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Con Papa Francesco, Athletica Vaticana corre Run Rome The Marathon

Con Papa Francesco, Athletica Vaticana corre Run Rome The MarathonMilano, 15 mar. (askanews) – Oggi, 15 marzo si terrà a Roma la messa del maratoneta, celebrazione che ha un valore altissimo per tutta la comunità sportiva, e domani domenica 16 marzo la Maratona di Roma vorrà far sentire la propria vicinanza a Papa Francesco: pochi minuti prima della partenza, gli organizzatori spegneranno la musica e i festeggiamenti che fino a quel momento coinvolgeranno l’onda di uomini, donne, atleti top runner professionisti e diversamente abili. Circa 30.000 persone.


Saranno 42 bellissimi secondi – un secondo per ogni chilometro di gara – durante i quali ciascuno potrà dedicare un pensiero e un saluto personale al Papa. Sarà un grande abbraccio collettivo a Francesco, vescovo di Roma: un’iniziativa di alto valore simbolico, nella speranza che gli arrivi forte l’abbraccio di tutti i maratoneti al Policlinico Gemelli dove è ricoverato. Lo speaker ufficiale leggerà le parole di Papa Francesco all’Angelus recitato in piazza San Pietro, un anno fa, il 17 marzo 2024: “Accolgo con piacere i partecipanti alla Maratona di Roma, tradizionale festa dello sport e della fraternità. Anche quest’anno, per iniziativa di Athletica Vaticana, numerosi atleti sono coinvolti nelle ‘staffette della solidarietà’ diventando testimoni di condivisione”.


E le parole del Papa all’Angelus del 19 marzo 2023: “Con piacere saluto anche i partecipanti alla Maratona di Roma! Mi congratulo perché, su impulso di “Athletica Vaticana”, fate di questo importante evento sportivo un’occasione di solidarietà in favore dei più poveri”.

ACI Vallelunga e FIA celebrano eccellenza BAT Italia in sicurezza stradale

ACI Vallelunga e FIA celebrano eccellenza BAT Italia in sicurezza stradaleRoma, 14 mar. (askanews) – Presso il Centro di Guida Sicura ACI-SARA di Roma (Vallelunga), si è celebrata una tappa importante nel campo della sicurezza stradale: BAT Italia è la prima azienda in Italia ad essere accreditata con il “FIA Road Safety Index”, un programma internazionale di certificazione che consente alle aziende di ottenere un rating sulla sicurezza stradale e di misurarne l’impatto nella società.


Attraverso il FIA Road Safety Index le aziende possono dimostrare, in risposta alle recenti raccomandazioni internazionali sulla sicurezza stradale, come stanno controllando l’impatto sulla sicurezza stradale nelle loro attività legate al trasporto. Identificando aree di miglioramento continuo. Progettato sulla base di un impegno a lungo termine. La metodologia del FIA Road Safety Index offre un approccio sistematico per identificare, misurare e migliorare l’impronta sulla sicurezza nella loro catena produttiva. “Il settore privato ha interessanti opportunità di facilitare l’introduzione di alti standard di sicurezza, per proteggere non solo i propri dipendenti, ma anche le comunità locali dove le aziende operano. Eventi come quello promosso da ACI Vallelunga oggi nel dare visibilità all’esperienza di BAT Italia, la prima azienda italiana a raggiungere a massimo punteggio del FIA Road Safety Index, sono fondamentale per riconoscere pratiche virtuose e trasparenti nel mondo privato. Ci auguriamo che il FIA Road Safety Index possa aiutare progressivamente a costruire una cultura della sicurezza stradale, unico modo per diminuire l’incidentalità stradale in modo strutturale e permanente”. È quato affermato da Luca Pascotto, responsabile sicurezza stradale, FIA.


