Skip to main content
#sanremo #studionews #askanews #ciaousa #altrosanremo

Robot subacquei alleati degli operatori umani per la difesa del mare

Robot subacquei alleati degli operatori umani per la difesa del mareRoma, 6 mag. (askanews) – Monitorare lo stato delle acque, dolci e salate, non è un’attività semplice. Eppure, le ineludibili esigenze di sostenibilità ambientale e le grandi risorse che il mondo sommerso conserva rendono essenziale arrivare a una conoscenza scientifica profonda del “Pianeta Blu”. Per questo l’uso di robot autonomi sottomarini assume una crescente rilevanza, soprattutto per il monitoraggio di fenomeni legati alla salute delle acque e dei fondali. Di questo si occupa il progetto Panacea, gestito dalle Università di Pisa e Firenze e orientato a sostituire sempre di più le esplorazioni umane in ambienti sottomarini pericolosi e ostili con quelle condotte da robot. Il progetto ha ricevuto finanziamenti dal Ministero dell’Università e della Ricerca nell’ambito del bando PRIN 2022 (Progetti di Rilevante Interesse Nazionale).


“Nonostante in questi anni i robot sottomarini si siano dimostrati molto efficaci – spiega Riccardo Costanzi, docente di robotica all’Università di Pisa e coordinatore del progetto – siamo ancora lontani da farne uno standard per le attività di monitoraggio, affidate ancora a operatori umani, con tutti i rischi del caso. Nel progetto Panacea proponiamo un caso emblematico, quello della Posidonia oceanica, considerata un habitat naturale chiave dall’Unione Europea e il cui monitoraggio è essenziale per conoscere lo stato di salute dei nostri mari e per preservarlo”. Scopo di Panacea – si spiega in una nota – è mettere a punto un sistema multi-robot, composto da un robot subacqueo e uno di superficie, in grado di interfacciarsi con gli operatori al sicuro a terra, che ricevono dati in tempo reale. “Il monitoraggio dei fondali è eseguito con tecniche sia visive che acustiche – aggiunge Alessandro Ridolfi, docente di robotica all’Università di Firenze – e usiamo tecniche di Intelligenza Artificiale per estrarre dati sintetici da tutti quelli acquisiti. La capacità del robot di estrarre e trasmettere solo dati sintetici è fondamentale, visto che in acqua le possibilità di comunicazione sono ridotte”.


Il progetto è stato presentato lo scorso 3 maggio a una platea di studiosi di ecologia e rappresentanti di Agenzie per l’Ambiente, che gli scienziati di Pisa e Firenze considerano gli utilizzatori finali del sistema che stanno mettendo a punto. “In un’epoca in cui il monitoraggio ambientale è più cruciale che mai, il sistema proposto da Panacea rappresenta un ulteriore passo avanti significativo nella conservazione della biodiversità marina – afferma Elena Maggi, docente di ecologia all’Università di Pisa – Il monitoraggio delle praterie di Posidonia oceanica, fondamentali per la salute e protezione dei sistemi costieri mediterranei e al contempo estremamente delicate, rappresenta una sfida notevole. Panacea mira a minimizzare i rischi e le limitazioni dei monitoraggi umani, incrementando la sicurezza e riducendo i tempi per la raccolta di dati su ampie scale spaziali, che possano essere integrati con quelli raccolti dagli operatori subacquei. Di fronte all’accelerazione degli effetti del cambiamento climatico e alla molteplicità dei disturbi causati dalle attività umane, è imperativo che le nostre azioni conservative siano altrettanto rapide ed efficaci per mitigare e contenere gli impatti”.

Esa, nel 2025 Vega-C porterà nello spazio la missione Smile

Esa, nel 2025 Vega-C porterà nello spazio la missione SmileRoma, 30 apr. (askanews) – Sarà il lanciatore leggero Vega-C a portare nello spazio la missione Smile – acronimo di Solar wind Magnetosphere Ionosphere Link Explorer – collaborazione tra l’Agenzia spaziale europea e l’Accademia cinese delle scienze (CAS) nata con l’obiettivo di aiutarci a comprendere meglio l’interazione tra il Sole e la Terra.


