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Sanremo, il travolgente e sensuale “Bolero” di Roberto Bolle

Sanremo, il travolgente e sensuale “Bolero” di Roberto BolleMilano, 10 feb. (askanews) – Roberto bolle insieme a 18 danzatori ha eseguito un travolgente e sensuale Bolero portando l’iconica coreografia per la prima volta in televisione. “Un regalo” come ha detto il ballerino che tutto il mondo ci invidia e che è diventato ambasciatore della danza. E’ stato capace di portare la nobile arte della danza in luoghi inusuali e di farla amare al grande pubblico. Poi Bolle ha dato appuntamento al 29 aprile quando ci sarà una grande serata dedicata alla danza in prima serata su Rai 1 in occasione della giornata mondiale della danza. Fiorello ha scherzato Roberto sottolinando la sua prestanza fisica, poi ricordando una precendente occasione in cui ballarono insieme in uno sketch, ha fatto alcuni passi di danza, ma non il temuto Ballo del qua qua.

Sanremo, Loredana Bertè regina eccentrica dell’Ariston

Sanremo, Loredana Bertè regina eccentrica dell’AristonMilano, 10 feb. (askanews) – Unica ed eccentrica, Loredana Bertè regina dell’Aristron nella serata finale, il pubblico in festa si è scatenato sulle note della sua “Pazza”. Un tributo alla sua dirompente energia, lei si è presentata con una minigonna vaporosa, occhiali piumati ma soprattutto grinta da vendere.


Poco prima dell’inizio della serata si è diffusa la notizia che il Premio della Critica Mia Martini del 74mo Festival di Sanremo è andato proprio a Loredana. La cantante, che ha ottenuto 54 voti, aveva dichiarato che avrebbe dedicato il premio proprio alla sorella Mimì prematuramente scomparsa.

Sanremo, al via la finale. Bertè vince Premio intitolato alla sorella

Sanremo, al via la finale. Bertè vince Premio intitolato alla sorellaSanremo, 10 feb. (askanews) – Al via la serata finale della 74esima edizione del Festival di Sanremo. Ad affiancare Amadeus, sul palco dell’Ariston, c’è l’amico Fiorello. La serata si è aperta con l’esecuzione dell’Inno di Mameli da parte della banda dell’Esercito.


I primi ad esibirsi sono Renga e Nek. Trenta gli artisti in gara. All’inizio c’è solamente il televoto; poi, in una seonda fase, nella top5 subentra anche la giuria stampa e la giuria delle radio. Loredana Bertè ha vinto il Premio della Critica intitolata alla sorella Mia Martini.

Giorno ricordo, sede Regione Piemonte con bandiere simbolo esodo

Giorno ricordo, sede Regione Piemonte con bandiere simbolo esodoRoma, 10 feb. (askanews) – Nel ventennale dell’approvazione della legge istitutiva del Giorno del Ricordo, in memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata, sventolano di fronte al Grattacielo della Regione Piemonte le bandiere delle terre del Confine Orientale d’Italia, da cui fuggì la popolazione italiana trovando accoglienza anche nel nostro Piemonte.


“Mentre il presidente Alberto Cirio rappresenta oggi tutti i piemontesi partecipando alla celebrazione presso la foiba di Basovizza al fianco del premier Giorgia Meloni, omaggiamo con questo gesto simbolico i tanti esuli fiumani, istriani, giuliani e dalmati che hanno dovuto ripartire da zero nel nostro territorio dopo essere stati cacciati dalle loro case dalla violenza titina, nel ricordo commosso dei loro familiari infoibati. Sono tutti nostri fratelli e sorelle”. Così l’assessore all’Emigrazione della Regione Piemonte, Maurizio Marrone.

