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Trump congela dazi a Messico e Canada, Meloni invita Ue a dialogo

Trump congela dazi a Messico e Canada, Meloni invita Ue a dialogoBruxelles, 3 feb. (askanews) – Di fronte alla minaccia di Donald Trump di imporre dazi all’Europa, l’Ue deve rispondere con il “dialogo”. E’ questo, secondo quanto si apprende, il senso dell’intervento della presidente del Consiglio Giorgia Meloni al summit informale dei leader europei a Bruxelles.


L’incontro, definito “ritiro”, era stato convocato per un confronto “aperto” sul tema della difesa, una delle priorità europee di fronte al protrarsi della guerra in Ucraina ma anche all’eventuale disimpegno degli Usa dalla Nato. Ma la questione dazi è stata resa urgente dalla mossa di Trump, che sabato ha deciso di imporre alte tariffe alle merci provenienti da Messico, Canada e Cina. Entrando questa mattina al summit, sia Emmanuel Macron (“l’Europa dovrà farsi rispettare e reagire”) che Olaf Scholz (“Dobbiamo reagire alle politiche doganali con politiche doganali”) erano stati molto duri. Nel corso della giornata, però, il quadro è sembrato cambiare. Trump ha “congelato” le misure contro Messico e Canada, aprendo anche auna trattativa con la Cina. Decisioni – ha spiegato una fonte a Bruxelles – che hanno dato una speranza dell’Europa: quella che la tattica del tycoon sia sparare una “cannonata” per poi trattare. E qui Meloni potrebbe inserirsi come ‘facilitatrice’, in virtù del rapporto privilegiato con il presidente Usa, cementato dalla visita a Mar-a-Lago e poi dalla partecipazione, unica leader europea, all’Inauguration Day.


La presidente del Consiglio non ha parlato con i giornalisti né all’arrivo a Bruxelles né prima di ripartire per Roma, ma secondo quanto si apprende nel corso dell’incontro ha ribadito che una guerra commerciale “non conviene a nessuno”. Piuttosto serve il dialogo per arrivare a soluzioni “equilibrate”, con un riequilibrio della bilancia commerciale che sia “sostenibile” e vantaggioso per entrambe le parti. Soluzioni che potrebbero passare – come suggeriscono alcuni Stati – da un incremento degli acquisti di armamenti e GNL dagli Usa.

Immunità agita centrodestra. Fi rilancia, Lega pronta ma stop Fdi

Immunità agita centrodestra. Fi rilancia, Lega pronta ma stop FdiRoma, 3 feb. (askanews) – E’ scivolosa la materia dell’immunità parlamentare, riformata sull’onda di Mani pulite nel 1993, in particolare mentre si fa sempre più incandescente lo scontro tra governo e magistratura, con le implicazioni spinose e ancora tutte da spiegare, in Parlamento, sulla vicenda di Almasri, riaccompagnato in Libia su un aereo di Stato. Il sasso lanciato da Forza Italia, sull’ipotesi di rimettere mano alle norme costituzionali che escludono l’immunità sui reati penali, ha incontrato il favore di esponenti della Lega come Claudio Borghi (“Ecco qui… immigrati più mancanza di immunità parlamentare = legioni di denunciatori. Ripristinare subito articolo 68 Costituzione”, ha scritto su X il senatore leghista). Ma un alt è arrivato da Fratelli d’Italia che detengono la ‘golden power’ nel centrodestra.


Il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, Alberto Balboni, ha ricordato la posizione prevalente del partito della premier Giorgia Meloni e ha risposto con nettezza: “non vedo il motivo” di ritornare al vecchio articolo 68: l’attuale versione “garantisce ai parlamentari l’insindacabilità delle opinioni espresse nell’esercizio del loro mandato perché noi rappresentiamo la volontà degli elettori e questo è giusto ma – ha proseguito – sono anche convinto che se un parlamentare commette un reato comune, come un qualsiasi altro cittadino è giusto che risponda come qualsiasi altro cittadino. Anzi: io gli raddoppierei la pena visto che è un parlamentare a farlo”. Meglio quindi concentrarsi sulle altre riforme istituzionali già in cantiere, ha aggiunto, precisando tuttavia di parlare a “titolo personale”. Il vicepremier Antonio Tajani, interpellato in proposito, ha messo le mani avanti (“non ne abbiamo parlato” in Fi) ma ha puntualizzato: “Potrebbe anche essere un’idea, io personalmente non sono contrario, sarebbe da discutere e vedere in che termini, bisognerebbe vedere per quali reati e per cosa”. Per Stefania Craxi, la riforma costituzionale fu una “sottomissione della politica, sinonimo di cedimento al morbo giustizialista”.