Con la cerimonia della firma di oggi, l’Esa – informa l’Agenzia – assicura il lancio di Smile su Vega-C dallo spazioporto europeo nella Guyana francese, attualmente previsto per la fine del 2025. Vega-C è l’agile razzo europeo progettato per lanciare un’ampia gamma di missioni, può inviare carichi di forme e dimensioni diverse, migliorando l’accesso indipendente dell’Europa allo spazio. “La giornata di oggi segna un’importante pietra miliare per la nostra innovativa missione Smile e segnala la determinazione di tutti i nostri team e partner a portare a termine una missione di successo nei tempi previsti per ottenere il massimo beneficio scientifico”, afferma il Direttore scientifico dell’Esa, Prof. Carole Mundell. Stéphane Israël, Ceo di Arianespace, aggiunge: “Questa firma segna oltre quattro anni di sforzi di collaborazione tra Arianespace e i team scientifici dell’Esa per sviluppare la missione Smile con un lanciatore Vega-C”. “Siamo lieti di lanciare Smile su un veicolo di lancio così versatile. Vega-C è stato selezionato perché soddisfa perfettamente le esigenze della missione, come la capacità di massa richiesta e l’orbita di iniezione”, ha dichiarato David Agnolon, Project Manager di Smile.


Vega-C posizionerà Smile in un’orbita terrestre bassa, da cui la navicella spaziale si spingerà verso un’orbita terrestre alta. In quest’orbita finale, a forma di uovo, Smile volerà intorno alla Terra all’incirca ogni due giorni. Si sposterà a circa 121.000 km dalla superficie terrestre per una visione prolungata delle regioni del polo nord, prima di avvicinarsi a 5.000 km per scaricare i dati archiviati nelle stazioni di terra in Antartide e Cina. Un’orbita così unica – prosegue l’Esa – consentirà agli scienziati di osservare regioni importanti nello spazio vicino alla Terra per più di 40 ore consecutive. Smile scatterà le prime immagini e video a raggi X del vento solare che sbatte contro la bolla magnetica protettiva della Terra. Le sue immagini ultraviolette complementari forniranno lo sguardo continuo più lungo mai visto sull’aurora boreale.


Con Smile per la prima volta l’Esa e la Cina selezionano, progettano, implementano, lanciano e gestiscono congiuntamente una missione scientifica spaziale. Oltre al lancio, l’Esa è responsabile del modulo di carico utile di Smile (che ospita i suoi strumenti scientifici), delle strutture di test dei veicoli spaziali, della stazione terrestre primaria in Antartide e di un contributo alle operazioni scientifiche. “Diverse difficoltà tecniche e programmatiche sono state superate congiuntamente dai team Esa e Cas attraverso una collaborazione efficiente e rispettosa. Non vediamo l’ora di vedere Smile in orbita nel 2025 e di raccogliere dati scientifici per diversi anni”, afferma Frédéric Safa, capo del dipartimento Missioni future dell’Esa.


Nell’autunno del 2024, le sezioni europea e cinese della navicella arriveranno al centro tecnico dell’Esa, Estec . Lì le due sezioni verranno unite e la navicella verrà testata per la prima volta come unità completa. La navicella spaziale verrà quindi spedita dall’Eestec allo spazioporto europeo nella Guyana francese. (Credit: ESA)

Fisica particelle, l’Italia nell’esperimento Ship ospitato al Cern

Fisica particelle, l’Italia nell’esperimento Ship ospitato al CernRoma, 30 apr. (askanews) – Il Cern ha approvato la costruzione di una nuova infrastruttura nell’Area Nord per ospitare l’esperimento SHiP (Search for Hidden Particles), una collaborazione internazionale che coinvolge 15 diversi Paesi, tra cui l’Italia.


Lo scopo dell’esperimento è cercare particelle che interagiscono molto debolmente con la materia ordinaria, cosiddette particelle del settore nascosto, e studiare le proprietà dei neutrini, le particelle meno studiate tra quelle conosciute. Questi studi mirano a spiegare fenomeni che il Modello Standard delle particelle e interazioni fondamentali, ossia la teoria fisica che descrive il mondo sub-nucleare, non riesce a spiegare. Tra questi fenomeni c’è l’esistenza della materia oscura, la massa piccolissima dei neutrini e l’asimmetria barionica dell’Universo. “L’approvazione di SHiP apre una nuova frontiera nell’investigazione dei problemi fondamentali ancora aperti nella Fisica delle particelle -, dichiara Giovanni De Lellis, responsabile italiano del progetto, docente presso il Dipartimento di Fisica dell’Università Federico II -. SHiP, infatti, sarà l’esperimento alla cosiddetta frontiera dell’intensità, studiando le particelle prodotte da un numero di collisioni mai raggiunto prima, con la potenzialità di scoprirne nuove e spiegare così fenomeni ancora ignoti, come l’esistenza della materia oscura”.


