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Recupero uso braccio dopo ictus, l’esperto: bene studio ma non risolutivo

Recupero uso braccio dopo ictus, l’esperto: bene studio ma non risolutivoRoma, 21 feb. (askanews) – “Lo studio sperimentale condotto dall’Università di Pittsburgh, dalla Carnegie Mellon University e da UPMC (University Pittsburgh Medical Center) e pubblicato su Nature Medicine che indica la possibilità di migliorare in modo significativo il movimento e il controllo (oltre che la forza) del braccio e della mano laddove un precedente ictus abbia prodotto una paralisi parziale (paresi), è di grandissimo interesse scientifico e porta con sé notevolissime implicazioni applicative”, però “non può considerarsi la soluzione definitiva al problema”. Lo spiega Paolo Maria Rossini Paolo Maria Rossini, Responsabile del Dipartimento di Neuroscienze e Neuroriabilitazione dell’IRCCS San Raffaele Roma. In Italia il numero di persone che soffre di un ictus ogni anno sfiora le circa 200.000 unità, di queste oltre la metà soffrirà per il resto della vita dei reliquati neurologici (per lo più emiparesi e disturbi del linguaggio) che permangono dopo l’evento acuto. Questo numero va ovviamente a sommarsi anno dopo anno a quelli degli anni precedenti con un notevolissimo costo per il SSN e i servizi sociali oltre che a un pesante aggravio famigliare e personale in tutte le sfere del vivere quotidiano, incluse quelle professionali, affettive e di relazioni sociali. “Motivi per cui”, spiega Rossini, “il tema proposto da questo studio è di grandissimo impatto e interesse generale. La proposta degli autori americani (coordinati però da un ricercatore italiano da anni trasferitosi nella sede di Pittsburgh, il Prof. Capogrosso) è stata quella di inserire chirurgicamente una piastrina contenente una serie di ‘contatti’ (punti da cui si può far passare la corrente elettrica) direttamente addossata al midollo cervicale e alle relative radici spinali (in particolare quelle posteriori che convogliano impulsi sensoriali sulle cellule di origine delle fibre nervose che propagano impulsi/comandi ai muscoli del braccio e della mano attraverso i nervi periferici che dal midollo e dal plesso brachiale si propagano a tutto l’arto superiore). La tipologia di pazienti che è stata selezionata appartiene a quel gruppo di soggetti che pur avendo sofferto di un ictus riescono ancora a produrre un minimo controllo volontario dei muscoli parzialmente paralizzati. Questo minimo controllo può avvenire grazie al fatto che del contingente di fibre nervose, proveniente dai centri del cervello che programmano il movimento, scende lungo il midollo cervicale e va a innervare le cellule di origine delle fibre motorie sopra citate. Ricordo che nel soggetto sano, esiste un robusto fascio di fibre (circa 1 milione) denominato via piramidale o cortico-spinale, che convoglia i comandi motori alle ‘centraline’ del midollo (cervicale, dorsale e lombo-sacrale) per il controllo di tutta la muscolatura non solo degli arti, ma anche del respiro, dei visceri e dell’apparato genito-urinario. Ammettiamo quindi che solo il 10-20% di fibre del fascio piramidale siano sopravvissute all’insulto vascolare dell’ictus. In questo caso l’impulso/comando motorio prodotto dal cervello viene propagato lungo il contingente di fibre della via piramidale che è sopravvissuto all’ictus, ma l’intensità di tale impulso/comando è talmente debole da non riuscire ad attivare un numero sufficiente di cellule nel midollo cervicale e quindi, in ultima analisi, non è sufficiente a produrre il movimento richiesto e programmato dal comando motorio. Le piastrine inserite addosso al midollo cervicale (a loro volta collegate a uno stimolatore che produce impulsi elettrici con caratteristiche programmabili) sarebbero in grado di aumentare la eccitabilità/recettività delle cellule midollari motorie che quindi sarebbero pronte a rispondere anche a un impulso/comando molto debole, producendo un movimento e una forza utili a raggiungere la finalità dell’atto motorio voluto dal paziente (es. tenere una penna per scrivere, afferrare un bicchiere o una posata e sollevare braccio e mano per portarli alla bocca)”. Lo studio, “di grandissimo interesse scientifico che porta con sé notevolissime implicazioni applicative non può però per i motivi sopra descritti considerarsi la soluzione definitiva al problema secondo il neurologo perché “si basa su di un approccio invasivo (con una chirurgia di primo livello) con una metodica generale dai costi molto elevati; difficile, quindi, pensare a una sua diffusione generalizzata in particolare per soggetti (quelli colpiti da ictus sono per lo più anziani e affetti da pluripatologia) particolarmente fragili. Tuttavia, i risultati di questo tipo di approccio fanno ben sperare su quanto si potrà ottenere da analoghe ipotesi di lavoro che utilizzano (anche nel nostro Istituto di Ricerca sono in corso studi di questo tipo) stimoli elettrici a bassa intensità veicolati tramite elettrodi di superficie applicati sul collo a livello della colonna cervicale. Il tempo ci dirà se questo tipo di approccio si potrà aggiungere con efficacia all’armamentario riabilitativo e di supporto per la migliore cura dei pazienti colpiti da ictus”.