“BAT Italia pone da sempre le sue persone al centro della propria strategia aziendale, promuovendo un ambiente di lavoro sicuro e adottando numerose iniziative a supporto del benessere di ciascun dipendente. In questa ottica, consapevoli della responsabilità derivante da un parco auto che vede oltre 250 dei dipendenti utilizzare vetture aziendali, BAT Italia ha reso obbligatoria la partecipazione a corsi sulla sicurezza stradale, un passo fondamentale per garantire una mobilità sicura e sostenibile in linea con i valori dell’azienda. Questo percorso di impegno e responsabilità ha raggiunto un nuovo apice con il recente riconoscimento della FIA: il fatto di essere la prima azienda italiana ad aver ottenuto la prestigiosa certificazione FIA Road Safety Index con il punteggio massimo in tutte le categorie valutate è la convalida dell’efficacia e validità del percorso intrapreso, che si distingue per la sua peculiarità nel panorama nazionale. Questo riconoscimento ci sprona a proseguire con rinnovato impegno nel nostro percorso di attenzione e cura verso le nostre persone e la loro sicurezza”, ha dichiarato Greta Autieri, Head of Talent, Culture & Inclusion BAT Italia. “Siamo orgogliosi di aver ospitato oggi questa celebrazione, che segna un passo significativo per BAT Italia, ma anche per il nostro Paese, nel riconoscere l’importanza della sicurezza stradale. La certificazione FIA Road Safety Index è un esempio concreto di come il settore privato possa impegnarsi nella costruzione di un ambiente più sicuro per tutti. Siamo felici di vedere un’azienda come BAT Italia impegnarsi in questo percorso e di contribuire a diffondere questa cultura”, ha sottolineato inoltre Alfredo Scala, Direttore Generale ACI Vallelunga.


Alla cerimonia hanno partecipato numerose aziende di spicco, tra cui Abbott, IVS Italia, Thales Alenia, We Build Group, BloomFleet SpA, Gruppo API IP, Lux Vide, Philipp Morris Italia Srl, Honda Motor Europe Ltd., FareImpresaRoma, Associazione Guida Sicura Italia, oltre alla Polizia di Stato. Al termine della celebrazione, i partecipanti hanno preso parte a delle esperienze di guida sicura, con tutti gli spostamenti nelle aree di guida effettuati grazie alla navetta elettrica Tecnobus.

Migranti, come dovrà cambiare il Protocollo Italia-Albania

Migranti, come dovrà cambiare il Protocollo Italia-AlbaniaRoma, 14 mar. (askanews) – La Commissione europea ha presentato, l’11 marzo a Strasburgo, la sua attesa proposta di regolamento che mira a istituire un sistema comune per i rimpatri dei migranti irregolari che non hanno ottenuto un permesso d’asilo in uno Stato membro, e che quindi sono “soggiornanti illegalmente” nell’Ue.


La proposta include esplicitamente la possibilità di trasferire in “centri di rimpatrio” (“return hubs”) in paesi extra Ue questi migranti che si trovano in situazione illegale in uno Stato membro. Ma, come ha precisato in conferenza stampa a Strasburgo il commissario all’Immigrazione e Affari interni, Magnus Brunner, si tratta di una “nuova possibilità” che è “completamente diversa” sia dal “modello Ruanda”, che il governo britannico non è mai riuscito ad applicare per deportare i migranti irregolari nel paese africano, sia dal “modello Albania” che l’Italia ha tentato finora di applicare con poco successo e che “era destinato solo a richiedenti asilo”, mentre questa “soluzione innovativa” proposta dalla Commissione “si applica ai migranti a cui è stato rifiutato l’asilo o che hanno già avuto un ordine di espulsione”, ha puntualizzato Brunner. Comunque, ha aggiunto il commissario, “gli Stati membri ora potranno esplorare se è possibile o no negoziare accordi con certi paesi terzi” per stabilire eventuali “centri di rimpatrio” sul loro territorio, implicando che questo potrà farlo anche l’Italia con l’Albania, se modificherà il Protocollo tra i due paesi alle condizioni previste dal regolamento, una volta che sarà stato approvato dai co-legislatori europei.


