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Ciclismo, SuperPogacar, vince Strade bianche nonostante la caduta

Ciclismo, SuperPogacar, vince Strade bianche nonostante la cadutaRoma, 8 mar. (askanews) – Tadej Pogacar ha vinto la sua terza Strade Bianche presentandosi sull’arrivo di Siena con 1’24” di vantaggio su Thomas Pidcock della Q36.5 Pro Cycling Team e quasi due nei confronti di Tim Wellens, belga, suo compagno alla UAE Team Emirates – XRG. Nella prima la prima corsa UCI WorldTour italiana dell’anno, lo sloveno ha effettuato un numero. Quando è scivolato in discesa a 50 chilometri dal traguardo ha fatto spaventare i tifosi ma poi li ha fatti gioire conquistando la vittoria in Piazza del Campo. Dopo una fuga di 10 uomini durata fino a 100 km dal traguardo poi, il plotoncino è stato selezionato e al comando sono rimasti in sei: Lewis Askey (Groupama – FDJ), Mark Donovan (Q36.5 Pro Cycling Team), Pepijn Reinderink (Soudal Quick-Step), Connor Swift (INEOS Grenadiers), Fabian Weiss (Tudor Pro Cycling Team) e Anders Foldager (Team Jayco AlUla) con alle spalle la UAE Emirates a tener controllata la corsa. La situazione in corsa è cambiata a settantasette chilometri dal traguardo quando, nel settore di Monte Sante Marie, Pidcock ha cambiato passo e Pogacar non si è fatto cogliere impreparato balzandogli subito sulle ruote. Il campione olimpico della MTB e l’iridato su strada hanno raggiunto prima la prima parte di fuggitivi per poi riportarsi anche su Swift che era al comando solitario. A 50 km dalla conclusione della Strade Bianche, l’episodio che non ti aspetti: Tadej Pogacar affronta una curva in discesam la ruota dietro gli parte e il campione del mondo finisce pesantemente a terra sull’asfalto. Una brutta botta, una strisciata sul bitume e il volo nel prato con atterraggio in mezzo ai rovi. Pidcock lo ha evitato abilmente, Swift invece ha sbagliato la traiettoria ed è stato costretto a mettere piede a terra. Pogacar si è rialzato prontamente – evidenti le sbuciature sulla parte sinistra del suo corpo – è risalito in bicicletta ma si è accorto subito che la sua Colnago aveva dei problemi, ha fatto chiari segni alla sua ammiraglia e all’ingresso del successivo tratto di sterrato l’ha cambiata per lanciarsi all’inseguimento di Pidcock, operazione portata a termine a 44 km dalla conclusione prima della cavalcata trionfale verso Siena

Unioncamere: Pmi in difficoltà e cresce peso aziende medio-grandi

Unioncamere: Pmi in difficoltà e cresce peso aziende medio-grandiRoma, 8 mar. (askanews) – Il modello di sviluppo italiano, basato sulla piccola impresa diffusa è in difficoltà. Le piccole imprese, che rappresentano numericamente la grande maggioranza del nostro sistema produttivo (97,4%) e più della metà dell’occupazione privata (53,8), tra hanno perso peso in termini di fatturato a vantaggio delle medie e grandi aziende. E’ quanto emerso nel corso della Conferenza nazionale delle Camere di commercio “Verso il futuro”, in corso a Brescia nell’ambito della fiera FuturaExpo.


Nel 2012, riporta un comunicato, le imprese con meno di 49 dipendenti producevano il 49% del fatturato mentre nel 2022 il valore era sceso al 42%. Dall’altra parte, le medie imprese pesavano per il 20% nel 2012 e per il 22% nel 2022, mentre le grandi imprese sono passate dal 32% al 37% (dati Censis/Istat). Questa dinamica suggerisce che il Paese si trovi all’interno di un processo di spostamento della produzione di valore dalle imprese più piccole a quelle più grandi. In questo nuovo scenario aumenta l’importanza del ruolo delle Camere di commercio che hanno nella platea delle piccole imprese il proprio riferimento principale.