Me.Mo. 2023, al via progetto mobilità sociale di Scuola Sant’Anna

Me.Mo. 2023, al via progetto mobilità sociale di Scuola Sant’AnnaRoma, 21 feb. (askanews) – Pronta alla partenza l’edizione 2023 di Me.Mo. (Merito e Mobilità sociale), il progetto di orientamento e di mobilità sociale della Scuola Superiore Sant’Anna che accompagna ogni anno 360 studentesse e studenti di merito provenienti da contesti socio-economici fragili nella scelta universitaria.
L’evento di apertura è in programma per giovedì 23 febbraio, dalle ore 16.30, in modalità online, ed è intitolato “A tutti coloro che amano le isole o che sono, essi stessi, un’isola”, riprendendo l’incipit del libro “Una barca nel Bosco” di Paola Mastrocola, ospite dell’iniziativa. L’autrice – informa la Sant’Anna – interviene per parlare delle sue scelte ed esperienze, sollecitando le studentesse e gli studenti a pensare il loro futuro senza schemi e forzature, per “sovvertire tutti gli insopportabili luoghi comuni”.
Sono previsti i saluti di Nicola Vitiello, docente di Bioingegneria industriale della Scuola Superiore Sant’Anna e delegato in materia di merito e mobilità sociale, l’intervento di Sara Barsanti, coordinatrice del progetto, e la presentazione dei tutor.
La partenza del progetto permette alle vincitrici e ai vincitori (360 tra ragazze e ragazzi, provenienti dalle classi quarte superiori di tutta Italia, con genitori non laureati) di conoscersi e iniziare a interagire con i propri tutor, ovvero allieve e allievi della Scuola Superiore Sant’Anna, della Scuola Normale Superiore e dei Collegi Universitari di Merito, che li seguiranno nel percorso durante i prossimi mesi.
Me.Mo. si prefigge di incidere su eventuali barriere socio-culturali, economiche e personali dando la possibilità alle candidate e ai candidati selezionati tra oltre 860 domande di acquisire consapevolezza nella scelta universitaria, attraverso lezioni, incontri di discussione, tavole rotonde, simulazioni di test per l’ammissione agli studi universitari e percorsi di mentoring personalizzati.

Procedure elettrofisiologiche: all’IcCS la prima sala in Italia

Procedure elettrofisiologiche: all’IcCS la prima sala in ItaliaMilano, 21 feb. (askanews) – Inaugurata a Milano, all’Istituto Clinico Città Studì la prima sala operatoria in Italia – dedicata alle procedure elettrofisiologiche – dotata del catetere per il mappaggio ad alta definizione delle malattie cardiache e del catetere ablatore con modalità di erogazione ad alta potenza e breve durata (quattro secondi). Si tratta di una rilevante innovazione tecnologica che permette di ridurre del 50% i tempi della procedura operatoria.
Il primo intervento è stato eseguito dal dottore Giuseppe Augello e dalla sua equipe. L’operazione, mirata alla cura di un caso di fibrillazione atriale ad alta frequenza non responsiva alla terapia farmacologica, ha permesso di mappare in maniera estremamente precisa la camera cardiaca e di applicare in circa 15 minuti l’energia necessaria al fine di eliminare le regioni anomale.
La fibrillazione atriale è una delle tre patologie cardiovascolari più frequenti e di maggior impatto sulla mortalità. Il trattamento farmacologico spesso si rivela inefficace o anche affetto da importanti effetti collaterali. L’ablazione transcatetere si configura in questo come una valida alternativa e rappresenta il trattamento di scelta in molti casi. Si tratta di un intervento mini-invasivo che consente di identificare le anomalie cardiache sottese alla fibrillazione stessa e di eliminarle mediante piccole applicazioni di energia termica.
In questo contesto la tecnologia si configura come una risorsa sempre più importante non solo per il mappaggio delle regioni cardiache anomale ma anche per l’applicazione sicura ed efficace di energia termica da tessuto anomalo. Prima struttura in Italia, l’istituto Clinico Città Studi ha deciso di dotarsi di due dispositivi frutto della migliore innovazione in campo tecnologico: un “catetere multipolare” (32 poli) per il mappaggio ad alta definizione delle aritmie cardiache che permette una ricostruzione anatomica estremamente accurata in aggiunta ad una registrazione dei segnali elettrici di alta qualità, aumentando quindi l’efficienza della procedura; e un “Catetere ablatore ad alta potenza e sensore di pressione”, che con una innovativa modalità di erogazione ad alta potenza e breve durata – solo 4 secondi – permette di ridurre notevolmente i tempi di ablazione garantendo allo stesso tempo un elevato profilo di sicurezza e di efficacia dell’ablazione stessa.
(Nella foto: il dottore Giuseppe Augello, terzo da sinistra, e la sua equipe)