Il 13 marzo, durante il briefing quotidiano per la stampa, il portavoce per la Giustizia e gli Affari interni della Commissione europea Markus Lammert ha fornito ulteriori precisazioni in risposta alle domande dei giornalisti: “Innanzitutto sugli hub di rimpatrio in generale, quello che stiamo facendo è creare lo spazio per gli Stati membri per esplorare nuove soluzioni per il rimpatrio di persone che non hanno diritto a rimanere nell’Ue. Ciò significa che creiamo il quadro giuridico e che stiamo definendo le condizioni minime per la creazione di centri di questo tipo. Dovranno essere limitati – ha detto il portavoce – alle persone che sono state soggette a decisioni di rimpatrio esecutive, ovvero che hanno già completato (negativamente, ndr) l’intero processo ed esaurito tutti i ricorsi” della procedura d’asilo, “e che non hanno alcun diritto legale a rimanere ancora nell’Ue”. Gli hub di rimpatrio “si baserebbero su un’intesa o un accordo internazionale dettagliato. E questo può accadere solo con paesi terzi che rispettino le norme internazionali sui diritti umani, incluso il principio di non respingimento”. Inoltre, ha continuato Lammert, “dovrebbe essere istituito anche un organismo o un meccanismo indipendente per monitorare l’applicazione dell’accordo o dell’intesa”. “L’accordo – ha aggiunto il portavoce – dovrà includere anche altre cose: le condizioni per rimanere nel centro rimpatri e cosa accadrà in seguito; che cosa accadrà in caso di violazioni dell’accordo; e l’esclusione dei minori non accompagnati e di famiglie con bambini”, che non potranno essere inviati negli hub. Quindi, “il regolamento prevede un organismo o meccanismo indipendente per monitorare l’applicazione dell’accordo o dell’intesa; ma non specifichiamo chi gestirà questo organismo. Specifichiamo che è una condizione, una precondizione per la conclusione di un accordo o di un’intesa” per la creazione degli hub di rimpatrio. Alla domanda se la Commissione fornirà ulteriori raccomandazioni su come uno Stato membro debba costituire l’organismo indipendente, il portavoce ha risposto: “Non ci sono ulteriori specificazioni rispetto a quelle contenute nel regolamento. Ma quello che posso dire è che qualsiasi accordo sarà ovviamente sottoposto al vaglio dei tribunali nazionali ed europei”, compresi dunque la Corte europea di Giustizia e la Corte europea dei Diritti dell’uomo di Strasburgo. In ogni caso, ha precisato Lammert, “la Commissione dovrà essere consultata prima della conclusione” degli accordi. “E naturalmente, la Commissione ha un ruolo di guardiana del Trattato Ue”.


Il considerando 23 della proposta di regolamento stabilisce in particolare che “l’accordo o l’intesa dovrebbe stabilire le modalità di trasferimento” dei migranti, “le condizioni di soggiorno nel paese” in cui si trova il centro di rimpatrio, “le modalità in caso di rimpatrio successivo nel paese di origine, le conseguenze in caso di violazioni o di cambiamenti significativi che incidono negativamente sulla situazione nel paese terzo” e infine “un organismo o meccanismo di monitoraggio indipendente per valutare l’attuazione dell’accordo o dell’intesa. Tali accordi o intese costituiranno un’attuazione del diritto dell’Unione ai fini dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta” dei diritti fondamentali. Quest’ultimo elemento è importante perché conferma senza ombra di dubbio che il diritto comunitario, e il diritto nazionale derivato dal diritto comunitario, dovranno applicarsi agli accordi con i paesi terzi che ospiteranno gli hub di rimpatrio, anche se, ovviamente, il diritto comunitario non si applica sul loro territorio. Di Lorenzo Consoli e Alberto Ferrarese

Effetto Trump (e Ue) su politica italiana, destra divisa e sinistra frantumata

Effetto Trump (e Ue) su politica italiana, destra divisa e sinistra frantumataRoma, 14 mar. (askanews) – Le iniziative di Donald Trump e la risposta dell’Europa, a partire dal ReArm Europe, hanno terremotato la politica italiana, mostrando le divisioni della maggioranza, ma soprattutto frantumando l’opposizione.