“Le complessità di questa fase storica rischiano di penalizzare fortemente le Pmi del nostro Paese e richiedono perciò a tutte le istituzioni di moltiplicare gli sforzi”, sottolinea il presidente di Unioncamere, Andrea Prete. “Registriamo da diversi anni la difficoltà di reperire le figure professionali più qualificate. Questo colpisce in misura maggiore le imprese più piccole che fanno fatica ad attirare i talenti necessari. Inoltre, la tecnologia va veloce e per stare al passo occorrono investimenti crescenti che sono difficilmente sostenibili per le Pmi che non fanno parte di reti. Le Camere di commercio, che sono presenti su tutto il territorio nazionale, possono aiutare soprattutto le piccole imprese in questo momento di turbolenze internazionali”. (fonte immagine: Unioncamere).

SMSC 2025: una gara combattuta per conquistare un posto a Basilea

SMSC 2025: una gara combattuta per conquistare un posto a BasileaMilano, 8 mar. (askanews) – Il Titano si accende con il San Marino Song Contest 2025, il prestigioso evento musicale che selezionerà il rappresentante della Repubblica all’Eurovision Song Contest. Con la conduzione di Flora Canto e Francesco Facchinetti, la serata promette momenti di grande spettacolo, ospiti d’eccezione e, soprattutto, un’appassionante gara tra venti artisti in competizione. La serata si aprirà con la sigla grafica dell’Eurovisione e l’inno della Repubblica di San Marino, seguito da un’introduzione dei conduttori e dalla consegna del Premio alla Carriera ad Al Bano, che regalerà al pubblico una straordinaria esibizione interpretando “Il sole” e “La mia vita” accompagnato dal Maestro Alterisio Paoletti.


La gara: venti artisti sul palco La competizione entra subito nel vivo con le performance dei venti artisti in gara, ciascuno con la propria proposta musicale. • The Rumpled – You Get Me So High • Besa – Tiki Tiki • Angy Sciacqua – I • Haymara – Tomame Las Manos • CRL – Juliet • Elasi – Lorella • Silvia Salemi – Coralli • Giacomo Voli – Ave Maria • Teslenko – Storm • Vincenzo Capua – Sei Sempre Tu • Marco Carta – Solo Fantasia • Bianca Atzei – Testacoda • King Foo – The Edge of the World • Questo e Quello – Bella Balla • Pierdavide Carone – Mi Vuoi Sposare? • Gabry Ponte – Tutta l’Italia • Luisa Corna – Il Giorno Giusto • Boosta – BTW • Paco – Until The End • Taoma – NPC


Alla fine di ogni esibizione, ogni artista riceverà un francobollo commemorativo e un lingotto celebrativo. Il palco del San Marino Song Contest 2025 vedrà anche la partecipazione di ospiti illustri. Cristiano Malgioglio interverrà in più momenti della serata, con i suoi commenti e la sua inconfondibile ironia. Senhit, ex rappresentante di San Marino all’Eurovision, riceverà il Premio Ambassador e si esibirà con due brani. Grande attesa anche per l’esibizione de La Rappresentante di Lista, che porterà sul palco tre brani. Durante la serata ci sarà spazio anche per la solidarietà con la Fondazione Stelle di Marisa e il videomessaggio della Presidente Daniela Ferolla


Il gran finale: vincitori e premiazioni Dopo il riepilogo delle esibizioni e i commenti della giuria, si procederà alla lettura della classifica finale, partendo dalle posizioni, dalla ventesima fino ad arrivare ai primi tre classificati. Saranno assegnati anche il Premio della Critica, il Premio Una Voce per San Marino (con il main sponsor Risparmio Casa), il Premio Ludovico Di Meo, Premio Marlù. L’attesissimo momento della proclamazione del vincitore vedrà la consegna del primo premio da parte del Segretario di Stato Federico Pedini Amati. Subito dopo, l’artista vincitore avrà l’onore di riesibirsi sul palco, chiudendo la serata in grande stile. Una serata che non mancherà di regalare emozioni, in attesa di scoprire chi rappresenterà San Marino all’Eurovision Song Contest 2025 a Basilea!

