborazione internazionale guidata dall’Infn. L’Asi ha selezionato il telescopio per la missione Beyond di Luca Parmitano. La collaborazione italiana Mini-EUSO coinvolge le sezioni Infn di Roma Tor Vergata e Torino, i Laboratori Nazionali Infn di Frascati, Inaf Osservatorio Astrofisico di Torino, il Dip.to di Fisica dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e dell’Università di Torino, Kayser Italia e il contributo attivo di ricercatori e tecnologi dell’Asi. “La tecnologia innovativa di rivelatori sensibili alla radiazione UV accoppiati a un sistema di acquisizione dati ottimizzato per effettuare osservazioni su diverse scale temporali, ha permesso di catturare la luce prodotta dalle emissioni di questi piccoli oggetti che hanno attraversato l’atmosfera terrestre a grandissima velocità, per ricostruirne le proprietà in termine di direzione, emissioni luminose e massa”, indica Dario Barghini (Inaf, Infn e Università di Torino), responsabile dell’analisi. “Questo ci ha permesso non solo di fornire un catalogo sistematico di meteore, ma anche di confermare, con un approccio innovativo e indipendente dalle campagne di osservazione terrestre, i modelli relativi al flusso atteso di questi oggetti cosmici”, conclude Marco Casolino (Infn), Principal Investigator della missione.


I risultati pubblicati sono basati sull’analisi delle prime 40 sessioni di presa dati; ad oggi Mini-EUSO conta più di 100 sessioni effettuate. “I dati raccolti da Mini-EUSO potrebbero contenere altre informazioni utili per testare ulteriormente questi modelli consolidati e identificarne i più attendibili. A tal fine, i ricercatori stanno continuando l’analisi dei dati non solo per migliorare i risultati già ottenuti, integrando il catalogo con le più recenti osservazioni, ma anche investigando se tra i dati si possa identificare la presenza di eventi atipici, come meteore di origine interstellare, o evidenza di nuovi stati estremamente densi di materia, predetti ma mai osservati finora, e comunemente indicati come nucleariti”, commenta Valerio Vagelli, Project Scientist dell’Agenzia Spaziale Italiana per Mini-EUSO. Grazie all’analisi dei dati raccolti si attendono probabili nuovi risultati a disposizione della comunità scientifica. “I risultati prodotti dall’analisi dei dati raccolti dal telescopio Mini-EUSO sulla Iss confermano le competenze nazionali nello sviluppo e operazione di questo tipo di strumentazione per la misura di radiazione ultravioletta dallo Spazio. La collocazione dello strumento su un laboratorio orbitante insieme alla fitta e prestigiosa rete di collaborazioni internazionali offrono altresì l’opportunità per investigazioni scientifiche in campi differenti e complementari quali l’osservazione della Terra, lo studio del sistema solare, la fisica fondamentale, fino ad applicazioni di interesse per la sicurezza spaziale come il monitoraggio di detriti spaziali”, aggiunge Marino Crisconio, responsabile di Programma dell’Agenzia Spaziale Italiana per Mini-EUSO.


(Crediti: Jem-Euso Collaboration)

Spazio, viaggio tra le nuvole: le immagini della missione EarthCare

Spazio, viaggio tra le nuvole: le immagini della missione EarthCareRoma, 26 lug. (askanews) – Il suo compito è lo studio delle nuvole e degli aerosol per comprenderne il ruolo nel riflettere e trattenere la radiazione solare: stiamo parlando di EarthCare, missione Esa-Jaxa che, attiva da poco, sta già fornendo dati pregevoli alla comunità scientifica. Dotato di strumenti scientifici all’avanguardia, il satellite contribuirà al monitoraggio del cambiamento climatico con i suoi 4 strumenti scientifici; tra questi Atlid (Atmospheric Lidar), il cui trasmettitore laser è stato realizzato da Leonardo, grazie anche al supporto dell’Agenzia Spaziale Italiana.