Per quanto riguarda il centrodestra al governo, il voto del 12 marzo all’Europarlamento sulla risoluzione (non vincolante) sul progetto di difesa unica europea ha certificato che ci sono almeno due linee diverse. A favore si sono espressi tutti i deputati presenti di Fdi-Ecr (22 su 24) e gli eurodeputati italiani presenti del Ppe (otto su nove, sette di Fi e uno della Svp). Quelli della Lega (7 su 8) hanno votato tutti contro, insieme al gruppo dei Patrioti per l’Europa. Non è certo una notizia: ormai da settimane Matteo Salvini, vestiti i panni dell’ultra-trumpiano, spara ad alzo zero contro Ursula von der Leyen e il suo “ReArm”. Da ultimo per Meloni è stato un dito in un occhio il Consiglio federale del Carroccio convocato il 13 in concomitanza del Consiglio dei ministri. Al termine la Lega ha diffuso una nota in cui – tra l’altro – ribadisce che “l’Europa non ha bisogno di ulteriori debiti, di riarmo nucleare o di ulteriori cessioni di sovranità bensì di sostegno a famiglie, sanità e lavoro”. A margine della seduta del Cdm, la premier avrebbe avuto una discussione (“accesa” secondo alcuni, “franca” secondo altri più diplomatici) con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Palazzo Chigi e il Mef, congiuntamente, hanno smentito che ci siano “contrasti” assicurando che i due lavorano in “piena sintonia e con la massima condivisione sui vari dossier aperti, inclusa la difesa europea”. La tensione, però, è palpabile e destinata a salire da qui a martedì, quando Meloni è attesa in Senato per le consuete comunicazioni in vista del Consiglio europeo. In queste ore sono in corso continue consultazioni per arrivare a una risoluzione unitaria che sia “digeribile” da tutti. Perché sia così, nel suo intervento, la premier dovrà fare esercizio di equilibrismo: volerà alto, viene spiegato, ribadirà la critica al nome scelto “ReArm”, confermerà che le maggiori spese in difesa non andranno a scapito di sanità e servizi, ripeterà il suo “no” all’eventuale invio di truppe europee in Ucraina, si soffermerà sulle divisioni delle opposizioni. E quelle certo non mancano. A partire dal Pd. A Strasburgo la delegazione Dem, la più grande del gruppo S&D, si è letteralmente spaccata in due e la segretaria Elly Schlein, è riuscita a limitare i danni solo grazie al ‘soccorso’ degli indipendenti, superando di un voto la pattuglia ‘riformista’ guidata dal presidente (suo sfidante alle primarie) Stefano Bonaccini. Contro la linea di Schlein hanno votato a favore lo stesso Bonaccini, Decaro, Giorgio Gori, Gualmini, Lupo, Maran, Moretti, Picierno, Tinagli e Topo. Si sono astenuti invece Benifei, Corrado, Laureti, Nardella, Ricci, Ruotolo, Strada, Tarquinio, Zan, Zingaretti e Lucia Annunziata. Il piano ‘Rearm Eu’ va cambiato perché “all’Europa serve la difesa comune, non la corsa al riarmo dei singoli Stati. La posizione del Pd è e resta questa”, ha dichiarato la segretaria dopo il voto, non senza irritazione. Schlein sa che questa è la prima vera crisi da quando guida il Pd e che intorno alla sua leadership si aprono giochi difficili da gestire. Mentre qualcuno inizia a pronunciare la parola “congresso”, è lei stessa a chiedere un “chiarimento politico”, consapevole che il rischio maggiore è quello di farsi logorare, dall’interno, ma anche dall’esterno, dagli alleati o presunti tali.


Tra questi, l’Alleanza Verdi e Sinistra è contraria all’aumento delle spese per la difesa, ma è soprattutto il Movimento 5 Stelle ad approfittare delle difficoltà Dem. Nel giorno del voto il leader Giuseppe Conte e i parlamentari hanno manifestato di fronte all’Europarlamento e l’ex premier non esita ad attaccare Schlein: “L’astensione è la cosa più incomprensibile. Non è ammissibile in un momento così cruciale. Abbiamo visto un Pd che si è diviso, un partito in grande difficoltà”. “Viviamo una situazione strana, a livello internazionale e nazionale – commenta un parlamentare di lungo corso che vuol restare anonimo -. Trump sta terremotando il mondo, ogni giorno ci sono novità che destabilizzano il quadro e in Italia ormai ogni partito gioca per sé. Poi in generale il centrodestra al momento opportuno riesce a compattarsi, la sinistra si disgrega e questa è un’assicurazione per Meloni. Ma è una situazione così fluida e in qualche modo inedita che può succedere di tutto”.


Di Alberto Ferrarese e Lorenzo Consoli

Ue, Commissione pronta a semplificazione per imprese ma burocratica su tutela consumatori

Ue, Commissione pronta a semplificazione per imprese ma burocratica su tutela consumatoriRoma, 14 mar. (askanews) – Questa Commissione europea appare molto determinata a facilitare la vita e la competitività delle imprese con una serie di misure di semplificazione burocratica e normativa della legislazione esistente, che a volte diventa vera e propria deregolamentazione, ma non sembra avere altrettanto a cuore gli interessi dei consumatori e la loro libertà di scelta informata, basata sulla trasparenza. E’ quanto sembra indicare una recente decisione di Bruxelles contro una norma italiana chiaramente intesa a tutelare, appunto, i consumatori e la trasparenza delle pratiche commerciali, che dimostra una sorprendente rigidità burocratica.


Il 12 marzo scorso, la Commissione ha inviato una notifica di messa in mora all’Italia, prima tappa della procedura di infrazione comunitaria, accusandola di aver violato le regole del mercato unico per avere “introdotto l’obbligo di apporre sui prodotti di consumo un’indicazione specifica che informi che la quantità del prodotto è stata ridotta mentre la confezione è rimasta invariata, il che ha portato a un aumento del prezzo unitario”, come spiega una nota dell’Esecutivo comunitario. L’infrazione riguarda in particolare gli articoli da 34 a 36 del Trattato sul funzionamento dell’Unione, che vietano le restrizioni alle importazioni ed esportazioni tra gli Stati membri e le misure equivalenti. “Sebbene la Commissione riconosca l’importanza di informare i consumatori di questo tipo di modifiche, richiedere che tali informazioni siano visualizzate direttamente su ciascun prodotto interessato non sembra proporzionato. I requisiti nazionali di etichettatura costituiscono un importante ostacolo al mercato interno e compromettono seriamente la libera circolazione delle merci”, spiega ancora la Commissione, ritenendo che “le autorità italiane non abbiano fornito prove sufficienti in merito alla proporzionalità della misura, in quanto sono disponibili altre opzioni meno restrittive (ad esempio, l’esposizione delle stesse informazioni vicino ai prodotti interessati)” negli scaffali dei negozi e supermercati, come avviene in Francia.