Vino, Moscato d’Asti Docg: in discussione allargamento dei confini

Vino, Moscato d’Asti Docg: in discussione allargamento dei confiniMilano, 8 mar. (askanews) – “Una Denominazione fortemente radicata nella tradizione vitivinicola del Piemonte quella del Moscato d’Asti e Asti Docg, oggetto sovente di un’evoluzione enologica e di una rivalutazione commerciale, che non è seguita dal giusto rilancio del territorio. A questo proposito, il Comune di Asti ha proposto un allargamento dell’area e ha indetto lo scorso 4 marzo una riunione nella quale le maggiori Associazioni di categoria del mondo agricolo, tra cui Confagricoltura, hanno rappresentato le volontà degli oltre 4.000 produttori”. A dirlo è Confagricoltura Piemonte, che in una nota ricorda che nel 2014 l’Unesco ha dichiarato Patrimonio dell’Umanità un’area che comprende 51 Comuni tra le provincie di Alessandria, Asti e Cuneo, dove i vigneti seguono l’andamento naturale delle colline, quella del Monferrato con pendii più dolci, e quella delle Langhe caratterizzata da crinali lunghi e ripidi.


“Allevare in queste zone di produzione implica conoscere il territorio, il microclima e le potenzialità di una terra particolarmente calcarea, oltre al posizionamento sul mercato di questa varietà di vini” spiega Maurizio Montobbio, vicepresidente di Confagricoltura Piemonte, evidenziando “che il settore sta attraversando un periodo di crisi dovuto alla riduzione delle esportazioni e potrebbe risentirne ulteriormente a causa dei dazi imposti dall’Amministrazione Trump: prima di valutare l’inserimento di altri terreni, attendiamo di conoscere la reale portata della proposta e il parere dei produttori, veri protagonisti della scena”. Confagricoltura Piemonte ritiene inoltre indispensabile intraprendere una campagna di comunicazione che valorizzi le uve, le tipologie di vino attualmente commercializzate, l’areale e garantisca alle aziende una sostenibilità economica e agronomica.

Secondo The Telegraph 10mila soldati di Kiev a rischio accerchiamento in Kursk

Secondo The Telegraph 10mila soldati di Kiev a rischio accerchiamento in KurskRoma, 8 mar. (askanews) – Le forze russe impegnate nella riconquista dell’oblast di Kursk sono riuscite a sfondare le difese ucraine sul fianco occidentale della zona occupata, penetrando nell’oblast di Sumy e a sud di Soudza. Lo scrive il britannico The Telegraph,citando un sottufficiale che avrebbe contattato telefonicamente. Il quotidiano aggiunge che 10.000 soldati ucraini rischiano ora l’accerchiamento e il loro stato maggiore sta valutando la loro evacuazione.


“Le truppe rimanenti vicino al confine russo sono collegate da un corridoio lungo circa un chilometro e largo meno di 500 metri nel punto più stretto. L’unica strada ucraina per Sudza è ora nel raggio d’azione dei droni russi, il che complica gli sforzi per mantenere l’area e ritirarsi se necessario”, sottolinea, aggiungendo che la svolta russa è avvenuta poco dopo che gli Stati Uniti hanno interrotto la condivisione dell’intelligence con l’Ucraina.

Ue, sala conferenze stampa Italia inutilizzata, rischia “esproprio”?

Ue, sala conferenze stampa Italia inutilizzata, rischia “esproprio”?Roma, 8 mar. (askanews) – C’è una sala, nell’Europa Building, che resta sempre desolatamente vuota. E’ la sala dell’Italia, quella in cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni potrebbe tenere le sue conferenze stampa a margine dei summit europei. Uno spazio di ampie dimensioni, con sedie, tavoli e prese elettriche. Perfetto per lavorare, insomma. Ma fino a questo momento Meloni l’ha usata solo una volta: il 10 febbraio 2023. In quell’occasione tenne la conferenza nella sala all’indomani della chiusura dei lavori e non il giorno stesso. Provocando, si racconta, qualche malumore nei funzionari del Consiglio europeo che dovettero rientrare al lavoro per allestire la stanza.


Da allora la porta della sala è rimasta sempre chiusa. Al più la premier si ferma per un “doorstep” (ma questo non è accaduto negli ultimi due summit su tre) nel cosiddetto passaggio alla Lanterna, con giornalisti e operatori accalcati in quella che in gergo viene chiamata “tonnara”, senza possibilità di prendere appunti e con poche chance di porre domande. Il bello è che per ottenere quella sala il governo italiano (all’epoca presieduto da Giuseppe Conte) aveva lottato. Sono solo tre, infatti, le grandi sale per conferenze stampa disponibili nel palazzo. Prima erano assegnate ai “big” Francia, Germania e Regno Unito. Dopo la Brexit il governo italiano aveva chiesto per sé quello spazio, che è considerato anche un segno di “status”. Una volta ottenuto, era stato inizialmente utilizzato ben poco a causa del Covid. Mario Draghi, invece, usava la sala regolarmente, come del resto fanno ancora oggi nei rispettivi spazi il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz che ben di rado saltano un appuntamento con la stampa seduta e in grado di lavorare adeguatamente.