L’esperimento – informa Unina – sfrutterà i fasci di protoni ad alta intensità del Super Proton Synchrotron (SPS) del Cern. L’idea alla base del progetto è che le particelle che possono spiegare questi fenomeni ancora irrisolti siano così rare che non sia stato ancora possibile produrle in numero sufficiente da essere osservate. Di qui la necessità di far collidere un numero enorme di particelle, dalla cui interazione possono avere origine le rarissime particelle che il progetto mira a osservare, misurando i prodotti del loro decadimento o della loro interazione con il rivelatore. “L’Università degli Studi di Napoli Federico II ha un ruolo chiave nell’esperimento perché è stata tra i fondatori del progetto nel 2014 insieme ad altri 5 Istituti incluso il Cern”, spiega De Lellis. Nel 2016, la partecipazione federiciana si è estesa anche ai Dipartimenti di Ingegneria dell’Ateneo. Hanno infatti collaborato alla progettazione dell’esperimento docenti e ricercatori dei cinque Dipartimenti di Ingegneria oltre a quelli del Dipartimento di Fisica. “Abbiamo colto le sfide tecnologiche di un progetto di frontiera del Cern, in un contesto interdisciplinare”, spiega Andrea Prota, Direttore del Dipartimento di Strutture per l’Ingegneria e l’Architettura, direttamente coinvolto con il suo gruppo di ricerca nella progettazione di una grossa struttura a vuoto dove le particelle nascoste dovrebbero decadere. “L’Ingegneria napoletana contribuirà alla definizione delle specifiche del progetto e alla realizzazione del complesso apparato”.


Nei prossimi anni gli scienziati completeranno le ultime fasi della progettazione e inizieranno la costruzione dell’apparato che prevede di iniziare a prendere dati nel 2031. L’apparato si svilupperà per circa 100 metri in una sala sperimentale dell’Area Nord del Cern. “Per la prima volta un esperimento approvato dal Cern vede la partecipazione di una compagine federiciana così ampia”, conclude De Lellis. “L’approvazione di questo progetto è anche frutto del lavoro della Task Force di Ateneo SHiP-Fed, creata nel 2020 per raccogliere i saperi federiciani intorno al progetto, coagulando l’interesse e la partecipazione di dieci Dipartimenti”.

Ariane 6 lancerà i primi satelliti Galileo di seconda generazione

Ariane 6 lancerà i primi satelliti Galileo di seconda generazioneRoma, 29 apr. (askanews) – La Commissione europea e l’Agenzia dell’Unione europea per il programma spaziale (Euspa) hanno assegnato ad Arianespace il lancio di quattro nuovi satelliti della costellazione di navigazione Galileo (L17 e L18). Questi due lanci aggiuntivi sono previsti per il 2026 e il 2027 e trasporteranno a coppie i primi quattro satelliti Galileo di seconda generazione. Airbus Defence and Space e Thales Alenia Space – informa Arianespace – stanno costruendo sei satelliti ciascuno, che insieme formeranno la prima flotta della seconda generazione. I satelliti, del peso di circa 2.000 kg e dotati di propulsione elettrica, raggiungeranno l’orbita operativa di Galileo (23.222 km di altitudine).


Galileo è la prima infrastruttura comune prodotta, finanziata e di proprietà dell’Unione europea, sotto la responsabilità generale della Commissione europea e incorpora tecnologie innovative sviluppate dall’Europa a beneficio dei cittadini di tutto il mondo. L’Agenzia spaziale europea (Esa) è responsabile della progettazione, dell’evoluzione e dello sviluppo tecnico dell’infrastruttura. La gestione operativa del programma Galileo è stata affidata dalla Commissione europea all’Agenzia del programma spaziale dell’Unione europea (Euspa), che è responsabile dell’installazione, della manutenzione e dell’evoluzione limitata del sistema. L’Euspa assicura anche le prestazioni e la continuità dei servizi di Galileo.