Ue, accordo Patto stabilità, l’Europarlamento ha ingoiato tutto

Ue, accordo Patto stabilità, l’Europarlamento ha ingoiato tuttoBruxelles, 10 feb. (askanews) – L’accordo in “trilogo” della notte scorsa a Bruxelles, tra i negoziatori del Parlamento europeo, della presidenza di turno del Consiglio Ue e della Commissione sul nuovo Patto di stabilità per i conti pubblici degli Stati membri non cambia molto rispetto al testo della posizione negoziale del Consiglio, fortemente influenzata dalle esigenze del ritorno alle politiche di austerità perorate dalla Germania e dagli altri paesi “frugali”.


Resta dominante la priorità assegnata alla stabilità finanziaria, con poche concessioni (tutte da verificare) alle politiche di crescita e di incentivo degli investimenti, di cui pure ci sarebbe un grande bisogno per finanziare la doppia transizione (trasformazione digitale e Green Deal), nonché la politica industriale necessaria a questo fine e allo sviluppo di una difesa comune, resa sempre più urgente dagli sviluppi geopolitici in corso. E questo mentre gli altri due competitori globali dell’Ue, Usa e Cina, continuano a mettere la forza finanziaria dello Stato al servizio della loro potenza economica. Non è ancora noto il testo completo dell’accordo, ma è già chiaro che il Parlamento europeo ha ceduto sull’unico punto importante su cui il negoziato con il Consiglio Ue avrebbe potuto portare a un miglioramento davvero sostanziale: la “clausola di resilienza” per i deficit pubblici, che obbligherà gli Stati membri con il debito/Pil oltre il 60% a ridurre il proprio disavanzo strutturale fino all’1,5% del Pil. Questo, invece di applicare semplicemente la soglia di Maastricht del deficit/Pil al 3%.


Questo punto non era stato sostenuto nella posizione negoziale del Parlamento europeo, che invece rispetto all’altra clausola introdotta dai paesi “frugali”, quella di sostenibilità del debito, aveva fatto semplicemente un copia-incolla del testo del Consiglio. La proposta originaria della Commissione, dell’aprile 2023, era incentrata su due pilastri principali, riguardanti i percorsi di aggiustamento di bilancio per i paesi che non rispettano le due soglie previste dal Trattato di Maastricht: il 60% per il debito/Pil e il 3% per il deficit/Pil. Nel primo caso, quello del debito eccessivo, veniva indicato un percorso di aggiustamento ‘su misura’, individualizzato per ciascuno Stato membro, con tempi più lunghi e più realistici per le correzioni: quattro anni, con la possibilità di proroga a sette anni per ammortizzare i costi delle riforme e degli investimenti raccomandati dall’Ue (transizione verde e digitale, innovazione, difesa).


Secondo la proposta della Commissione, il percorso di aggiustamento (“traiettoria tecnica”), viene determinato tenendo conto di un’analisi caso per caso della sostenibilità del debito, e originariamente si basava su un “singolo indicatore operativo”, basato sulla “spesa primaria netta”, quella cioè che non prende in considerazione la spesa per gli interessi, la parte controciclica degli stabilizzatori automatici (come i sussidi di disoccupazione o la cassa integrazione in tempi di crisi), le spese che non dipendono dai governi, e la spesa nei programmi e progetti comunitari che sono co-finanziati dagli Stati membri. Il meccanismo proposto prevedeva semplicemente di tenere sotto stretto controllo, con un limite annuale collegato alla crescita economica, l’andamento della spesa primaria netta del paese interessato, senza definire una riduzione quantitativa annuale del debito/Pil uguale per tutti i casi, ma tale da assicurare che, alla fine del periodo previsto dal piano di aggiustamento, il livello del debito pubblico in quello Stato membro fosse inferiore a quello iniziale, e avviato su un percorso stabile di riduzione.