Visto lo stato di disuso della sala italiana, al Consiglio europeo qualcuno inizia a chiedersi se non sia possibile lasciarla libera, magari mettendola a disposizione di qualche altro Paese membro di primo piano (la Spagna?) che oggi deve utilizzare spazi ben più piccoli. Al momento, secondo quanto si apprende, una richiesta del genere non è stata ancora avanzata, ma se la situazione non cambiasse – è il mood che si percepisce nei corridoi dell’Europa Building (il palazzo del Consiglio, non la newsletter, ndr) – potrebbe arrivare il momento dell’”esproprio”. Di Alberto Ferrarese e Lorenzo Consoli

Arriva il “vero” modello Ue dei centri di rimpatrio nei paesi terzi

Arriva il “vero” modello Ue dei centri di rimpatrio nei paesi terziRoma, 8 mar. (askanews) – Martedì 11 marzo, a Strasburgo, la Commissione europea presenterà la sua attesa proposta legislativa sul rimpatrio dei migranti irregolari a cui è stata rifiutata la domanda di asilo in uno Stato membro dell’Ue. Lo ha confermato il 5 marzo scorso a Bruxelles il Commissario per gli Affari interni e le Migrazioni, Magnus Brunner, durante la conferenza stampa al termine di una riunione del Consiglio Giustizia dell’Ue.


Brunner ha aggiunto, ed è qui la notizia, che la Commissione presenterà presto, sebbene non ancora martedì ma comunque prima di giugno, anche la lista europea dei “paesi di origine sicuri” e la revisione dei criteri per la definizione dei “paesi terzi sicuri”, affinché possano esservi inviati i migranti in attesa di rimpatrio. Questa revisione del concetto di “paese terzo sicuro”, con la proposta, “se del caso, di eventuali modifiche mirate”, è prevista dal nuovo regolamento Ue sulla procedura d’asilo, che fa parte Patto sull’immigrazione approvato nel maggio 2024 e che entrerà in vigore dal giugno 2026, con una precisa scadenza “entro il 12 giugno 2025”. A quanto riferiscono altre fonti comunitarie, la proposta potrebbe arrivare già durante il mese di marzo.


Non si sa ancora, invece, quando sarà presentata la nuova lista che elencherà uno per uno i “paesi terzi sicuri”, sulla base dei nuovi criteri. Al contrario degli altri due casi menzionati, per la pubblicazione di quest’ultima lista la legislazione Ue in vigore non prevede alcuna scadenza, hanno puntualizzato le fonti. Riguardo al testo legislativo sui rimpatri che sarà presentato martedì, è pressoché certo che si tratterà di una proposta di regolamento invece che di una proposta di direttiva. La differenza sta nel fatto che il regolamento è applicabile direttamente e immediatamente negli Stati membri, mentre la direttiva deve essere recepita nell’ordinamento giuridico nazionale di ogni paese Ue con una legge specifica che garantisca il rispetto degli obiettivi indicati.


La legislazione sui rimpatri attualmente in vigore è basata su una direttiva del 2008, che si era cercato di aggiornare e modificare in modo mirato con un’altra proposta di direttiva presentata dalla Commissione nel 2018, per rispondere ai numerosi problemi che si sono verificati riguardo alla sua attuazione poco efficace, sia a causa di lacune nel testo, sia perché gli Stati membri non sempre l’hanno recepita correttamente (Belgio, Germania, Spagna e Grecia sono state oggetto di procedure comunitarie d’infrazione per questo), oppure l’hanno applicata un modo incoerente e non coordinato. Questa considerazione vale, in particolare per quanto riguarda quali cittadini, di quali paesi terzi debbano essere rimpatriati, le modalità di rimpatrio, il riconoscimento reciproco delle decisioni sulle domande d’asilo prese da ciascuna giurisdizione nazionale (ciò che consente il fenomeno dei “movimento secondari” dei migranti all’interno dell’Ue, con il tentativo di ripresentare in altri paesi la domanda d’asilo già respinta nel paese di primo arrivo). Inoltre, i dati mostrano che solo un migrante su quattro (o in certi anni su cinque) di quelli a cui è stata respinta la domanda d’asilo sono poi effettivamente rimpatriati; gli altri, restano sul territorio dell’Ue, spesso in condizioni di illegalità e di estrema precarietà.