Il sottosegretario alla Giustizia, il leghista Andrea Ostellari, non ha mostrato di disdegnare l’intervento della Fondazione Luigi Einaudi che ha colto l’occasione per annunciare per le “prossime ore” la presentazione di un ddl (“parlamentare” se godrà di un’adesione “trasversale di rappresentanti della varie forze politiche” o una “proposta di legge di iniziativa popolare”). In quale direzione lo rende evidente il testo del presidente, Giuseppe Benedetto, ‘L’eutanasia della democrazia. Il colpo di mani pulite, con la prefazione di Sabino Cassese, dove si sostiene che la decisione di riformare l’immunità, nel 1993, fu quanto meno “affrettata” e finì per incidere sul “rapporto tra poteri dello Stato”. Ostellari ha quindi evocato libertà di movimento: “seguo con attenzione la proposta della Fondazione Luigi Einaudi. L’articolo 68 della Costituzione non ha nulla a che fare con i privilegi dei singoli, ma molto con la qualità della nostra democrazia. Per questo apprezzo un’iniziativa innanzitutto culturale, che merita di essere approfondita senza connotazioni di partito. Sia il parlamento a valutare il percorso migliore per riequilibrare i poteri”. Esplicito il collega Alberto Bagnai che ha chiesto di “sottrarre alla demagogia” il dibattito.


Tra le opposizioni, a mettersi subito sul piede di guerra è stato il Movimento Cinque Stelle. Il primo a commentare, in mattinata, il presidente Giuseppe Conte, che ha invitato “tutti” ad opporsi al “delirio di onnipotenza” di “Meloni e soci contro i giudici”. “Dopo il ripristino dei vitalizi al Senato, l’abolizione del reato per i politici che abusano del loro potere, l’aumento degli stipendi dei ministri e la imbarazzante difesa della ministra Santanchè tenuta incollata alla poltrona, ecco che ci provano con l’immunità e il ritorno di uno scudo che renda intoccabili esponenti del Governo ed eletti”, ha scritto Conte su X. Seguito da una batteria di comunicati di parlamentari Cinque Stelle. Per il Pd si è espressa la capogruppo alla Camera Chiara Braga. Prendendo la parola in Aula per tornare a sollecitare, insieme alle altre opposizioni, l’informativa (cancellata la scorsa settimana) su Almasri, Braga ha attaccato il governo Meloni e la sua maggioranza: il caso del generale libico “sta svelando le reali volontà di questo Governo, non solo su quella vicenda ma perché ci sta dicendo che questa maggioranza sta pensando a reintrodurre, a fronte di quella vicenda, l’immunità per membri del Governo, per parlamentari; sta teorizzando la necessità di sottoporre la magistratura al volere, al controllo del potere politico; sta pensando di potersi scegliere i giudici che vuole per avere le sentenze e i pronunciamenti che vuole, in barba al rispetto del diritto internazionale e nazionale”.


Angelo Bonelli di Avs ha parlato di “proposta indecente”. “La destra al governo, dopo aver cancellato l’abuso d’ufficio, ridotto e depotenziato le intercettazioni penalizzando le attività investigative nella lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione, dopo aver avviato un attacco frontale alla magistratura per delegittimarla, ora salta fuori la proposta dell’immunità parlamentare. Una destra che un tempo si definiva ‘sociale’, oggi si rivela invece la destra dei privilegi”, ha osservato.

Meloni e la partita dei dazi, equilibrio difficile tra Trump e Ue

Meloni e la partita dei dazi, equilibrio difficile tra Trump e UeBruxelles, 3 feb. (askanews) – E’ un crinale scivoloso quello su cui cammina Giorgia Meloni nella partita sui possibili dazi americani all’Europa. La premier si è posta l’obiettivo di far da ‘ponte’ tra Bruxelles e Washington, ma rischia di rimanere stretta tra l’aggressività di Donald Trump e l’inevitabile risposta dell’Europa.