Secondo l’Esecutivo comunitario, inoltre, l’Italia avrebbe violato anche la direttiva Ue 2015/1535 sulla trasparenza del mercato unico, “poiché la misura è stata adottata durante il periodo di attesa successivo alla notifica da parte dell’Italia del disegno di legge e senza considerare il parere dettagliato emesso dalla Commissione”. Questo periodo di attesa (“standstill period”) è previsto dalla procedura di notifica “Tris”, che mira a prevenire l’avvio delle procedure d’infrazione, attraverso un dialogo preliminare tra la Commissione e lo Stato membro interessato. La misura italiana in questione fa parte del “Disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza 2023”, articolo 21, intitolato “Misure di contrasto alle prassi commerciali di riporzionamento dei prodotti preconfezionati”. L’articolo stabilisce: “I produttori che mettono in vendita, anche per il tramite dei distributori operanti in Italia, un prodotto di consumo che, pur mantenendo inalterato il precedente confezionamento, ha subito una riduzione della quantità nominale e un correlato aumento del prezzo per unità di misura, informano il consumatore dell’avvenuta riduzione della quantità e dell’aumento del prezzo in termini percentuali, tramite l’apposizione nella confezione di vendita di una specifica etichetta con apposita evidenziazione grafica”. Inoltre, si precisa che l’obbligo di informazione “si applica per un periodo di sei mesi a decorrere dalla data in cui il prodotto è esposto nella sua quantità ridotta”.


Come spiega il Ministero delle Imprese e del Made in Italy nella sua notifica alla Commissione del 7 ottobre 2024, la misura italiana è stata adottata “al fine di regolamentare il fenomeno della cosiddetta ‘Shrinkflation’, ovvero la pratica dei produttori di ridurre la quantità di prodotto all’interno della confezione, mantenendo sostanzialmente invariato il prezzo o addirittura aumentandolo, con la conseguenza di disorientare i consumatori che si trovano di fronte a un aumento di prezzo in modo non trasparente”. Sono motivazioni che appaiono tutt’altro che peregrine e infondate, ma a Bruxelles non sono bastate. L’Italia ha ora due mesi per rispondere alla Commissione, che in caso di risposta insoddisfacente potrebbe inviare un “parere motivato”, secondo passo nella procedura di infrazione, che prelude al ricorso in Corte europea di giustizia, se anche in questo caso l’Esecutivo comunitario giudicasse inadeguate le contro argomentazioni del governo.


Sarebbe un pessimo segnale agli operatori commerciali, che verrebbero premiati per un comportamento volutamente ingannevole, e ai consumatori, a cui verrebbe impedito di vedere i loro diritti tutelati da una legge nazionale. Bisogna precisare che la Commissione ha piena discrezionalità nelle sue decisioni sul controllo dell’attuazione della legislazione comunitaria. In altre parole, non era affatto obbligata ad aprire questa procedura d’infrazione, e potrebbe benissimo scegliere di non portarla avanti, se considerasse con più flessibilità che la misura italiana non mira affatto a restringere od ostacolare le importazioni di prodotti provenienti da altri Stati membri, ma solo a evitare un aumento dei prezzi occulti. Di Lorenzo Consoli e Alberto Ferrarese

Tajani: Canada tra possibili Paesi del piano italiano contro i dazi

Tajani: Canada tra possibili Paesi del piano italiano contro i daziQuebec, 14 mar. (askanews) – Sui dazi “è inutile fasciarsi la testa prima che succedano le cose, bisogna studiare strategie per poter tutelare il mondo imprenditoriale italiano e il giorno 21 (marzo, ndr) presenteremo la strategia del Ministero che ha la responsabilità anche del commercio internazionale per affrontare l’emergenza” e “individuare alcune scelte che possono essere fatte per recuperare spazi di mercati”: “non è un caso che tra i Paesi che valuteremo e indicheremo come potenziali territori dove incrementare l’export ci sarà anche il Canada”. È quanto ha detto oggi il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, durante una tavola rotonda con gli imprenditori italiani in Canada.