“Vorrei ringraziare la Commissione europea ed Euspa per aver rinnovato la loro fiducia in Arianespace per il dispiegamento del suo sistema di navigazione satellitare globale. Ariane 6 sta compiendo gli ultimi passi verso il suo volo inaugurale quest’estate, cosa che ci consente di prevedere la ripresa del dispiegamento della costellazione Galileo dal centro spaziale guianese nel 2025. In questo contesto, la decisione della Commissione europea e di Euspa costituisce un impegno forte in favore del futuro lanciatore pesante europeo. Arianespace ribadisce il suo impegno a garantire all’Europa un accesso affidabile e sovrano allo spazio”, ha dichiarato Stéphane Israël, amministratore delegato di Arianespace.

Ai Laboratori del Gran Sasso esperimento Cosinus su materia oscura

Ai Laboratori del Gran Sasso esperimento Cosinus su materia oscuraRoma, 19 apr. (askanews) – É stato inaugurato il 18 aprile, ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS) dell’Infn-Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, COSINUS (Cryogenic Observatory for Signatures seen in Next-generation Underground Searches), un esperimento internazionale che mira a svelare uno dei più grandi misteri dell’universo: la materia oscura. Che si stima costituisca circa l’85% della massa totale dell’universo e rimane uno degli enigmi più affascinanti e sfuggenti della fisica moderna.


Frutto della collaborazione tra Max Planck Institute for Physics di Monaco (Germania), Technical University di Vienna, Institute of High Energy Physics of the Österreichischen Akademie der Wissenschaften (Austria), Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Italia), e Helsinki Institute of Physics (Finlandia), COSINUS – informa l’Infn – si propone di chiarire il controverso scenario nel campo della ricerca di materia oscura cercando di conciliare risultati sperimentali apparentemente in contraddizione. L’esperimento COSINUS ospiterà un innovativo rivelatore in grado di misurare con estrema precisione l’energia che le particelle rilasciano sotto forma di calore nei materiali cristallini a temperature prossime allo zero assoluto (-273,15 °C). Il cuore del rivelatore sarà costituito da un set di cristalli di ioduro di sodio, che funzioneranno alla temperatura di 15 millesimi di grado kelvin. Ogni cristallo sarà circondato da un lettore di luce in silicio ed entrambi saranno monitorati da termometri superconduttivi. Se l’universo è permeato di materia oscura composta di particelle finora sconosciute, questo strumento potrebbe catturare le collisioni tra queste particelle e la Terra, fornendo prove concrete della loro esistenza.


“Ciò che rende COSINUS un esperimento unico nel suo genere – spiega il coordinatore internazionale Florian Reindl (ÖAW e TU Wien) – è la possibilità di misurare contemporaneamente la luce e il calore prodotti dalle particelle nello ioduro di sodio, che per la prima volta funzionerà come calorimetro criogenico scintillante. Combinare le due misure consentirà di identificare la natura delle particelle interagenti, riducendo il fondo ambientale generato da particelle diverse da quelle di materia oscura”. L’esperimento è ospitato nel più grande laboratorio sotterraneo al mondo, i Laboratori Nazionali del Gran Sasso, situati in un massiccio montuoso a circa cento chilometri da Roma. Qui, a 1400 metri di profondità, lontano dalle interferenze della radiazione cosmica, COSINUS avrà l’opportunità di osservare fenomeni che sarebbero altrimenti impossibili da rilevare. L’inaugurazione della facility sperimentale di COSINUS segna un momento significativo nella ricerca scientifica internazionale sulla materia oscura.


I primi risultati delle misure sono attesi entro il 2026, e potrebbero trasformare la nostra comprensione dell’universo.

Il team Nasa dice addio all’elicottero marziano Ingenuity

Il team Nasa dice addio all’elicottero marziano IngenuityRoma, 19 apr. (askanews) – Dopo mille sol, settantadue voli e oltre diciassette chilometri percorsi, il piccolo elicottero marziano Ingenuity non si leverà più in volo e non comunicherà più con Perseverance. Continuerà a lavorare in solitaria, però, archiviando i dati nella propria memoria, e rimanendo in attesa di una prossima missione che li prelevi.