Anche se ufficialmente non all’ordine del giorno del ritiro informale di Bruxelles, convocato per parlare di difesa, il tema dei dazi è stato il cuore della discussione della mattinata a Palais d’Egmont. Del resto la questione è urgente, a maggior ragione dopo la mossa del tycoon che ha deciso di incrementare le tariffe sui beni di Messico, Cina e Canada e minacciato nuovamente di voler fare altrettanto con l’Ue. Il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa ha discusso della questione in una telefonata notturna con il primo ministro canadese Justin Trudeau, che in risposta a Trump ha presentato una lista di prodotti americani che saranno colpiti da dazi al 25% per 107 miliardi di dollari. E poi ha stravolto l’ordine del giorno per affrontare subito la questione. Dal confronto è emersa una prima posizione, comunque molto timida, che è sostanzialmente un appello alla ragionevolezza all’inquilino della Casa Bianca. Fonti europee hanno parlato di un “forte consenso” sul fatto che “i dazi tra Stati Uniti e Ue sarebbero dannosi per entrambe le parti” e che “quando sorgono problemi è necessario trovare soluzioni”. Ben più marcate le posizioni espresse all’arrivo a Bruxelles da molti leader. Kaja Kallas, Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza, assicura che “ci stiamo preparando” a rispondere; per Emmanuel Macron “l’Europa dovrà farsi rispettare e reagire”; Mette Frederiksen, premier danese, auspica una “risposta collettiva e robusta”. La stessa linea di Olaf Scholz, cancelliere di quella Germania che sarebbe uno dei Paesi più colpiti da una guerra commerciale: ricorda a Trump che l’Ue può “reagire alle politiche doganali con politiche doganali. Dobbiamo farlo e lo faremo”.


La speranza a Bruxelles, sottolinea una fonte europea, è che la strategia di Trump sia sparare “una cannonata” per poi raggiungere un accordo (come sta avvenenendo con il Messico e, forse, con il Canada). E qui potrebbe entrare in gioco Meloni come ‘facilitatrice’ del dialogo. La premier, arrivando al summit, è stata una dei pochi tra i capi di Stato e di governo a non fermarsi per il ‘doorstep’. Se sulla difesa la sua linea è chiara (bisogna investire di più, ma servono strumenti nuovi e comuni per finanziare la spesa), sulla questione dazi si sta tenendo in un difficile equilibrio e anche oggi con i partner avrebbe ribadito la necessità di un “dialogo”, che lei potrebbe favorire visto il rapporto privilegiato con Trump cementato dalla visita a Mar-a-Lago e dalla partecipazione all’Inauguration Day, unica leader europea presente. Il primo obiettivo è l’organizzazione di un colloquio telefonico tra il presidente americano e Ursula von der Leyen. Se però il tycoon decidesse di procedere a testa bassa con i dazi (starebbe valutando un 10% di tariffa), Meloni non potrebbe far altro che schierarsi con l’Europa, a meno di una clamorosa rottura del fronte comunitario con iniziative autonome di singoli Paesi per strappare un trattamento più morbido. Proprio questo, la divisione dell’Unione, sarebbe il progetto del presidente americano. Ed è quello che paventa, da Bruxelles, anche la segretaria del Pd Elly Schlein. “Tra essere i primi della classe o quelli con la relazione più amicale ed essere funzionali a un disegno di disgregazione dell’Europa, il passo è breve – ha detto riferendosi alla premier -. Se si vuole fare l’interesse dell’Italia oggi più che mai bisognerebbe puntare all’unità europea”.


Del resto, se anche ci fosse, da parte di Meloni, la tentazione di sfruttare il ‘feeling’ con Trump per evitare o ridurre danni all’Italia, questa difficilmente sarebbe una strategia vincente. L’eventuale risposta Ue a dazi americani, infatti, dovrebbe essere approvata a maggioranza qualificata dei rappresentanti degli Stati membri e quindi opporsi da una parte farebbe sorgere un problema reputazionale; dall’altra rischierebbe di essere comunque inutile, perchè per bloccare le decisioni occorrerebbe una minoranza di blocco, cioè sostanzialmente due Stati grandi e alcuni piccoli (che complessivamente raggiungano il 35% della popolazione e il 45% degli Stati membri).