A UniPa i delegati di 9 atenei europei per il progetto Forthem

A UniPa i delegati di 9 atenei europei per il progetto ForthemRoma, 21 feb. (askanews) – Sono partiti nella Sala Magna dello Steri, sede del Rettorato dell’Università di Palermo, i lavori del progetto FORTHEM rifinanziato per ulteriori 4 anni, estendibili a 6, nell’ambito del programma Erasmus+ con una dotazione di oltre 14 milioni di euro. Il meeting, che si svolgerà sino a giovedì 23 febbraio alla presenza di oltre 100 delegati di nove Università europee, coinvolge la governance, il corpo docente, gli uffici relazioni internazionali dell’università e la rappresentanza studentesca di UniPa e degli altri Atenei partner.
FORTHEM – informa UniPa – punta a mettere insieme le competenze del consorzio per costituire un mega Ateneo Europeo. Oltre a Palermo, le università che costituiscono FORTHEM hanno sede a Dijon (Francia), Valencia (Spagna), Mainz (Germania), Riga (Lettonia), Opole (Polonia), Jyvaskyla (Finlandia), Adger (Norvegia) e Sibiu (Romania). L’azione “European Universities” è stata lanciata dalla Commissione Europea nel 2019 con l’obiettivo di formare studenti e cittadini autenticamente europei, multilingue e culturalmente aperti al mondo. I progetti di “European Universities” solitamente coinvolgono non soltanto le università ma anche stakeholder esterni, imprese, autorità governative, scuole e cittadini, puntando a una riforma complessiva del sistema di “higher education” che sia più rispondente alle attuali esigenze della UE.
A dare il kick-off del progetto il Rettore dell’Università di Palermo, Massimo Midiri, che commenta: “UniPa è stato il primo Ateneo del Sud Italia a far parte di una grande Alleanza Europea. Siamo particolarmente orgogliosi di ospitare il meeting di avvio del nuovo progetto FORTHEM in una settimana particolarmente importante per la nostra connotazione di Università moderna, aperta al mondo, sempre più europea, che culminerà con la cerimonia di inaugurazione dell’Anno Accademico alla presenza della Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, del Presidente della Repubblica e del Ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini”.
“È un’occasione unica per rendere la nostra Università sempre più integrata con prestigiosi Atenei europei – aggiunge il Prorettore alla Didattica e alla Internazionalizzazione, Fabio Mazzola – Riteniamo che il progetto possa rappresentare uno straordinario veicolo di grande accelerazione per la evoluzione e trasformazione di UniPa, ponendo i nostri studenti, il nostro corpo docente e il nostro staff amministrativo in una prospettiva sempre più europea, non solo attraverso i programmi di mobilità ma anche acquisendo best practice e contribuendo alla loro diffusione nel nostro contesto”.
La costituzione di Alleanze europee risulta essere attualmente la forma di cooperazione internazionale più complessa dell’intero programma Erasmus+ richiedendo ai partner del consorzio una strategia congiunta di lungo termine orientata alla creazione di campus Europei multidisciplinari in cui tutti gli studenti, i docenti e lo staff delle università aderenti al consorzio possano accedere all’offerta degli altri partner. La mission dell’Alleanza FORTHEM è fortemente orientata all’internazionalizzazione degli Atenei nel loro complesso e coinvolge anche i contesti economico-sociali in cui tali atenei operano. Si punta a superare l’idea di “progetto di cooperazione” per approdare a strategie di riforma strutturale che affidano agli atenei il ruolo di promotore di politiche innovative e transnazionali. Tutte le università aderenti sono saldamente radicate nel tessuto sociale ed economico delle rispettive regioni europee, agiscono come motori di internazionalizzazione e innovazione, alcune interconnesse da strutture politiche come i gemellaggi tra città e i partenariati regionali.
FORTHEM ha già raggiunto importanti risultati nei primi tre anni di attività, tra i quali la creazione della piattaforma Digital Academy, coordinata proprio dall’Ateneo di Palermo, l’avvio di programmi di mobilità innovativa tra le università partecipanti, la promozione di internship internazionali. “L’evento che si sta svolgendo in questi giorni ad UniPa – conclude Mazzola – darà il via alle attività del nuovo periodo di finanziamento, che si pone obiettivi ancora più ambiziosi, capaci di offrire agli studenti un’offerta formativa che sia davvero internazionale, multiculturale e sempre più innovativa e digitale”.

