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L’Etna laboratorio naturale per studiare il vulcanismo di Venere

L’Etna laboratorio naturale per studiare il vulcanismo di VenereRoma, 17 gen. (askanews) – L’Etna come un possibile analogo terrestre di Idunn Mons, un vulcano venusiano forse tutt’ora attivo e che in base ai dati attualmente disponibili si ritiene abbia eruttato in tempi geologici recenti. A proporlo uno studio internazionale guidato dall’Istituto nazionale di Astrosifica (Inaf) in collaborazione con i vulcanologi dell’Osservatorio Etneo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV-OE) recentemente pubblicato sulla rivista “Icarus” e a cui hanno partecipato Nasa (Usa), Università di Londra (UK), Accademia delle Scienze di Mosca (Russia), Indian Space Research Organisation (INDIA), Università degli Studi di Catania (UniCT), Università Sapienza di Roma, Università degli Studi di Pavia, Coventry University (UK) e Universidad Rey Juan Carlos di Madrid (Spagna).

Gli studi sul vulcano siciliano permetteranno ai geologi di testare tecniche di analisi dei dati radar per l’individuazione di attività vulcanica in corso su Venere. Piero D’Incecco, primo autore dell’articolo e ricercatore presso l’Inaf d’Abruzzo, spiega che “la comparazione ha evidenziato che entrambi i vulcani interagiscono con una zona di rift e che la presenza sui fianchi di Idunn Mons di strutture vulcaniche di piccole dimensioni, morfologicamente simili ai coni di scorie presenti sui fianchi dell’Etna”. L’Etna – spiegano Inaf e Ingv – è un vero e proprio laboratorio naturale a cielo aperto per i geologi che si occupano di vulcanismo, perché facile da raggiungere e perché è possibile effettuare osservazioni in-situ prelevando campioni di lava che saranno poi comparati con quelli prodotti dalle future missioni su Venere. I dati aiuteranno a definire il livello di similarità con le lave dei vulcani venusiani.

Diverse le future missioni con obiettivo Venere: quelle della Nasa Veritas e Davinci, la missione Esa EnVision e la missione Isro Shukrayaan-1. “La facilità di accesso permetterà anche di utilizzare l’Etna come possibile area di test per operazioni di perforazione del suolo da parte dei lander che atterreranno sulla superficie di Venere grazie a future missioni come la Roscosmos Venera-D”, spiega D’Incecco, di recente nominato nel Comitato direttivo del Venus Exploration Analysis Group (VEXAG) della Nasa, per un mandato di 3 anni. La comunità scientifica concorda sul fatto che il vulcanismo su Venere sia comparabile al vulcanismo di tipo hot-spot terrestre. Un esempio lampante sono i vulcani hawaiani, effusivi e caratterizzati da lave molto fluide. La presenza su Venere di strutture vulcaniche morfologicamente simili ai coni di cenere terrestri, che invece sono tipici di un vulcanismo esplosivo, apre una serie di interrogativi sulla possibilità che anche su Venere – seppur localmente – possano verificarsi episodi di vulcanismo esplosivo. “Le future missioni su Venere ci aiuteranno a far luce anche su questa possibilità, che se confermata rivoluzionerebbe la visione attuale che abbiamo del vulcanismo venusiano”, aggiunge il ricercatore Inaf.

Stefano Branca, direttore dell’Osservatorio Etneo dell’Ingv e coautore dell’articolo, evidenzia: “Il vulcano Etna a partire dal XIX secolo in poi è stato, e continua ad essere, un laboratorio di ricerca per tutta la comunità scientifica italiana e internazionale riguardo gli studi di tipo geologico, vulcanologico, geofisico e geochimico e, grazie al sistema di monitoraggio multiparametrico dell’Osservatorio Etneo dell’Ingv, è uno dei vulcani meglio studiati al mondo. Questo lavoro evidenzia ancora di più questo aspetto anche per quanto riguarda lo studio del vulcanismo planetario, come nel caso di Venere. Infatti, le notevoli conoscenze sulla storia eruttiva del vulcano siciliano, acquisita durante gli studi realizzati per la pubblicazione della carta geologica dell’Etna alla scala 1:50.000, unitamente alle conoscenze sull’attività recente hanno permesso di fare una comparazione morfostrutturale con il vulcano Idunn al fine di individuare possibile evidenza di vulcanismo attivo su Venere”. L’analisi delle differenze e delle analogie tra strutture vulcaniche di pianeti diversi come Venere e Terra ci ricorda che non esiste un analogo “perfetto” e che, quindi, è fondamentale studiare quanti più analoghi possibile, giacché ogni vulcano terrestre può aiutarci ad approfondire e comprendere meglio un aspetto specifico del vulcanismo venusiano.