Immunità,Balboni (Fdi): resti così, questa è posizione che ricorre in Fdi

Immunità,Balboni (Fdi): resti così, questa è posizione che ricorre in FdiRoma, 3 feb. (askanews) – “Non vedo il motivo” di ripristinare la vecchia versione dell’articolo 68″ della Costituzione. La proposta, avanzata da Forza Italia, di rimettere mano alla riforma del 1933 che eliminò la necessità dell’autorizzazione a procedere per sottoporre un parlamentare a procedimento penale, non convince il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, Alberto Balboni, il quale alla domanda se questa è una posizione che ritrova nel suo partito, risponde: “assolutamente sì, questa è un’opinione molto ricorrente nel mio partito anche se io parlo a titolo personale”.


“L’articolo 68 garantisce ai parlamentari l’insindacabilità delle opinioni espresse nell’esercizio del loro mandato – ha ricordato Balboni – e questo lo trovo giusto perché noi rappresentiamo la volontà degli elettori e quindi è giusto che quando ci esprimiamo lo facciamo senza preoccupazioni e senza vincoli ma – ha porseguito – sono anche convinto che se un parlamentre commette un reato comune, che sia contro il patrimonio, contro la vita o un qualsiasi altro reato comune, come un qualsiasi altro cittadino è giusto che risponda come qualsiasi altro cittadino. Anzi: io gli raddoppierei la pena visto che è un parlamentare a farlo”.

Corte Conti, domani audizioni vertici toghe contabili: clima meno teso

Corte Conti, domani audizioni vertici toghe contabili: clima meno tesoRoma, 3 feb. (askanews) – Domani la Commissione Affari Costituzionali della Camera riprende l’esame della proposta di legge Foti sulla riforma della Corte dei Conti con una serie di audizioni informali dei vertici della magistratura contabile. Il clima è un po’ più rasserenato dopo che nei giorni scorsi sono stati ritirati gli emendamenti dei relatori Sara Kelany (FdI) e Pietro Pittalis (FI) che prevedevano, tra le altre cose, la contestata riorganizzazione della Corte con la cancellazione di 15 Sezioni giurisdizionali e di controllo. Inoltre, grazie a un’intesa nella maggioranza – su cui ha pesato anche la ‘moral suasion’ del Colle che ha sottolineato il ruolo della Corte quale garante indipendente e imparziale delle risorse pubbliche – è stato deciso di optare per una legge delega al governo.


In questo modo i tempi della riforma si sono diluiti e, secondo fonti dell’Associazione magistrati contabili, c’è più spazio per mettere intorno al tavolo tutti i soggetti coinvolti con uno spirito più collaborativo, anche se restano alcuni forti perplessità di fondo sull’intero impianto proposto da Foti. Domani dalle 11.20 in I Commissione sono in programma le audizioni informali di Guido Carlino, presidente della Corte dei conti; Pio Silvestri, procuratore generale presso la Corte dei conti; Paola Briguori, presidente dell’Associazione magistrati della Corte dei conti; Adriano Gribaudo, consigliere della Corte dei conti; Francesco Cardarelli, professore ordinario di diritto pubblico presso l’Università di Roma ‘Foro Italico’.

Schlein: Meloni da Trump funzionale a disgregazione Ue?

Schlein: Meloni da Trump funzionale a disgregazione Ue?Bruxelles, 3 feb. (askanews) – “Ho già chiesto se Giorgia Meloni ha realizzato di essere andata da sola all’insediamento di Trump quando l’Unione europea non è stata coinvolta. Mi chiedo se lei si sia chiesta cosa ci facesse lì da sola, perché è evidente che tra essere i primi della classe o quelli con la relazione più amicale ed essere funzionali a un disegno di disgregazione dell’Europa, il passo è breve”. Lo ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein, lasciando il vertice pre-Consiglio del Partito socialista europeo.


“Se si vuole fare l’interesse dell’Italia – ha aggiunto – oggi più che mai bisognerebbe puntare all’unità europea con il superamento dell’unanimità, e a un grande piano di investimenti comuni che è una risposta che deve anticipare i dazi di Trump”. 

Ue prepara risposta a dazi Usa, Macron: “Europa si farà rispettare”

Ue prepara risposta a dazi Usa, Macron: “Europa si farà rispettare”Bruxelles, 3 feb. (askanews) – L’Europa si prepara a rispondere ai dazi annunciati dal presidente americano Donald Trump ma la difficoltà sarà trovare una risposta unitaria sul tema.