Era previsto un controllo della Commissione sui percorsi di aggiustamento, a scadenza semestrale, per individuare e correggere eventuali deviazioni significative. La proposta originaria della Commissione aveva un solo coefficiente numerico: semplicemente, per i paesi con un rapporto deficit/Pil oltre il 3%, veniva previsto aggiustamento strutturale minimo annuale di bilancio pari allo 0,5% del Pil, per ridurre il disavanzo, fino al raggiungimento della soglia del 3%. Molto diversa, più complicata e più rigida, è invece la posizione negoziale a cui sono giunti gli Stati membri in Consiglio Ue, dove la Germania, con l’appoggio dei paesi nordici e dell’Olanda, e poca opposizione da parte della Francia (con la delusione dell’Italia e altri paesi che avevano sperato di meglio), ha ottenuto quello che voleva: l’inserimento di due “clausole di salvaguardia” con coefficienti numerici nel nuovo quadro di regole, una per “la sostenibilità del debito” e l’altra per la “resilienza del deficit”. La prima salvaguardia (art.6 bis del regolamento sul “braccio preventivo”) prevede che i paesi con un debito/Pil superiore al 90% (come l’Italia) debbano ridurlo di almeno un punto percentuale all’anno, mentre quando il debito/Pil è superiore al 60% ma inferiore al 90% il ritmo di riduzione viene dimezzato, a 0,5 punti percentuali all’anno. La seconda è la “salvaguardia di resilienza del deficit” (art.6 ter), menzionata sopra, che il Parlamento europeo ha accettato, a quanto pare senza fare troppa resistenza. D’altra parte, una delle due relatrici del Parlamento, Esther De Lange (Ppe), fa parte del partito popolare olandese, da sempre in prima linea tra i “frugali”. La nota di stamattina del Parlamento europeo assegna comunque una grande importanza allo spazio che, secondo quanto viene raccontato, le nuove regole accorderebbero agli investimenti pubblici. “Le norme – si legge – obbligheranno specificamente gli Stati membri a garantire che i loro piani nazionali spieghino come verranno effettuati gli investimenti nelle aree prioritarie dell’Ue, quali transizione climatica e digitale, sicurezza energetica e difesa”. “Gli investimenti già intrapresi in questi settori – continua la nota – dovranno essere presi in considerazione dalla Commissione quando redige la sua relazione sulle deviazioni di uno Stato membro dal suo percorso di spesa, dando così più spazio a quello Stato membro per argomentare la propria causa al fine di non essere sottoposto a una procedura per disavanzo eccessivo”. “Inoltre, la spesa nazionale per il cofinanziamento dei programmi finanziati dall’Ue sarà esclusa dalla spesa del governo, creando maggiori incentivi agli investimenti”, conclude la nota, ricordando che “i primi piani nazionali dovranno essere presentati da ciascuno Stato membro entro il 20 settembre 2025”. L’accordo, non ancora noto in tutto i dettagli, ha avuto relativamente pochi commenti durante la giornata di sabato. Molto critici gli europarlamentari del M5s, i primi, tra gli italiani, a reagire stamattina alla notizia. “I nuovi parametri di base” dell’accordo “spingeranno non solo l’Italia, ma l’intero Continente, in recessione perché ridurranno gli investimenti. Secondo alcune stime questi obiettivi peseranno sulla capacità di spesa del nostro Paese per 12-13 miliardi per sette anni”. “Gli investimenti nelle aree prioritarie dell’Ue, e cioè la transizione climatica e digitale e la sicurezza energetica, non vengono scorporati, ma dovranno essere elencati nei piani che gli Stati membri manderanno a Bruxelles”, sottolinea infine la nota del M5s. Ma il commento forse più duro è quello venuto dal co-presidente del gruppo dei Verdi europei, il belga Philippe Lamberts, che a una domanda di Askanews su che cosa abbia ottenuto l’Assemblea di Strasburgo nel negoziato con il Consiglio ha riposto: “Niente: il Parlamento europeo ha ingoiato tutto”.

Famiglie reali e messaggio del Papa per Vittorio Emanuele

Famiglie reali e messaggio del Papa per Vittorio EmanueleTorino, 10 feb. (askanews) – L’ingresso della bara fra le guardie d’onore delle tombe reali schierate, l’inno sardo ad accompagnare il feretro in chiesa sotto lo sguardo dei rappresentanti delle casate reali d’Europa e oltre. Si sono svolti nel Duomo di Torino i funerali di Vittorio Emanuele di Savoia, scomparso a 86 anni. Circa 450 i presenti in chiesa, a cui si accedeva solo su invito, un centinaio le persone che hanno assistito alla cerimonia fuori, sotto la pioggia, seguendola dai maxi schermi.