La proposta di modifica del 2018, che prevedeva una “rifusione” della direttiva rimpatri, è rimasta bloccata dal giugno 2019 nei negoziati legislativi in Parlamento europeo. Inoltre, il Patto sull’immigrazione e l’asilo adottato a maggio 2024, ha introdotto una nuova procedura di “rimpatrio alla frontiera”, applicabile ai cittadini di paesi terzi a cui è stata respinta la domanda di asilo, e l’obbligo per gli Stati membri di emettere una decisione “comune o congiunta” per il rigetto di una domanda di asilo e il rimpatrio. Il Consiglio europeo, nelle sue conclusioni dell’ottobre 2024, ha chiesto alla Commissione di sottoporre urgentemente una nuova proposta legislativa. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha risposto con l’annuncio del ritiro del testo del 2018, e della presentazione di un “nuovo approccio” sui rimpatri, previsto per il mese di marzo 2025. La nuova proposta di regolamento che sarà presentata l’11 marzo dovrebbe finalmente esplicitare le cosiddette “soluzioni innovative” di cui si parla ormai da un paio d’anni nel dibattito politico europeo sull’immigrazione, chiarendo il concetto e stabilendo la definizione dei “centri di rimpatri” (“return hubs”) in paesi terzi, nei quali poter inviare i migranti irregolari a cui è stata respinta la domanda di protezione internazionale. E c’è da aspettarsi che non mancheranno le polemiche su questa “esternalizzazione” della gestione dei migranti irregolari e sulla loro “deportazione” al di fuori dell’Ue. “Non è accettabile che oggi nei paesi Ue solo uno su cinque migranti irregolari che dovrebbero essere rimpatriati lo siano poi effettivamente. In termini generali – ha affermato Brunner – quando a delle persone che non hanno il diritto di rimanere si permette di restare nell’Ue, l’intero sistema dell’asilo viene minato. Bisogna agire secondo le regole, altrimenti – ha avvertito – si rischia anche di erodere il sostegno pubblico per una società aperta e tollerante”. Il commissario ha poi anticipato che il nuovo regolamento sui rimpatri imporrà tra l’altro, obblighi precisi di cooperazione con le autorità competenti ai migranti in attesa di rimpatrio, con “conseguenze” previste nel caso in cui non rispettino questi obblighi; vi saranno poi regole più rigorose per le persone che rappresentano rischi per la sicurezza, una semplificazione delle procedure per i rimpatri, e infine un rafforzamento del riconoscimento reciproco tra i paesi Ue delle decisioni prese riguardo alle domande d’asilo. Infine, una considerazione sul protocollo Italia-Albania. E’ chiaro che non si tratta affatto di un “modello” precursore per la nuova legislazione Ue, ma di un caso fondamentalmente diverso di esternalizzazione, riguardante l’elaborazione extraterritoriale delle domande di asilo. Nei centri in Albania dovevano essere trasferiti i migranti irregolari adulti salvati in mare, fuori dalle acque territoriali italiane, per esaminare le loro richieste di asilo. Tuttavia, a causa di ripetute contestazioni nei tribunali italiani, il Protocollo non è mai stato attuato davvero. A differenza dei centri istituiti dal Protocollo in Albania, gli “hub di rimpatrio” definiti e previsti dalla nuova proposta della Commissione dovrebbero ospitare cittadini di paesi terzi che hanno già subito una decisione di rigetto della richiesta d’asilo e sono quindi in attesa di rimpatrio. Ma nulla vieta, ovviamente, di modificare il Protocollo e adattarlo al nuovo “modello europeo” che sarà presentato l’11 marzo a Strasburgo. Di Lorenzo Consoli e Alberto Ferrarese

Ucraina, Italia a vertice militare “volenterosi” (ma solo da osservatore)

Ucraina, Italia a vertice militare “volenterosi” (ma solo da osservatore)Roma, 8 mar. (askanews) – Non sganciarsi dal treno dei “volenterosi” organizzato da Emmanuel Macron e Keir Starmer ma senza al momento impegnarsi direttamente. E’ questa – secondo quanto si apprende – la posizione ‘attendista’ decisa dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, in vista della riunione convocata a Parigi il prossimo 11 marzo. Ad annunciare l’incontro, a margine del Consiglio europeo straordinario del 6 marzo, è stato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.