Il dossier, per quanto non ufficialmente in agenda, sarà affrontato nel “ritiro informale” che è appena iniziato al Palais d’Egmont a Bruxelles. Al centro del summit c’è la politica di difesa dell’Ue, ma il pericolo di una guerra commerciale è al centro dell’attenzione. Proprio ieri sera il primo ministro canadese Justin Trudeau ha chiamato il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa per informarlo della reazione canadese alla decisione del presidente americano Donald Trump di imporre dazi del 25% su Canada e Messico. Entrambi, spiegano fonti europee, hanno “sottolineato l’importanza delle relazioni bilaterali Ue-Canada e hanno confermato la loro determinazione a continuare a lavorare insieme in tutti gli aspetti della cooperazione”. “Ci stiamo preparando” a rispondere a eventuali dazi, assicura Kaja Kallas, Alta rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza che però avverte: “Non ci sono vincitori con i dazi: abbiamo bisogno dell’America e l’America ha bisogno di noi”.


Il presidente francese Emmanuel Macron è molto netto: “Se siamo attaccati sul piano commerciale l’Europa dovrà farsi rispettare e reagire”. Anche la premier danese Mette Frederiksen auspica, in caso di dazi, “una risposta collettiva e robusta”. “Possiamo reagire alle politiche doganali con politiche doganali. Dobbiamo farlo e lo faremo”, garantisce Olaf Scholz, il cancelliere della Germania che sarebbe uno dei Paesi più colpiti dalle misure protezionistiche Usa. Così come l’Italia.


Giorgia Meloni non ha parlato arrivando al vertice. Nei suoi confronti c’è il ‘sospetto’, da parte di alcuni partner, che possa utilizzare il rapporto privilegiato con il tycoon per avere un trattamento più ‘morbido’ a favore dell’Italia. Proprio il ‘feeling’ con il presidente Usa, d’altro canto, potrebbe essere una chiave per arrivare un accordo. La premier lunedì scorso ad Al-Ula in Arabia Saudita aveva sottolineato che “uno scontro non conviene a nessuno: Stati Uniti e Europa sono economie complementari”, auspicando un “dialogo” per arrivare a “una soluzione equilibrata e bilanciata”.

Tajani: mio figlio Filippo fuori pericolo. Grazie a tutti

Tajani: mio figlio Filippo fuori pericolo. Grazie a tuttiRoma, 2 feb. (askanews) – “Filippo è fuori pericolo ricoverato al Gemelli. Grazie a tutti per esserci stati vicini in un momento di grande paura. Grazie a chi lo ha soccorso ed al Ferentino Calcio la cui maglia indossa con amore e orgoglio”. Lo scrive su facebook il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani dopo che stamane suo figlio Filippo, giocatore del Ferentino, si era accasciato sul terreno dopo uno scontro di gioco durante la partita di calcio contro il Paliano, valida per la 20esima giornata del Campionato di Eccellenza Laziale.


Filippo Tajani era rimasto a terra senza conoscenza ed era stato trasportato in eliambulanza al Gemelli di Roma.

Ue, domani Meloni a vertice Bruxelles. Focus su difesa (e dazi)

Ue, domani Meloni a vertice Bruxelles. Focus su difesa (e dazi)Bruxelles, 2 feb. (askanews) – Il rafforzamento della politica di difesa europea, reso ancora più urgente dall’elezione di Donald Trump, è al centro del vertice informale dei leader europei in programma domani a Bruxelles. Ma anche se non è ufficialmente in agenda, il tema dei dazi minacciati dalla nuova amministrazione americana sarà sicuramente toccato nel corso della riunione. Ai lavori, che prenderanno il via alle 11, parteciperanno anche il segretario generale della Nato Mark Rutte (a pranzo) e il primo ministro del Regno Unito Keir Starmer, nella cena di lavoro.