EarthCare, che ha spiccato il volo verso lo spazio lo scorso 29 maggio, – si legge su Global Science, il quotidiano online dell’Agenzia spaziale italiana – ha realizzato un mese fa la sua prima immagine, relativa alla struttura interna delle nubi. Ora il suo sguardo si è puntato su varie tipologie di nuvole e sulle loro temperature: sono questi i dati al centro del nuovo set di immagini prodotto dal satellite con lo strumento Msi (Multi-Spectral Imager). Questo dispositivo ha un ampio campo di vista (160 chilometri) ed è in grado di contestualizzare con accuratezza i profili delle nubi, permettendone l’inserimento in scenari tridimensionali. Msi, inoltre, è dotato di due fotocamere: la prima opera nel visibile, nel vicino infrarosso e nell’infrarosso e nell’infrarosso a onde corte, mentre la seconda è attiva nell’infrarosso termico. Le differenti bande spettrali permettono agli scienziati di distinguere i vari tipi di nube e di aerosol.


L’album realizzato con Msi comprende immagini di diverse località, riprese tra il 16 e il 17 luglio 2024. La prima di esse inquadra un temporale a ovest di Roma: sulla destra, in colori reali, si nota una nube che si estende probabilmente per 11 chilometri, mentre nel riquadro a sinistra, nell’infrarosso termico, sono evidenziate le differenze di temperatura tra la nube (-50°C) e il terreno (30°C). Altre immagini inquadrano le isole Curili settentrionali, quindi l’area sud-occidentale della Groenlandia e infine una porzione del midwest e del sud degli Stati Uniti. “Questo è un altro grande risultato di EarthCare – ha affermato Simonetta Cheli, direttrice dei programmi di osservazione della Terra dell’Esa – che ci offre un’idea di cosa offrirà la missione una volta che sarà completamente operativa”.


(Credit: ESA)

Artemis, Asi: primo sì al modulo abitativo lunare Made in Italy

Artemis, Asi: primo sì al modulo abitativo lunare Made in ItalyRoma, 25 lug. (askanews) – Si configura sempre più chiaramente la struttura al programma Artemis e del possibile contributo italiano al ritorno umano sulla Luna. Si è appena conclusa in Agenzia Spaziale Italiana (ASI) la Mission Definition Review del progetto MPH (Multi Purpose Habitation module), il modulo abitativo di superficie lunare, a guida italiana, elemento della collaborazione bilaterale Asi/Nasa per Artemis.


Il modulo MPH ha l’obiettivo principale di diventare la ‘casa’ degli astronauti sul suolo del nostro satellite ed è un progetto coordinato da Asi, sviluppato da Thales Alenia Space nei laboratori di Torino, che vede anche il contributo di Altec a cui saranno affidate le operazioni di controllo da Terra quando il modulo sarà operativo sulla Luna. La conclusione positiva della Review MDR condotta dall’Asi sotto la supervisione di esperti Nasa, presenti in qualità di osservatori, – informa l’Agenzia spaziale italiana – è il passo fondamentale per sostenere l’esame finale previsto il prossimo settembre a Washington e che sarà svolto a cura dei responsabili della Nasa per il programma Artemis e della “Moon to Mars Strategy”. Sarà questo il passaggio che auspicabilmente avvierà il processo di inclusione del modulo abitativo italiano nell’architettura finale del futuro programma lunare. Un traguardo che, quando raggiunto, andrà a confermare le competenze italiane e la piena maturità del progetto.