“Questo studio rappresenta il primo tassello di una importante collaborazione multidisciplinare tra astrofisici e vulcanologi dell’Osservatorio Etneo dell’Ingv. Una sinergia che apre affascinanti capitoli di ricerca e getta nuova luce sui misteri del vulcanismo di Venere”, conclude Stefano Branca dell’Ingv-Oe. L’articolo pubblicato su Icarus è il primo tassello del progetto “Analogs for VENus’ GEologically Recent Surfaces” (AVENGERS), a guida Inaf, ed è stato ufficialmente presentato alla Lunar and Planetary Science Conference a Houston a marzo del 2023. Questo progetto, durante i prossimi anni, si occuperà proprio di selezionare e studiare una serie di vulcani attivi sulla Terra che possano fungere da analoghi per Venere. (Credit: ESA/NASA/JPL)

Il ruolo di Thales Alenia Space nella missione Ax-3 di Villadei

Il ruolo di Thales Alenia Space nella missione Ax-3 di VilladeiTorino, 16 gen. (askanews) – È pronto a partire per la Stazione Spaziale Internazionale l’ astronauta italiano Walter Villadei, Colonnello dell’Aeronautica Militare al qualche il Ministero della Difesa ha affidato la missione “Voluntas”, nell’ambito della quale, per due settimane, l’astronauta italiano svolgerà, a bordo dell’ISS, diversi esperimenti scientifici, anche per conto dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e dell’industria aerospaziale italiana.

Villadei avrà anche il ruolo di pilota della navetta Crew Dragon di Space X per la missione Ax-3 della compagnia spaziale privata americana Axiom Space, prima missione spaziale commerciale con un equipaggio tutto europeo. Il lancio è previsto per mercoledì 17 gennaio, dalla base Nasa di Cape Canaveral, in Florida, alle 17.11 ora locale (le 23.11 in Italia). La missione Ax-3 dovrebbe ridefinire anche il percorso verso l’orbita terrestre bassa (LEO), delineando una rotta verso la Stazione Axiom, la prima stazione spaziale commerciale al mondo.

Un lancio significativo per Thales Alenia Space, joint venture tra Thales (67%) e Leonardo (33%) che vanta una partnership di successo di Space con Axiom per la realizzazione della Stazione Spaziale commerciale e collabora con l’Aeronautica Militare per promuovere l’accesso all’orbita bassa terrestre. Grazie alla sua storica esperienza nella costruzione di moduli per la Staziona Spaziale Internazionale, nel sito torinese di Thales Alenia Space sono in fase di realizzazione i moduli della Stazione Spaziale Commerciale di Axiom.

Previsti per essere lanciati rispettivamente nei prossimi anni i due elementi saranno inizialmente attraccati alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), dando vita al nuovo segmento orbitale della Stazione Axiom. La Stazione Axiom avrà la funzione di hub centrale dell’umanità per la ricerca, la produzione e il commercio in orbita terrestre bassa (LEO), ampliando il volume utilizzabile e abitabile della ISS, e sarà agganciato al modulo ISS Nodo 2, costruito anche esso da Thales Alenia Space. Quando la ISS avrà completato la sua vita operativa, i moduli Axiom si separeranno e opereranno come una stazione spaziale commerciale a volo libero, un laboratorio e un’ infrastruttura residenziale nello spazio che sarà utilizzata per esperimenti di microgravità, test di materiali critici per l’ambiente dello spazio e ospiterà astronauti privati e professionisti.

Sarà la pietra miliare di una permanente e attiva presenza umana nonché di una proficua rete di attività commerciali in orbita terrestre bassa, consentendo nuovi progressi sia sulla Terra che nello Spazio coinvolgendo numerose PMI della filiera spaziale e non. Thales Alenia Space collabora, inoltre, con l’Aeronautica Militare per promuovere l’accesso all’orbita bassa terrestre a favore delle istituzioni, della comunità scientifica, dell’industria e degli operatori commerciali, e lo sviluppo di una catena di ricerca su questioni strategiche (medicina, materiali, biogenetica, ecc.) nonché a supporto della messa in opera dei moduli, delle possibilità di sviluppo e sperimentazione tecnologica e OT&E (Operational Testing & Evaluation) in microgravità. Thales Alenia Space, inoltre, sta progettando un intero ecosistema lunare. Lavorando su veicoli, infrastrutture orbitali con e senza equipaggio e soluzioni a terra per consentire di arrivare sulla Luna, vivere sulla sua superficie, utilizzandone le risorse a disposizione, l’azienda sta contribuendo al disegno della nuova economia lunare. In particolare, Thales Alenia Space e il suo stabilimento torinese, ha visto negli ultimi anni crescere il suo ruolo nel campo delle infrastrutture orbitanti, contribuendo per oltre il 50% alla realizzazione dei moduli pressurizzati della Stazione Spaziale Internazionale e diventando centro d’eccellenza a livello mondiale in questo campo. Al suo sviluppo hanno dato un contributo fondamentale, realizzando numerosi moduli della “casa orbitante”. Tra i progetti-simbolo ci sono i tre MPLM (Multi-Purpose Logistic Module), i moduli di trasporto merci/persone, il laboratorio europeo Columbus per le ricerche in microgravità; i moduli ATV (Automated Transfer Vehicle), sistemi logistici automatici con carichi massimi di rifornimenti e materiali per gli astronauti fi no a 7.300 chilogrammi; i NODI 2 e 3, elementi che connettono tra loro i moduli pressurizzati della “casa orbitante”, e la CUPOLA, uno speciale osservatorio per consentire agli astronauti a bordo dell’Iss.