“L’Europa – ha scritto il presidente del Consiglio Europeo Antonio Costa nella lettera di invito – deve assumersi una maggiore responsabilità per la propria difesa. Deve diventare più resiliente, più efficiente, più autonoma e più affidabile nel settore della sicurezza e della difesa. In tal modo, diventerà anche un partner transatlantico più forte, anche nel contesto della Nato, nel pieno rispetto della politica di sicurezza e di difesa di alcuni Stati membri e tenendo conto degli interessi di sicurezza e di difesa di tutti gli Stati membri”. Servono però risorse, e Costa riconosce che “il livello di investimenti, anche in ricerca e sviluppo, necessari per rafforzare la nostra capacità non è sostenibile per i singoli Stati membri”. Proprio di questo il presidente del Consiglio europeo aveva parlato in una telefonata con Giorgia Meloni lo scorso 21 gennaio. Nel corso del colloquio, aveva fatto sapere Palazzo Chigi, la premier aveva sottolineato “l’esigenza di rafforzare concretamente il pilastro europeo della Nato” e i due leader avevano “condiviso l’importanza e l’urgenza di lavorare su nuovi e più efficaci strumenti comuni per sostenere gli ingenti investimenti necessari”. Stesso argomento era stato posto nel corso di una telefonata con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, in cui si era discusso anche del “rafforzamento della competitività del settore industriale della difesa”. Anche domani, parlando con i partner, la presidente del Consiglio ribadirà la convinzione di un necessario passo avanti nella politica di difesa, nella convinzione che l’Europa debba diventare “un gigante geopolitico”, con una adeguata politica di sicurezza. Per farlo però servono risorse comunitarie. Anche per questo, nei giorni scorsi, l’Italia e altri 18 Paesi (tra cui Francia, Germania, Spagna, Paesi Bassi, Grecia) hanno inviato una lettera alla Banca europea per gli investimenti, chiedendo di “esplorare” nuove forme di sostegno e di “assumere un ruolo ancora più forte nel fornire finanziamenti agli investimenti e nel far leva sul settore privato per i finanziamenti per il settore della sicurezza e della difesa”.


Se il tema della difesa è una priorità dell’Ue, una vera e propria urgenza è quella dei possibili dazi che potrebbero essere decisi da Trump. Dopo quelli imposti a Canada, Messico e Cina, infatti, potrebbe essere il turno dell’Europa. “Certo che lo farò, l’Europa ci ha trattati malissimo”, ha ribadito il tycoon. La Commissione sta preparando la risposta. L’obiettivo è evitare una guerra commerciale, ma è pronta anche allo scontro, con un pacchetto di misure che penalizzino l’export Usa. Per rispondere efficacemente a Trump, però, è necessario che tutti gli Stati membri siano uniti e che nessuno scelga di aprire trattative autonome a beneficio del proprio Paese. E’ il sospetto che, alcuni, nutrono nei confronti di Meloni, unica leader europea presente all’Inauguration day. Proprio il suo ‘feeling’ con Trump, però, potrebbe essere utile per aprire un confronto ed evitare soluzioni unilaterali. “Uno scontro non conviene a nessuno: Stati Uniti e Europa sono economie complementari”, ha detto la presidente del Consiglio lunedì scorso ad Al-Ula in Arabia saudita, auspicando un “dialogo” per arrivare a “una soluzione equilibrata e bilanciata”. Intanto, a poche settimane dalle elezioni in Germania, dove sta sostenendo con forza il partito di ultra destra Alternative fur Deutschland, Elon Musk torna a far discutere. Con un post su X, il fondatore di Tesla ha lanciato oggi il movimento “MEGA”, ovvero Make Europe Great Again, richiamo all’acronimo MAGA dei sostenitori di Trump. “Popoli d’Europa: unitevi al movimento MEGA! Rendiamo di nuovo grande l’Europa!”, ha scritto il miliardario, senza fornire ulteriori dettagli.

Meloni assente a Direzione Fdi. Santanchè ‘sfida’ fuoco amico: avanti uniti

Meloni assente a Direzione Fdi. Santanchè ‘sfida’ fuoco amico: avanti unitiRoma, 1 feb. (askanews) – Parafrasando la celebre battuta cinematografica di Nanni Moretti, verrebbe da dire che in questo caso Daniela Santanché ha pensato “mi si nota di più se vengo e mi metto pure in prima fila”. Centro congressi di via Alibert, zona piazza di Spagna. Per Fratelli d’Italia questo sabato mattina che apre il mese di febbraio è dedicato alla riunione della Direzione nazionale convocata per discutere dei due anni di governo, di Sud e di sostegno alle forze dell’ordine.