Prà festeggia 40 vendemmie e mette tappo a vite anche al vino più premiato

Prà festeggia 40 vendemmie e mette tappo a vite anche al vino più premiatoMilano, 21 feb. (askanews) – Nell’anno in cui festeggia i 40 anni dalla sua prima vendemmia, Graziano Prà sceglie di mettere il tappo a vite anche ai vini dei suoi grandi cru del Soave, quelli con cui da anni sfida il tempo con ottimi risultati. A 66 anni, questo vigneron di Monteforte d’Alpone, colle a 25 chilometri da Verona, tira diritto lungo la sua strada con la serenità di chi conosce il valore dei vini che produce. “Sono tredici anni che usiamo il tappo a vite, che facciamo comparazioni con le bottiglie invecchiate con il sughero, e oggi siamo certi che la capsula Stelvin sia la scelta migliore per l’affinamento e la conservazione dei nostri vini, la risposta più forte al nostro desiderio di produrre vini buoni nel tempo, senza difetti ed eleganti” ha spiegato Prà ad askanews che lo ha incontrato ad un evento a Milano.
Dunque, dopo “Otto”, “Staforte” e “Colle Sant’Antonio”, a partire dalla vendemmia 2023, sarà incapsulato anche il pluripremiato “Monte Grande”, che completa al meglio tutte le diverse espressioni della Garganega, vitigno nobile che nella provincia a più alta densità di vite (Verona) è sempre stato trattato un po’ come una bestia da soma grazie alla sua resa estremamente generosa. Prà, tra i fondatori dei Vignaioli indipendenti, è invece uno di quei vigneron autentici che alla quantità ha sempre preferito la qualità, le uve autoctone ai vitigni internazionali, il biologico al convenzionale: uno che crede nel territorio in cui è nato e cresciuto, e che pensa al futuro della Denominazione. “Ho sempre cercato e cerco di fare emergere ciò che è scritto nella terra, ho sempre creduto nell’identità del Soave” spiega, ricordando che “i miei vini sono fatti con la Garganega e il Trebbiano di Soave, non sono mai andato in cerca di vitigni internazionali: lo Chardonnay, che qui ha imperato, ha stravolto tutto, perché la gente non conosce più quale sia il gusto del vero Soave e se perdiamo questo perdiamo le nostre radici”.
Oltre ai suoi 40 ettari nella zona di Soave, Prà nel 2001 ha aggiunto anche alcuni vigneti di Corvina, Corvinone, Rondinella e Oseleta sulle colline di Mezzane e Tregnano in Valpolicella. Oggi le vigne sono distribuite su circa otto ettari a biologico, a circa 500 metri sul livello del mare, da cui si ricavano 30mila bottiglie di Valpolicella, 20mila di Ripasso e 10mila di Amarone. Vini anche qui eleganti, senza difetti, diretti e “gastronomici”. Nel futuro prossimo venturo anche questo Valpolicella Doc “indosserà” il tappo a vite, a differenza dei suoi fratelli maggiori perché il Disciplinare non lo prevede.
“Sono passati 40 anni da quando ho iniziato ma se guardo indietro mi sembra ieri, eppure in mezzo c’è una vita” racconta ancora Prà, spiegando che da quel lontano 1983 della prima vendemmia “è cambiato tutto, a incominciare dal clima, il problema dell’acqua a Soave è molto grave e ci dobbiamo adattare: facciamo i pozzi ma di acqua c’è ne è sempre meno”. “Dobbiamo mettere nella bilancia che le quantità di uva non saranno più quelle di una volta, si produrrà sempre meno” prosegue Prà, che rivela “mi fa paura il cambiamento climatico, la gente non ha ancora capito quanto sia grave: ogni tanto mi capita di addormentarmi pensando che questa sarà l’ultima volta in cui abbiamo paura del tempo e che le stagioni torneranno ad essere quelle di una volta, perché io d’inverno voglio tornare a vedere la neve e a sentire il freddo, ma dobbiamo fare degli sforzi, dipende tutto da noi”.
Oggi la Cantina produce circa 410mila bottiglie (360mila di Soave), di cui oltre l’80% finiscono all’estero, in particolare negli Stati Uniti, in Norvegia e in Germania. “Oggi ho un’azienda avviata, con 15 dipendenti che stanno bene perché io sono sempre stato dell’idea che chi lavora da me, la sera deve andare a casa contento e il mattino deve essere contento di tornare a lavorare” spiega Prà, sottolineando che “i miei vini rispecchiano questa attenzione: il ‘buono, pulito e giusto’ del mio amico Carlin Petrini è stato per me fondamentale, è stato un faro per il vino di qualità e tutte le aziende agricole devono avere un grande rispetto per lui”.
“Il mio obiettivo è arrivare a mezzo milione di bottiglie e poi mi fermo perché non ha senso andare più avanti, perché dopo hai bisogno di tutta una serie di cose che non mi piacciono: per fare dei vini identitari serva che li segua io altrimenti per me non ha senso” svela Prà, sottolineando che “nella nostra Denominazione abbiamo la qualità e la longevità ma ci manca il prezzo, che è un elemento imprescindibile per un grande vino, senza quello puoi anche fare il vino più buono del mondo ma non sarai mai considerato”. “Oggi il prezzo dei nostri vini è troppo basso, non è una questione di guadagno (io non ho mai lavorato per guadagnare) ma di prestigio – conclude – perché facciamo dei vini eccezionali, unici, che se bevuti alla cieca non temono il confronto con alcun vino bianco secco al mondo”.