Alla missione IXPE con Weisskopf e Soffitta il premio Bruno Rossi 2024

Alla missione IXPE con Weisskopf e Soffitta il premio Bruno Rossi 2024Milano, 10 gen. (askanews) – Il prestigioso premio Bruno Rossi 2024 dell’High Energy Astrophysics Division (HEAD) dell’American Astronomical Society è stato conferito a Martin Weisskopf, Paolo Soffitta e alla Collaborazione scientifica della missione IXPE “per lo sviluppo dell’Imaging X-ray Polarimetry Explorer, le cui nuove misure migliorano la nostra comprensione dell’accelerazione e dell’emissione delle particelle da shock astrofisici, buchi neri e stelle di neutroni”.

Nato dalla collaborazione tra la NASA e l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), con il contributo di INAF e INFN e lanciato nel dicembre 2021 IXPE, grazie alle sue nuove, ricche e dettagliate misure sta contribuendo in modo stupefacente alla comprensione dei meccanismi di funzionamento di molti processi che avvengono nel nostro universo. In particolare IXPE ha aggiunto due osservabili, il grado e l’angolo di polarizzazione simultaneamente alla più usuale coordinata spaziale, temporale e all’energia. Questo è alla base del successo di IXPE che ha svolto ricerche importantissime nell’ambito dei fenomeni di accelerazione nelle Pulsar Wind Nebulae più brillanti e nei Blazars. Ha permesso di studiare fenomeni di turbolenza e shocks nei resti di supernovae, mappandone il campo magnetico nelle immediate vicinanze dei siti di accelerazione. L’analisi della polarizzazione risolta in energia ha permesso di studiare il plasma in vicinanza dei più brillanti buchi neri galattici e del centro galattico e in vicinanza di quelli super-massici delle galassie attive.

L’analisi della polarizzazione risolta in fase ha poi, per la prima volta, reso possibile la misura diretta della geometria delle pulsar binarie e di pulsar isolate quali le magnetars, parametri talvolta degeneri delle usuali analisi spettroscopiche e di variabilità temporale. Tutti questi straordinari risultati che IXPE è già riuscito a ottenere nei pochi mesi da cui è entrato in attività sono alla base del prestigioso riconoscimento appena attribuito dall’American Astronomical Society. “IXPE è la dimostrazione di come una idea perseguita da più di trenta anni si sia stata trasformata in una missione di successo grazie alla collaborazione tra Stati Uniti e Italia – ha dichiarato Paolo Soffitta, ricercatore dell’INAF che coordina la Collaborazione scientifica dell’esperimento assieme a Martin Weisskopf – il team internazionale ha visto in Italia la sinergia tra INAF, INFN e il partner industriale OHB-Italia coordinati dall’ Agenzia Spaziale Italiana e le università di Roma Tre e Università di Padova. Il sistema di rivelazione sensibile alla polarizzazione è stato interamente concepito, sviluppato, assemblato testato e calibrato in Italia”.

“La missione IXPE – ha aggiunto Barbara Negri, Responsabile dell’Unità Volo Umano e Sperimentazione Scientifica dell’Asi – è l’ennesima dimostrazione della straordinaria cooperazione tra NASA e ASI in missioni scientifiche di grande prestigio. ASI ha coordinato tutte la attività di sviluppo dei rivelatori innovativi a bordo di IXPE dalla fase di prototipizzazione a quella realizzativa, sulle cui tecnologie aveva già investito da diversi anni e ha contributo al software per l’analisi dei dati scientifici grazie allo Space Science Data Center. Inoltre, ASI partecipa alle attività di ground-segment, avendo messo a disposizione la base di Malindi, come stazione TT&C primaria”. “Il Premio Bruno Rossi – ha spiegato Luca Baldini, responsabile nazionale per l’INFN della missione IXPE – rappresenta un importante riconoscimento internazionale del valore della ricerca italiana, che dimostra ancora una volta la capacità di estendere gli orizzonti della conoscenza creando tecnologie fortemente innovative, in particolare, come INFN fornendo ad IXPE i suoi occhi sensibili alla polarizzazione dei raggi X, i Gas Pixel Detector. Decisive per il successo della missione sono state non solo la visione della nuova tecnica impiegata per la cattura e la ricostruzione dei fotoni, ma anche l’esperienza e la determinazione di tutto il gruppo scientifico nella costruzione di telescopi per lo spazio altamente performanti e affidabili. IXPE e i suoi straordinari risultati testimoniano l’eccellenza della scienza e delle tecnologie che l’Italia è in grado di realizzare”.