“Il superamento di questa fase conferma, ancora una volta, la lungimiranza degli investimenti fatti negli anni che hanno permesso al sistema Paese di acquisire – sottolinea il presidente dell’Asi, Teodoro Valente – competenze esclusive nella realizzazione di moduli abitativi. Un vero primato mondiale. Questo ulteriore riconoscimento della Nasa apre la possibilità di essere tra i protagonisti nell’insediamento umano della Luna. L’industria, la ricerca e l’accademia sono capaci di affrontare e dare risposte tecnologicamente all’avanguardia nel solco del Made in Italy dello spazio. Il coordinamento e la sinergia messa in campo da tutti gli attori sono oggi stati premiati dal primo via libera della Nasa, di cui siamo partner essenziali per lo sviluppo di sistemi complessi per l’esplorazione umana dello spazio”. Con il programma Artemis la Nasa sta guidando l’esplorazione umana della Luna. L’Italia è stata tra i primi otto firmatari degli Artemis Accords nel 2020, proponendosi per la realizzazione del primo elemento destinato a costituire il nucleo di un insediamento permanente sulla superficie lunare. MPH sarà, quindi, il primo modulo del programma Artemis che arriverà sulla Luna e permetterà il soggiorno in sicurezza degli astronauti.

IA svelerà tesori nascosti nei dati del telescopio spaziale Euclid

IA svelerà tesori nascosti nei dati del telescopio spaziale EuclidRoma, 25 lug. (askanews) – Spingere al limite i confini di ciò che si può imparare dai dati raccolti da Euclid, il nuovo telescopio spaziale dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa). È la sfida lanciata da ELSA, nuovo progetto di ricerca Horizon Europe – coordinato dall’Università di Bologna e che coinvolge INAF – Istituto Nazionale di Astrofisica, The Open University (Regno Unito), University of Bristol (Regno Unito), CEA (Francia), Univeridade do Porto (Portogallo) – che utilizzerà l’intelligenza artificiale per rivelare i dettagli nascosti delle galassie più deboli e rare.


Lanciato in orbita nel luglio del 2023 e attivo ufficialmente dai primi mesi di quest’anno, Euclid sta indagando l’Universo alla ricerca della materia oscura: una missione il cui obiettivo primario è mappare più di un terzo del cielo. Nel corso dei prossimi sei anni osserverà miliardi di galassie attraverso dieci miliardi di anni di storia del cosmo. Il suo gigantesco archivio di immagini e spettri – informano Inaf e Unibo – sarà una miniera d’oro per studiare la formazione e l’evoluzione delle galassie nel corso della storia dell’Universo. Ma i filoni auriferi più ricchi sono anche i più difficili da sfruttare e gli strumenti sviluppati per gli obiettivi scientifici primari della missione non sono sufficienti per mettere a profitto la ricca eredità che i dati di Euclid offrono alla comunità astronomica.


È qui che entra in gioco ELSA: “Euclid Legacy Science Advanced analysis tools”. Il progetto è stato concepito da un team di astronomi provenienti da quattro Paesi europei con l’idea di utilizzare l’intelligenza artificiale per estrarre le preziose informazioni nascoste tra la mole di dati prodotti da Euclid. Per farlo, gli scienziati si baseranno sul cluster di calcolo ad alte prestazioni presso l’Open Physics Hub dell’Università di Bologna, grazie al nuovo hardware informatico acquisito per l’occasione da ELSA. “Nel campo dell’Astronomia, siamo entrati nell’era dei big data”, spiega Margherita Talia, ricercatrice al Dipartimento di Fisica e Astronomia “Augusto Righi” dell’Università di Bologna, associata INAF e Principal Investigator del progetto. “La valanga di dati raccolti da Euclid, calcolata sulla scala dei petabyte, ha già iniziato a travolgerci, ed ELSA fornirà strumenti innovativi per trovare le gemme nascoste al suo interno”.