Si tratta di una riunione a livello di vertici militari ma che segna un cambio di passo: dopo le dichiarazioni di principio dei leader, si entra nel vivo nell’organizzazione di una forza europea che potrebbe essere schierata ‘boots on the ground’ in Ucraina per garantire un eventuale cessate il fuoco. Si incontreranno, ha spiegato Zelensky, “i rappresentanti militari dei Paesi che sono pronti a compiere sforzi maggiori per garantire in modo affidabile la sicurezza nel quadro della fine della guerra”. Dunque non l’Italia che, come ha detto più volte la premier, è contraria all’invio di truppe di peace-keeping senza il cappello dell’Onu o quantomeno della Nato. “Sono molto perplessa, la considero una soluzione molto complessa e la meno efficace. Una pace giusta ha bisogno di garanzie di sicurezza certe che stanno sempre nell’alveo della Nato. E ho escluso che possano essere inviati soldati italiani”, ha ripetuto la presidente al summit di Bruxelles.


Del resto Meloni è consapevole che con il “no” annunciato (e sbandierato) della Lega, in Parlamento molto difficilmente potrebbe avere una maggioranza favorevole all’eventuale missione, anche nel caso di qualche ‘aiuto’ da parte di alcune forze di opposizione. Allo stesso tempo, tirarsi fuori completamente dall’iniziativa Macron-Starmer rischierebbe di isolare Roma nell’attuale scenario internazionale. Quindi meglio una soluzione all”italiana’: andiamo sì, ma per osservare. Di Alberto Ferrarese e Lorenzo Consoli

Criptovalute e stablecoin, altro scontro in vista fra Trump e l’Ue

Criptovalute e stablecoin, altro scontro in vista fra Trump e l’UeRoma, 8 mar. (askanews) – Le preoccupazioni europee per la raffica di ordini esecutivi sventagliata dal presidente americano Donald Trump e per le sue dichiarazioni incendiarie nell’ultimo mese e mezzo, da quanto ha inaugurato il suo secondo mandato, non si limitano alla politica estera, alle posizioni sull’Ucraina e sulla Russia, al settore della Difesa, e alle minacce sul commercio internazionale e nel settore digitale, ma riguardano anche la stabilità e la sovranità dell’euro e il controllo dei sistemi di pagamento nell’Eurozona, che potrebbero essere messi a rischio, in particolare, mediante l’uso delle criptovalute come strumento per imporre gli interessi americani e l’influenza del dollaro in Europa.


L’Eurogruppo di lunedì 10 marzo ha in agenda tra l’altro, in una sessione in formato allargato (ovvero in presenza di tutti i ministri finanziari dell’Ue, e non solo di quelli dell’Eurozona), una discussione proprio su questo punto, sugli ‘Sviluppi nelle attività e nei mercati delle criptovalute e le loro implicazioni per l’Eurozona e l’economia europea’. Le criptovalute sono valute digitali (per usarle basta una app sullo smartphone) che usano la crittografia per proteggere le transazioni, ovvero che sono visibili e utilizzabili solo conoscendo un determinato codice informatico. In assenza di un quadro giuridico preciso e di obblighi di trasparenza, queste valute elettroniche possono essere emesse da chiunque, e utilizzate da qualunque intermediario, senza alcuna autorizzazione. Questo, come spiega sul suo sito la Consob, comporta una serie di notevoli rischi per i consumatori e gli investitori e non consente un’efficace tutela legale e contrattuale degli interessi degli utenti, esposti al rischio di ‘ingenti perdite economiche, ad esempio in caso di condotte fraudolente, fallimento o cessazione di attività delle piattaforme on-line di scambio presso cui vengono custoditi i portafogli digitali personali’. Inoltre, le criptovalute potrebbero essere utilizzate per il riciclaggio di denaro sporco e per altre attività illegali.