I primi ad arrivare sono stati il principe Aimone e la principessa Olga di Savoia Aosta, seguiti dal principe Leka d’Albania, la granduchessa di Russia entrata in Duomo con il re titolare d’Egitto. A seguire il principe di Grecia Filippo e i principi d’Orleans. Poco prima dell’arrivo del feretro sono entrati in chiesa la regina emerita Sofia di Spagna e il principe Alberto di Monaco. Fra le autorità e personalità presenti il presidente del Consiglio regionale del Piemonte, Stefano Allasia, l’europarlamentare della Lega, Gianna Gancia, il senatore di Forza Italia, Roberto Rosso, l’ex deputato europeo del Carroccio, Mario Borghezio. I familiari, la moglie Marina Doria, la sorella Maria Pia, il figlio Emanuele Filiberto con la moglie Clotilde e le figlie Vittoria e Luisa, sono entrati poco prima dell’arrivo del feretro e hanno assistito alla cerimonia in corrispondenza della cappella che custodisce la Sacra Sindone.


La funzione è stata celebrata da monsignor Paolo de Nicolò, Gran Priore degli Ordini Dinastici della Real Casa. “Ha saputo nella sua umana fragilità essere un uomo il cui ricordo vive nelle generazioni che seguiranno. In particolare a Emanuele Filiberto, Vittoria e Luisa, il compito di rendere contemporaneo il suo agire nei confronti dei poveri e bisognosi”, ha detto nel corso dell’omelia. Durante la messa è stato letto anche un messaggio di condoglianze di Papa Francesco. Poi l’ultimo saluto della moglie Marina Doria che all’uscita dalla chiesa si è chinata sul feretro e il ricordo di Emanuele Filiberto prima di lasciare la chiesa. “È stato un padre stupendo, un padre meraviglioso, un amico mi sono molto grato e so che da lassù mi mostrerà il cammino. È stato un cittadino italiano che amava l’Italia con una grande storia dietro le spalle, qualche volta difficile”. La salma verrà cremata e poi sarà sepolta nella cripta reale di Superga.

Università a Pistoia: firmato l’accordo che dà il via al progetto

Università a Pistoia: firmato l’accordo che dà il via al progettoRoma, 10 feb. (askanews) – Pistoia come sede universitaria: è l’obiettivo del percorso avviato ufficialmente con la firma del protocollo d’intesa fra Università degli Studi di Firenze, Comune di Pistoia e Fondazione Caript. Al centro dell’iniziativa è lo sviluppo in città di attività che, in via prioritaria, riguarderanno la ricerca e la didattica negli ambiti di Agraria, Ingegneria, Professioni sanitarie e servizi alla persona.


Stamani nell’auditorium dell’Antico Palazzo dei Vescovi a Pistoia i contenuti dell’accordo sono stati illustrati dalla rettrice dell’Ateneo fiorentino Alessandra Petrucci, dal sindaco di Pistoia Alessandro Tomasi e dal presidente di Fondazione Caript Lorenzo Zogheri alla presenza di rappresentanti delle istituzioni e delle categorie economiche e sociali. «Abbiamo accolto con grande interesse la proposta di collaborazione formulata da Fondazione Caript e Comune di Pistoia – ha affermato la rettrice – l’accordo getta infatti le basi per sviluppare in città attività di ricerca, didattica, valorizzazione delle conoscenze e innovazione».