Uno dei punti di forza di Euclid è la sua capacità di osservare una vasta area del cielo in un colpo solo: elemento fondamentale per una missione il cui obiettivo primario è mappare più di un terzo del cielo in sei anni. La modalità di osservazione utilizzata è quella dello “step-and-stare”: Euclid osserverà una zona del cielo per circa 70 minuti, producendo immagini e spettri, per poi spostarsi nel giro di pochi minuti alla zona successiva. Durante l’intera missione, questa operazione sarà ripetuta più di 40mila volte. “Tutti i dati di Euclid verranno resi disponibili nello European Open Science Cloud attraverso gli strumenti dell’Osservatorio Virtuale, come ad esempio ESA Sky: le Early Release Observations di Euclid sono già disponibili”, aggiunge Stephen Serjeant, coresponsabile del gruppo di lavoro ELSA su citizen science. “Il nostro piano è quello di essere inclusivi e invitare volontari ad esaminare con noi i dati di Euclid e aiutarci nell’addestramento degli algoritmi di machine learning per individuare tesori rari”.


(Crediti: ESA)

La batoniite, scoperta in Italia, eletta “Minerale dell’Anno” 2023

La batoniite, scoperta in Italia, eletta “Minerale dell’Anno” 2023Roma, 23 lug. (askanews) – L’International Mineralogical Association ha dichiarato “Minerale dell’Anno” 2023 la batoniite, studiata da un gruppo di ricerca coordinato dalla dottoressa Daniela Mauro del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa e referente della Sezione di Mineralogia del Museo di Storia Naturale. È la prima volta – evidenzia Unipi – che il prestigioso riconoscimento, istituito nel 2014, viene attribuito ad una specie mineralogica scoperta in Italia.


Individuata negli anni Ottanta del secolo scorso da un gruppo di ricercatori, la batoniite era rimasta, fino ad oggi, un vero e proprio rompicapo mineralogico. Solo lo scorso anno gli studiosi dell’Ateneo pisano sono riusciti a definirne la struttura e la complessa cristallochimica. Una scoperta resa possibile anche grazie dalla recente installazione, presso i laboratori pisani, di un diffrattometro a raggi X per cristallo singolo del Centro per l’Integrazione della Strumentazione scientifica dell’Università di Pisa (CISUP). Le indagini condotte dall’equipe guidata dalla dottoressa Mauro hanno così definito la formula chimica di questa nuova specie mineralogica: Al8(SO4)5(OH)14(H2O)18·5H2O, oltre ad averne individuato la struttura, una delle più complesse mai descritte fra i minerali oggi noti e caratterizzata dal poli-oxo-catione

Spazio, la Nasa a caccia di idee per riciclare i rifiuti sulla Luna

Spazio, la Nasa a caccia di idee per riciclare i rifiuti sulla LunaRoma, 22 lug. (askanews) – Si avvicina gradualmente il momento in cui le missioni del programma di esplorazione lunare Artemis porteranno i primi equipaggi sul nostro satellite e la Nasa già da ora intende preservarne l’ambiente, mettendo in atto soluzioni sostenibili per gestire i rifiuti. Un programma su così vasta scala inevitabilmente finirà per produrre una notevole quantità di materiali di scarto, a partire da contenitori per il trasporto di tutto l’occorrente per i futuri insediamenti.


L’ente spaziale americano – si legge su Global Science, il quotidiano online dell’Agenzia spaziale italiana – ha quindi dato il via a LunaRecycle, una call mirata a stimolare l’ideazione di progetti relativi al riciclo degli scarti di due principali tipologie: quelli che potrebbero alterare la superficie della Luna oppure quelli prodotti nella quotidianità all’interno di futuri habitat pressurizzati. L’iniziativa, attivata nell’ambito del Centennial Challenges Program della Nasa, ha anche lo scopo di incentivare in generale la sostenibilità nell’esplorazione di altri corpi celesti. Le precedenti visite umane sulla Luna, infatti, hanno lasciato numerose tracce del loro passaggio: lander, bandiere, parti di esperimenti scientifici, rifiuti organici e persino le palline da golf utilizzate dall’astronauta Alan Shepard nella missione Apollo 14 del 1971.