Universo primordiale, in Italia analisi campioni asteroide Ryugu

Universo primordiale, in Italia analisi campioni asteroide RyuguRoma, 10 gen. (askanews) – Un team tutto italiano composto da ricercatori e ricercatrici dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), dell’Università degli Studi di Firenze (Unifi) e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) avvia le analisi dei due preziosissimi campioni dell’asteroide Ryugu ricevuti a maggio del 2023 nell’ambito di un bando internazionale per l’analisi dei materiali cosmici riportati a Terra dalla missione Hayabusa-2 dell’Agenzia Spaziale giapponese Jaxa.

I due grani a disposizione del gruppo di ricerca – informano Inaf e Infn – sono denominati C0242 (del peso di 0,7 milligrammi e lunghezza di 1,712 millimetri) e A0226 (pesante 1,9 milligrammi e lunghezza di 2,288 millimetri). Ciascun grano è posto all’interno di un particolare recipiente di acciaio riempito di azoto, il cui scopo è sia di preservare il grano evitando contaminazioni dovute alle polveri e al vapore d’acqua presenti nell’ambiente, sia di permettere un trasporto sicuro. Per rendere onore alla cultura giapponese, il team italiano ha deciso di assegnare un nome ai due grani attingendo alla tradizione degli Anime, in particolare le opere dello studio Ghibli con il suo creatore Hayao Miyazaki. I nomi sono stati scelti guardando sia alla forma (A0226-Totoro) dal film “Il mio vicino Totoro”, sia al compito di Hayabusa2 di spedire a Terra campioni extraterrestri (C0242-Kiki) dal film “Kiki – Consegne a domicilio”. Le prime indagini di spettroscopia nell’infrarosso prendono il via presso il laboratorio di luce di sincrotrone Dafne Luce dei Laboratori Nazionali di Frascati dell’Infn, sfruttando così la luce prodotta dall’acceleratore di particelle dei laboratori, Dafne. E, per preservare al meglio i due frammenti di asteroide, i ricercatori hanno ideato e realizzato delle attrezzature speciali: “per la prima volta apriremo i contenitori dove sono contenuti in atmosfera protetta per poter fare le prime analisi spettroscopiche nell’infrarosso. In questi mesi abbiamo messo a punto dei portacampioni ‘universali’ in grado di poter tener fermo ciascuno dei due frammenti per tutta la durata delle analisi, che durerà alcuni mesi” spiega Ernesto Palomba, ricercatore Inaf e professore presso l’Università Federico II di Napoli, che coordina le operazioni di analisi.

“Le tecniche e gli strumenti che abbiamo progettato e realizzato permetteranno di analizzare i campioni preservandoli dalla contaminazione dell’atmosfera terrestre che li danneggerebbe irreversibilmente, cancellando informazioni preziose per capire i meccanismi di formazione ed evoluzione del nostro Sistema solare e dei corpi che lo abitano, compresa la nostra Terra”. Con le prime analisi il gruppo di ricerca si focalizzerà sullo studio della mineralogia, della materia organica e dell’acqua presente in questi campioni per ottenere le prime informazioni da questi veri e propri fossili del Sistema solare, che risalirebbero proprio alle primissime fasi di formazione del nostro sistema planetario, ovvero circa quattro miliardi di anni fa.

“La luce di sincrotrone di Dafne consentirà di analizzare in modo totalmente non distruttivo i micro-frammenti dei minerali contenuti nei grani dell’asteroide Ryugu. Le analisi verranno svolte utilizzando un rivelatore per imaging nel medio infrarosso e consentiranno di evidenziare una eventuale presenza di tracce di materiale organico, fornendo importanti informazioni sulle interazioni fisico-chimiche tra molecole organiche e minerali che potrebbero aver avuto un ruolo nell’origine della vita sulla Terra o in altri corpi del Sistema Solare,” spiega Mariangela Cestelli Guidi, ricercatrice Infn, responsabile della linea di luce di sincrotrone nell’infrarosso del Laboratorio Dafne Luce. Le analisi dei campioni a Frascati si protrarranno per circa due settimane. Poi i grani di Ryugu verranno trasportati all’Università di Firenze per ulteriori indagini volte ad ottenere maggiori informazioni sulla storia di questi campioni. “I grani di Ryugu arriveranno a Firenze entro un mese e vi rimarranno per circa sei settimane” sottolinea Giovanni Pratesi, docente di Mineralogia Planetaria presso l’Università di Firenze e leader del gruppo di ricerca Unifi. “L’obiettivo di queste ulteriori indagini è quello di caratterizzare la morfologia e la composizione chimica della superficie dei frammenti, cosa che ci permetterà di avere informazioni preziose per aiutarci a ricostruire la storia di questo asteroide ma anche del nostro Sistema solare”.