Gli sviluppi in questo settore sono diventati ‘un argomento di grande attualità’ per l’Europa dopo che ‘la nuova amministrazione statunitense ha adottato un atteggiamento molto diverso rispetto alla precedente per quanto le riguarda. Una posizione molto, molto pro-criptovalute’, hanno affermato venerdì scorso a Bruxelles fonti Ue qualificate. Le fonti hanno ricordato l’ordine esecutivo emesso dal presidente Trump il 23 gennaio scorso, dal titolo ‘Rafforzare la leadership americana nella tecnologia finanziaria digitale’, che delineava l’obiettivo di ‘promuovere e proteggere la sovranità del dollaro statunitense, anche attraverso azioni volte a promuovere lo sviluppo e la crescita di ‘stablecoin’ legali e legittimi basati sul dollaro in tutto il mondo’.


Le stablecoin sono criptovalute il cui valore è ancorato a un asset stabile, come un deposito in una valuta corrente nazionale (sottostante valutario) oppure dei beni o delle materie prime come l’oro. Questo le rende molto meno volatili, più stabili, come indica il nome, rispetto agli altri tipi di criptovalute. Mentre l’Ue sta cercando di regolamentare e mettere sotto controllo le criptovalute, ed è la prima grande giurisdizione al mondo ad aver già approvato un quadro normativo completo in questo senso, con il regolamento Mica (‘Markets in Crypto-Assets’) che è entrato in vigore il 30 dicembre 2024; e mentre si attende l’approvazione di un’altra normativa, quella per ‘l’Euro digitale’ che sarebbe garantito dalle banche centrali, con valore nominale costante e corso legale, e che costituirebbe un’alternativa alle criptovalute, l’America di Trump sta andando nel senso diametralmente opposto, quello di una radicale deregolamentazione.