Il Canada è un Paese “molto interessante”, noi “siamo già il secondo interlocutore dopo la Germania”, ha ricordato Tajani, precisando che “questo significa che c’è un terreno fertile”. E’ dunque “un paese che stiamo seguendo con attenzione, dove si può esportare di più”. D’altra parte, ha sottolineato il ministro, “siamo assolutamente convinti che si debba continuare a lavorare molto fuori dai nostri confini sia attraverso un incremento dell’esportazione sia attraverso un incremento dell’internazionalizzazione delle nostre imprese, che è il miglior sistema per evitare la delocalizzazione”. Secondo Tajani bisogna “avere sempre obiettivi ambiziosi” e “lavorare per scongiurare effetti dannosi che possono esserci da una possibile guerra dei dazi, che per noi italiani certamente non è qualche cosa di positivo”. “Lavoreremo intensamente per cercare di permettervi di incrementare il vostro giro d’affari ma anche per invogliare altre imprese italiane a venire da voi”, ha quindi detto Tajani, rivolgendosi agli imprenditori italiani e assicurando loro che il governo continua a sostenerli in modo da “poter operare nel migliore dei modi in questo Paese”.


Tajani ritiene che in America “si possa cercare di evitare una situazione molto negativa per noi se aumentiamo i nostri investimenti là e le nostre importazioni, cercando di continuare con le esportazioni che essendo di alta qualità difficilmente potranno essere messe a un angolo dai consumatori che cercano quella qualità, per cui pagare qualche dollaro in più non cambia”. “Detto questo nessuno prende sotto gamba le conseguenze di una possibile guerra commerciale, dobbiamo soltanto metterci al riparo e individuare strategie che tutelino il vostro lavoro”, ha insistito il ministro, che si è detto “assolutamente convinto che la qualità è il nostro miglior strumento per vincere anche le sfide con i dazi.

Schlein riunisce i suoi: cresce spinta per congresso Pd

Schlein riunisce i suoi: cresce spinta per congresso PdRoma, 14 mar. (askanews) – Elly Schlein prepara il “chiarimento politico” annunciato ieri, la segretaria – secondo quanto apprende Askanews – riunisce i suoi al Nazareno per decidere come ripartire dopo la spaccatura del Pd mercoledì scorso al Parlamento europeo, con la minoranza che ha disatteso la linea indicata su difesa Ue e armi.


Nel quartier generale democratico dall’ora di pranzo è in corso una riunione tra la leader del partito e gli esponenti della sua maggioranza in segreteria e ai capigruppo parlamentari (alcuni collegati online) per decidere come reagire a quello che è stato considerato uno vero e proprio attacco alla segretaria. Diverse le ipotesi sul tavolo: dal congresso anticipato, sostenuto da molti, allo stop della gestione unitaria, fino alla consultzione degli iscritti sulla politica estera.


(segue)

Ue, Meloni ancora in forse a call “volenterosi”, irritata caso Delmastro

Ue, Meloni ancora in forse a call “volenterosi”, irritata caso DelmastroRoma, 14 mar. (askanews) – “La riflessione è ancora in corso”. Così, ancora questa sera, dallo staff di Giorgia Meloni viene risposto a chi chiede se la premier abbia deciso di partecipare alla riunione in videoconferenza convocata per domani mattina dal primo ministro britannico Keir Starmer.


Il dubbio, come veniva spiegato nei giorni scorsi, riguarda l’agenda del summit: se si parla di difesa europea in senso ampio parteciperà, se invece l’unico tema sarà l’organizzazione di una eventuale forza europea da inviare in Ucraina – a cui è contraria – si sfilerà. Del resto, su quest’ultimo dossier, al vertice militare di Parigi di martedì scorso l’Italia è stata rappresentata dal generale Luciano Portolano, ma solo nella veste di “osservatore”. Alla fine però, è la sensazione che si percepisce, la presidente del Consiglio potrebbe collegarsi, non foss’altro che per restare agganciata al treno franco-britannico pur ribadendo la convizione che una forza di peace-keeping europea, senza la bandiera Onu, sarebbe la soluzione “più complessa e meno efficace”. Le diplomazie sono ancora al lavoro per cercare una convergenza sull’ordine del giorno in cui – secondo quanto si apprende da fonti di governo – sarebbero state accolte alcune richieste italiane. Questa mattina Meloni è stata in visita a Torino, prima agli Special Olympics Winter Games (kermesse riservata ad atleti con disabilità intellettive) poi alla Argotec, azienda italiana attiva nel settore dell’aerospazio. “Penso in grande per l’Italia”, ma per raggiungere gli obiettivi “non ci sono scorciatoie, bisogna fare tutto il percorso”, ha detto ai dipendenti la premier. Che a distanza ha seguito l’evolversi della situazione del maltempo in Toscana ed Emilia-Romagna – assicurando “ogni supporto necessario” – e, con una certa irritazione, il nuovo caso Delmastro. Il sottosegretario alla Giustizia, in un colloquio riportato da ‘Il Foglio’, ha sollevato dei dubbi sulla riforma del sistema giudiziario, in particolare definendo un “errore strategico” il doppio Csm. Dichiarazioni poi precisate, anche se il quotidiano ha confermato pubblicando l’audio. La “batteria” di Fdi si è mobilitata con l’invio di dichiarazioni a sostegno di Delmastro, mentre le opposizioni, Pd in testa, ne chiedono le dimissioni. Sulla vicenda la premier non si è espressa, ma chi ci ha parlato ha rilevato la sua irritazione per un nuovo ‘scivolone’ che mina l’immagine di coesione della maggioranza, in questi giorni già messa a dura prova dalle posizioni della Lega sulla guerra in Ucraina e sul piano “ReArm Europe” della Commissione europea.