IA, domani iniziativa al Centro Studi Americani

IA, domani iniziativa al Centro Studi AmericaniRoma, 21 feb. (askanews) – Appuntamento al Centro Studi Americani il prossimo 22 febbraio alle 15:00 con l’ evento “The race to disruptive technologies: nations as ecosystems of knowledge”. L’iniziativa, organizzata dal Centro Studi Americani e Fondazione Leonardo-Civiltà delle Macchine in collaborazione con l’Ambasciata degli Stati Uniti in Italia, rappresenta l’occasione per un’analisi sull’applicazione e gli sviluppi delle tecnologie disruptive e quantistiche nell’ambito delle relazioni internazionali con un focus particolare sulla geopolitica dell’intelligenza artificiale e sulla relativa regolamentazione internazionale. Askanews sarà media partner dell’evento.
Dopo i saluti di Gianni De Gennaro – Presidente, Centro Studi Americani, Courtney Nemroff – Minister for Economic Affairs, US Embassy to Italy, e Luciano Violante – Presidente, Fondazione Leonardo-Civilità delle Macchine, il programma prevede la relazione introduttiva di Enrico Prati – Professore associato presso Dipartimento di Fisica, Università degli Studi di Milano e gli interventi su “disruptive technologies: lo stato dell’arte” di Cosimo Accoto – Research affiliate & Fellow, Massachusetts Institute of Technology Boston, Alessandro Curioni – IBM Fellow, Vice President Europe and Africa and Director, IBM Research Zurich, Francesco Marradi – Colonnello 4° Reparto di Stato Maggiore Aeronautica (Eurofighter Typhoon Programme Office), Dario Pagani – Head of Digital and Information Technology, ENI, Clementine Starling – Director of Forward Defense Program, Scowcroft Center for Strategy and Security, Atlantic Council. Modererà Riccardo Luna – Giornalista, Direttore Italian Tech e Green & Blue.
A seguire confronto su “Filiere di produzione: relazioni economiche e commerciali per l’approvvigionamento delle risorse” con gli interventi di Marco Bellezza – Amministratore Delegato, Infratel Italia, Andrea Billet – Ammiraglio, Capo del Servizio Certificazione e Vigilanza dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, Francesco Di Sandro – Senior Vice President Strategic Planning | Strategy and Market Intelligence Office, Leonardo, Anna Puglisi – Director of Biotechnology Programs and Senior Fellow, Georgetown’s Center for Security and Emerging Technology (CSET). Modererà Barbara Carfagna – Giornalista e conduttrice, RAI.
Altro confronto sarà su “Sfide normative internazionali. Il contesto civile e gli aspetti militari”, con gli interventi di Pietro Alighieri – Contrammiraglio, Capo dell’Ufficio Supporto e coordinamento all’attività decisionale del Segretariato Generale della Difesa/D.N.A. in materia di politica e programmi agli armamenti; Andrea Gilli – Senior Researcher, Research Division, NATO Defense College; Giancarlo Granero – Capo Unità di coordinamento e relazioni interistituzionali, DG DEFIS (Defence Industry and Space), Antonio Malaschini – già Segretario generale del Senato. A moderare sarà Barbara Gasperini – Giornalista e autrice televisiva.
L’intervento conclusivo sarà di Luca De Angelis – Esperto per la microelettronica e l’innovazione, Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