Non c’è Giorgia Meloni, che non si collega nemmeno. Un po’, viene spiegato, per trascorrere la giornata con la figlia, un po’ perché è giusto che il partito cammini sulle sue gambe. C’è sua sorella Arianna, capo della segreteria politica, a cui toccano le conclusioni di quasi quattro ore di dibattito. Ma la più attesa alla fine, pure in queste ore di durissimo confronto con la magistratura, è proprio la ministra del Turismo. Da giorni, infatti, va avanti un braccio di ferro sulle sue possibili dimissioni dal governo a seguito del rinvio a giudizio già arrivato per il processo Visibilia e per quello che potrebbe arrivare entro maggio nel caso, ancora più delicato politicamente, che la vede imputata per truffa all’Inps per l’uso della cassa integrazione durante il Covid. Sono richieste che arrivano esplicitamente dalle opposizioni, ma è una scelta che in molti auspicano nel suo stesso partito sebbene nessuno – a cominciare dalla presidente del Consiglio – lo abbia mai dichiarato pubblicamente per evitare accuse di giustizialismo. Figurarsi poi in questa fase di scontro acuto con la magistratura per i casi Almasri e migranti. La diretta interessata continua a ribadire che al momento al passo indietro non ci pensa proprio, a meno che non sia proprio Giorgia Meloni a chiederglielo. Se ci si mette pure il sonoro “chi se ne frega” con cui la ministra ha replicato, in un ormai celebre audio, a chi le chiedeva delle critiche che arrivavano da Fdi, ben si capisce perché ci fossero tante aspettative intorno alla sua presenza alla Direzione. Ebbene, Daniela Santanché ha scelto di rispondere all’attesa a modo suo: arrivando a riunione già iniziata, non intervenendo – unica tra i ministri meloniani presenti – e rimanendo all’incontro giusto il tempo di farsi fotografare comodamente seduta nel posto in prima fila a lei riservato. Non una parola alla ressa di giornalisti che l’aspettavano, non una parola dal palco. Ma la ministra non sceglie comunque il silenzio. Anzi, affida a un post su X, corredato di immagini, il suo eloquente pensiero: “Orgogliosi del percorso che stiamo facendo e della fiducia che ogni giorno gli italiani ci dimostrano. Continueremo a lavorare uniti per raggiungere traguardi sempre più ambiziosi”. Insomma, come se nulla fosse accaduto. Un atteggiamento che in molti dei presenti, a taccuini chiusi, ammettono di aver considerato una sorta di sfida, uno modo per dire ‘io sono qui e qui resto’.


Pubblicamente nessuno si espone. Al contrario, si sottolinea come la ministra goda di pieno sostegno, almeno quando si parla di ciò che sta facendo per il turismo. “La fiducia di Fratelli d’Italia per il lavoro di Santanchè non è mai venuta meno”, spiega infatti il responsabile Organizzazione, Giovanni Donzelli. Per il resto, la Direzione scorre via senza particolari scossoni per circa quattro ore. Ad aprire i lavori è il coordinatore Edmondo Cirielli, seguito dal capodelegazione al governo, Francesco Lollobrigida e poi dal cofondatore di Fdi, Guido Crosetto. Via via tocca a tutti gli altri ministri (tranne Santanché, appunto): Tommaso Foti, Afolfo Urso, Nello Musumeci, Andrea Abodi, Orazio Schillaci e Marina Calderone. Gli interventi – soprattutto quelli alle telecamere – sono quasi in fotocopia a difesa dell’operato del governo sui centri in Albania, dopo la nuova mancata convalida dei giudici ai trasferimenti, e sul caso Almasri. A parole si nega lo scontro con la magistratura, nella sostanza la si attacca. “C’è la sensazione che ci sia una parte minoritaria – dice per esempio il capo delegazione al Parlamento europeo, Carlo Fidanza – che persegue obiettivi politici, che utilizza il proprio potere per cercare di arginare un’azione di governo che naturalmente ha una legittimazione popolare e parlamentare forte”. Mentre il ministro Adolfo Urso parla genericamente di “aggressioni” da parte di chi “non vuole che l’Italia cambi”.


Quando la sala si è mezza svuotata, causa corse verso treni e aerei per rientrare a casa, tocca ad Arianna Meloni tirare le fila della discussione. Un discorso molto identitario e un appello alla responsabilità di tutti a essere di sostegno alla presidente del Consiglio, con tanto di riferimento all’amato capolavoro di Tolkien. Fdi – dice – ha “l’anello del potere ma quell’anello dà grandi responsabilità”, “sapendo il peso che porta” Giorgia “dobbiamo essere responsabili tutti, dal primo dirigente all’ultimo dei militanti”.