Su questo, dopo il “franco” confronto di ieri con il ministro Giorgetti, il governo è al lavoro per cercare di arrivare a una risoluzione unitaria di maggioranza martedì al Senato, dopo le comunicazioni della premier in vista del Consiglio europeo.

Situazione stabile per il Papa, si diradano le comunicazioni

Situazione stabile per il Papa, si diradano le comunicazioniRoma, 14 mar. (askanews) – La salute del Papa è stabile e quindi d’ora in poi le comunicazioni sulla sua situazione clinica si diraderanno.


A partire dal bollettino di questa sera che, a differenza di quanto annunciato, non c’è stato. Un fatto, questo, “positivo” perchè certifica “la stabilità” del quadro clinico del pontefice ad un mese dal suo ricovero. A renderlo noto la Sala stampa della Santa sede che ha anche fatto sapere che gli stessi bollettini saranno diradati e non più diffusi ogni due gorni e non ci saranno più comunicazioni mattutine su come il Papa ha passato la notte nella sua stanza dell’Ospedale Gemelli, in cui è ricoverato dal 14 febbraio scorso. Una situazione, anche questa informativa, che viene interpretata in Vaticano come “positiva” perchè racconta un quadro clinico che sembra ormai avviato alla stabilizzazione anche se, sui tempi di dimissione del Pontefice non si fanno date e “la sua uscita non è ancora in programma”. “Si tratta certamente, comunque, di tempi lunghi vista anche la risposta che deve dare una persona di 88 anni”, si fa notare.

Consiglio Ue: accordo su mandato negoziale per le Ngt, i nuovi Ogm

Consiglio Ue: accordo su mandato negoziale per le Ngt, i nuovi OgmBruxelles, 14 mar. (askanews) – Il Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri (Coreper,) che prepara le riunioni ministeriali del Consiglio Ue, ha approvato oggi a Bruxelles il mandato alla presidenza semestrale di turno polacca per condurre i negoziati co-legislativi con il Parlamento europeo e con la Commissione sul regolamento riguardante le piante ottenute con le “Nuove tecniche genomiche” (Ngt) e sugli alimenti e mangimi derivati.


Pur introducendo diverse modifiche per poter ottenere l’appoggio di un numero di Stati membri corrispondente alla maggioranza qualificata, il mandato negoziale del Consiglio lascia sostanzialmente intatto l’impianto di fondo della proposta iniziale della Commissione, che comporta la parziale deregolamentazione nell’Ue di questi Ogm di nuova generazione, caratterizzati dall’introduzione in laboratorio di modificazioni genetiche che potrebbero anche verificarsi naturalmente o tramite metodi di riproduzione convenzionali. Sono previsti due percorsi distinti per l’immissione sul mercato delle piante Ngt: quando risultano da non più di 20 modificazioni genetiche (categoria Ngt1) sono considerate come “sostanzialmente equivalenti” alle piante “convenzionali” ed esentate dale attuali norme Ue sugli Ogm, compreso l’obbligo di etichettatura.


Al di là delle 20 modificazioni genetiche introdotte (categoria Ngt2) resta invece pienamente applicabile la normativa sugli Ogm, ovvero un regime di autorizzazione fondato sulle valutazioni di rischio da parte dell’Efsa (l’Autorità Ue di sicurezza alimentare), con un sistema obbligatorio di tracciabilità ed etichettatura, e con la possibilità da parte degli Stati membri di imporre divieti di coltivazione sul proprio territorio nazionale. La proposta stabilisce l’esclusione dell’uso di piante Ngt nella produzione biologica e l’etichettatura obbligatoria per le sementi Ngt, per entrambe le categorie.