Ricerca, anche i cani subiscono effetti nocivi del fumo passivo

Ricerca, anche i cani subiscono effetti nocivi del fumo passivoRoma, 21 feb. (askanews) – Anche i cani subiscono gli effetti nocivi del fumo passivo: lo ha stabilito una ricerca dell’Università degli Studi di Milano coordinata da Debora Groppetti, docente di Clinica Ostetrica e Ginecologia Veterinaria presso il Dipartimento di Medicina Veterinaria e Scienze Animali e pubblicata di recente su MDPI.
Il cane è un animale domestico molto diffuso che, condividendo con l’uomo spazi, abitudini e cibo, potrebbe essere esposto agli stessi rischi e malattie ambientali. Negli ultimi due decenni, gli effetti dannosi dell’esposizione al fumo passivo su bambini e adulti sono stati ampiamente discussi e sottolineati attraverso campagne di salute pubblica, ma non è stata posta enfasi sui rischi che gli animali domestici possono incontrare.
“Fino ad ora, nel cane non era stato ancora evidenziato che la coabitazione con proprietari fumatori inducesse nell’organismo di questi animali la presenza di cotinina, il principale metabolita endogeno della nicotina. Come per i bambini, anche per gli animali domestici l’esposizione al fumo può avvenire non solo per l’inalazione ambientale, ma anche attraverso l’assorbimento transdermico”, spiega Silvia Mazzola, docente di Fisiologia Veterinaria presso lo stesso Dipartimento e coautrice dello studio.
La ricerca ha incluso 32 cani (sani) di entrambi i sessi. A seconda che vivessero o meno con umani fumatori, 16 cani sono stati inclusi nel gruppo esposti al fumo passivo e 16 sono stati inseriti nel gruppo dei non esposti. A questi cani è stato prelevato un campione di pelo e di sangue, necessario nell’ambito dei controlli di routine: parte del siero è stato utilizzato per analizzare l’eventuale presenza di cotinina attraverso la metodica ELISA, un test basato sull’utilizzo di un enzima legato a un anticorpo per rilevare e quantificare la presenza di un antigene specifico in un campione biologico. I risultati hanno evidenziato un aumento della cotinina nel siero e nel pelo dei soggetti esposti al fumo passivo rispetto a quelli non esposti.
“Sensibilizzare i proprietari di animali fumatori sui potenziali danni che il fumo passivo potrebbe arrecare ai loro cani da compagnia non è un fattore trascurabile, non solo in termini di prevenzione delle malattie legate al fumo, ma anche di tutela del benessere animale. Inoltre, i risultati pubblicati rappresentano la prima parte di uno studio più ampio, di cui stiamo elaborando altri risultati proprio ora, che è volto a valutare i possibili effetti dell’esposizione al fumo passivo nella riproduzione del cane”, conclude Silvia Mazzola.

Vino, da 11 a 13 marzo nell’Astigiano c’è “Grignolino, il Nobile Ribelle”