«Questa è una grande opportunità di crescita per il territorio – interviene il sindaco di Pistoia Alessandro Tomasi -, un motore di sviluppo economico e di innovazione sociale determinante per la nostra città ma anche per le aree vicine. Oggi concretizziamo l’avvio di un percorso che consentirà di portare a Pistoia corsi universitari nelle discipline agrarie ed ingegneristiche, garantendo così una complementarietà con il nostro tessuto produttivo. Quando ho iniziato a lavorare a questo progetto, trovando da subito l’unione di intenti e la collaborazione della Fondazione Caript, e poi l’intesa con l’Università degli Studi di Firenze a cui va il mio ringraziamento, l’obiettivo primario era quello di garantire al nostro territorio una prospettiva di sviluppo che necessariamente deve passare dalla ricerca e dall’innovazione e, al contempo, di arricchire il percorso di formazione universitario grazie alle peculiarità e alle competenze che si trovano qui a Pistoia. La giunta comunale ha dunque approvato il protocollo d’intesa tra Comune, Fondazione e Università convinta di poter intraprendere un percorso fruttuoso per la città e per tanti giovani che potranno studiare, formarsi e pensare ad una prospettiva occupazionale sul nostro territorio. Durante il corso di quest’anno, lavoreremo affinché questo progetto si concretizzi». «Questo progetto – ha sottolineato il presidente Zogheri – rappresenta uno dei punti qualificanti del Documento programmatico triennale della Fondazione, che indica come obiettivo strategico la nascita a Pistoia di un polo qualificato di formazione che sia hub d’innovazione, in raccordo con settori trainanti dell’economia locale. Essere una città universitaria, infatti, consente di fare un grande salto di qualità anche in termini di sviluppo del tessuto sociale e produttivo, a iniziare dai settori del vivaismo e dell’industria ferroviaria. Per Pistoia si tratta di una novità assoluta perché, diversamente dal passato, oggi stiamo parlando di interi ambiti di studio da trasferire in città in una nuova sede decentrata dell’Università di Firenze, con il conseguente coinvolgimento di giovani da tutta Italia».


Primo passo è la costituzione di un gruppo di lavoro per verificare la fattibilità del progetto, definendone contenuti, tempi e quadro delle risorse necessarie. L’insediamento universitario comprenderà attività didattiche e di ricerca, di trasferimento tecnologico e di trasformazione produttiva delle conoscenze. Tra gli ambiti di verifica i servizi agli studenti, docenti, ricercatori e le collaborazioni con il tessuto economico pistoiese. L’accordo nasce dall’esigenza dell’Ateneo di sviluppare la presenza di proprie strutture in contesti territoriali caratterizzati da produzioni legate agli ambiti didattici e scientifici, nonché dalla necessità di trovare una nuova sede per la Scuola di Agraria e per il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali.


Il Comune di Pistoia ha manifestato interesse ad accogliere sul territorio l’Università, impegnandosi a individuare una pluralità di opzioni relative agli insediamenti nell’ambito di una pianificazione urbanistica generale ed eventualmente immobili di sua proprietà. Fondazione Caript assicura il proprio supporto a tutto il percorso, anche mettendo a disposizione aree e immobili di proprietà, come quelli degli enti strumentali Uniser (fondazione dedicata a ricerca, innovazione e alta formazione) e Gea-Green Economy and Agriculture (società dedicata ai vari ambiti della transizione ecologica e alla cura del grande parco alle porte di Pistoia). Il gruppo di lavoro dovrà presentare i risultati dell’analisi di fattibilità entro la fine del 2024.

Violenze su un detenuto a Reggio Emilia, Nordio: provo sdegno e dolore

Violenze su un detenuto a Reggio Emilia, Nordio: provo sdegno e doloreMilano, 10 feb. (askanews) – “Provo sdegno e dolore, sono immagini indegne per uno Stato democratico. In attesa che la magistratura ricostruisca i fatti e accerti le responsabilità, voglio sottolineare come sia stata la stessa polizia penitenziaria a svolgere le indagini, su mandato della Procura. L’amministrazione penitenziaria tutta è la prima ad auspicare che si faccia luce fino in fondo sulla vicenda: siamo impegnati a garantire la legalità in ogni angolo di ogni istituto”. Lo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, in merito all’inchiesta di Reggio Emilia sul violento pestaggio subito lo scorso aprile da un detenuto di origine tunisino ad opera di appartenenti al corpo della Polizia Penitenziaria poi sottoposti a misure cautelari e rinviati a giudizio.