(Crediti INFN – LNF)

Da ISI Foundation e Fondazione CRT 10 borse studio per scienza dati e AI

Da ISI Foundation e Fondazione CRT 10 borse studio per scienza dati e AIRoma, 9 gen. (askanews) – ISI Foundation e Fondazione CRT mettono a disposizione di neolaureati italiani e stranieri 10 Borse di ricerca applicata nel campo della scienza dei dati e dell’intelligenza artificiale per lo sviluppo sostenibile, la salute pubblica e l’impatto sociale. Il bando del progetto Lagrange-Fondazione CRT è aperto fino al 12 febbraio, ed è rivolto a giovani con laurea magistrale in discipline tecnico-scientifiche (STEM) – tra cui informatica, fisica, matematica, statistica – o in scienze sociali con esperienza nella scienza dei dati. L’iniziativa è ideata, promossa e finanziata dalla Fondazione CRT con il coordinamento scientifico di ISI Foundation, leader globale nello studio dei Sistemi Complessi e dei Dati presieduto da Alessandro Vespignani.

Le Borse, del valore di 23 mila euro ciascuna (al lordo delle ritenute fiscali), consentiranno ai vincitori di svolgere un tirocinio interdisciplinare di 12 mesi presso i laboratori di ISI Foundation alle OGR Tech, polo torinese dell’innovazione, interagendo con agenzie internazionali (UNICEF, WFP, ecc.) e lavorando al fianco di scienziati dei dati di altissimo profilo. Un’opportunità preziosa sia per i neolaureati che ambiscono a un futuro accademico, sia per coloro che sono interessati a carriere nel mondo dell’impresa e nel non profit. Le ricerche si focalizzeranno su tematiche di scienza dei dati e intelligenza artificiale per la salute pubblica e l’epidemiologia; la previsione computazionale di epidemie e pandemie con sorgenti di dati non tradizionali; la scienza delle reti per la mobilità urbana e il futuro delle città; l’apprendimento automatico e l’analisi dati per la risposta umanitaria, lo studio delle disuguaglianze socioeconomiche e lo sviluppo sostenibile. Il Progetto Lagrange-Fondazione CRT ha supportato dal 2003 a oggi oltre 800 giovani ricercatori, con uno stanziamento complessivo superiore ai 44 milioni di euro: il più grande investimento in un progetto in ambito scientifico sotto la regia della Fondazione CRT.

“Il progetto Lagrange-Fondazione CRT rappresenta un’opportunità non solo dal punto di vista accademico, per assimilare concretamente competenze e visioni nel campo della scienza dei dati, ma anche e soprattutto come esperienza professionale e di vita. I tanti giovani che hanno potuto in questi anni collaborare insieme a ricercatori e consulenti scientifici di livello internazionale, hanno avuto l’opportunità di cogliere in prima persona le grandi sfide culturali, economiche e sociali del presente e del futuro, provando a cercare delle risposte attraverso l’interpretazione dei dati e del loro impatto nella società. Un impegno di grande responsabilità che mira alla salvaguardia della vita umana e al miglioramento delle nostre comunità”, ha dichiarato Alessandro Vespignani, Presidente di ISI Foundation. “Con il progetto Lagrange la Fondazione CRT sostiene in modo molto concreto i giovani ricercatori e promuove l’innovazione in ambiti che interessano tutti noi, perché sono strettamente legati al benessere delle persone e dell’intera società”, ha sottolineato Andrea Varese, Segretario Generale della Fondazione CRT.

EO4Security, dallo spazio un aiuto contro i crimini ambientali

EO4Security, dallo spazio un aiuto contro i crimini ambientaliRoma, 9 gen. (askanews) – È diventato operativo EO4SECURITY, un progetto dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) guidato da e-GEOS – una società costituita da Asi (20%) e Telespazio (80%) del gruppo Leonardo – che ha l’obiettivo di monitorare crimini ambientali e attività illegali.

Con EO4SECURITY, in particolare, saranno sviluppati algoritmi all’avanguardia, con le relative piattaforme applicative, per fornire strumenti in grado di offrire tempestivamente informazioni su possibili violazioni delle normative ambientali, ad esempio nel caso di estrazioni minerarie illegali. In un mondo in cui i reati ambientali stanno crescendo significativamente, EO4SECURITY – nota e-Geos – rappresenta un progetto di grande importanza poiché permette di comprendere l’impatto che attività di natura criminale possono avere sulla salvaguardia ambientale dell’intero pianeta. Un ambiente pulito, sicuro e sostenibile è, infatti, parte integrante della piena realizzazione di un ampio spettro di diritti umani e del raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU. Proteggere il nostro pianeta è sinonimo quindi di protezione delle persone.