Vino, da 11 a 13 marzo nell’Astigiano c’è “Grignolino, il Nobile Ribelle”Milano, 21 feb. (askanews) – Sabato 11, domenica 12 e lunedì 13 marzo oltre cento produttori si ritroveranno a Grazzano Badoglio (Asti) per “Grignolino, il Nobile Ribelle”, seconda edizione dell’evento dedicato al vitigno autoctono del Monferrato. La manifestazione è organizzata dall’Associazione italiana sommelier (Ais) del Piemonte, con le delegazioni di Asti e Casale, supportate dal Consorzio Barbera d’Asti e vini del Monferrato, dal Consorzio Colline del Monferrato Casalese, dalle Associazioni dei Produttori di Grignolino d’Asti Doc-Piemonte Doc Grignolino e Monferace, dal Consorzio Gran Monferrato e con il patrocinio del Comune di Grazzano Badoglio.
“La prima edizione è stata un successo, anche inaspettato nelle dimensioni e quest’anno gli spazi saranno raddoppiati per rendere la degustazione più confortevole al pubblico” hanno spiegato i delegati dell’Ais di Asti e Casale, Paolo Poncino e Daniele Guaschino, aggiungendo che “ci sarà approfondimento sul vitigno con alcune masterclass, e in questa edizione avremo anche la presenza di un vino ospite: la Freisa”. “Vitigno dell’anno 2022, la Freisa condivide con il Grignolino parte del suo dna” hanno proseguito Poncino e Guaschino, sottolineando “da qui l’idea di farne un compagno di viaggio grazie al supporto dell’associazione ‘Più Freisa’”.A dar voce al Grignolino e alla Freisa saranno i sommelier delle due delegazioni che, ai banchi di assaggio, parleranno di questi vitigni in tutte le sue diverse sfumature, ne racconteranno i territori e i diversi stili di vinificazione e affinamento.
Le tre masterclass si terranno nella sala superiore del ristorante il Bagatto di Grazzano Badoglio. Sabato e domenica ci sarà quella organizzata dal Consorzio di tutela vini Colline del Monferrato Casalese in collaborazione con l’Associazione Monferace e con il supporto del Consorzio Gran Monferrato che sarà condotta dal giornalista enogastronomico Paolo Massobrio. E quella curata dall’Associazione produttori di Grignolino d’Asti Doc e Piemonte Doc Grignolino con il supporto del Consorzio Barbera d’Asti e vini del Monferrato, che sarà condotta dal wineblogger Francesco Saverio Russo. La terza si terrà invece lunedì e sarà una “degustazione istituzionale” organizzata da Ais Piemonte, guidata dal presidente regionale Mauro Carosso.
La tre giorni si svolgerà nei locali delle ex scuole di via IV Novembre 15: sabato dalle 11 alle 19, domenica dalle 11 alle 18, lunedì dalle 11 alle 17. L’11 e il 12 marzo l’ingresso sarà dedicata al pubblico mentre la giornata del 13 marzo sarà dedicata agli operatori di settore oltre che al pubblico. L’evento sarà a ingresso libero senza prenotazione con un costo per la degustazione di 15 euro (10 per i soci Ais). La parte ristorativa sarà affidata a ristorante “Silos, cucina sincera di Torino”.
Definito dal grande Gino Veronelli “l’anarchico testabalorda” per le sue caratteristiche, il Grignolino oggi viene prodotto in circa 2,5 milioni di bottiglie. Per quanto riguarda il mercato, nel 2022 si è registrata una crescita del 3% della doc Grignolino d’Asti che ha superato il milione di bottiglie. Dati positivi anche per la doc Grignolino del Monferrato Casalese con circa 435mila bottiglie, mentre la doc Piemonte Grignolino ha superato il milione di bottiglie con un +7,3% rispetto al 2021.

Ricerca, FGU-Anpri a Meloni: subito fondi per enti non vigilati da Mur

Ricerca, FGU-Anpri a Meloni: subito fondi per enti non vigilati da MurRoma, 21 feb. (askanews) – “Di questo passo la trattativa per il rinnovo del contratto del comparto istruzione e ricerca non può proseguire in maniera corretta. Il Mur ha stanziato le giuste risorse nella legge di Bilancio 2022 per valorizzare il personale degli 11 Enti pubblici di ricerca (Epr) vigilati, ma un impegno simile non è stato ancora assunto dagli altri ministeri, per cui si è creata una grave disparità a scapito degli enti da essi vigilati”. Lo denuncia in una nota Eleuterio Spiriti, coordinatore nazionale di FGU Dipartimento Ricerca Sezione Anpri, nel giorno in cui ripartono le trattative per il rinnovo del contratto, in corso all’Aran.
Non avendo ancora risolto il problema in manovra per Anpal, Asi, Crea, Enea, Inail settore ricerca, Inapp, Isin, Ispra, Iss e Istat (enti non vigilati dal Mur), il sindacato – assieme alle altre sigle di categoria – ha inviato una lettera alla premier Giorgia Meloni. “Si parla tanto di Pnrr e valorizzazione del fattore umano, della conoscenza e della ricerca – rincara Spiriti – ma manca una visione unitaria che, in un quadro strategico coerente, metta a valore le diverse peculiarità degli enti. Non ci sono, è evidente, soltanto quelli vigilati dal Mur. Tutti stanno svolgendo una funzione essenziale anche rispetto agli obiettivi del Piano di ripresa e resilienza. E il gap di risorse stanziate dai vari ministeri vigilanti crea discriminazioni inammissibili tra i lavoratori, a danno del settore della ricerca nel suo insieme. Si genera inoltre un dumping tra soggetti coperti dallo stesso contratto, che non consente un corretto prosieguo e una felice chiusura delle trattative all’Aran”.
“Bisogna valorizzare il personale, ricercatori e tecnologi, di tutti gli enti. È necessario investire sulle retribuzioni per allinearle alla media europea. Altrimenti poi è inutile battersi il petto per la fuga di cervelli. Continueremo a chiedere con forza a tutti gli attori coinvolti nel settore della ricerca e ai decisori politici – conclude Spiriti – un pieno supporto per la pronta cancellazione di questo grave vulnus”.