LunaRecycle è una competizione in due fasi, di cui una riguarda la progettazione di un modello virtuale di un sistema di riciclaggio di una o più tipologie di rifiuti solidi. La fase 1, per cui è stato allocato 1 milione di dollari, prenderà il via a settembre, terminerà a marzo 2025 e la valutazione delle proposte si svolgerà a maggio. Al momento della nomina dei vincitori, saranno annunciate le regole per la fase 2, per cui sono stati allocati 2 milioni di dollari. La Nasa – conclude Global Science – spera di raccogliere dunque proposte interessanti, anche per quanto riguarda l’utilizzo completo o parziale dei materiali prodotti durante i processi di gestione dei rifiuti. Nello stesso tempo, l’agenzia statunitense auspica di stimolare l’ideazione di nuovi approcci al riciclo, che contemplino anche l’ottimizzazione di risorse fondamentali (come l’energia e l’acqua) e riducano l’emissione di sottoprodotti tossici o inutilizzabili.


(Credit: NASA)

Ruolo canyon sottomarini nell’instabilità della calotta antartica

Ruolo canyon sottomarini nell’instabilità della calotta antarticaRoma, 22 lug. (askanews) – I canyon antartici hanno un ruolo cruciale nell’instabilità della calotta antartica orientale, fungendo da condotti che facilitano il trasferimento di acqua relativamente calda (chiamata Circumpolar Deep Water) dalle zone abissali verso la piattaforma continentale, e da qui verso la base della calotta glaciale, contribuendo al suo scioglimento. Il nuovo studio, realizzato da un team di ricerca internazionale capitanato dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS e pubblicato su “Nature Communications”, evidenzia la scoperta all’interno dei canyon, di corpi sedimentari che rappresentano l’impronta geologica di persistenti correnti di fondo che fluiscono lungo i canyon trasportando il calore oceanico verso il continente antartico.


“L’intrusione di acque relativamente calde sulla piattaforma continentale è ampiamente riconosciuta come una minaccia per la calotta glaciale antartica” commenta Federica Donda, geologa marina della Sezione di Geofisica dell’OGS, prima autrice dell’articolo. “Definirne l’entità e la persistenza a lungo termine è fondamentale per studiare le possibili risposte della calotta glaciale al riscaldamento climatico”. Il lavoro – spiega OGS – si è concentrato sui ghiacciai Totten e Ninnis che si trovano allo sbocco dei due principali bacini sub-glaciali dell’Antartide orientale: l’Aurora-Sabrina e il Wilkes. “L’analisi dei dati geofisici e oceanografici acquisiti nell’ambito di una campagna italo-australiana ha portato alla scoperta di corpi sedimentari chiamati sediment drifts, simili a dei duomi di ampiezza pari ad alcune migliaia di metri e spessore variabile da 40 a 80 metri, le cui caratteristiche interne ed esterne indicano che essi si sono formati da correnti di fondo dirette verso la piattaforma continentale” continua Donda.


“Ciò trova riscontro nei dati oceanografici acquisiti in uno dei canyon al largo del ghiacciaio Totten, che hanno registrato correnti in prossimità del fondo mare, a una profondità di circa 3500 metri, pari a circa 10 centimetri/secondo. Tali correnti sono legate a una circolazione oceanica caratterizzata dalla presenza di grandi sistemi di vortici che ruotano in senso orario, e che trasportano diverse masse d’acqua, tra cui le acque calde della Circumpolar Deep Water. La componente di tali vortici diretta verso sud viene convogliata dai canyon, il cui rilievo supera localmente i 700 metri, risultando quindi delle vie preferenziali per il trasferimento delle masse d’acqua verso il continente. Lo spessore dei corpi sedimentari in essi rinvenuti suggerisce che il trasferimento di calore oceanico è perdurato almeno nell’ultimo milione d’anni”. La calotta glaciale dell’Antartide orientale sta ricevendo crescente attenzione dal mondo scientifico perché il suo scioglimento, anche parziale, potrebbe contribuire enormemente all’innalzamento del livello del mare. I risultati di questo studio hanno messo in luce il ruolo chiave dei canyon sottomarini che costituiscono pertanto aree chiave per comprendere i meccanismi legati allo scioglimento della calotta nel passato e nel presente, contribuendo alla formulazione di previsioni del futuro innalzamento del livello del mare.