Sanremo, Didodato: brutti i fischi, ma non vedo questione meridionale

Sanremo, Didodato: brutti i fischi, ma non vedo questione meridionaleMilano, 10 feb. (askanews) – “Non la vedo come una questione meridionale, la gara era tra Angelina e Geolier, lei non è di Milano. Succede spesso che il pubblico in sala percepisca delle cose diversa da chi vede in televisione, però è brutto sentire dei fischi, ma non ci sono stati durante l’esibizione sul palco. E’ un modo per dire non mi sta bene questa classifica, lo si può dire in maniera più elegante ma non ci vedo nulla di antimeridionale” Diodato risponde così alla domanda sui fischi a Geolier.


“Sono venuto a Sanremo con l’intenzione di godermelo fino in fondo e di fotografare quello che sono diventato artisticamente e umanamente in questo momento. Spero che questa sorta di liberazione emotiva che inseguo da anni abbia toccato il culmine e sia arrivata a casa. La gente mi sta scrivendo cose da brivido. Tutte le sere prima di scendere mi sono detto: Goditela, prova a sentire tutto” ha detto il cantautore tarntino raccontando la sua nuova esperienza a Sanremo.

Giorno del ricordo, Meloni: chiediamo perdono per il silenzio sulle foibe

Giorno del ricordo, Meloni: chiediamo perdono per il silenzio sulle foibeRoma, 10 feb. (askanews) – “Siamo qui per ricordare gli innocenti trucidati e per chiedere ancora una volta perdono a nome delle istituzioni di questa Repubblica per il silenzio colpevole che per decenni ha avvolto le vicende del nostro confine orientale”. Giorgia Meloni oggi ha celebrato a Basovizza, per la seconda volta dopo la cerimonia di ieri al Quirinale, il Giorno del Ricordo. “Un atto dovuto”, spiega, “visto che non ci è mai venuto nessun presidente del consiglio”. Con la premier, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e altri esponenti del governo, il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga. “Sono qui per assumermi un impegno solenne: cioè fare la mia parte perchè venga trasmesso ai nostri figli quel ricordo che voi con la vostra tenacia, il vostro coraggio, il vostro orgoglio, ci avete consegnato e perchè i nostri figli a loro volta lo trasmettano ai nostri nipoti, affinchè la memoria di ciò che è accaduto, in barba a chi avrebbe voluto nasconderlo per sempre, non svanisca mai”.


Il governo, ha detto ancora, è qui “per rendere omaggio a tutti gli istriani, i giuliani, i dalmati che per rimanere italiani decisero di lasciare tutto per restare con l’unica cosa che i comunisti titini non potevano togliere loro e cioè l’identità, pagando un prezzo altissimo, decisero di essere italiani due volte per nasciata e per scelta”. Poi a Trieste la premier e la delegazione di governo visita il Treno del Ricordo che partirà domani e attraverserà l’Italia per portare la storia degli esuli in tutto il paese. L’iniziativa del “Treno del Ricordo” è pensata “non per riaprire le ferite del passato – spiega Meloni -, non per dividere ancora ma per chiudere un cerchio, per sanare quella vergogna e ricucire quel sentimento di solidarietà su cui ogni nazione si fonda”. Ricorre il ventennale dall’istituzione del Giorno del ricordo e la maggioranza di governo ha proposto in Parlamento una legge che rafforzi queste celebrazioni e le iniziative della memoria sulle foibe. Nascerà anche il Museo del Ricordo: “sorgerà a Roma, nella capitale d’Italia, perché questa storia non appartiene a una piccola parte di confine ma appartiene all’Italia intera e l’Italia intera deve avere l’occasione di dirvi grazie”. Da anni il partito della premier, FdI, propone di revocare l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce al Maresciallo Tito, (ricevuta nel 1969 dall’allora presidente della Repubblica Saragat”) in quanto responsabile della tragedia delle foibe, Meloni oggi ha ribadito di essere favorevole come pure Tajani: “Ma è il Parlamento che deve decidere”, ha concluso la premier.