Non è più in grado di volare già da tre mesi Ingenuity, da quell’atterraggio maldestro del 18 gennaio scorso in cui si sono danneggiate alcune pale del rotore. Tanto che la missione del primo velivolo che ha esplorato i cieli di un altro pianeta era stata dichiarata chiusa pochi giorni dopo, il 25 gennaio. Nonostante questo, – si legge su Media Inaf, il notiziario online dell’Istituto nazionale di astrofisica – Ingenuity continuava a parlare con Perseverance, il suo ponte di comunicazione anche verso Terra. Due giorni fa, però, la distanza dal rover che prosegue nelle sue attività scientifiche allontanandosi, è diventata troppo grande per continuare a comunicare. E il team della Nasa, non senza commozione, ha scaricato gli ultimi dati del piccolo velivolo e gli ha detto addio.


Ma l’ingegnoso elicotterino non poteva terminare così la sua carriera. Prima di ricevere il messaggio di addio da Ingenuity – contenente i nomi delle persone che hanno lavorato alla missione – il team del Jet Propulsion Laboratory ha caricato un nuovo software con le ultime (definitive) istruzioni. Fermo nella sua attuale posizione, a Valinor Hills, si sveglierà ogni giorno, attiverà i suoi computer di bordo e testerà le prestazioni del pannello solare, delle batterie e delle apparecchiature elettroniche; scatterà quindi una foto della superficie con la sua telecamera a colori e raccoglierà dati sulla temperatura dai sensori posizionati su tutto il velivolo. Secondo scienziati e ingegneri della Nasa, questa attività quotidiana potrà essere utile ai futuri progettisti di aerei e altri veicoli per il Pianeta rosso, e fornire una prospettiva a lungo termine sui modelli meteorologici marziani e sul movimento della polvere. Anche perché, se nulla dovesse guastarsi e se i pannelli non si copriranno di polvere rossa, la memoria di Ingenuity avrà la capacità di raccogliere dati per circa vent’anni. E a quel punto, qualcuno o qualcosa in viaggio verso Valinor Hills potrebbe approfittarne per recuperarli.


(Credits: NASA/JPL-Caltech/ASU/MSSS)

Scoperto il buco nero stellare più massiccio della nostra galassia

Scoperto il buco nero stellare più massiccio della nostra galassiaRoma, 16 apr. (askanews) – Alcuni astronomi hanno identificato il buco nero stellare più massiccio mai scoperto nella Via Lattea, individuato nei dati della missione Gaia dell’Agenzia spaziale europea, che impone uno strano movimento “oscillante” alla stella compagna che gli orbita intorno. I dati del VLT (Very Large Telescope) dell’ESO (Osservatorio Europeo Australe) e di altri osservatori da terra sono stati utilizzati per verificare la massa del buco nero, stimandola a ben 33 volte quella del Sole.


I buchi neri stellari si formano dal collasso di stelle massicce. Quelli finora identificati nella Via Lattea sono in media circa 10 volte più massicci del Sole. Il secondo buco nero stellare per massa che si conosce nella nostra galassia, Cygnus X-1, raggiunge solo 21 masse solari, rendendo eccezionale questa nuova osservazione di un oggetto da 33 masse solari. Sorprendentemente, – prosegue l’ESO – il buco nero è anche vicinissimo a noi: a soli 2000 anni luce di distanza nella costellazione dell’Aquila, è il secondo buco nero che si conosca più vicino alla Terra. Soprannominato Gaia BH3 o semplicemente BH3, è stato trovato mentre il gruppo di lavoro di Gaia stava rivedendo le osservazioni in vista dell’imminente rilascio di dati. “Nessuno si aspettava di trovare un buco nero di massa elevata nascosto nelle vicinanze, finora non rilevato”, afferma Pasquale Panuzzo, membro della collaborazione Gaia e astronomo dell’Osservatorio di Parigi, parte del Centro nazionale francese per la ricerca scientifica (CNRS). “Questo è il tipo di scoperta che si fa una sola volta nella propria carriera”.


Per confermare la scoperta, la collaborazione Gaia ha utilizzato dati provenienti da osservatori da terra, incluso lo strumento UVES (Ultraviolet and Visual Echelle Spectrograph) installato sul VLT dell’ESO, nel deserto di Atacama in Cile. Queste osservazioni hanno rivelato proprietà chiave della stella compagna che, insieme con i dati di Gaia, hanno permesso agli astronomi di misurare con precisione la massa di BH3. Gli astronomi hanno trovato buchi neri altrettanto massicci al di fuori dalla nostra galassia (usando un diverso metodo di osservazione) e hanno teorizzato che potrebbero formarsi dal collasso di stelle con una composizione chimica che vede solo pochissimi elementi più pesanti dell’idrogeno e dell’elio. Si ritiene che queste stelle cosiddette “povere di metalli” perdano meno massa nel corso della propria vita e quindi mantengano una quantità maggiore di materiale per produrre un buco nero di massa elevata dopo la loro morte. Ma finora non c’erano prove che collegassero direttamente le stelle povere di metalli ai buchi neri di massa elevata.