Lo studio ha coinvolto l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS, la University of Southampton, la Rutgers State University of New Jersey, la Colgate University, la Geoscience Australia, il All-Russia Scientific Research Institute for Geology, il Mineral Resources of the Ocean, the St. Petersburg State University, la University of Tasmania e la Macquarie University. (Credits: Roberto Romeo©PNRA)

Nuova versione tuta BG-Suit per missioni di simulazione spaziali

Nuova versione tuta BG-Suit per missioni di simulazione spazialiRoma, 22 lug. (askanews) – A due anni dallo sviluppo della prima tuta analoga spaziale italiana, BG Suit, prodotta da un pool di aziende tessili bergamasche guidato da RadiciGroup e impiegata nella missione di simulazione marziana SMOPS – Space Medicine OPerationS, condotta nell’aprile 2022 da Mars Planet presso il Mars Desert Research Center nel deserto dello Utah, nasce una versione avanzata che matura nell’ambito di una collaborazione tra Mars Planet Technologies, il ramo di ricerca e innovazione applicata alle attività precorritrici di esplorazione spaziale e planetarie, e Punto Azzurro, azienda espressione della realtà produttiva territoriale evolutasi con la creazione della “Seriana Space Valley”.


La nuova tuta rappresenta una rivisitazione della prima versione, che pure si era imposta all’attenzione del settore per originalità e importanza prototipale, e risponde in modo ancora più risolutivo alle esigenze di comfort e sicurezza richieste nelle attività di simulazione analoghe spaziali. Grazie alla sua membrana impermeabile con effetto barriera contro le micropolveri, – si legge in una nota – la tuta garantisce una protezione completa anche nelle condizioni più estreme. Altamente resistente all’abrasione, è windproof, idrorepellente, oleorepellente, leggera e traspirante, garantendo completa protezione anche in caso di estrema escursione termica. La struttura della tuta include uno strato esterno in nylon elasticizzato riciclato e una chiusura frontale con velcro, facilmente utilizzabile anche indossando guanti. Le termonastrature su spalle e braccia forniscono una protezione aggiuntiva nelle zone critiche, mentre un gancio elastico sulla gamba sinistra con spazi per utensili garantisce funzionalità senza intralci. La tuta è dotata di un sistema di tasche modulari, che permette di agganciare e sostituire le tasche su gambe e braccia anche con i guanti, rendendo facile l’adattamento della tuta alle esigenze specifiche delle attività da svolgere. Inoltre, il polso in tessuto elasticizzato permette una migliore aderenza della manica sotto il guanto, e lo zip sul fondo gamba facilita l’indossamento degli stivali.


Ancora una volta, il settore spaziale si rivela un volano di innovazione, in grado di sviluppare soluzioni tali da rappresentare un significativo salto di qualità sotto l’aspetto tecnologico. Nel caso specifico, la necessità di simulare quanto prefigurato nelle missioni spaziali, in ambiente lunare e marziano, ha indotto il comparto tessile della Valle Seriana a diventare attore della Space Economy. Tutto ciò in un’ottica di sostenibilità, – si sottolinea – dal momento che la tuta è stata concepita per poterne riutilizzare, alla fine del ciclo di vita, le fibre tessili di cui è composta, in particolare ricavando per estrusione dei filamenti di poliammide da impiegare in nuovi processi di lavorazione, riducendo così l’impatto ambientale. “La seconda versione della tuta BG-SUIT rappresenta un passo fondamentale nello sviluppo delle attività di ricerca di Mars Planet Tecnologies nel campo del tessile applicago allo Spazio – dichiara l’ing. Antonio Del Mastro, presidente di Mars Planet Technologies e co-founder della Seriana Space Valley – La collaborazione con Punto Azzurro di Rovetta, esempio di altissimo livello nel campo dell’ingegneria tessile applicata alla sperimentazione scientifica, costituisce un altro importante tassello che si va aggiungere all’insieme delle progettualità attivate da altre aziende ed operatori pubblici e convogliate nella Seriana Space Valley. Il nostro obiettivo è convertire le capacità del settore tessile presenti sul territorio della Valle Seriana in un insieme di prodotti e soluzioni tecnologici che possano entrare a far parte a pieno titolo del mercato crescente della simulazione e dei programmi di esplorazione spaziale, riservando nel contempo importanti ricadute nel tessile tecnico applicato al mondo del lavoro e medicale”.