L’ordine esecutivo del 23 gennaio, infatti, non solo ha revocato un ordine della precedente Amministrazione Biden, del 9 marzo 2022, che mirava ad ‘assicurare uno sviluppo responsabile degli asset digitali’, ma ha anche proibito ‘l’istituzione, l’emissione, la circolazione e l’uso di valute digitali delle banche centrali all’interno della giurisdizione degli Stati Uniti’. E questo al fine di ‘proteggere gli americani dai rischi delle valute digitali delle banche centrali’, che secondo Trump ‘minacciano la stabilità del sistema finanziario, la privacy individuale e la sovranità degli Stati Uniti’. Questa decisione americana, hanno spiegato le fonti Ue, ‘è ovviamente rilevante per noi, rilevante per il nostro panorama dei pagamenti’. Quindi, durante la discussione dell’Eurogruppo, ‘la Commissione e la Banca centrale europea forniranno una panoramica degli sviluppi dei mercati delle criptovalute ed esprimeranno la loro opinione su come i piani statunitensi potrebbero influenzarci; e ovviamente – hanno sottolineato le fonti – vogliamo evitare che tali iniziative abbiano conseguenze negative sulla nostra sovranità monetaria, sulla nostra autonomia strategica, sulla nostra stabilità finanziaria’. ‘Abbiamo una legislazione in vigore per questo: abbiamo il regolamento Mica, approvato nel 2023, ma che ha iniziato a essere applicato pienamente solo alla fine dell’anno scorso’. Questo regolamento ‘pone l’Ue in prima linea nella chiarezza normativa sulle criptovalute. Ma dobbiamo monitorare gli sviluppi’ dopo la nuova decisione dell’Amministrazione Usa, ‘ed essere certi che ciò che abbiamo in quel regolamento sia all’altezza del compito e fornisca adeguate garanzie’, hanno avvertito le fonti Ue, secondo cui l’aspettativa ‘è che la Bce faccia presente che questi piani degli Stati Uniti sono un altro motivo per cui dovremmo andare avanti con il progetto dell’Euro digitale’, che è fermo da due anni, ‘e gettare le basi per un adeguato sistema di pagamento europeo’. Un punto, questo, che ‘probabilmente verrà ripreso da molti ministri’. A una nostra richiesta di fornire maggiori dettagli su quale sia il pericolo per l’Eurozona e per la stabilità dell’euro, le fonti hanno risposto: ‘Questo è uno scenario in cui bisogna scegliere attentamente le parole. Ma se c’è una cosa che abbiamo imparato nell’ultimo mese e mezzo, è che la nuova Amministrazione a Washington è pronta a usare tutte le leve che ha nei negoziati per fare pressione sugli altri paesi, quando ritiene che sia nell’interesse americano. Quindi, bisogna considerare con attenzione se sia prudente consentire che certe parti della nostra economia facciano affidamento su strutture che sono intrinsecamente americane e controllate dagli Stati Uniti’, e valutare ‘dove vi sia un rischio di una ulteriore influenza (da parte americana, ndr) tale da indurci a voler garantire sovranità e una forma di sicurezza attraverso soluzioni europee’. Rimane la domanda: qual è ‘l’interesse americano’ che le criptovalute servirebbero a scapito degli interessi europei e della sovranità dell’euro? Una risposta interessante si trova in un articolo di Federico Fubini sul Corriere della sera del 17 febbraio scorso (‘Trump e il complotto contro l’Europa: le due strategie per dare l’assalto all’euro’), che avevamo già citato in questa newsletter. A uno stablecoin basato sul dollaro, spiega Fubini, corrispondono depositi in dollari gestiti dall’emittente, e ‘questi depositi vengono investiti quasi tutti in titoli del Tesoro americano’. Aumentare il loro uso ‘in tutto il mondo’, Europa compresa (che come abbiamo visto è uno degli obiettivi dell’ordine esecutivo di Trump), ‘significa dunque aumentare i depositi in dollari’, che vanno a finanziare il debito americano, ‘a scapito dei depositi in altre valute (incluso l’euro)’. A conferma di questa tesi, viene riportata una dichiarazione del 4 febbraio dello ‘special advisor’ dell’Amministrazione Trump per le criptovalute, David Sacks: ‘Gli stablecoin hanno il potenziale di assicurare che il dominio internazionale del dollaro americano aumenti e di creare potenzialmente migliaia di miliardi di dollari di domanda per i titoli di Stato americani’. Più chiaro di così… NOTA * Il regolamento Mica copre gli emittenti di criptovalute non garantite e i cosiddetti ‘stablecoin’, nonché le sedi di negoziazione e i portafogli in cui sono detenute le criptovalute. In base alla regolamentazione, i fornitori di servizi di criptovalute necessitano di un’autorizzazione per operare nell’Ue, devono rispettare rigidi requisiti per proteggere i portafogli dei consumatori e saranno ritenuti responsabili se perdono le criptovalute degli investitori. L’Autorità bancaria europea (Eba) manterrà un registro pubblico dei fornitori di servizi di criptovalute non conformi. Di Lorenzo Consoli e Alberto Ferrarese

Usa, Bessent: usereno stablecoin per mantenere ruolo dominante dollaro

Usa, Bessent: usereno stablecoin per mantenere ruolo dominante dollaroRoma, 8 mar. (askanews) – Gli Stati Uniti intendono utilizzare le Stablecoin per preservare il ruolo dominante del dollaro quale riserva valutaria globale. Lo ha affermato il segretario di Stato al Tesoro Usa, Scott Bessent durante il primo vertice sugli asset digitali che si è svolto ieri alla Casa Bianca, alla presenza del presidente Donald Trump e di diversi esponenti dell’industria delle “criptovalute”.


“Lavoreremo molto sul regime delle Stablecoin e, come ha ordinato il presidente Trump, manterremo il ruolo dominante degli Stati Uniti sulle riserve valutarie globali. E per farlo utilizzeremo le Stablecoin”, ha affermato durante la sessione trasmessa pubblicamente della riunione. Le Stablecoin sono criptoasset agganciati ad un altro attivo sottostante, come può essere l’oro o – specificatamente nel caso di quanto intende fare l’amministrazione Usa – il dollaro, tramite ad esempio titolo pubblici. In questo modo puntano ad ottenere stabilità sul valore, evitando le marcate fluttuazioni e la volatilità tipiche delle criptovalute (il termine stesso “valute” su questi prodotti viene contestato da alcuni, specialmente dai banchieri centrali in Europa).


Il numero uno del Tesoro Usa ha aggiunto che sempre in base agli ordini di Trump verrà stabilita una riserva pubblica di Bitcoin. E che in generale “metteremo fine alla guerra regolamentare contro gli asset digitali”. (fonte immagine: The White House).