Le stelle che vivono in coppia tendono ad avere composizioni simili, il che significa che la compagna di BH3 contiene importanti indizi sulla stella che è collassata per formare questo buco nero eccezionale. I dati di UVES hanno mostrato che la compagna è una stella molto povera di metalli, indicando che anche la stella collassata per formare BH3 dovesse essere povera di metalli, proprio come previsto. Il risultato della ricerca guidata da Panuzzo viene pubblicato oggi su “Astronomy & Astrophysics”. “Abbiamo compiuto il passo eccezionale di pubblicare questo articolo sulla base di dati preliminari, prima dell’imminente rilascio dei risultati di Gaia proprio a causa della natura unica della scoperta”, afferma la coautrice Elisabetta Caffau, membro della collaborazione Gaia e scienziata dell’Osservatorio di Parigi del CNRS. Rendere disponibili i dati in anticipo consentirà ad altri astronomi di iniziare a studiare questo buco nero da subito, senza dover attendere il rilascio dei dati completi, previsto non prima della fine del 2025.


Ulteriori osservazioni di questo sistema potrebbero aver molto da dire sulla sua storia e sul buco nero stesso. Lo strumento GRAVITY installato sul VLTI (l’interferometro del VLT) dell’ESO, per esempio, – conclude l’ESO – potrebbe aiutare gli astronomi a scoprire se questo buco nero sta attirando materia dall’ambiente circostante e a comprendere meglio questo oggetto emozionante. Crediti: ESO/L. Calçada

Un tripudio di galassie in tre nuove immagini del telescopio VST

Un tripudio di galassie in tre nuove immagini del telescopio VSTRoma, 16 apr. (askanews) – Galassie, lontane e lontanissime. Galassie interagenti, la cui forma è stata scolpita dalla reciproca influenza gravitazionale, ma anche galassie che formano gruppi e ammassi, tenute insieme dalla mutua gravità. Sono le protagoniste di tre nuove immagini rilasciate dal VLT Survey Telescope (VST) in occasione del convegno dedicato alle attività scientifiche del telescopio, in corso dal 16 al 18 aprile presso l’Auditorium nazionale dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) a Napoli.


Il VST è un telescopio ottico dal diametro di 2,6 metri, costruito completamente in Italia e operativo dal 2011 presso l’osservatorio dello European Southern Observatory (ESO) di Paranal, in Cile. Da ottobre 2022, il telescopio è gestito interamente da Inaf attraverso il Centro Italiano di Coordinamento per VST presso la sede Inaf di Napoli, con il 90% del tempo osservativo dedicato alla comunità astronomica italiana. Il VST – spiega l’Inaf – è specializzato nelle osservazioni di grandi aree del cielo grazie alla sua fotocamera a grande campo, OmegaCAM, un vero e proprio “grandangolo celeste” in grado di immortalare, in ciascuna ripresa, un grado quadrato di cielo, ovvero una porzione della volta celeste larga due volte il diametro apparente della Luna piena. Oltre alle immagini raccolte per la ricerca astrofisica, che per il VST spazia dalle stelle alle galassie fino alla cosmologia, nell’ultimo anno il telescopio ha condotto un nuovo programma dedicato al grande pubblico, osservando nebulose, galassie e altri oggetti celesti iconici durante alcune notti di Luna piena, nelle quali la luminosità del nostro satellite naturale disturba l’acquisizione dei dati scientifici. Nuove immagini saranno pubblicate nei prossimi mesi.