“La ricerca e lo sviluppo sperimentale della tuta analoga intraveicolare ci ha permesso di coniugare aspetti della ricerca scientifica già in corso su altri progetti e guardare al futuro con uno sguardo sempre più cosciente all’Ecodesign, prestazioni eccellenti e vestibilità – afferma Roberto Loda, titolare di Punto Azzurro -. La condivisione delle necessità a medio lungo termine può permettere alla ricerca e sviluppo di guardare oltre le esigenze quotidiane ed esplorare nuove tecniche e materiali da poter integrare nella filiera del futuro”. “I territori della valle Seriana sono stati sempre molto attivi nello sviluppo del manifatturiero tessile, la competenza sui materiali, la capacità di lavorarli e l’efficienza produttiva sono sinonimo di risultati positivi e di garanzia di successo – sottolinea Filippo Servalli, Sindaco di Gandino e cofounder Seriana Space Valley -. Se a questo aggiungiamo le connessioni con il mondo attraverso le azioni commerciali dei nostri imprenditori possiamo garantire che lo sviluppo in valle Seriana di una filiera per lo spazio è possibile e realmente attuabile. Le conoscenze maturate, la rete di collaborazioni che il territorio può attivare, la presenza di giovani laureati nelle materie scientifiche e anche in quelle dello spazio, la disponibilità del sistema formativo sono una solida base per costruire la Seriana Space Valley. Crediamoci, è una grande opportunità”.

Fosti: Fondo Repubblica Digitale e Rai per spiegari IA ai giovani

Fosti: Fondo Repubblica Digitale e Rai per spiegari IA ai giovaniRoma, 19 lug. (askanews) – “Dobbiamo aiutare i giovani a vivere in modo consapevole la transizione digitale e l’IA. Servono contenuti di qualità, originali, dedicati. Per questo, anche quest’anno il Fondo collabora con Rai per una seconda edizione del programma originale SkillZ. Racconteremo l’impatto dell’IA sui lavori di domani, per informare i giovani e i loro genitori”. Così Giovanni Fosti, Presidente Fondo per la Repubblica Digitale – Impresa Sociale sulla nuova edizione del programma “SkillZ” creato in collaborazione con il Fondo per la Repubblica Digitale, annunciato questa mattina a Napoli alla presentazione dei palinsesti Rai.

Difesa planetaria, l’Esa si prepara alla missione Ramses

Difesa planetaria, l’Esa si prepara alla missione RamsesRoma, 16 lug. (askanews) – L’Agenzia spaziale europea ha iniziato i preparativi per la prossima missione di difesa planetaria Ramses (Rapid Apophis Mission for Space Safety) che incontrerà l’asteroide 99942 Apophis e lo accompagnerà attraverso un sorvolo sicuro della Terra, anche se eccezionalmente ravvicinato, nel 2029. I ricercatori – spiega l’Esa – studieranno l’asteroide mentre la gravità terrestre altera le sue caratteristiche fisiche. Le loro scoperte miglioreranno la nostra capacità di difendere il nostro pianeta da un oggetto simile in rotta di collisione.