Lo scopo del progetto è sfruttare la più ampia disponibilità di dati per raccogliere informazioni su piccola o grande scala della Terra. In una sola schermata, EO4SECURITY è in grado di fornire analisi e informazioni sui crimini ambientali utilizzando diverse fonti in grado di generare dati ad alta risoluzione nonché utilizzare osservazioni satellitari giornaliere e analisi storiche di determinate aree. Il progetto EO4SECURITY si baserà sulla complementarità dei dati provenienti dai satelliti di osservazione della Terra con i cosiddetti dati di Open Source Intelligence (OSINT), tratti dai social media o da altri canali. Tutte queste informazioni saranno integrate nei flussi operativi a favore di un facile utilizzo da parte degli utenti finali.

Oltre ad e-GEOS, primo contraente, fanno parte del progetto dell’Esa anche GAF (azienda 100% e-GEOS), Hensoldt Analytics, Janes e Dhiria (spin-off del Politecnico di Milano). L’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODC) e l’Istituto internazionale delle Nazioni Unite per la ricerca sul crimine e la giustizia (UNICRI) sono alcuni degli utenti finali coinvolti dall’Esa per sostenere e contribuire la riuscita del progetto. Grazie a EO4SECURITY, e-GEOS – conclude la nota – si conferma partner tecnologico chiave per l’Esa, e affianca il nuovo progetto ad altri due studi in corso per l’Agenzia che riguardano entrambi metodologie innovative di elaborazione radar apertura sintetica (SAR) per applicazioni nell’ambito della sicurezza. Il primo, in particolare, si basa sulla cosiddetta tecnologia SAR inversa (ISAR), e prevede di sviluppare una caratterizzazione dettagliata di oggetti in movimento dai dati SAR, quelli ad esempio provenienti dalle Sentinelle del programma Copernicus o dai satelliti italiani COSMO-SkyMed, attraverso un miglioramento della focalizzazione dell’obiettivo. Il progetto fa affidamento sull’esperienza di due partner: ARESYS e CNIT.

e-GEOS è inoltre al lavoro per un progetto di “Fusione di Dati Multisensore per Applicazioni di Sicurezza Marittima” che prevede, implementando metodi innovativi di elaborazione di fusione dati includendo principalmente dati SAR e RF, estesi a immagini satellitari ottiche e AIS, la possibilità di estrarre percorsi di modelli marittimi per identificare comportamenti irregolari delle navi. Come partner industriale, e-GEOS lavorerà con Deix e con il supporto di Critiware e Cherry-Data. Unendo tecnologia all’avanguardia, analisi avanzate dei dati e integrazione di diverse fonti, Esa ed e-GEOS, insieme a tutti i partner del consorzio, stanno sviluppando un approccio che promette di supportare attività investigative e migliorare significativamente la gestione e la protezione del nostro pianeta.

Le scimmie gelada comunicano anche con “sinfonie” di sbadigli

Le scimmie gelada comunicano anche con “sinfonie” di sbadigliRoma, 8 gen. (askanews) – I gelada, scimmie che vivono sugli altopiani etiopi, sbadigliano vocalizzando, creando delle sinfonie che si propagano tra i gruppi. Il fenomeno è stato osservato da un gruppo di etologi ed etologhe delle Università di Pisa e di Rennes che ha lavorato due mesi nello NaturZoo di Rheine e ha poi pubblicato i risultati della ricerca svolta sulla rivista “Scientific Reports”.

Il team – composto da Luca Pedruzzi, dottorando fra Pisa e Rennes, Martina Francesconi ed Elisabetta Palagi, rispettivamente dottoranda e professoressa dell’Ateneo Pisano, e da Alban Lemasson, professore a Rennes – ha evidenziato che le particolari vocalizzazioni dei gelada associate agli sbadigli avrebbero un ruolo nel mantenere i legami sociali, anche in situazioni in cui il contatto visivo risulta impossibile. Gli animali infatti sbadigliano al solo sentire lo sbadiglio di altri esemplari, e il suono sembra essere particolarmente contagioso quando emesso da maschi dello stesso gruppo, individui cioè con un “peso sociale” maggiore. “Il potere contagioso degli sbadigli è innegabile e va oltre i confini delle specie – sottolinea Luca Pedruzzi – Il fenomeno, osservato da tempo negli umani e in specie animali altamente sociali, assume una nuova dimensione con i gelada, scimmie endemiche dell’Etiopia caratterizzate da un’alta complessità sociale. A differenza di altri primati, i gelada producono sbadigli ‘rumorosi’, un tratto condiviso solo con la nostra specie”.