“Oltre alla ricerca scientifica, uno degli obiettivi del centro VST è quello di disseminare la conoscenza scientifica e condividere le meraviglie dell’universo con i non-esperti del settore. In particolare, ci piacerebbe che le nuove generazioni di ragazze e ragazzi, attraverso queste fantastiche immagini, possano scoprire ed alimentare l’interesse per l’astrofisica”, commenta Enrichetta Iodice, ricercatrice Inaf a Napoli e responsabile del Centro Italiano di Coordinamento per VST. L’immagine qui riportata ritrae ESO 510-G13, una curiosa galassia lenticolare a circa 150 milioni di anni luce da noi, in direzione della costellazione dell’Idra. Spicca il rigonfiamento centrale della galassia, su cui si staglia la silhouette scura del disco di polvere visto di taglio, che ne oscura parte della luce. La forma distorta del disco ricorda vagamente una S rovesciata, indice del passato turbolento di ESO 510-G13, che potrebbe aver acquisito la sua attuale conformazione a seguito di una collisione con un’altra galassia.


La seconda immagine mostra un piccolo gruppo formato da quattro galassie, chiamato Hickson Compact Group 90 (HGC 90), che dista circa 100 milioni di anni luce di distanza dalla Terra, verso la costellazione del Pesce Australe. Il quartetto di galassie HGC 90 è immerso in una struttura molto più vasta, che comprende decine di galassie, alcune delle quali visibili in questa immagine. La terza immagine mostra un raggruppamento di galassie molto più ricco e ancora più distante: l’ammasso di galassie Abell 1689, che si può osservare nella costellazione della Vergine. Abell 1689 contiene più di duecento galassie, visibili per lo più come macchie di colore giallo-arancio, la cui luce ha viaggiato per circa due miliardi di anni prima di raggiungere il VST. L’enorme massa, che oltre alle galassie comprende anche enormi quantità di gas caldo e della misteriosa materia oscura, deforma lo spazio-tempo in prossimità dell’ammasso, che funge così da “lente gravitazionale” sulle galassie ancora più lontane, amplificando la loro luce e creando immagini distorte, in modo non dissimile da quanto farebbe una comune lente ottica. Alcune di queste galassie si possono distinguere sotto forma di puntini e di minuscoli trattini dalla forma leggermente curva, in particolare intorno alle regioni centrali dell’ammasso.


Crediti: INAF/VST. Acknowledgment: M. Spavone (INAF), R. Calvi (INAF)

Con “Star Bottle” chiunque può inviare un messaggio nello spazio

Con “Star Bottle” chiunque può inviare un messaggio nello spazioRoma, 12 apr. (askanews) – Siamo soli nell’Universo? Da questa domanda, che l’umanità si pone da sempre, è nato il progetto italiano “Star Bottle” che offre la possibilità a chiunque nel mondo di inviare un messaggio nello spazio profondo.


A 50 anni dall’invio dal radiotelescopio di Arecibo di un messaggio radio verso potenziali civiltà aliene, i tentativi di comunicazione con altri mondi sono andati avanti su iniziativa ad esempio della Nasa con le sonde Pioneer e Voyager che hanno trasportato messaggi e simboli della nostra civiltà. La differenza, ha spiegato Domenico Zambarelli, editore di “Cosmo 2050” e responsabile di “Star Bottle” durante l’evento di presentazione, è che il progetto italiano “vuole dare a tutti la possibilità di inviare un messaggio (testo, immagine, audio o video) verso la Via Lattea. Un modo per avvicinare le persone allo spazio, un’iniziativa di democratizzazione dello spazio”. L’iniziativa, complessa dal punto di vista tecnico e scientifico, è stata realizzata grazie alla partnership tra l’operatore europeo di telecomunicazioni M3Sat e Telespazio, società del gruppo Leonardo, che ha messo a disposizione un’antenna presso il centro spaziale del Fucino ed è sostenuta in parte dalla Simest, che, ha aggiunto Zambarelli, “ha partecipato e parteciperà agli investimenti promozionali esteri in quanto marchio mondiale del Made in Italy”.