Con un diametro che si attesta attorno ai 375 metri e le dimensioni simili a una nave da crociera, l’asteroide Apophis passerà a circa 32.000 km dalla superficie terrestre il 13 aprile 2029. Per un breve periodo, esso sarà visibile a occhio nudo nei cieli scuri non offuscati dalle nubi, da circa due miliardi di persone in gran parte dell’Europa e dell’Africa e in alcune parti dell’Asia. Il sorvolo di Apophis nell’aprile 2029 è un fenomeno naturale estremamente raro, gli astronomi ritengono infatti che un asteroide così grande si avvicini così tanto alla Terra solo una volta ogni 5.000-10.000 anni. Il sorvolo di Apophis (che, gli astronomi assicurano, non si scontrerà con la Terra per almeno i prossimi 100 anni) rappresenta un’opportunità unica per la scienza e la difesa planetaria. La sonda Ramses dell’Esa incontrerà Apophis prima che passi sulla Terra e accompagnerà l’asteroide durante il sorvolo per osservare come viene deformato e modificato dalla gravità del nostro pianeta. “C’è ancora così tanto da imparare sugli asteroidi ma, fino ad ora, abbiamo dovuto viaggiare in profondità nel sistema solare per studiarli ed eseguire esperimenti noi stessi per interagire con la loro superficie – osserva Patrick Michel, Direttore della Ricerca del Centro Nazionale per la Ricerca Scientifica CNRS presso l’Osservatorio della Costa Azzurra di Nizza -. Per la prima volta in assoluto, la natura ce ne sta portando uno, occupandosi anche di condurre l’esperimento stesso. Tutto quello che dobbiamo fare è guardare come Apophis viene allungato e schiacciato dalle forti forze di marea che possono innescare frane e altri disordini, rivelando dei nuovi materiali nascosti sotto la superficie”.


Ramses deve essere lanciato nell’aprile 2028 per consentire un arrivo ad Apophis nel febbraio 2029, due mesi prima del contatto ravvicinato. Per rispettare questa scadenza, l’Esa ha chiesto il permesso di iniziare i lavori preparatori della missione il prima possibile utilizzando le risorse esistenti. Permesso concesso dal comitato del programma Space Safety, la decisione di impegnarsi pienamente nella missione o meno sarà presa durante la riunione del Consiglio dei Ministri dell’Esa nel novembre 2025. Utilizzando una serie di strumenti scientifici, – spiega Esa – il veicolo spaziale condurrà un’indagine approfondita pre e post contatto ravvicinato, valutando la forma, la superficie, l’orbita, la rotazione e l’orientamento dell’asteroide. Analizzando come cambia Apophis durante il sorvolo, gli scienziati impareranno molto sulla risposta di un asteroide alle forze esterne, nonché sulla composizione degli asteroidi, la struttura interna, la coesione, la massa, la densità e la porosità. Tutte queste proprietà sono molto importanti per valutare il modo migliore per deviare un eventuale asteroide pericoloso in rotta di collisione con la Terra. Poiché gli asteroidi sono anche capsule temporali formatesi oltre quattro miliardi di anni fa, i dati di Ramses offriranno anche una base per delle nuove teorie scientifiche sulla formazione e l’evoluzione del sistema solare.


“Ramses – dichiara Richard Moissl, a capo dell’Ufficio per la Difesa Planetaria dell’Esa – dimostrerà che l’umanità può dispiegare una missione di ricognizione per incontrare un asteroide in arrivo in pochi anni. Questo tipo di missione è uno dei fondamenti della risposta dell’umanità a un asteroide pericoloso. Per prima cosa verrebbe lanciata una missione di ricognizione per analizzare l’orbita e la struttura dell’asteroide in arrivo. I risultati verrebbero utilizzati per determinare il modo migliore per reindirizzare l’asteroide o per escludere i non impatti prima che venga sviluppata una costosa missione deflettore”. (Credit: ESA-Science Office)