“Questa ricerca non solo approfondisce la nostra comprensione del contagio di sbadiglio, ma rivela la complessità ‘sinfonica’ della comunicazione dei gelada – aggiunge Martina Francesconi – E mentre decifriamo il linguaggio acustico di queste scimmie, le analogie con le dinamiche sociali umane diventano sempre più evidenti. Gli echi degli sbadigli negli altopiani dei gelada risuonano con gli echi lontani dei nostri legami sociali, sfidandoci a esplorare l’intreccio evolutivo delle connessioni interspecifiche”. Per comprendere appieno la funzione di queste vocalizzazioni nei gelada e, più in generale, per studiare come la complessità sociale della specie si ripercuote nelle molteplici strategie comunicative adottate, – informa Unipi – il gruppo di ricerca della professoressa Palagi a breve partirà con un progetto finalizzato alla raccolta di dati comportamentali su queste scimmie in Etiopia, in natura, in collaborazione con l’Università di Addis Abeba, in particolare con la professoressa Bezawork Afework.

“Le implicazioni di questa nuova ricerca si estendono ben oltre il campo degli sbadigli. La componente acustica degli sbadigli potrebbe fungere come uno strumento non solo per regolare le dinamiche sociali, ma anche per creare una connessione emotiva tra individui che, condividendo lo stesso stato d’animo, possono sincronizzare le proprie azioni, particolarmente in scenari in cui il contatto visivo è limitato – conclude Palagi – Questa inaspettata similitudine tra esseri umani e gelada suggerisce un percorso evolutivo condiviso, plasmato dalla necessità di una comunicazione complessa, sincronizzazione di gruppo e costruzione di legami sociali. Ci aspettiamo che i risultati gettino luce sulla possibile convergenza evolutiva tra la nostra specie e i gelada, rivelando un intrigante collegamento tra il contagio di sbadiglio, la comunicazione uditiva e i comportamenti a base empatica”.

Antartide, rompighiaccio Laura Bassi parte da Nuova Zelanda per Polo Sud

Antartide, rompighiaccio Laura Bassi parte da Nuova Zelanda per Polo SudRoma, 8 gen. (askanews) – La nave da ricerca italiana Laura Bassi ha lasciato il porto di Lyttelton in Nuova Zelanda, facendo rotta verso l’Antartide dove supporterà le attività di ricerca legate a tre diversi progetti sullo studio delle dinamiche fisiche e biogeochimiche di specifiche aree antartiche. Inizia così la campagna oceanografica della 39° spedizione in Antartide finanziata dal Ministero dell’Università e Ricerca (MUR) nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA), gestito dal Cnr per il coordinamento scientifico, dall’ENEA per la pianificazione e l’organizzazione logistica delle attività presso le basi antartiche e dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS per la gestione tecnica e scientifica della rompighiaccio Laura Bassi. La nave circumnavigherà l’intero Mare di Ross e concluderà la sua missione antartica, di nuovo in Nuova Zelanda, dopo 60 giorni a marzo 2024. La nave Laura Bassi, di proprietà dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS, quest’anno svolgerà un’unica rotazione dalla Nuova Zelanda all’Antartide, con a bordo 39 persone coinvolte come personale di ricerca e un equipaggio navigante di 23 membri. Per la prima volta la missione sarà condivisa con il progetto antartico neozelandese a cui afferisce un team di 12 persone. Il viaggio della rompighiaccio è iniziato lo scorso 25 novembre quando ha lasciato il porto di Napoli per intraprendere una navigazione di circa 40 giorni. La rompighiaccio ha attraversato il Mar Rosso e il Golfo di Aden, adottando tutte le misure antipirateria previste e navigando lungo il corridoio di sicurezza sotto l’ombrello di protezione garantito dalle navi militari di vari Paesi. A fine dicembre è approdata a Lyttelton per imbarcare il personale che effettuerà la missione di ricerca. Chiuse le operazioni di carico, il 6 gennaio la nave è partita dal porto di Lyttelton alla volta del Mare di Ross.

Spazio, in viaggio verso la Luna il primo lander di un privato

Spazio, in viaggio verso la Luna il primo lander di un privatoRoma, 8 gen. (askanews) – Il lander Peregrine ha iniziato il suo viaggio verso la Luna. Lanciato oggi dalla base di Cape Canaveral in Florida a bordo del razzo Vulcan – costruito dall’azienda United Launch Alliance – il primo lander costruito da un’azienda privata, la Astrobotic, per arrivare sulla Luna trasporta 20 carichi utili da sette Paesi e 16 clienti commerciali, tra cui i primi payload lunari dalle agenzie spaziali messicana e tedesca. Uno dei payload, DHL MoonBox, – informa Astrobotic – contiene ricordi e messaggi di oltre 100.000 persone in tutto il mondo. Si tratta del primo lander statunitense lanciato con l’obiettivo di tornare sul suolo lunare a distanza di oltre 50 anni.