Il mandato del Consiglio prevede che gli Stati membri possano decidere di vietare la coltivazione di piante Ngt di categoria 2 sul loro territorio, e adottare misure per evitare la presenza indesiderata di tracce di piante Ngt2 in altri prodotti. Gli Stati membri dovranno inoltre introdurre misure per prevenire la contaminazione transfrontaliera. I prodotti derivati da piante Ngt2 saranno sottoposti a etichettatura obbligatoria, in linea con la proposta della Commissione. Per quanto riguarda le piante Ngt1, la posizione del Consiglio chiarisce che, per evitarne la presenza indesiderata nell’agricoltura biologica, gli Stati membri possano adottare misure specifiche nel loro territorio, in particolare in aree con condizioni geografiche particolari, come le isole e le regioni insulari.


Una novità importante nel mandato negoziale del Consiglio è poi il divieto di considerare come Ngt di categoria 1 le piante modificate geneticamente per essere rese tolleranti agli erbicidi, garantendo così che tutte le piante con questa caratteristica rimangano soggette ai requisiti di autorizzazione, tracciabilità e monitoraggio previsti per i “vecchi” Ogm e per le piante Ngt2. In Consiglio Ue, i paesi più favorevoli al nuovo regolamento sono Francia, Italia, Spagna, Portogallo e Olanda; contrari invece Austria, Romania, Slovacchia e Ungheria. La Grecia, inizialmente indecisa, ha votato a favore della proposta della presidenza polacca, e lo stesso ha fatto anche il Belgio, ma con riserva, dichiarando di non impegnarsi necessariamente a sostenere l’eventuale accordo finale dopo i negoziati con il Parlamento europeo. La Germania, che si è sempre astenuta a causa di contrasti in seno alla propria maggioranza di governo, ha confermato la propria posizione. Il Parlamento europeo aveva votato la sua posizione nel febbraio 2024, chiedendo in particolare tre cambiamenti importanti al testo del regolamento: 1) un divieto assoluto di brevettabilità per tutte le piante Ngt, di entrambe le categorie, per evitare l’aumento dei costi e nuove dipendenze di agricoltori e allevatori dalle grandi società agroindustriali; 2) una condizione aggiuntiva per la definizione delle Ngt di categoria 1, secondo cui non più di tre modifiche genetiche, tra le 20 consentite, dovrebbero riguardare le sequenze che modificano una proteina; 3) un obbligo di etichettatura con la dicitura “Nuove tecniche genomiche” anche per le piante Ngt1 e i prodotti derivati. Soprattutto su questi tre punti il negoziato si annuncia difficile. L’obiettivo dichiarato del regolamento è quello di agevolare la creazione di varietà vegetali migliorate, che siano resistenti al cambiamento climatico e ai parassiti, che diano rese più elevate o che richiedano meno fertilizzanti e pesticidi durante la coltivazione. Le nuove tecniche genomiche, al contrario dei “vecchi” Ogm che erano ottenuti attraverso la “transgenesi”, sono basate sulla “cisgenesi”, ovvero l’inserimento nelle piante di geni provenienti da specie affini, e non estranee. In pratica, per ottenere determinate caratteristiche delle piante, si “pilotano” e si accelerano modificazioni genetiche che non sarebbero impossibili naturalmente, e lo si fa applicando i meccanismi di precisione della genomica, basati cioè sulla mappatura dettagliata del genoma. Negli Ogm tradizionali, invece, le modificazioni genetiche venivano conseguite senza sapere esattamente dove nel genoma sarebbero andate a inserirsi le nuove sequenze di Dna introdotte. Resta il fatto, sottolineato da diverse organizzazioni ambientaliste ed esperti scientifici, che qualunque modificazione del genoma comporta il rischio potenziale di “effetti non intenzionali”, a livello sia genetico che epigenetico (cioè dentro o fuori il Dna), ed eliminare la valutazione di rischio, il regime di autorizzazione e gli obblighi di tracciabilità ed etichettatura, come la Commissione propone di fare con gli Ngt1, appare poco coerente con il principio di precauzione previsto dal Trattato Ue e con il dovere di informare i consumatori. Inoltre, appare poco fondato scientificamente il criterio puramente quantitativo della “soglia” di 20 modifiche genetiche per distinguere tra le due categorie di Ngt: il numero di modifiche è importante, ma non è l’unico fattore che può determinare il rischio di “effetti non intenzionali”.