I messaggi saranno raccolti a partire dal prossimo primo maggio sulla piattaforma online di Star Bottle, convertiti in codice binario, ha detto Zambarelli “che per noi è un linguaggio universale” e poi “trasferiti sulla piattaforma di Telespazio al Fucino per essere lanciati verso la Via Lattea il 10 agosto”, notte di San Lorenzo quando per tradizione si scruta il cielo a caccia di stelle cadenti, lo sciame di Perseidi, frammenti di cometa che attraversano le notti in quel periodo. Quest’anno è previsto un secondo lancio il 21 dicembre, in occasione del solstizio d’inverno. “È nostra convinzione che scegliere due date astronomicamente importanti rafforzi il progetto ma offra anche lo spunto a chi, magari semplicemente incuriosito dall’opportunità di spedire un messaggio verso lo spazio, voglia saperne di più sulla scienza del cielo”, ha detto Walter Riva, direttore responsabile di Cosmo 2050. Altri due lanci sono in programma l’anno prossimo e si sta lavorando per individuare target più specifici all’interno della nostra galassia per l’invio di messaggi punto a punto. La trasmissione verso lo spazio profondo avverrà sulla frequenza di 2115 MHZ che il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha assegnato, per 20 anni, a Star Bottle.


“Star Bottle vuole essere portavoce di socialità universale”, ha spiegato il responsabile del progetto aggiungendo che prima di lasciare il proprio messaggio sulla piattaforme bisognerà aderire a un codice etico perché non sono ammessi messaggi di odio o di violenza. Si tratta di messaggi a pagamento (si va dai 14,50 euro per un testo ai 29 euro per un video) e una parte del ricavato andrà a finanziare borse di studio per l’Italia e l’estero con l’ambizione di costruire in futuro un alfabeto universale. “L’umanità cerca da tempo di comunicare con l’esterno, di superare i confini con vari segnali. Mandare un messaggio nello spazio – ha detto l’astrofisico e divulgatore Luca Perri – serve soprattutto a noi, qui sulla Terra, per capire cosa siamo e cosa vogliamo essere. Comunicare con il Deep Space ci permette di lasciare un segno indelebile, un nostro segno tangibile nell’Universo: l’umanità c’è stata. Più siamo a mandare questi messaggi, più democratizzeremo lo Spazio, più avremo possibilità di mandare il messaggio giusto. La speranza è che ognuno di noi costruisca un pezzetto di questa inedita comunicazione, un compito che spero possa avvicinare più persone possibili allo Spazio”.

Da COSMO-SkyMed istantanee della Transglobal Car Expedition al Polo

Da COSMO-SkyMed istantanee della Transglobal Car Expedition al PoloRoma, 9 apr. (askanews) – Là dove nessuno è mai riuscito prima, hanno fatto centro i radar a bordo dei satelliti COSMO-SkyMed, costellazione di proprietà dell’Agenzia Spaziale Italiana e del Ministero della Difesa, che hanno catturato – grazie al supporto di e-GEOS – i mezzi della Transglobal Car Expedition parcheggiati a circa 700 metri dal Polo Nord. Dove altri occhi satellitari non sono arrivati, i radar di COSMO-SkyMed hanno messo a segno un nuovo a incredibile risultato per il sistema italiano.


L’immagine riportata a Terra mostra chiaramente i quattro veicoli della carovana che sta circumnavigando la Terra parcheggiati, e rileva tutta la complessità e la differenza degli stati in cui si trova attualmente il ghiaccio nell’area acquisita. Quello che sembra un complesso paesaggio quasi “vegetativo” è in realtà la differente reazione al segnale del SAR dei diversi stati del ghiaccio, dal solido al liquido passando dalle fasi di scioglimento. Riprendere i quattro veicoli pesanti, mentre sono nei pressi della loro tappa più settentrionale, nell’ampia e desolata distesa dell’artico in perenne movimento ed evoluzione, – informa l’Asi – è stato possibile grazie alla modalità Spotlight-2B (area 10km x 10km, risoluzione spaziale 0.6 m) acquisita in doppia polarizzazione (HH+HV) da uno dei satelliti COSMO-SkyMed di Seconda Generazione.


“Siamo molto orgogliosi di questo risultato che conferma – sottolinea il presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, Teodoro Valente – ancora una volta la leadership italiana, a livello mondiale, nel campo dell’Osservazione della Terra. Pur nella complessità dell’acquisizioni realizzate, i satelliti di COSMO-SkyMed hanno acquisito immagini uniche e inedite che pongono il sistema satellitare COSMO-SkyMed capace di rispondere alle più avanzate esigenze di monitoraggio del nostro Pianeta”. La Transglobal Car Expedition ha numerosi obiettivi scientifici e nella loro scelta del percorso migliore verso il Polo e passaggio poi in Groenlandia, sono ‘aiutati’ dai satelliti di COSMO-SkyMed che ogni giorno acquisiscono una immagine necessaria a trovare la giusta via.