Peregrine è il primo lancio nell’ambito del Commercial Lunar Payload Services della Nasa; gli strumenti a bordo del lander aiuteranno l’agenzia spaziale statunitense a prepararsi per le missioni del programma Artemis per consentire la presenza umana prolungata sulla Luna. Una volta sulla Luna, gli strumenti della Nasa studieranno l’esosfera lunare, le proprietà termiche della regolite lunare, l’abbondanza di idrogeno nel suolo del sito di atterraggio e condurranno il monitoraggio delle radiazioni ambientali. I cinque carichi utili per la scienza e la ricerca della Nasa a bordo del lander aiuteranno l’agenzia a comprendere meglio i processi e l’evoluzione planetaria, a cercare prove dell’acqua e di altre risorse e a supportare l’esplorazione umana sostenibile a lungo termine. Dopo l’allunaggio previsto il 23 febbraio – prosegue la Nasa – Peregrine trascorrerà circa 10 giorni raccogliendo preziosi dati scientifici, studiando il vicino più vicino alla Terra e contribuendo a spianare la strada alla prima donna e prima persona di colore ad esplorare la Luna nell’ambito del programma Artemis.

“Oggi Peregrine Mission One ha raggiunto una serie di grandi traguardi – ha affermato John Thornton, Ceo di Astrobotic – Peregrine si è acceso, ha acquisito un segnale con la Terra e ora si sta muovendo attraverso lo spazio in viaggio verso la Luna. Questi successi ci portano un passo avanti verso lo sbarco di sette nazioni sulla Luna, sei delle quali non sono mai state sulla Luna prima”. Dopo Peregrine Mission One, Astrobotic prevede di continuare i suoi sforzi di esplorazione lunare con il lancio di Griffin Mission One alla fine del 2024. Griffin, il più grande lander lunare dai tempi del modulo lunare Apollo, trasporterà il Volatiles Investigating Polar Exploration Rover (VIPER) della Nasa al polo sud della Luna dove lo strumento cercherà la presenza di ghiaccio d’acqua nelle regioni permanentemente in ombra di Mons Mouton.

Spazio, il 2024 dell’Esa: da debutto di Ariane 6 al lancio di Hera

Spazio, il 2024 dell’Esa: da debutto di Ariane 6 al lancio di HeraRoma, 5 gen. (askanews) – Dai lanciatori alle missioni l’Agenzia spaziale europea offre una panoramica dei principali appuntamenti per l’anno che si è appena aperto.

L’accesso indipendente allo spazio è fondamentale per l’Europa che quest’anno vedrà il debutto del lanciatore pesante Ariane 6, con il primo lancio previsto tra giugno e luglio 2024 dallo spazioporto di Kourou in Guyana francese, dopo il pensionamento di Ariane 5 che ha concluso con successo la sua carriera il 5 luglio scorso. A fine anno dovrebbe tornare a volare anche il lanciatore leggero Vega C. Sul fronte delle missioni, continua la collaborazione dell’Esa con la Nasa per il programma lunare Artemis. In primavera – informa l’Esa – un altro modulo di servizio europeo, ESM-3, per la terza missione Artemis sarà spedito negli Stati Uniti per l’accoppiamento con la capsula Orion.

Nel 2024 verrà lanciata Proba-3, la prima missione di volo in formazione di precisione: Coronagraph e Occulter voleranno insieme formando un coronografo di 144 metri che studierà la corona del Sole più vicino che mai al bordo solare. All’inizio dell’anno verranno rivelati i primi dati scientifici raccolti dall’ultimo telescopio spaziale Euclid, che vede una forte partecipazione dell’Italia, lanciato lo scorso luglio, progettato per esplorare la composizione e l’evoluzione della materia oscura e dell’energia oscura.

A ottobre 2024 è in programma il lancio della missione Hera che volerà verso il sistema binario di asteroidi Dimorphos e Didymos per osservare le conseguenze dell’impatto provocato dalla missione Dart della Nasa ideata per testare la possibilità di deviare l’orbita di un asteroide colpendolo, lanciata nel novembre 2021 con a bordo il cubesat dell’Agenzia spaziale italiana LiciaCube che ha ripreso l’impatto. Sul fronte dell’Osservazione della Terra diversi i satelliti pronti per essere lanciati: la missione EarthCARE di Esa e dell’agenzia spaziale giapponese Jaxa, la missione Arctic Weather Satellite e i satelliti Sentinel-1C e Sentinel-2C del programma Copernicus dell’Unione Europea.

Il 2024 porterà nuovi sviluppi anche per Galileo: altri due satelliti di prima generazione saranno lanciati in aprile, seguiti da altri due più avanti nel corso dell’anno. Questi amplieranno la costellazione e contribuiranno a garantire le prestazioni ottimali di Galileo. Nel frattempo avranno luogo le prime consegne hardware per i satelliti Galileo di seconda generazione. I cinque astronauti in carriera della classe 2022 finiranno quest’anno la loro formazione di base e saranno quindi pronti per gli incarichi di missione. È in procinto di partire invece l’astronauta del progetto svedese Marcus Wandt che tra pochi giorni volerà verso la Stazione Spaziale come specialista di missione nella missione commerciale Axiom-3 che vede a bordo anche l’astronauta italiano Walter Villadei, colonnello dell’Aeronautica Militare. (Credits: ESA-P. Carril)