Acqua ed elettricità con la trazione animale, il progetto WEDAP

Acqua ed elettricità con la trazione animale, il progetto WEDAPRoma, 21 feb. (askanews) – WEDAP è l’acronimo di Water and Electricity from Draft Animal Power, ossia Acqua ed Elettricità prodotta da trazione animale. Ed è un’iniziativa di responsabilità sociale d’impresa promossa da un’azienda agricola, Masseria Coppola, nel Comune di Crispiano in provincia di Taranto. WEDAP ha in corso un progetto di ammodernamento dei sistemi per il pompaggio dell’acqua azionati dalla trazione animale. Nel sistema un animale che gira in tondo aziona un generatore di corrente elettrica che, a sua volta, alimenta una pompa. E’ stato dimostrato che, con un animale di taglia media (nel rispetto degli standard internazionali previsti per il benessere animale) il sistema può sollevare, in quattro ore, circa 60 mila litri d’acqua, a 4-6 metri. Con un’apposita torre di distribuzione, attraverso una rete di tubi, l’acqua può arrivare a centinaia di abitazioni in un raggio di diversi chilometri e soddisfare, così, un villaggio di circa mille persone.
L’Empower a Billion Lives (EBL) è una competizione a livello mondiale, organizzata dal 2018 dalla IEEE, la più grande organizzazione professionale al mondo che raccoglie oltre quattrocentomila esperti del settore elettrico ed elettronico. La competizione premia quelle idee che meglio possono garantire il collegamento alla rete elettrica per quel miliardo di persone che quel collegamento non ce l’hanno. Alla competizione hanno partecipato oltre cento realtà tecniche e scientifiche da quasi cinquanta Paesi nel mondo.
Il concorso prevede una preselezione finale dei candidati ed alcuni di essi saranno premiati ad Orlando, in Florida, USA, a marzo prossimo in occasione dell’Applied Power Electronics Conference. L’unico progetto italiano in gara è WEDAP, promosso da Antonio Perrone, già dirigente del Ministero dell’Ambiente alla Direzione Sviluppo Sostenibile e visintig scholar alla New York University per conto del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Perrone sarà ospite dello IEEE, a Orlando, per la cerimonia della premiazione finale. La stessa organizzazione ha realizzato a favore dei finalisti un crowfunding.
Il punto di partenza della ricerca realizzata da Antonio Perrone, finalizzata a portare la corrente elettrica nei villaggi isolati dei Paesi a prevalente economia rurale, è stata l’analisi delle fonti di energia primaria realmente disponibile in quei villaggi, ossia il lavoro manuale e la trazione animale, ad oggi assicurata da ben 200 milioni di capi. WEDAP ha migliorato le pompe e le macine a trasmissione meccanica e trazione animale, attualmente in uso, realizzando un meccanismo che trasforma la potenza resa disponibile dalla trazione animale in corrente elettrica. Questa corrente può azionare macine, mulini e pompe e caricare batterie.
“La particolarità del progetto – ricorda Perrone – sta nel fatto che, contrariamente a quanto fatto finora, non si è cercato di adattare le tecnologie occidentali, quali i motori, l’eolico e il fotovoltaico, alle esigenze dei villaggi isolati con costi enormi per gli stessi. Il lavoro è partito da un’analisi socioeconomica ed agronomica ed ha individuato le fonti di energia primaria realmente presenti nei villaggi e cioè il lavoro manuale e la trazione animale”.